Per
sgomberare il campo da equivoci va innanzitutto ben precisata la
differenza tra rapidità e velocità.
“La
velocità non è una qualità fisica fondamentale, bensì una capacità
derivata, dipendente dall’applicazione di una forza ed esclusivo
effetto di quest’ultima. E’ la forza la qualità fisica fondamento
della motricità dell’uomo, come causa dello spostamento dei gravi e
della velocità che ad essi si vuole
fare acquisire” (Vittori 1990). Sempre secondo Vittori e molti altri autori e
metodologhi la rapidità può essere considerata come qualità fisica di
base, quando venga intesa come la caratteristica che consente di muovere
rapidamente, uno o più segmenti del corpo liberi da sovraccarico
o comunque rappresentanti un carico di entità ridottissima. Ad esempio
la frequenza dei passi di uno sprinter in gara sarà rapportabile alla
sua capacità di forza esplosiva e non alla sua capacità di far girare
le gambe a vuoto senza che il peso del corpo gravi su di esse e senza
che ci sia la necessità di avanzare cioè di spostare il peso del corpo
stesso. Risulta in tal modo chiaro il collegamento tra la forza e la
velocità di spostamento in rapporto alla resistenza da vincere.
La
rapidità deve essere considerata come una qualità funzionale specifica
del SNC, capace di regolare in modo molto efficace la funzione
psicomotrice. Essa si manifesta in azioni che non solo non richiedono un
importante impiego di forza e di conseguenza una ridotta spesa
energetica, ma che devono anche essere di facile coordinazione
ovviamente in rapporto al livello della capacità individuale.
Come
riconosciuto dalla quasi totalità degli autori e ben evidenziato da
Zatsiorski essa si manifesta secondo le seguenti modalità:
-
la
reazione semplice o complessa ad un segnale
-
la
velocità di esecuzione di un movimento semplice senza una significativa
resistenza o di un movimento complesso ma ben conosciuto (vitesse
gestuelle)
-
la
frequenza di movimenti senza una significativa resistenza.
Il
tempo di reazione è considerato come geneticamente prestabilito. Evolve
seguendo un andamento cronologico ben definito e viene determinato
essenzialmente da due fattori:
-
la
regolazione dell’apparato neuromotorio (fattore percettivo)
-
la
consistenza motrice dell’azione (fattore motorio).
Ma
il secondo fattore, la consistenza motrice dell’azione, quello che più
facilmente si può pensare di migliorare tende a coinvolgere la vitesse
gestuelle cioè l’esecuzione del primo movimento e quindi si trova a
metà strada tra tempo di reazione e l’esecuzione di un movimento
semplice..
Come
rimarcato dal prof. Bisciotti nel suo intervento, la consistenza motrice
dell’azione, cioè il fattore propriamente motorio, può essere
anticipato prevedendo quello che succederà in rapporto al tipo di
movimento dell’avversario.
In
movimenti complessi la riduzione del tempo di reazione dipende dalla
coordinazione intramuscolare (ed intermuscolare) e cioè dal livello di
automatizzazione del
movimento.
Il
metodo analitico per il miglioramento del tempo di reazione semplice si
basa sui seguenti accorgimenti:
-
la
ripetizione più rapida possibile della reazione ad un segnale
imprevisto, inatteso o ad un cambiamento dell’ambiente esterno
-
il
miglioramento della vitesse gestuelle, cioè della rapidità del
movimento da produrre (si tratta in pratica di agire sul fattore
motorio)
-
la
concentrazione sulle azioni da svolgere all’arrivo del segnale, e non
sul segnale
-
il
dosaggio della tensione muscolare
-
il
dosaggio dell’attenzione.
Il
metodo sensoriale per il miglioramento del tempo di reazione tende a
stimolare la capacità di percepire brevissimi intervalli dell’ordine
di pochi centesimi di secondo. Lo sviluppo del metodo avviene in tre
fasi:
-
reazione
la più rapida possibile e indicazione all’atleta del tempo impiegato
-
stima
del tempo di reazione da parte dell’atleta e successiva indicazione
del tempo impiegato
-
reazione
in un determinato tempo stabilito precedentemente.
