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"Le
Nuove Avventure Di David Bowie"
(The All New Adventures Of David Bowie)
autore non indicato
Hi!, 7 giugno 1975
Mi
sono arrampicata su casse da imballaggio ancora chiuse, su per
tre rampe di scale, sentendomi un po' come se stessi per vedere
il mio dentista. Solo che, invece, stavo per incontrare David
Bowie, faccia a faccia, a portata di tocco, nella sua nuova
casa molto privata a New York.
Quando ho raggiunto l'estremità dell'ultima rampa, Bowie
era in piedi sulla sua sommità - con i capelli color albicocca,
il viso magro serio, con in mano un trapano elettrico. Zoom...zoom!
Un secondo ed un serio David sta giocando a fare il cowboy col
trapano come una pistola e me come bersaglio...subito dopo sorride,
dandomi un bacio sulla guancia e scusandosi per il disordine.
"Siediti", dice, dandomi un gentile colpetto in direzione
di un confortevole letto di cuscini giganti che si trova nel mezzo
del pavimento. "Ti dispiace se vado un po' in giro e continuo
a lavorare?"
Non mi dispiaceva. Era affascinante guardare una tale mente geniale
concentrarsi in un lavoro come appendere i quadri. E mentre lui
lavorava io ero seduta a gambe incrociate di fronte al camino
acceso, felice dell'opportunità di togliermi le scarpe
nuove, che erano tanto carine quanto dolorose. E felice, anche,
di avere un po' di tempo per guardarmi intorno.
Alla fine della stanza una brillante chiazza di luce splendeva
dalle finestre della mansarda nell'alto soffitto giù sul
pavimento di legno. Raggi della luce di New York che riuscivano
ad intravedersi tra la giungla di piante striscianti che pendevano
come una serra di vegetazione sospesa nel cielo. Ed io pensai
ad una conversazione che avevo ascoltato solo pochi minuti prima,
quando qualcuno era al telefono e prendeva un appuntamento con
"il dottore delle piante" per una visita. Ora sapevo
perché la vegetazione appariva così in salute...
Così come David. Gli occhi luminosi (anche se era stato
ininterrottamente in piedi per due giorni e due notti a lavorare),
magro ma in forma, vigile e così interessato di sapere
tutto sulle cose che aveva perso durante l'anno che aveva passato
lontano dall'Inghilterra. "Solo, non parlarmi dei film che
hai visto", dice sorridendo. "O non parleremo d'altro".
Così ho chiesto cosa aveva fatto da quando aveva lasciato
l'Inghilterra, a parte l'incredibile Diamond Dogs Tour, che aveva
attraversato l'America per sette mesi.
"Bene, ho scritto alcuni film", sorride, ovviamente
contento di tornare al suo argomento preferito così presto.
"Ho scritto nove film", ha aggiunto, di fatto, come
in un ripensamento. "Nove?", ho chiesto. Sembrava sorpreso.
"Si", poi con una maliziosa risata, "se non succede
niente almeno ho tutte queste cartelle di disegni ["art work"]
da mostrare". Prende un grosso astuccio nero con una chiusura
lampo intorno, del tipo usato dai modelli per le loro fotografie,
e me lo porge.
Dentro c'era una storia in immagini così affascinante che
David aveva fatto col trapano un'altra dozzina di buchi prima
che io emergessi dalla mia lettura. Erano idee visuali di come
il suo film sarebbe dovuto apparire sullo schermo - più
di questo: era tornato indietro agli inizi del cinema, quando
ogni inquadratura era predisposta e disegnata come un lavoro artistico,
prima che gli attori e la troupe fossero neanche assunti. Così,
questo era esattamente il modo in cui David voleva fare il suo
primo film. Aveva scritto il copione e poi disegnato la sua impressione
di ogni singola inquadratura.
Adesso era preso dal decidere la risposta ad un importante problema
- chi gli sarebbe piaciuto scegliere per ciascuna parte. Ma aveva
preso una decisione precisa - non intendeva apparire nel film. "Non penso di voler essere una star del cinema", sorride,
con un sorriso abbagliante da star del cinema. "Mi voglio
concentrare nel dirigere". Vuole anche girare il suo film
in Inghilterra. "Mi piacerebbe molto, tornare a casa e girare
il film lì. Ma non dovrei parlarne, sento nostalgia di
casa se lo faccio, sai". Ride, ma i suoi occhi dicono che
davvero lo turba pensare troppo all'Inghilterra ed ai fan che
ha lasciato dietro di sé. Così, invece, parliamo
di New York, il che produce un largo sorriso sul suo viso pulito
e scolpito.
Quando David si avventura fuori della sua porta di casa - il che
non accade spesso quando ha un progetto da finire - va nei negozi
di rigattiere, in cui può frugare per ore senza essere
visto. Copre i capelli, che lo tradirebbero, con un ampio cappello
floscio di feltro in stile gangster e va a caccia di occasioni.
E il giorno in cui avevo chiamato, un giorno assolato di marzo,
era tornato carico di "scoperte".
"Guarda questo pettine che ho trovato in una scatola con
tutto a dieci cent", sorride radiosamente, prendendo un pettine
in plastica bianco e nero stupendamente ordinario. "E' degli
anni 50 e l'ho pagato solo dieci cent. Avrei potuto comprare scatole
di roba per pochi dollari. Era incredibile" Alla fine si
siede ed allunga un braccio verso alcune riviste. "E queste
sono riviste degli anni 30. Guarda queste...", indica alcune
fotografie in bianco e nero di un efficiente salotto degli anni
30. "E' esattamente la stanza che c'è di sotto, le
stesse finestre, tutto".
