Corte Costituzionale
 
Titolo Pagina di esempio
 
 
Ricorso Alla
Corte Costituzionale della Repubblica Italiana.
Piazza del Quirinale, 41 - 00187
Roma


Ricorso alla Giunta Parlamentare delle Elezioni.



Presentato da un componente del Corpo Elettorale Sovrano della Repubblica Italiana.



Oggetto: Richiesta di tutela della segretezza del voto della sua libertà della sua uguaglianza e della sua personalità.

Finalità verso la Corte Costituzionale: Richiesta di declaratoria d’illegittimità costituzionale della
Legge 27 dicembre 2001, n. 459"Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all' estero "
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2002.

Nei limiti in cui la medesima non prevede che il diritto di voto esercitato per corrispondenza sia incompatibile con l’art. 48 della Costituzione perché il metodo d’esercizio citato non può oggettivamente garantire la segretezza del voto medesimo e conseguentemente nemmeno la sua libertà, uguaglianza e personalità.

Finalità verso la Giunta delle Elezioni: Richiesta di declaratoria di nullità di tutti i voti espressi per corrispondenza ed esclusione di tutti i voti espressi in tal modo dal computo per la determinazione dei rappresentanti parlamentari (oltre che di nullità dei voti medesimi nelle consultazioni referendarie ed in qualunque altra consultazione prevista dalle leggi elettorali nella parte in cui si prevede l’esercizio del voto per posta).

Ricorso alla Corte Costituzionale per ottenere la declaratoria d’illegittimità costituzionale della normativa disciplinante la composizione della Giunta per le Elezioni.
Finalità: Ottenimento di una sentenza d’indirizzo politico da cui emerga l’indefettibilità di verificare prioritariamente attraverso un organismo paritetico che non sia espressione dei risultati elettorali contestati i risultati medesimi, dato che se si procede alla nomina di un organo di verifica tramite dati da controllare ancora approfonditamente è evidentemente logico che tale organismo non potrà espletare le proprie funzioni con indiscutibile imparzialità.

Ricorso alla Corte Costituzionale per ottenere la declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’attuale normativa elettorale nei limiti in cui non stabilisce che per l’elezione del Senato il criterio costituzionale della Base elettiva Regionale (art. 57 Cost.) debba intendersi come criterio d’individuazione circoscrizionale e non possa dar luogo a premi maggioritari tali da sfigurare il risultato numerico complessivo nazionale in conformità del principio d’unità ed indivisibilità della Repubblica.

Illustrissimi Giudici Della Suprema Corte Costituzionale.

Illustrissimi Membri della Giunta Parlamentare delle Elezioni.

Premesso che.