Le
reazioni complesse prevedono generalmente due tipi di situazioni:
a)
la
reazione ad un oggetto in movimento
b)
la
reazione concernente una scelta.
Il
primo caso è caratteristico dei giochi con la palla. Per esempio si
possono prendere in considerazione le azioni che fa il portiere quando
deve bloccare un tiro:
-
vedere
la palla
-
valutare
la direzione e la velocità di spostamento
-
scegliere
un piano d’azione
-
realizzare
questo piano.
Di
queste quattro azioni quella che richiede un tempo più lungo è la
prima che consiste nel fissare la palla. Per ridurre questo tempo
nell’allenamento si tende progressivamente ad aumentare la velocità
della palla e a ridurre la distanza di osservazione.
Nel
secondo caso nell’ambito degli sport collettivi diventa importante la
“anticipazione”.
Come
dice Zatsiorski in tutte le azioni motorie si possono distinguere due
fasi:
-
una
fase preparatoria in cui l’atleta si “organizza”, si dispone in
una determinata posizione, si prepara per effettuare l’azione vera e
propria
-
una
fase di esecuzione propriamente detta.
L’anticipazione
consiste nel trarre delle informazioni da quello che avviene nella prima
fase per prevedere la seconda e quindi muoversi in anticipo. E’ chiaro
che una buona conoscenza delle caratteristiche e della gestualità
dell’avversario costituiscono un valido
presupposto per arrivare a ciò. In tal modo si può ridurre il
tempo di reazione complesso.
Un’ultima
considerazione sul tempo di reazione complessa riguarda la relazione
stretta tra la sua durata ed il grado di entropia
della situazione cioè con il grado di incertezza e quindi con il
numero delle alternative possibili.
Se
l’entropia è nulla il tempo di reazione complesso è uguale al tempo
di reazione semplice.
Per
concludere su questo argomento si può dire che tutti gli autori (da
Zatsiorski a Weineck a Bauersfeld) considerano il tempo di reazione come
un fattore genetico soprattutto per quanto riguarda la velocità di
conduzione degli stimoli; e quindi il margine di miglioramento
attraverso l’allenamento è
ridotto.
Ciò
non toglie che sia nel caso dello sprinter con il riferimento al metodo
sensoriale che in quello del portiere o del giocatore si possano
svolgere esercizi del tipo di quelli indicati per ottenere un certo
miglioramento. Nella maggior parte dei casi l’esercitazione
riguardante il tempo di reazione è abbinata a quella tecnica che lo
segue come per lo sprinter che parte o per il portiere che para.
Se
il tempo di reazione non è legato alla forza, lo sono invece gli altri
due fattori della rapidità e cioè sia la velocità di un singolo
movimento che la frequenza, a meno che la resistenza da vincere sia
minima (curva forza-velocità).
A
proposito della velocità di contrazione che sta alla base della velocità
del movimento e della frequenza, alcuni autori, tra cui Cometti,
ritengono che essa dipenda dai seguenti fattori:
-
velocità
di liberazione del Ca++
-
tasso
di ATP nel muscolo
-
percentuale
di fibre rapide.
La
velocità di liberazione del Ca++, dipende dall’intensità
dell’impulso effettore e quindi della depolarizzazione della membrana
cellulare.
Il
tasso di ATP nel muscolo è più importante come indicatore della
capacità del sistema anaerobico, che non della potenza. A questo
proposito alcuni autori tra cui J.R. Lacour, ritengono invece come
indice di capacità del sistema anaerobico la diminuzione del tasso di
PC registrato alla fine dell’esercizio, corrispondente alle riserve
utilizzate dal muscolo. Ma è l’attivazione dell’ATPasi, l’enzima
di scissione, che determina la potenza del sistema anaerobico
prevalentemente alattacido.
