Ma è nel 1968 che realizza il suo più grande western:
C’era una volta il west. La trama è abbastanza tipica del genere.
Morton (Ferzetti), un ricco uomo d’affari disabile, ha il
sogno di costruire una ferrovia che unisca il territorio
americano dall’Atlantico al Pacifico. Non riuscendo ad
ottenere un terreno necessario per il suo progetto, fa
assassinare McBain (Wolff), il proprietario, e tutta la sua
famiglia, dal crudele killer Frank (Fonda). Per un
caso, che metterà in moto tutta la struttura del film, McBain
aveva appena sposato Jill (Cardinale), ex prostituta decisa a
cambiare vita. La nuova moglie scampa al massacro, e, come
proprietaria del terreno, diventa il nuovo bersaglio
dell’assassino. La donna viene però difesa dal bandito
Cheyenne (Robards) e dal misterioso meticcio Armonica (Bronson),
deciso a vendicare il fratello, ucciso anni prima da Frank.
Dopo un lunghissimo e intricato intreccio Armonica riuscirà
nella sua vendetta e Jill prenderà in mano i lavori di
costruzione della ferrovia.
La storia, quindi, racchiude alcuni dei temi e dei
personaggi più classici della cinematografia western: la
vendetta che assilla il misterioso straniero, i soprusi del
ricco magnate sostenuto dal potere del denaro…
Eppure C’era una volta il West è uno tra i più
moderni western. Leone, infatti, utilizzò questi
elementi con un taglio decisamente nuovo.
La regia è diversa da quella americana tipica del genere:
lenta, attenta a cogliere le sfumature del personaggio
attraverso gli occhi, accompagnata ed arricchita dalla
stupenda colonna sonora di Morricone. L’autore, infatti,
scandisce i tempi e i ritmi del film utilizzando vuoti
musicali nei momenti di tensione, e accompagnando l’entrata
in scena di ogni personaggio con un motivo diverso e
ricorrente.
La sceneggiatura è molto attenta al profilo psicologico
dei personaggi ed evidenzia i loro rapporti controversi, che
diventano l’anima del film, come la strana affinità mista
ad odio che lega mandante e assassino.
Decisive, poi, le scelte degli attori. Leone, infatti, con
una mossa alquanto originale scelse come villain Henry
Fonda, che ad Hollywood era simbolo del protagonista buono. Al
giustiziere diede il viso duro e determinato di un attore
praticamente sconosciuto, Bronson, che fu così lanciato verso
un’importante carriera.
Ma forse
la cosa più bella e più moderna del film è la figura
femminile. Jill è molto lontana dalle eroine edulcorate di
Hollywood, è una donna pratica, capace di rialzarsi e
continuare a camminare, piena di forza nonostante le sue
contraddizioni. È circondata da personaggi in un qualche modo
mossi da motivazioni ancestrali, che alla fine rimangono tutti
distrutti: i violenti vengono uccisi, il vendicatore rimane
senzapiù alcuno
scopo, incapace di rifarsi una vita. Lei, invece, è vincente,
e, forse, simbolo di una nuova epoca: completerà la nascita
della ferrovia, che spazzerà via il mondo della frontiera. (Frascari)