Spigolature

Sono l'uomo più felice della terra
P. Umberto Davoli (Missionario di Cristo)

Eravamo accampati nel villaggio di Mwape, nel Regno di Shimukunami: una zona d'Africa autentica, a stento raggiungibile con la bicicletta, con quel sentierino a zig zag tra gli alberi alti e contorti della brousse sub-tropicale. Per alcuni giorni mi ero sbizzarrito a visitare tutte le famiglie cristiane dei paraggi, prendendo nota dei catecumeni, dei malati, delle situazioni matrimoniali irregolari ... Avevamo in programma di procedere verso la terra del re Mukutuma e Christopher - il mio giovane catechista dei vecchi tempi - mi suggerì di tentare 'la direttissima', al di là della palude: avremmo risparmiato, mi disse, una buona quarantina di chilometri! La cosa mi tentò: quaranta chilometri sono un bel gruzzolo di energie risparmiate! Ci avviammo a tutta birra. Il catechista mi precedeva spedito, e io - un po' più anziano e con la cassetta fornita di tutto l'occorrente per la messa - stentavo a tenere il passo.

Dopo un paio d'ore di pedalate snelle eravamo al centro della palude; il sole era ormai a picco sulle nostre teste e il caldo mi faceva rivolare di sudore. Per evitare le zone più melmose fummo costretti a fare parecchie deviazioni e giri viziosi che mi fecero completamente perdere il senso della direzione. 'Meno male che c'è lui' - dissi tra me e me benedicendo il catechista. Continuammo ad arrancare per un'ora buona sulla terra molle, e uscimmo dalla palude. Respirai di sollievo, ma ben presto mi accorsi che le difficoltà non erano terminate. Per rendere i sentieri più agevoli ed evitare la sorpresa dei serpenti, avevano bruciato le alte saggine – la famosa erba elefante, alta anche quattro metri - e tutta la zona era ricoperta di uno spesso strato di cenere leggera, che sollevandosi al passaggio delle nostre ruote, ci si appiccicava sulla pelle, sulla faccia sudata ... ma soprattutto rendeva invisibili i sentieri! Cominciai a preoccuparmi solo alla terza fermata di Christopher, quando lo vidi studiare la foresta perplesso. Già alla seconda fermata aveva scosso la testa con aria vagamente indispettita. Lo avevo sentito borbottare: 'Eppure dovremmo essere al fiume, oramai ... Cominciò una penosa via crucis. Dopo tre ore di inutili tentativi nell'afa ormai del pieno meriggio, spossati, le labbra screpolate dalla sete, eravamo più sperduti che mai, al centro di un foresta che pareva interminabile, senza un villaggio, non un'anima viva! "Christopher, - suggerii - cerchiamo un rifugio per la notte. Questa è zona di leopardi; lo sai che dopo il tramonto può essere pericoloso". Ma trovare un rifugio era una parola . e lo sapevo molto bene. Per questo quando, dopo un'altra mezz'ora di vagabondaggio vidi quella capannuccia sull'altura, non credevo ai miei occhi, e mi parve un miraggio. "Deve essere un capanno abbandonato da qualcuno che veniva a caccia", disse il catechista. Arrancammo verso il miraggio spingendo a mano le biciclette. Entrai per primo: un vecchio scheletrito che giaceva su delle frasche trasalì al mio apparire. Mi guardai attorno: unica suppellettile, un calabash, dove forse! - teneva la sua preziosa riserva d'acqua. "Nonno, ma che fai tutto solo qui, fuori dal mondo? Saranno sei ore che non vediamo anima viva!" "Sono cinque anni che vivo qui, tutto solo e malato". Si girò su di un fianco per mostrarmi la schiena, tutta martoriata dalle piaghe del decubito. Dio, che pena! 'Ma perché?' 'Mi hanno cacciato dal villaggio, accusandomi di aver fatto il malocchio al capo-villaggio che morì all'improvviso ... ma non è vero: io non ho mai fatto del male a nessuno!' 'E di cosa campi?' 'Viene mio nipote, di tanto in tanto. Mi porta del mais, un po' di arachidi e l'acqua' - e mi additò il grosso calabash, e alcune pannocchie appese alla parete - 'Se non viene presto, ho finito le provviste!' . . . Poi mi guardò con interesse: "Ma tu chi sei, un uomo di Dio?" - Dio, che bella definizione per un povero missionario peccatore! - 'Devi essere proprio un uomo di Dio: infatti parli la nostra lingua: i bianchi non sanno mai la nostra lingua! Sono cristiano anch'io, sai? Mi chiamo Matteo .'. 'Si Matteo, sono un uomo di Dio. Sono un Francescano". Vidi una lacrima brillare sul suo volto rugoso. "Anch'io! Sono un Francescano anch'io". Era dell'Ordine Francescano Secolare. Tolse un rosario da sotto il pagliericcio e disse tutto d'un fiato: "Lo vedi questo rosario? Lo dirò quindici volte al giorno, tanto, non ho null'altro da fare! Sono cinque anni che non faccio altro che pregare, ma al Signore ho sempre chiesto una sola cosa, sai?. Non ho mai chiesto nient'altro che di farmi venire qui un prete, perché ho fame di Cristo. Ho fame di Cristo, capisci?".