Il presente ricorso dovrebbe considerarsi eccezionale perché appunto motivato da eccezionali circostanze.
In base alle modeste conoscenze giuridiche di cui dispongo posso asserire che nessuna norma proibisce (pur non prevedendolo) che il Corpo Elettorale possa rivolgersi direttamente alla Corte Costituzionale per chiedere un giudizio sulla legge che disciplina l’esercizio della Sovranità Popolare o per dirimere un conflitto d’attribuzione tra il Potere Popolare Sovrano e quello Parlamentare (sentenza della Corte Costituzionale n. 69 del 1978).
In materia elettorale non sarebbe concepibile un ricorso incidentale al Giudice delle Leggi perché la pronuncia in ambito di contestazioni elettorali (per le consultazioni politiche) spetta al Parlamento (il cui potere in questa circostanza si chiede di verificare) tramite la Giunta delle Elezioni.
In via principale un’eventuale questione d’illegittimità costituzionale della normativa sull’attribuzione dei poteri parlamentari e su quelli della Giunta delle Elezioni “delibata” dalla Giunta medesima, non potrebbe esaurirsi nell’ambito della stessa Giunta, ma dovrebbe essere trasferita o al Plenum o alla Corte Costituzionale. Nel caso specifico si tratterebbe di un Parlamento e /o di una Giunta per le Elezioni che constatando la propria carenza attributiva si troverebbero a “denunciarsi” alla Corte Costituzionale invece di provvedere autonomamente a dichiarare l’inesistenza delle figure soggettive da loro rivestite (è vero pure che, supponendo la loro convinzione di non possedere un potere legittimamente esercitabile non avrebbero nemmeno le prerogative di sindacato Costituzionale Principale sulla normativa inerente al potere medesimo. Tornerebbe quindi ad essere la Corte Costituzionale a risultare “investibile” del giudizio sulle leggi ma non “investibile” da Plenum e Giunta proprio perché non dotati del potere fondamentale attribuibile esclusivamente dall’investitura del Corpo Elettorale. Art. 1, comma 2°, Costituzione).
La valenza d’Organo Costituzionale del Corpo Elettorale risulta indiscutibile, ma purtroppo evanescente nel momento in cui si tenta d’individuare il Supremo Organo dello Stato che esercita la Sovranità.
Il Corpo Elettorale è nello stesso tempo il più potente ed il più fluttuante di tutti gli organi statali (o pre e super - statali dato che prima esiste il Popolo (Stato Comunità) e poi lo Stato, il Parlamento ed il Governo) che esercitano un potere pubblico in qualità d’apparati.
Anzi, sarebbe più corretto asserire che il Corpo Elettorale è il potere politico allo stato puro che si materializza nella designazione dei rappresentanti parlamentari ed appunto il mezzo di tale designazione (il voto) determina l’individuabilità volitiva di una forza che altrimenti resterebbe confinata nell’incertezza quantitativa.
Il fatto che un membro del corpo elettorale, un semplice cittadino, abbia deciso di rivolgersi alla Corte Costituzionale per chiederne l’intervento in materia di “certificazione” della Sovranità, rappresenta il sintomo patognomonico di un’imperfezione della legislazione in materia elettorale che dopo una pluridecennale latenza sta affiorando con forza ed evidenza disarmanti.
Devo precisare che mi rivolgo essenzialmente alla Corte Costituzionale perché in tutta sincerità (e con il dovuto rispetto) non mi sento di considerare legittimata la Giunta delle Elezioni a decidere sulla regolarità della consistenza numerica del neo eletto Parlamento e quindi, derivatamene su se stessa.
Spero che la Corte Costituzionale voglia constatare l’esistenza attuale di un grave conflitto (intersubiettivo) tra due poteri dello Stato ossia il potere d’investitura del Corpo Elettorale (lo Stato protoplasmico ma volitivo) ed il Potere Parlamentare che, di fatto, dopo le recenti elezioni dell’aprile 2006 sta iniziando a manifestarsi in palese contrasto con una parte, forse maggioritaria, del Corpo Elettorale che non intende riconoscere legittimazione ai Deputati che stanno operando considerandosi maggioranza.
Dal punto di vista logico non si può attribuire potere decisionale ad un organismo parlamentare per decidere sulla regolarità della maggioranza parlamentare che lo ha espresso.
Tengo a precisare che non si tratta in questo caso di decidere sulla regolarità di qualche voto, deputato o senatore in più o in meno in una situazione d’ininfluenza sulla globalità del relativo contesto Camerale ma sull’esistenza o meno di una maggioranza a causa di un conteggio dei voti che avviene ancora con un sistema concepito e strutturato 50 anni fa.
Per questo spero che la Corte medesima voglia pronunciarsi (in forma d’indirizzo politico) sulla necessità dell’emanazione di una normativa elettorale più equilibrata dal punto di vista della verifica del risultato elettorale in tempi ragionevolmente brevi ed in maniera tale da fornire dati inconfutabili prima dell’individuazione dei poteri e degli organi, che dall’investitura del Corpo Elettorale Sovrano derivano.
Inoltre spero che la Corte voglia riconoscere ed indicare la direzione eminentemente proporzionalistica della nostra Costituzione come la più equa e rappresentativa della volontà di un Corpo elettorale unico nella forma ma composto da una moltitudine d’irripetibili individualità.