Un
importante riferimento nell’analisi di questi due fattori (velocità
del singolo movimento e frequenza, tra l’altro non necessariamente
correlati con il tempo di reazione) va fatto all’azione del circuito
di Renshaw che riduce, quasi inibisce l’inibizione reciproca cioè
quella dell’antagonista al momento della contrazione dell’agonista.
L’effetto negativo e protettivo di questo circuito avviene a livello
di SNC e tende a desincronizzare le U.M. dell’agonista ed a far
contrarre l’antagonista. Ma si tratta di una caratteristica del
principiante, senz’altro
superata dall’atleta evoluto.
La
velocità di un gesto (forma aciclica), la velocità di spostamento (una
successione di gesti aciclici e ciclici), quella di corsa (gesti
ciclici), riguarda tutte le specialità sportive e, dato che va sempre
comunque spostato il corpo oltre ad eventuali attrezzi, sottintende
inevitabilmente l’impiego della forza veloce. Per cui come allena la
forza lo sprinter e come la può allenare, con lo stesso obiettivo cioè
il miglioramento della velocità, un calciatore?
Vittori
insieme ai suoi più stretti collaboratori
ha individuato una precisa metodologia
di sviluppo della
forza in tutti i suoi vari aspetti in funzione della velocità. Partendo
dall’analisi del modello di prestazione
di qualsiasi attività che preveda una fase di accelerazione e di corsa
lanciata. In riferimento
all’utilizzo delle diverse espressioni della forza, è proposta
la seguente distinzione:
- espressione
di forza attiva
-
espressione
di forza reattiva
intendendo
la prima come effetto prodotto soltanto dall’accorciamento
della parte contrattile e la
seconda come effetto del ciclo stiramento-accorciamento cioè con
l’utilizzo della componente elastica
in aggiunta all’azione
contrattile.
Schematizzando
Vittori considera come facenti parte della forza attiva sia la forza
massima dinamica sia la
forza esplosiva; e della forza reattiva sia la forza esplosiva-elastica
sia la forza esplosiva-elastica-reattiva.
Questa
distinzione è diversa da molte altre che tutti conoscono ma a mio
avviso molto funzionale in relazione alla velocità.
Per
forza massima dinamica s’intende quella che serve per spostare con un
solo movimento il carico più
elevato possibile senza limitazione di tempo. Viene definita dinamica
solo per il fatto che non è isometrica.
Per
forza esplosiva si intende quella sviluppata alla maggiore velocità
consentita dalla resistenza da vincere (che può consistere nel peso corporeo oppure in un sovraccarico oppure nella
somma dei due o in un altro tipo di resistenza) partendo da una
situazione statica in modo
che la contrazione muscolare
sia solo concentrica; esempio classico è quello della prima spinta dal
blocco dello sprinter; nel calcio ritroviamo l’utilizzo di questa
espressione di forza nella parata del portiere partendo da fermo ed in ogni tipo di scatto da parte di qualsiasi
giocatore che parta da fermo.
Per forza esplosivo-elastica si intende la forza
derivante dal ciclo stiramento-accorciamento che deriva cioè da un
molleggio, da un prestiramento, da una fase eccentrica che precede la
successiva fase concentrica. Entra in gioco il fenomeno della elasticità
soprattutto tramite quella che è considerata
la CES, la
componente elastica in serie (quella in parallelo la CEP come sappiamo
è deputata alla conservazione o meglio alla preservazione del sistema
muscolo-tendineo) la quale è una qualità del muscolo che serve per
immagazzinare energia restituendola, a costi energetici molto bassi, in
sovrappiù (surplus) nella fase concentrica.
Questa forza esplosivo-elastica si evidenzia
nella prima parte di accelerazione dopo la partenza
dai blocchi in cui il piegamento al ginocchio è ancora
accentuato ed in cui i
tempi di appoggio sono ancora relativamente lunghi
(da 250-260/1000 di
sec. Si passa a ~ 120-125/1000 sec. verso il 7° passo (cioè a 9-10 m.
dalla partenza).
