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Gli antichi nomi dei tessuti
   

Ricercando negli Archivi storici mugellani i verbali di processi per "cause commerciali" della prima metà del 1800 ci si imbatte, tra l'altro, in singolari nomi di tessuti, di capi d'abbigliamento e di corredi riportati nei documenti per inventario di dote o per staggina (pignoramento ). E questi nomi oggi non ci dicono più nulla, sepolti dalla nostra civiltà dei consumi, dalle nostre mutate abitudini di vestirci e di arredare la casa, camera da letto compresa. La gentile signora Lucia Seravelli, di origine fiorentina, ma residente attualmente a Borgo San Lorenzo, brava sarta come lo fu la nonna, ha avuto la pazienza di far riaffiorare alla memoria e di controllare in vecchi libri di cucito e di arredamento le parole desuete scritte nei sopraddetti Archivi; e ne ha fornita la "traduzione", che svelo, sperando in un certo interessamento, ai lettori del Galletto.
I signorotti dell'epoca portavano sulle spalle, nelle stagioni fredde, il mantello; i poveri il "calisse", più vicino ad una coperta rustica di poco valore, usato anche per coprirsi di notte. Il "modano" spesso "nero di fiore nuovo", era il vestito che portava la "mezzana", una signora di mezza età che lavorava come aiuto sarta, senza avere le capacità di diventare "rifinita". Inoltre era detto "modano" anche un tipo di punto all'uncinetto, usato per fare la "cresta" alle cuffie delle cameriere. L'abito da sposa di "seta di neve" era un abito di seta bianco candido; lo "staccino" era un tessuto ordinario per fare grembiuli; l'"aleppo" un filato grezzo e lo "scattino" un tessuto, sempre grezzo.
La "giacotta" era il nome di una stoffa leggerissima, di cotone, una via di mezzo tra la "mussola" e il "percalle"; il "mussolino" una tela sottile di seta e di lana.
E a proposito di lana era famosa quella "cipriotta", presa alle pecore dell'isola di Cipro. "Pannello curato" veniva a significare tessuto per drappeggi, mentre "panno curato" indicava il panno già lavorato per addobbi. Il lavoro fatto su tela di lino veniva menzionato come "alla mandorlina".
Il "capecchio" stava ad indicare filamenti più grezzi della stoppa (da ricordare la poesia del Giusti che recita: "...con quei baffi di capecchio e con quei musi, dinanzi a Dio diritti come fusi").
E poi ancora si diceva e scriveva: "coltrice" per materasso di piume; "capezzale rinfranto" per traliccio di lino adoperato per gusci di materassi e guanciali; "coltrone" per coperta imbottita, rivestita da una parte di stoffa con segni ramacei; "sargia" per coperta da letto di cotone, ordinaria, a righe bianche e ruggine, con frangia; "saccone" per materasso ripieno di foglie di granturco foderato di "filondente", che significava telo di canapa a tessuto molto rado, usato anche per ricamarci sopra..
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La signora Lucia ci ha permesso di approfondire necessità e mode di tempi remoti.  
Lanfranco Villani
da "il galletto" del 22 gennaio 2005
  Margherita Bucci Ghelli, nonna di Lucia Seravelli, maestra di taglio e cucito presso la Sartoria Cappelli d Firenze.