E’ inammissibile che gli oltre 60 mila verbali delle altrettante sezioni elettorali non siano rilasciati (immediatamente dopo lo scrutinio nel seggio) in copia autentica ai cittadini rappresentanti di lista che ne facciano richiesta per verificare la regolarità delle somme dei risultati.
La maggior parte degli errori ( non uso volutamente la parola brogli perché voglio sperare che il broglio elettorale sia l’eccezione e non la regola dell’imprecisione di qualunque sistema di conteggio di decine di milioni di voti) infatti, non si verifica nelle singole sezioni dove gli scrutini si svolgono con sufficiente e generalizzata regolarità data la relativa e facilmente fronteggiabile consistenza numerica dei voti da verbalizzare.
Gli errori di conteggio si materializzano ( o meglio si potrebbero materializzare) con più frequenza e consistenza quando centinaia (e decine di migliaia) di verbali devono essere confrontati per la sommatoria di cifre scritte a mano e non sempre facilmente leggibili.
Non è azzardato pensare che in ognuna delle oltre 60 mila sezioni elettorali della Repubblica Italiana possa verificarsi almeno un errore di conteggio con erronea inclusione di un voto nella lista sbagliata (tra quelle in competizione) o tra/da le schede nulle.
L’attuale sistema di verifica di voti e d’investitura è affidato alla recente legge elettorale che (forse a causa dell’urgenza e velocità con cui è stata predisposta) ripercorre e richiama il vecchio sistema (Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n 361 e successive modifiche) per il conteggio, la verbalizzazione e la certificazione dei voti senza prevedere la possibilità di verifica da parte d’ogni membro del Corpo Elettorale tramite la pubblicazione dei verbali (in forma integrale sul web) e la scansione (e pubblicazione) delle schede scrutinate. Tale esigenza di verifica se poteva risultare inopportuna 50 anni fa, oggi si propone sempre più come ineludibile e non può ancora essere disattesa da quelle autorità che appunto il Popolo Sovrano (di cui mi sento un modesto componente) designa per la propria rappresentanza e tutela.
Un riconteggio parziale delle schede elettorali condurrebbe soltanto ad una parziale rimozione dell’incertezza derivante appunto dall’esiguità di una differenza di voti tra due schieramenti (che dal punto di vista verticistico-rappresentativo si trovano formalmente obbligati ad esprimere calma e rassicurazione) e potrebbe generare in certe porzioni del Corpo Elettorale delle comprensibili istanze d’extraparlamentarità, ingovernabili e devianti.
Anche per questo la mia speranza è che il Giudice Supremo delle Leggi con la sua pronuncia sul presente ricorso, manifesti un chiaro tracciato d’ipotesi legislativa mirante alla realizzazione di strumenti di verifica rapida precisa e logicamente irreprensibile, della volontà elettorale contenuta nelle schede scrutinate di qualunque consultazione elettiva e referendaria ad ogni livello di governo ed amministrazione della nostra Repubblica.
Il concetto di base rimane la Sovranità contemplata nel primo articolo della Carta Costituzionale Italiana; una Sovranità appartenente esclusivamente al Popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
La forma scelta dalla Costituzione è il voto ed i limiti fondamentali (che poi sono pure basilari ed interconnesse garanzie) sono la sua personalità, uguaglianza, libertà e segretezza.