Nel calcio quella esplosivo-elastico è
l’espressione più importante e più utilizzata dalla forza in
funzione della velocità essendo la maggior parte degli scatti, compiuti
dal giocatore, di breve durata (da pochissimi metri fino a 20-25 m.) con
partenza in movimento.
L’ultima espressione considerata che è quella
esplosiva-elastica riflessa, non è che una manifestazione di forza
esplosivo-elastica con una fase di stiramento ridotto sia come tempo che
come ampiezza articolare: in questo caso scatta il meccanismo riflesso
dei fusi neuromuscolari che accrescono ulteriormente la risposta
elastica soprattutto se l’effetto di questo meccanismo si inserisce
nella fase concentrica; ne va dimenticato l’effetto della stiffness
cioè della “durezza” del sistema artro-muscolare che apporta un
ulteriore vantaggio alla risposta elastica. Del resto, come ha ben
sottolineato più volte il
prof. Vittori nei suoi innumerevoli studi sullo sprint, sarebbe
difficile spiegare il mantenimento di un’altissima velocità dalla
fine dell’accelerazione al traguardo da parte del centometrista se non
supponendo un forte intervento di quest’ultima espressione di forza
che si estrinseca in quei pochi millesimi
di sec. (80-90) di durata dell’appoggio del piede a terra.
Per un giocatore di calcio all’apparenza
quest’ultima espressione di forza può sembrare meno rilevante perché
pochi ruoli prevedono l’eventualità di una fase lanciata della corsa
veloce (in pratica solo i tornanti cioè quelli che giocano sulle fasce)
e effettivamente questa eventualità si presenta poche volte
(al massimo 5-6 volte) durante una partita; ma non va dimenticata
l’importanza della reattività in rapporto ai rapidi ed appena
accennati mutamenti di direzione in
velocità (Bosco..)
In questo
modo cioè considerando le varie espressioni di forza attiva e reattiva
si giunge alla costruzione di un modello di prestazione per lo sprinter
che non è biomeccanico inteso
in senso lato (cioè non riguarda la biomeccanica della corsa pur
influenzandola e determinandola) ma è un modello di biomeccanica
muscolare in quanto delinea il tipo di intervento delle
espressioni di forza che caratterizzano
i vari momenti della competizione.
In altri sport in particolare nel calcio, la
velocità consiste in pratica in una serie ripetuta, con intervalli
variabili, di accelerazioni più o meno lunghe ma quasi mai complete,
raramente con partenza da fermo ma spesso con cambi di direzione, per
cui facendo riferimento alle espressioni di forza antecedentemente
considerate diventa più difficile
modellizzarle, ma più importanti risultano quella
esplosiva-elastica, quella esplosiva peculiare del portiere e quella
esplosiva-elastica-reattiva soprattutto
per i rapidi cambi di direzione. In un gesto caratteristico come
quello del calciare interviene, oltre alla capacità generale di forza
che dà stabilità ed equilibrio all’azione, anche la capacità di
forza esplosiva elastica specifica di un determinato gruppo muscolare
quale quello degli estensori della gamba sulla coscia, in quanto da essa
dipende la velocità del movimento e di conseguenza la velocità che si
imprime alla palla.
La differenza sostanziale
tra la preparazione dello sprinter e quella di un calciatore
in rapporto allo sviluppo della forza in funzione della velocità,
sta nella disponibiltà di tempo e di energie completamente differente.
Vedremo in seguito come per uno sprinter individuati i mezzi più
idonei, da quelli generali a
quelli più specifici, per ottenere il risultato voluto e cioè
incrementare la forza in funzione della velocità, questi vengono
programmati e personalizzati con una logica precisa.