Nella mia mente ho eliminato i mobili dalla foto e la collezione
di giocattoli di Zowie che ero stata attenta a non calpestare
quando ero arrivata e mi sono resa conto che David aveva ragione.
Le stanze erano separate da quarant'anni, ma identiche. "Non
è facile trovare cose buone come queste riviste tra tutte
quelle cianfrusaglie", dice David. "Suppongo di essere
solo un buon compratore", ride.
Proprio allora il rumore di qualcuno che sale le scale causa pochi
secondi di silenzio mentre aspettiamo di vedere chi è.
Pat Gibbons, un membro del management di David, saluta tutti con
un sorriso ed una copia del nuovo album di David sotto il braccio.
Tutti si avvicinano per vedere. David sembra soddisfatto, gli
piace. E così tutti gli altri.
"L'unica cosa... perché si apre così - questo
non va", fa vedere a Pat i bordi ondulati della copertina,
dove i lati rimangono aperti invece di essere aderenti per dare
all'album qualche protezione. Pat gli assicura che era solo perché
quella copia era stata fatta in fretta e furia per farla vedere
a David e non sarebbe stata così una volta pubblicata.
David annuisce ed è contento.
Guarda indietro verso di me e mi chiede se ho ascoltato le canzoni
di Young Americans....questo alcune settimane prima che l'album
fosse pubblicato e fino a quel momento solo David e le persone
più vicine a lui avevano ascoltato la sua scelta finale
delle canzoni. Così, sapevo quanto fosse speciale quella
offerta. Quando ho detto che mi sarebbe davvero piaciuto ascoltarlo,
è saltato su, ha trovato l'unica e sola copia del disco
ed ha alzato il volume al massimo. Poi, mentre io mi sedevo ed
ascoltavo, lui ha cominciato ad andare in giro di nuovo, dandomi
occasionalmente un'occhiata per vedere se la mia espressione rifletteva
un qualche pensiero su quello che stavo ascoltando. Io stavo sorridendo...
Quando l'album ha smesso di suonare David è tornato indietro
e si è seduto. Gli ho detto di non avere mai ascoltato
un album con tanti potenziali singoli. Lui sembrava contento...non
come una superstar abituata ai complimenti e che si aspetta apprezzamento
per il suo lavoro, ma come l'artista sensibile che David è,
che fa tutto il possibile per creare qualcosa di speciale, qualcosa
che spera possa piacere agli altri.
Quando David si allunga, rilassandosi per la prima volta da quando
sono arrivata, la sua segretaria Corinne viene a ricordargli che
deve andare dal suo sarto per una prova. Stanno realizzando per
lui qualcosa di meravigliosamente fatto-per-Bowie per la sua apparizione
ai Grammy Awards il prossimo fine settimana, quando sarà uno dei presentatori
dei premi. Ha solo quindici minuti per cambiarsi prima che arrivi
il suo autista. Così raccolgo le mie cose, gli porgo una
pila di riviste inglesi che ho pensato potrebbe voler leggere
e infilo i piedi nelle scarpe incriminate.
"Quando puoi tornare? Cosa ne dici di mercoledì pomeriggio?
Alle tre, va bene?" Di sotto suona il campanello della porta
ed un minuto dopo qualcuno viene a dire che la macchina di David
sta aspettando. Così corre via, salendo altre scale, verso
la sua stanza da letto per fare la doccia e prepararsi. "Ci
vediamo mercoledì", sorride. "Oh.., e grazie
per l'uovo di Pasqua, non ho potuto aspettare fino ad allora per
aprirlo".
Scendendo per le scale sono passata accanto a ciò che rimaneva
dell'uovo di Pasqua gigante che aveva viaggiato con me dall'Inghilterra.
Avevo sentito dire che a David piaceva la cioccolata e dal poco
che ne era rimasto era evidente che era vero.
Alle tre meno cinque di mercoledì un taxi mi ha lasciato
all'angolo della strada dove abitava David. Ho camminato per il
resto della strada. Assumendomi la responsabilità di essere
una di solo mezza dozzina di persone a New York a conoscere il
suo indirizzo, mi sono assicurata di non essere seguita.
Ho trovato David ancora intento ad appendere quadri alle pareti.
Un'intera parete era completa - fotografie, disegni, stampe.
Erano arrivati dieci biglietti per il concerto di Rod Stewart
di quella sera e David ha chiesto a Corinne di ricordargli di
telefonare a John Lennon per sapere se voleva andarci anche lui.
Poi era di nuovo intento alla seria occupazione di appendere quadri,
fermandosi solo per accendersi una sigaretta, autografare alcune
fotografie per me da portare in Inghilterra o per mostrarmi qualche
altra delle sue "scoperte" - come la vecchia scena natalizia
dentro una volta di vetro e le dozzine di anelli di plastica modellati
per apparire come targhe di bronzo.
"Posso fare molte cose con quelli", dice David, con
l'entusiasmo nella voce. "E poi ho trovato questo negozio
che vende oggetti in plastica, di ogni forma e colore tu possa
immaginare. Non ho potuto comprare niente quando ero lì,
c'erano troppe cose. Dovevo tornare a casa a pensarci, prima".
Ed anche se "casa" in questo momento era in gran parte
impacchettata in casse di legno, David aveva già un'immagine
nella sua testa di come sarebbe stata.
Ma prima di poter far divenire realtà i suoi piani per
il resto della casa, David doveva apportare i tocchi finali al
suo studio.
......Quando sono andata via mi ha dato un bacio sulla guancia,
un veloce abbraccio e poi quel suono familiare...zoom...zoom.
La stessa cosa di quando ero entrata. |