Per adottareNormativaAlbo EntiConvenzione AiaForum di AdottooAltri ForumLink UtiliNotizieNews da UcrainaDalla CAI

 

 
Argomenti in questa pagina

Chiesa docente e discente
Chiese sorelle
Clero sposato
Comunione chiusa
Comunione sotto le due specie
Concili di riunione
Concilio ecumenico: quali requisiti?
Confessione
Decanonizzazioni
Devozione al Sacro Cuore
Devozioni medioevali
Diaconato permanente
Diaconesse
Digiuno e astinenza
Digiuno eucaristico
Diritto canonico
Divorzio e secondo matrimonio
"Due polmoni"
Durata della Liturgia
Epiclesi eucaristica
Espiazione vicaria
Essenza ed Energie
Fede e ragione
Festività alterate

Argomenti pagina precedente

Introduzione
Adorazione eucaristica
Agostino di Ippona e la sua teologia
Apparizioni mariane
Assunzione di Maria
Bacio rituale
Banchi e sedie
Battesimo
Battesimo d'emergenza
Calendario
Canoni
Canonizzazioni
"Cattolica": il senso del termine
Carattere sacramentale
Cesaropapismo

Argomenti pagine seguenti

Filioque
Funzioni cantate
Funzioni "speciali"
Giuridismo
Icone e sculture
Immacolata Concezione
Infallibilità papale
"In Persona Christi"
Libri liturgici
Lingua vernacolare
Liturgia
Liturgia"ortodossa" o "bizantina"?
Massoneria e fede cristiana
Meditazione
Ministri Straordinari dell'Eucaristia
Ministro della Cresima
Ministro del Matrimonio
Missione
Movimento carismatico
Musica ecclesiastica e strumenti
Numero dei Sacramenti
Ordini cavallereschi
Ordini Maggiori
Ordini religiosi e monachesimo
Pane eucaristico
Padri della Chiesa
"Papa": un titolo non esclusivo
Pasqua e le altre festività
Peccato e caduta dell'uomo
Periodi di digiuno
"Per molti", o "per tutti"?

 

Pneumatologia
Precetto festivo
Preparazione alla Santa Comunione
Primato di giurisdizione universale
Professione monastica
Purgatorio
Quarto matrimonio
Rasatura e tonsura del clero
Ricezione dei convertiti
Riunione dei cristiani
Roma antica e moderna
Rosario
Sacramenti di iniziazione
Saluto di pace
Scioglimento del matrimonio
Scolastica
Sedi apostoliche
Segno della croce
Senso del mistero
Sviluppo dogmatico
Teologia
Titoli papali
Transustanziazione
Uniatismo sugli altari
Unicità della Liturgia
Unità e uniformità
Unzione degli infermi
Validità dei sacramenti
Venerazione delle icone
Vetrate istoriate
Conclusioni

I SACRAMENTI   clicca qui

  La Chiesa Ortodossa e i Sacramenti (sintesi)

 

Torna indietro  (indice)

 

Chiesa docente e discente
La Chiesa romana ha sempre avuto grande cura di definire le funzioni dei propri fedeli nei vari ruoli della vita ecclesiastica. In particolare, una netta distinzione ha caratterizzato l'orizzonte dottrinale del Cattolicesimo romano: quella tra Chiesa "docente" (coloro che sono preposti al compito dell'insegnamento e della trasmissione del deposito della fede, storicamente il Papa e i vescovi, o prelati equiparati ai vescovi, in comunione con il Papa) e Chiesa "discente" (coloro che apprendono la dottrina, ovvero tutti gli altri cristiani, inclusi i preti, che pure hanno il mandato della predicazione). Questa suddivisione è stata causa di profonde fratture psicologiche tra i fedeli, incoraggiando un tipo di gerarchizzazione collegato al ruolo didattico.
L'Ortodossia, d'altro canto, ha sempre rifiutato la distinzione tra Chiesa docente e discente: il compito di apprendere, insegnare e vigilare sulla fede appartiene a tutti i fedeli, e il rispetto per singole figure di monaci e chierici di particolare cultura e profondità non va in alcun modo confuso con il rispetto per i membri del clero in quanto celebranti dei Misteri di Cristo, o per i membri dell'ordine monastico in quanto cristiani impegnati in una vita radicale dei principi evangelici.