Tutto ciò è molto più difficile da realizzare per sport come
il calcio che, per forza di cose, per
i calendari agonistici, perché la gamma delle capacità fisiche e
tecniche è ampia, non danno modo all’allenatore e al preparatore
fisico di organizzare un lavoro preciso diretto in tal senso: ed
il risultato è semplice: la capacità di accelerazione che in fondo
rappresenta poi la velocità per questi giocatori non migliora
quasi mai a parte il
periodo dell’accrescimento. Come ha avuto modo di affermare il prof.
Bisciotti si arriva a stimolare la forza nel modo
più diretto cercando soluzioni che spesso soltanto
“scimiottano” le esercitazioni vere e sistematiche dello sviluppo
della forza veloce. A questo proposito
in seguito all’esperienza personalmente
condotta nell’ambito del calcio in particolare, posso
testimoniare come soltanto la resistenza
specifica tenda a migliorare perché rappresenta in effetti la
capacità regolarmente sollecitata attraverso tutti i tipi di gioco.
Passiamo ad esaminare come sollecitare e
sviluppare le espressioni di forza
precedentemente elencate e quali mezzi usare allo scopo e come
controllarne l’andamento.
Il gesto principalmente
preso in esame è quello del piegamento e dell’estensione delle
gambe che può essere utilizzato in diversi modi soprattutto in rapporto
alla velocità esecutiva ed al carico sollevato:
-
per la forza massima dinamica si tratterà di eseguire lo squat
completo cioè dalla massima accosciata all’estensione completa delle
gambe con il carico aggiuntivo (bilanciere) più elevato (il carico che
consente in teoria una sola ripetizione). La velocità di
movimento sarà molto bassa; l’espressione di forza prevede
solo una fase concentrica.
Lo sprinter di qualità arriva a sollevare un sovraccarico pari al
doppio del peso corporeo. Il calciatore
non fa mai questo esercizio.
Nota importante di Vittori: la correlazione tra
la forza massima dinamica e le altre espressioni di forza dipende dalla
incidenza della capacità contrattile che è molto alta nella forza
esplosiva e decisamente più bassa in quella esplosiva-elastica-riflessa.
-
per la forza esplosiva l’esercizio
consiste nell’estensione più veloce possibile
delle gambe con partenza da
fermo dalla posizione di ½ squat utilizzando sovraccarichi differenti
che consentono anche l’eventuale stacco da terra: in questo
esercizio oltre alla capacità contrattile interviene la capacità di
sincronizzazione della contrazione delle fibre al fine di avere un
massiccio reclutamento istantaneo (coordinazione intramuscolare). Questo
tipo di esercizio viene utilizzato anche dal calciatore soprattutto
nella forma che prevede l’esecuzione con
balzo (quindi con un basso sovraccarico).
-
L’espressione di forza esplosiva-elastica
è stimolata dall’uso dell’esercizio dello squat-continuo del
½ squat continuo e del ½ squat jump continuo che presuppongono ovviamente l’uso
dell’energia elastica: questa è la particolarità che li distingue
dall’esercizio precedente.
Il reclutamento è progressivo per quanto riguarda le U.M. soprattutto
se il carico è elevato ed il piegamento profondo. In un movimento
balistico ad alta velocità sono soprattutto le fibre veloci ad essere
reclutate. Il ½ squat continuo ed il ½ squat jump continuo sono gli
esercizi che più di altri vengono utilizzati dal calciatore.
-
Ancora più rivolto nella direzione dell’espressione
di forza esplosiva-elastica-reattiva è l’esercizio del ½
squat molleggiato
jump che prevede un leggero molleggio alla fine della fase eccentrica;
questo molleggio di ridotta ampiezza provoca un breve
stiramento degli elementi elastici ed una risposta riflessa più
importante di quella esplosiva-elastica: si
ricrea, per avere un riferimento tecnico, la situazione
della fase lanciata della corsa dove la forza
esplosiva-elastica-riflessa diventa molto importante e decisiva per il
mantenimento della velocità e dove appunto il molleggio alla caviglia e
al ginocchio sono minimi; nella stessa situazione si trova il calciatore
che in fase lanciata esegue un rapido cambio di direzione. Per
sviluppare la forza esplosiva-elastica-reattiva sono utilizzati anche
altri esercizi che comportano esecuzioni rapide quali la divaricata
sagittale con balzo sul posto ed i saltelli a piedi paralleli ed a gambe
tese, con sovraccarichi non elevati. Questi ultimi sono quelli più
usati dal calciatore.