Guardai Christopher: "Ecco perché dovevi sbagliare strada, oggi!. Non ti era mai successo prima, dì la verità!". Poi mi rivolsi con commozione al vecchio: "Dio ti ha ascoltato, Matteo: ho qui con me la cassetta della messa. Oggi Gesù viene nella tua capanna".
Preparai l'altarino, sentendomi un po' come Maria nella grotta di Betlemme. Pensai perfino che forse, da Betlemme in poi, non era più capitato a Gesù di scendere così volentieri sulla terra. Ricevuta l'Eucarestia, il vecchio sollevò quelle sue braccine scarne e ad occhi chiusi, come rapito in estasi, cominciò a ripetere cantilenando: "Sono l'uomo più felice della terra! Il più felice della terra, sono!" Volli stupidamente provocarlo. "Dai, su, Matteo. non esagerare adesso: il più felice della terra! Sei qui tutto solo, malato, non hai nulla da mangiare, da bere." Mi interruppe quasi con sdegno: "Ma non parlerai così, tu uomo di Dio!? La felicità non viene mica dall'avere chi sa che cosa, o dal mangiare e dal bere! Sono cinque anni che l'aspettavo, e ora ce l'ho qui in me, il mio Cristo Signore". E, ignorandomi, ricominciò a cantilenare: "Sono il più felice della terra!" Come uomo di Dio, mi sentii un po' un verme, eppure, guardando il mio vecchio in estasi, seppi di essere un privilegiato e mi dissi in segreto: Umberto, sarà dura non essere più buoni, d'ora in poi". - tanto per cominciare - già da quella sera fu dura prender sonno.
Eravamo sdraiati su delle foglie, fianco a fianco io e Christopher. Al lume di candela gli lessi la pagina delle Beatitudini: "Beati i poveri, perché di essi...". Matteo, a un metro da noi, dava carne al messaggio del vangelo, russando beato, sprofondato nel sonno dei giusti. Tacemmo a lungo. Poi ripresi: 'Ma hai capito davvero quello che abbiamo visto oggi, Christopher? Lasciamo da parte il miracolo dei nostri mille ghirigori dalla palude in poi, per approdare al pagliericcio di Matteo. Il miracolo vero è qui su queste frasche. Guardalo: non ha null'altro che fame, piaghe e sofferenza, e ti canta un inno alla gioia che" Non potei dire a Christopher 'che manco la Nona di Beethoven", perché per lui Beethoven è un illustre sconosciuto. E il fatto sconvolgente si è che era tutto vero: chi poteva essere più felice di Matteo? Chi più felice di chi sa cantare la propria esultanza nella miseria e nelle piaghe? di chi non ha assolutamente più bisogno di nulla per essere il più felice della terra? "Ti ricordi, Christopher, di quella famosa attrice di cui ti parlavo qualche giorno fa? Era ritenuta la donna più bella del mondo: ricca, famosa, invidiata da tutti, tutti gli uomini le cadevano ai piedi. E si è tolta la vita perché non sapeva più che farsene: aveva tutto, meno che la gioia! E il nostro Matteo qui, non ha nulla di nulla, eccetto la gioia! Ma allora, da dove sgorga la gioia, me lo dici tu, Christopher?' Dormii il mio sonno più dolce, quella notte. Il mattino dopo, nell'accomiatarci da Matteo, gli dissi: 'Verrò a trovarti. Cosa vuoi che ti porti: un paio di coperte, dei viveri, un po' di tabacco Ma poi no, organizzerò una spedizione per portarti alla missione". Mi sorrise. 'Ma cosa vuoi portarmi? Per quei due giorni che mi restano da vivere . Portami ancora il Signore, e ne avrò d'avanzo!' Christopher ritrovò il sentiero in un battibaleno. Compiuto il nostro giro evangelico in quel di Mukutuma, tornammo alla Missione di S. Giuseppe. Una settimana dopo venne a cercarmi un giovanotto: "Sono il nipote di Matteo. Prima di morire si è tanto raccomandato che venissi a trovarti e a ringraziarti a nome suo. Diceva che ti avrebbe anche rivisto volentieri, ma che aveva capito che ormai il suo Cristo lo voleva con sé, tanto il viatico lo aveva già ricevuto. Ha anche detto che si ricorderà sempre di te nel Regno della gioia" ...

P. Umberto Davoli (Missionario di Cristo) Mission Press Catholic
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