Ora vi chiedo, Eccellentissimi Giudici Costituzionali ed Eccellentissimi Membri della Giunta delle Elezioni:

Come si può pensare che un voto espresso, da un qualunque cittadino elettore della Repubblica, per posta e senza il controllo (discreto ma inevitabile) del personale dell’ufficio elettorale della sezione d’appartenenza, possa reputarsi veramente segreto? In teoria ed anche in pratica se io potessi votare fuori del seggio e senza la protezione della cabina elettorale, mi sentirei libero di violare paradossalmente un principio fondamentale posto proprio a tutela della mia libertà e cioè la segretezza del mio voto.
Potrei fotografare la scheda, votare in presenza di altre persone che addirittura potrebbero consigliarmi se non ricattarmi e potrei persino far votare la mia scheda da qualcun altro prima di rispedirla in Italia per la sua confluenza con le altre decine di milioni di schede votate con lo scrupoloso rispetto dei limiti previsti dall’art. 48 della Costituzione.
Allora la mia scheda votata all’estero non conterrebbe un voto segreto (perché chiunque potrebbe averlo visto) non conterrebbe un voto libero (perché chiunque potrebbe aver influito illegalmente sulla sua espressione) non conterrebbe un voto personale (perché qualcun altro e non personalmente io, potrebbe aver votato al posto mio, magari dopo aver votato altre schede) non conterrebbe un voto uguale (perché a causa delle precedenti violazioni quel voto sarebbe espresso in un contesto diverso da quelli manifestati nei seggi italiani ed avrebbe perciò un valore ed un peso diverso sul piano non solo qualitativo ma anche quantitativo. Non a caso è accaduto che i voti della circoscrizione estero siano stati determinanti per il risultato del Senato e forse, entro certi limiti, anche per quello della Camera).