Altri esercizi con sovraccarico per lo sviluppo
della forza in funzione della velocità usati regolarmente dai velocisti
ed in misura minore dai calciatori sono le divaricate-sagittali in
avanzamento, il passo saltato lo step e alcune varianti del ½ squat
quale quella su un solo arto, per quanto riguarda le esercitazioni in
forma globale. Quelle invece di tipo settoriale (molleggio sugli
avampiedi a gambe tese e piegate a carico naturale o alle macchine
standing-calf o sitting-calf – leg estension – leg curl – adductor
e abductor) più usate dai calciatori che dai velocisti sono indirizzate
a colmare degli scompensi e quindi a riequilibrare e a prevenire oppure
rispondono ad esigenze specifiche quali l’esercizio della
leg-estension in rapporto all’azione del calciare. In questo caso le
modalità esecutive saranno indirizzate alla ricerca della massima
potenza. L’esercizio di squat e di ½ squat in tutte le forme indicate
può essere svolto all’occorrenza alla pressa orizzontale con un
effetto quasi simile.
La proposta del prof. Bisciotti per il calciatore
riguarda un utilizzo di questi mezzi con il metodo del contrasto
passando cioè da esecuzioni forzatamente più lente ad altre più
dinamiche; di ciò e di come sono utilizzati sia dal velocista che dal
calciatore, e cioè in quale momento della preparazione, in quale
combinazione ed in quale quantità si vedrà trattando della
periodizzazione e della programmazione.
Lo sviluppo di queste espressioni di forza in
funzione della velocità (esplosiva/esplosiva-elastica/esplosiva-elastica-riflessa)
può essere controllato attraverso alcuni test ideati da Bosco, i cui
valori possono essere raffrontati tra loro test di sprint sul terreno e
per i velocisti con i tempi realizzati in gara.
Dai mezzi di forza generale si può passare
all’esame dei mezzi di forza speciale per lo sviluppo della velocità.
Essi sono:
-
balzi orizzontali (alternati, successivi, simultanei) (espl/espl-el/espl-el-rifl)
-
corsa balzata (espl-el-rifl)
-
balzi verticali su ostacoli (alti, medi) (espl-el/espl-el-rifl)
-
skip con o senza cavigliere (espl-el)
Ogni mezzo richiede una particolareggiata
descrizione. Tutti sono usati dal velocista, solo alcuni dal calciatore
che ha meno tempo ed energie da dedicare in questo senso.
Dei mezzi elencati egli fa uso dei balzi
orizzontali corti (fino all’ottuplo) dei balzi sugli ostacoli (medi e
bassi) e dello skip senza cavigliera, quelli cioè più indirizzati
verso la forza esplosiva-elastica che non quelli di forza
esplosiva-elastica-riflessa.
Dai mezzi di forza speciale si passa a quelli di
forza specifica:
-
traino
-
corsa balzata con rilevamento del tempo e del numero dei balzi
-
corsa ampia con rilevamento del tempo e del numero dei passi
-
sprint con partenza da in piedi su 30-50-80-100 metri con cintura
zavorrata.
Queste esercitazioni rappresentano un ulteriore
anello di congiunzione tra lo sviluppo della forza e la velocità e
contengono elementi importanti dello sprint. Di tutte queste
esercitazioni il calciatore utilizza il traino.
