Cinzia e Renato in Namibia 8 - 26 settembre 2003
 

24 settembre - Waterberg Plaeau Park e ritorno a Windhoek

Sveglia alle prime luci dell'alba anche oggi. Dobbiamo finire di sistemare i bagagli e vogliamo usare scopa e paletta a disposizione, per distruggere l'ecosistema che in due settimane in giro per le strade sterrate della Namibia si è creato nel canopy della nostra Toyota e poi, dobbiamo essere alle 7 alla reception per la partenza del game drive.

Ci fanno salire,con altri turisti tedeschi,sul solito fuoristrada scoperto ed il nostro accompagnatore, con l'entusiasmo di un contabile prossimo alla pensione, si mette alla guida del mezzo e comincia a muoversi.

I turisti tedeschi guardano con molta sufficienza i nostri pile ed i nostri k-way che indossiamo prontamente appena la jeep comincia a muoversi. All'interno del parco la velocità e molto bassa e la brezzolina che ci investe è quasi gradevole e contribuisce a svegliarci.
Attraversato il gate però la musica cambia: la velocità diventa decisamente più sostenuta:i nostri vicini si affrettano ad indossare delle maglie ed a stringersi con un affetto quanto mai "interessato", mentre da dietro giunge un rumore strano, come di risucchio d'aria, seguito da una spece di rantolo: la turbina del fuoristrada che sta tirando le cuoia? Un battistrada che si sta sgonfiando? Nulla di tutto ciò, è la coppia di turisti tedeschi che si sono sistemati dietro di noi nella jeep che, prima di mettersi a piangere a causa dell'aria gelata che li investe, si stanno producendo nell'imitazione dell'alce in amore; daltronde il loro colorito che va dal viola al cianotico ricorda molto il manto dell'alce......
Il supplizio dura parecchio, perchè l'ingresso del parco dista una ventina di chilometri dal campo; il nostro accompagnatore scende dal fuoristrada ad aprire un cancello per farci entrare nella riserva; in questo altopiano hanno trovato riparo molte specie di animali anche rari, come il rinoceronte nero, l'avvoltoio e l'antilope roana. La nostra guida ci dice che ci sono anche leopardi, ghepardi, o cheeta come li chiamano qui, bufali ed altri animali ancora.
L'accesso al parco, come detto, è possibile solo con gamedrive guidati, sia per salvaguardare l'ambiente ancora incontaminato, sia perchè, come avremo modo di constatare, le piste sono tutte sabbiose e davvero molto brutte; altro modo di visitare il parco è con i trekking, organizzati sempre dal rest-camp in cui i gruppi devono essere accompagnati da una guardia armata proprio per prevedere eventuali brutti incontri.
Una volta dentro il parco, percorriamo l'unico tratto di strada asfaltata che, nel breve tratto di qualche centinaio di metri, ci porta in cima all'altopiano. ' una strada ripidissima, molto stretta e senza alcuna protezione di lato e serve da sola a spiegare il motivo del divieto d'accesso al traffico privato.
Arrivati in cima percorriamo diverse piste in mezzo ad un paesaggio che ricorda molto da vicino quello del Kalahari. Navighiamo nella sabbia di un colore rosso acceso, con attorno molta vegetazione attraverso la quale vediamo muoversi rari animali; probabilmente, essendo poco abituati al rumore delle automobili ed alla presenza dell'uomo, vivono la nostra presenza come un'intrusione ed anche nei due view point in cui ci fermiamo per qualche decina di minuti, ne vediamo pochissimi ; durante la strada del ritorno, un'antilope roana, con il suo manto nero, fa capolino sulla strada, ma la nostra speranza di vedere il rinoceronte
nero è stata ancora una volta tradita.
Verso le 11 siamo di nuovo al campo: la temperatura è notevolmente aumentata e noi ritorniamo verso la nostra camera per caricare i bagagli per l'ultimo trasferimento del nostro viaggio verso la capitale Windhoek. Dopo aver caricato i bagagli, notiamo nel prato antistante al nostro delle scimmie che stanno aiutando il personale che sta mettendo in ordine le camere; una si accanisce contro il bidone dell'immondizia, scoperchiandolo e poi seminando il coperchio in giro, mentre l'altra si impossessa dell' irrigatore con cui stanno bagnando il giardino, per bagnare tutto intorno.

Usciti dal cancello, ci prepariamo ad affrontare gli ultimi 30 chilometri di sterrato, quelli che ieri sera ci hanno fatto soffrire ed anche quest'oggi mettono a dura prova la nostra Toyota. Appena vediamo la strada asfaltata ci rendiamo conto che la nostra vacanza volge al termine e, soprattutto, che sono finite le nostre peripezie sulle strade sterrate senza grandi incovenienti.In breve riprendiamo la mitica B1, che nella migliore delle tradizioni delle strade, è un continuo cantiere. Poco dopo le due siamo alla periferia di Windhoek all'imbocco della tangeziale dove, miracolosamente, azzecchiamo al primo colpo lo svincolo di uscita per arrivare alla Villa Verdi Guest House, da dove il nostro viaggio era partito. Con nostro grande stupore percorriamo poche centinaia di metri in macchina, prima di arrivare davanti al cancello della nostra ultima sistemazione.

La camera che ci viene assegnata adesso è ancora più bella di quella che avevamo avuto la prima notte.La grande porta-finestra si apre sul giardino e la piscina della guest-house e la camera è ancora più grande di quella in cui abbiamo dormito la prima notte.
Dopo aver posato i bagagli ripartiamo immediatamente per una passeggiata: uscire, lasciando ferma la macchina su cui abbiamo percorso circa seimila chilometri negli ultimi quindici giorni, ci dà una sensazione quasi liberatoria.

Windhoek è una città vivacissima, piena di gente, di taxi, e di negozi; i bianchi che girano a piedi, in realtà, non sono moltissimi, ma non abbiamo alcuna sensazione di disagio. Il clima è molto piacevole, con la temperatura che è sensibilmente superiore a quindici giorni prima. Verso le 17, con tutti i negozi che stanno quasi per chiudere, entriamo in un centro commerciale per fare gli ultimi acquisti, quindi ritorniamo in albergo a preparare le valige e per farci la doccia.Nel preparare i bagagli, scopriamo che il lucchetto che chiudeva una delle due valige è rimasto, probabilmente, sopra il frigorifero della stanza al Waterberg Plateau Park; decidiamo, la mattina successiva, di alzarci presto ed andare alla ricerca di un lucchetto nuovo per affrontare il viaggio di ritorno in tutta sicurezza, mentre per il momento, ci prepariamo ad andare a cena nello stesso locale in cui cenammo al nostro arrivo, "La Marmite".
Raggiungiamo il locale anche senza piantina della città e ci gustiamo una buonissima cena africana nella penombra e nella quiete di questo ristorante. Il conto, come al solito, è davvero irrisorio e decidiamo di lasciare quasi tutti i soldi che ci sono rimasti, non molti per la verità in mancia.Ci teniamo alcuni spiccioli quando le persone del locale ci dicono che pochi metri dopo c'e' un supermercato con un attrezzato reparto ferramenta in cui poter acquistare il nostro lucchetto.
Alle dieci siamo di nuovo in camera a finire di sistemare i bagagli e pronti ad affrontare la nostra ultima notte africana.

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