Proseguendo in tutta serenità ed in perfetta coerenza con il principio solenne di segretezza del voto mi permetto di sostenere che le emergenti proposte restauratrici del cosiddetto voto di preferenza dovrebbero considerarsi inammissibili costituzionalmente perché facilmente strumentalizzabili per la vanificazione del principio di segretezza del voto. E’ intuitivo, infatti, come possano essere facilmente resi riconoscibili moltissimi voti in ogni sezione elettorale dato che in definitiva ognuna delle sezioni suddette “amministra” per legge circa 1000 (mille) schede; che con, adeguatamente e semplicemente, pilotate combinazioni numeriche di preferenza possono diventare dei veri e propri documenti anomali d’identità di un elettorato, ipoteticamente, bisognoso, asservito, servile, indiscreto, prepotente o comunque costituzionalmente sempre (in tale ipotesi) ingiusto perché irriguardoso verso un precetto irrinunciabile posto a propria ed altrui tutela.
Considerazione speciale merita il criterio di base elettiva regionale costituzionalmente stabilito per il senato e più volte richiamato nelle accese polemiche parlamentari e politiche in genere della precedente legislatura.
L’art. 57 della Costituzione stabilisce che il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero. È perciò evidente che l’indicazione è di natura meramente circoscrizionale, da non intendersi come una sorta di consultazione regionale surrogatoria o sussidiaria, dato che ciò contrasterebbe con il principio d’unità ed indivisibilità della nostra Repubblica. Quindi, il premio di maggioranza che si è deciso di attribuire in base ai risultati regionali del Senato, non può considerarsi costituzionalmente legittimo se non in relazione ad una sua coerenza numerica con il risultato generale che nella recente fattispecie avrebbe premiato lo schieramento che invece ora si trova all’opposizione.
Per quanto riguarda il premio di maggioranza (in generale) inteso come metodo di garanzia della governabilità, mi permetto di esprimere una semplice osservazione.
Qualunque valutazione difforme dal rispetto scrupoloso della Sovrana Volontà Popolare dovrebbe considerarsi costituzionalmente illegittima e personalmente, reputerei più che rispettoso nei confronti del Corpo Elettorale il fatto di non tentare in alcun modo d’interpretarne il volere ma semplicemente di eseguirlo in ordine a regole semplici, già contenute nella Costituzione. Al massimo si potrebbe consigliare l’introduzione di un vincolo di mandato per i Parlamentari per impedirne certi cambiamenti di “casacca” che hanno veramente sfigurato da sempre la vera volontà degli elettori. Si dovrebbe, quindi, dichiarare incostituzionale il cosiddetto premio di maggioranza, specialmente se inserito con evidente contraddizione logica in un contesto di pura proporzionalità che è il criterio (mi permetto d’insistere su questo punto) indicato dalla nostra Costituzione (nell’art. 56 della Costituzione, si parla di distribuzione dei seggi camerali “in proporzione” alla popolazione; quindi se il criterio scelto per rappresentare la popolazione è stato quello proporzionale come si può concepire un metodo diverso per attribuire i seggi in ordine ai voti conseguiti dai vari gruppi politici più o meno coalizzati, senza violare lo spirito della Costituzione medesima? Ugualmente per il Senato si parla di quozienti interi e più alti resti indicando un chiaro criterio proporzionalistico).
Se poi i margini di vittoria di uno schieramento non dovessero essere tali da consentire una funzionalità ottimale delle Camere, si potrebbe sempre introdurre una sorta d’istituto giuridico “vicariale” (per evitare il diffuso e ripugnante fenomeno dei deputati “pianisti”) permettendo ai deputati di nominare dei delegati a loro scrupolosamente vincolati; risolvendo in questo modo una problematica che in fondo è da sempre stata più meramente tecnica che veramente politica.
Inoltre, gioverebbe molto al mantenimento di un giusto equilibrio tra rispetto del cuore proporzionalistico della Costituzione ed esigenze etico - funzionali dell’antidittatoriale meccanismo bicamerale, introdurre dei semplici criteri tecnici consigliabili per l’assegnazione degli opportuni spazi all’interno delle schede elettorali.
Il supporto cartaceo che fino a prova contraria rimane ancora il più affidabile per garantire l’assenza d’ogni rischio d’evanescenza insito nel totalitarismo informatico (si deve citare in proposito la deludente esperienza elettorale dello stato della Florida negli USA) difetta purtroppo di una limitazione materiale che, però potrebbe fornire un utile suggerimento organizzativo per la miriade di partiti che giustamente e conformemente al dettato costituzionale intendono concorrere a determinare la politica nazionale. Ovviamente il supporto informatico può rimanere un prezioso sostegno di conservazione e consultazione sussidiaria dei risultati anche in senso analitico, magari in virtù di una codifica a barre delle schede scrutinate e dei verbali di sezione (sempre nel rispetto della segretezza del voto).
L’Eccellentissima corte Costituzionale nel fornire i richiamati indirizzi politici nell’auspicata decisione richiesta tramite il presente ricorso potrebbe dare un ulteriore e preziosissimo aiuto al legislatore sancendo che le schede elettorali dovrebbero essere di una dimensione assegnata e tale da non rendere difficoltoso l’espletamento del voto. In questo modo anche i simboli che dovrebbero essere di dimensioni tali da garantirne la facile individuazione, non dovrebbero superare un numero prestabilito la cui graduatoria dovrebbe essere fissata secondo criteri di certificazione di grandezza numerica assegnata in seguito ad elezioni primarie, sottoscrizioni ed altri metodi simili. La conseguenza sarebbe un implicito incoraggiamento verso le formazioni politiche minori ad eseguire un collegamento (ovviamente non sottomissivo né ricattatorio) con gli schieramenti che per entità numerica, abbiano ottenuto i posti predefiniti nella scheda elettorale.

Tanto premesso Chiedo alla Giunta Parlamentare delle Elezioni.