L’allenamento dello sprint non si basa
esclusivamente sulle esercitazioni di forza generale e speciale. Un
altro capitolo importante riguarda la resistenza alla velocità che per
lo sprinter consiste nel mantenimento della velocità raggiunta per
tutto l’arco della gara o comunque nel contenimento del decremento.
Questo problema è di tipo prevalentemente metabolico ed il tipo di
metabolismo spazia nell’ambito dell’anaerobico dall’alattacido al
lattacido o meglio alla luce delle odierne conoscenze dal moderatamente
lattacido al fortemente lattacido a seconda delle distanze percorse,
dell’intensità (cioè della percentuale di velocità, tra l’altro
sempre elevata), del tempo di recupero (comunque incompleto) e del
totale della distanza coperta (cioè della somma delle singole
distanze). Senza parlare della velocità prolungata (400m.), ma avendo
come riferimento la distanza classica dello sprint cioè quella dei 100
metri le prove utilizzate sono divisibili in due gruppi:
-
quelle cosiddette brevi che vanno dai 60 ai 100 metri
-
quelle lunghe dai 150 ai 250/300 metri.
Lo scopo delle prove brevi è quello di stimolare
il rapido processo di ricostituzione dell’ATP attraverso la scissione
della PC per mezzo dell’aumento di depositi e/o attraverso una
migliore attivazione enzimatica: l’obiettivo si raggiunge con serie di
ripetizioni di prove dapprima brevi (60m.) poi mano a mano che aumenta
la “tenuta” più lunghe (fino a 80 e 100m.) senza che si riduca la
velocità. Queste prove che sono corse ad una velocità che va dal 90% -
92% al 95% - 96% prevedono recuperi incompleti (dell’ordine dei 2’
– 3’) proprio per mettere in crisi il succitato metabolismo al fine
di provocare l’effetto della supercompensazione. Si tratta di
un’esercitazione generalmente ben assorbita dal velocista e che dà
come risultato anche l’incremento della velocità in assoluto oltre al
conseguimento dell’obiettivo primario la resistenza alla velocità.
L’aumento della distanza (da 60 a 80 e anche a 100 m.) fa sì che il
numero delle ripetizioni e delle serie diminuisca. Questa esercitazione
può essere abbinata anche alle prove più lunghe di capacità lattacida.
Le prove più lunghe (da 150 metri in poi) hanno
come obiettivo la capacità
dell’organismo a sviluppare alte velocità contemporaneamente alla
crescente elevazione dell’acidità nel muscolo dovuta alla produzione
di lattato più o meno rapida a seconda dell’intensità delle prove e
del loro numero, della combinazione e del recupero.
La metodica di sviluppo di questo mezzo
denominato abitualmente come “prove lunghe” di cap latt prevede
l’esecuzione dapprima in serie e poi come prove ripetute delle
succitate distanze. Nelle prove in serie l’accumulo del lattato è più
lento e progressivo; nelle “ripetute” è più rapido e per questo
motivo esse sono da considerare più specifiche.
Nel calcio non si può parlare di resistenza alla
velocità perché nel 95% dei tratti di corsa effettuati da un
calciatore non si arriva neppure a completare un’accelerazione oppure
quando il tratto è più lungo consiste in un succedersi di fasi
acceleranti e deceleranti associate a cambi di direzione, a finte, a
gesti tecnici più specifici nel caso in cui il giocatore sia in
possesso di palla. Inoltre va sottolineato che, data la variabilità del
gioco, il succedersi nel tempo di queste fasi è impossibile da
prevedere. Sta di fatto che se un giocatore è in grado di reiterare
queste accelerazioni con brevi intervalli di recupero, e se è in grado
di fare ciò con la stessa efficacia fino al termine della partita
dimostra di possedere una resistenza specifica molto elevata, quella in
pratica che ogni allenatore desidererebbe da ogni giocatore. Per cui
quella che va ricercata è proprio questa qualità di reiterare
accelerazioni con brevi tempi di recupero.
Al fine di non “rubare” troppo tempo
all’allenamento tecnico-tattico la metodologia per lo sviluppo della
velocità e quella della resistenza specifica tendono a fondersi in una
comprendente prove di 10-20-30 metri in serie corpose di ripetizioni
(es. 12-15 prove per serie) con recuperi brevi (30”) tra le prove, e
ampi (5’-6’) tra le serie e con un impegno elevato (oltre il 90%).
Un supporto a queste prove che possono essere
considerate specifiche viene da prove più lunghe di 100 e 50metri anch’esse corse in serie di ripetizioni ad un ritmo pari
all’80% - 85% sempre con recuperi incompleti
(es.10 x 100m. + 10 x 50m. con recupero di 30”/40” tra le
prove e di 5’/6’ tra le serie).
Parallelamente alle prove di 10-20-30 metri,
stanno quelle di va e vieni sulle stesse distanze con cambi di direzione
e di senso (alcune serie di 6-10 tratti più o meno lunghi) ed anche le
variazioni di velocità (6-8 passi veloci + 10-12 passi lenti in serie
di 10-12 variazioni). Non va inoltre
dimenticato un particolare tipo di “intermittente”, quello più
breve (es.: 5” rapidi + 15” lenti …) che risulta poco aerobico ma
molto specifico.
Mi pare opportuna una precisazione a questo
riguardo: pensare che la velocità quella che serve al calciatore, cioè
questa capacità di accelerare sul breve, di cambiare direzione, senso,
di arrestarsi e ripartire, possa migliorare ripetendo le esercitazioni
di corsa proposte è corretto, nel senso che
migliora la coordinazione intra ed intermuscolare e tutto ciò
rende i movimenti più economici e più efficaci; ma l’entità di
questo miglioramento è veramente minima. D’altro canto si ha una
risposta supercompensativa a livello biochimico quando le ripetizioni
sono a recupero incompleto, per cui sicuramente con questi tipi di mezzi, associati ad altri consistenti in
esercitazioni tecnico-tattiche opportunamente mirate si può avere un
buon incremento della resistenza specifica. Per migliorare la capacità
di accelerazione e la velocità in assoluto, cosa tra l’altro
abbastanza rara tra i calciatori che abbiano raggiunto la maturità, è
indispensabile che alle spalle di questo lavoro di sprint ripetuti, di
va e vieni, di variazioni di velocità, stia un sistematico allenamento
della forza in senso generale (sovraccarico) e speciale (balzi-andature-traino-salite
ecc).
La difficoltà è quella di sviluppare questo
tipo di allenamento nella fase di preparazione e successivamente in
quella agonistica con metodicità: e tutto ciò non è per mancanza di
volontà o di tempo ma perché questa parte di allenamento toglie spazio
ed energie a quello tecnico-tattico e lo condiziona negativamente
limitandone lo sviluppo. A questo proposito sta prendendo piede tra i
giocatori l’utilizzo del
periodo di transizione (in pratica il mese di vacanza) per svolgere
appunto esercitazioni di carattere generale e speciale.
Nell’allenamento dello sprinter invece la
velocità (non la resistenza alla velocità) viene stimolata attraverso
esercitazioni tecniche di partenze e accelerazioni, ma soprattutto
attraverso prove singole con recupero completo di 60-80-100 e 150 metri.
La differenza tra queste diverse distanze è basilare: mentre i 60 metri
possono essere corsi al massimo delle possibilità senza alcun tipo di
economia o di tattica, a partire dai 100 metri diventa importante la
distribuzione dello sforzo che non consente mai di arrivare al 100%
delle possibilità ma che consente di ottenere il miglior rendimento.
Nell’analisi dei mezzi per lo sviluppo della velocità occupano un
ruolo importante anche gli esercizi preatletici sotto forma di andature
elastiche e rapide che spesso sono parte integrante della fase di
riscaldamento di una seduta. Esse sono importanti sia per il velocista
che per il calciatore seppure possano cambiare alcune modalità di
esecuzione.
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