Di constatare la non perfetta pariteticità della propria composizione sospendendo il giudizio di verifica dei risultati elettorali delle consultazioni politiche dell’Aprile 2006, in attesa della pronuncia in materia della Suprema Corte Costituzionale.
In subordine chiedo alla Giunta Parlamentare delle elezioni di considerate per i motivi esplicati in premessa (in sintesi per violazione presuntiva del principio di segretezza del voto) nulli tutti i voti espressi per posta dai cittadini italiani residenti all’estero escludendo detti voti dal computo generale per la determinazione della maggioranza parlamentare.
Chiedo inoltre alla stessa Giunta di analizzare tutte le schede votate dal Corpo Elettorale non limitandosi ad un mero lavoro di campionamento e quindi a verifiche meramente statistiche delle schede medesime. Chiedo anche il riscontro degli oltre 60 mila verbali di sezione con il rilascio di copia autentica dei medesimi ai rappresentanti politici che ne abbiano fatto o che ne facciano richiesta per finalità di controllo politico partitico.

Chiedo in definitiva e principalmente alla Suprema Corte Costituzionale.

1)Di dichiarare costituzionalmente illegittima la vigente legge elettorale (Legge 21 dicembre 2005, n. 270) nei limiti in cui permette l’assegnazione di un premio di maggioranza al Senato senza precisare che tale premio dovrebbe essere compatibile con il risultato nazionale e che il concetto d’elezione su base regionale sia concepito esclusivamente come metodo di definizione circoscrizionale e non come strumento di declassamento delle elezioni politiche ad elezioni regionali che sarebbero virtualmente (e in concreto) duplicate con l’applicazione di un tale criterio (cosa che si è verificata nelle ultime elezioni per il Senato).

2)Di dichiarare illegittima costituzionalmente ogni normativa in materia elettorale contemplante l’assegnazione di premi di maggioranza che sfigurino l’effettiva e precisa volontà del Corpo Elettorale.

3) Di dichiarare illegittima costituzionalmente la normativa vigente in materia di formazione e composizione della Giunta delle Elezioni nei limiti in cui detta composizione in casi limite come l’attuale non sia perfettamente paritetica rispetto al netto dualismo della questione proposta (esistenza o meno di una maggioranza di uno schieramento sull’altro per pochi voti?)

4) Di dirimere, a norma dell’art. 134 della Costituzione, il conflitto (di fatto) intersubiettivo d’attribuzione tra il potere Sovrano del Corpo Elettorale ed il derivato Potere Parlamentare, quando il Corpo Elettorale denunci (in maniera verosimile) come nel caso di specie (data l’esiguità dello scarto numerico che impone una scrupolosa ed imparziale verifica della totalità delle schede e dei documenti correlati) un difetto d’investitura del Parlamento ed il Parlamento si trovi a decidere sul difetto medesimo in presenza quindi di un grave e legittimo dubbio sull’esistenza della propria legittimazione a pronunciarsi in un clima di tangibile obiettività.


5) Di dichiarare costituzionalmente illegittima ogni norma che preveda il voto per corrispondenza per mancato rispetto presuntivo del principio di segretezza e derivatamente di tutti gli altri principi collegati al medesimo, per come si è argomentato in premessa.


Concludo, dichiarando che in attesa della Vostra eccellentissima, equanime ed insindacabile pronuncia sulle presenti richieste mi reputerò legittimato a non considerare compiuto il trasferimento di potere dal Corpo Elettorale Sovrano all’attuale Parlamento ed a tutti gli organi derivati dalle successive deliberazioni del medesimo, riservandomi il diritto (diritto di resistenza) di non osservare le disposizioni di detti poteri (tutti inferiori al Potere Sovrano del Popolo che risulta ancora quantitativamente imprecisabile secondo metodi di misura veramente equilibrati e perciò attendibili) senza incorrere nella violazione di cui al primo comma dell’art. 54 della Costituzione.

Con Osservanza.

Firma.

Un componente del Corpo Elettorale Sovrano della Repubblica Italiana.
 
 

Hobby
Testo di esempio
Preferenza
Descrizione Hobby
testo di esempio
*********
Descrizione Hobby
testo di esempio
*********
Descrizione Hobby
testo di esempio
*********
Descrizione Hobby
testo di esempio
*********
     
Qui puoi inserire un testo di fondo pagina