Chiese sorelle
Una vasta polemica è stata sollevata in anni recenti dall'uso sconsiderato del termine "Chiese sorelle", per indicare le realtà ecclesiali cattolica romana e ortodossa alla ricerca di unità.
Per la mentalità ortodossa, la fratellanza significa anche comunione nella stessa fede, e non solo condivisione di un cammino di dialogo e di ricerca di unità. Le uniche chiese che un ortodosso può in piena coscienza chiamare "sorelle" sono le diverse Chiese autocefale dell'ecumene ortodosso, e anche queste, comunque, nella coscienza che si tratta di realtà locali dell'unica Chiesa. Chiamare "sorella" una comunione ecclesiale separata dalla Chiesa Ortodossa equivale a un cedimento rispetto alla confessione della Chiesa Una, e a un tradimento del Simbolo di fede.
Allo stesso modo, gli ortodossi avvertono improprietà nell'uso del termine "Chiesa indivisa" per indicare l'ecumene cristiano del primo millennio (il termine dovrebbe presupporre l'esistenza di una "Chiesa divisa" nei secoli successivi, affermazione che è in contraddizione con la fede proclamata nel Credo).
Una terminologia ben più appropriata sarebbe quella relativa ai "cristiani divisi", o alla fratellanza tra i medesimi, nella ricerca dell'unità di fede.

Clero sposato
Fin dai tempi apostolici, la Chiesa ha chiamato al servizio ministeriale, oltre ai celibi, anche gli uomini sposati. Quando la disciplina del matrimonio fu fissata nei Concili di Ancira (314), Nicea (325), Gangra (c. 350) e nel Concilio Trullano del 692, fu rispettata questa tradizione, con la riserva di scegliere i vescovi tra gli uomini che avessero pronunciato i voti monastici (in questi casi, se l'eletto all'episcopato era sposato, il matrimonio veniva sospeso, ed entrambi i coniugi entravano nella vita monastica). Non era invece ammesso un matrimonio dopo l'ordinazione, e se un membro del clero rimasto vedovo desiderava risposarsi, doveva accettare la riduzione allo stato laicale.
La Chiesa ortodossa segue tuttora questa tradizione, senza alcuna modifica. Riteniamo opportuno correggere il luogo comune che parla di "preti che si sposano" nelle Chiese ortodosse: esistono preti sposati, ma non preti che si sposano (a meno di venire ridotti allo stato laicale).
Inoltre, è bene ricordare che nella Chiesa ortodossa i preti e diaconi sposati sono tenuti a offrire nella loro vita matrimoniale una immagine rigorosa e ideale del sacramento nuziale. Pertanto, non può essere ordinato agli Ordini maggiori un uomo che abbia sposato una divorziata o una vedova, o che abbia contratto un secondo matrimonio.
In Occidente, il Concilio di Elvira, in Spagna (306), proibì a preti e diaconi di vivere con le proprie mogli dopo l'ordinazione. Nonostante questa innovazione fosse stata condannata dal Concilio Trullano, ebbe inizio una serie di iniziative, mai del tutto riuscite, per imporre il celibato sacerdotale (l'imposizione lasciava purtroppo mano libera al concubinato), finché i primi due Concili Lateranensi (1123 e 1139) lo imposero con validità universale. Papa Alessandro III, nel 1180, impose il celibato anche ai diaconi, ma in anni recenti ai diaconi permanenti della Chiesa cattolica romana è stato restituito il diritto di essere ordinati nello stato coniugale.
Per le Chiese orientali unite a Roma, la tendenza generale è quella di rispettare le tradizioni di provenienza, ma talvolta queste sono state drasticamente ignorate (un esempio è la forzatura del celibato sui sacerdoti cattolici orientali al di fuori dei loro territori storici d'origine: una prassi che causò il ritorno di molti di loro all'Ortodossia, tra cui intere diocesi in America).
La disciplina cattolico-romana sul celibato sacerdotale, per quanto venga giustificata con ottime ragioni, soprattutto pastorali, presenta troppi "strappi" e cambiamenti perché gli ortodossi la possano ritenere conforme alla tradizione della Chiesa.

Comunione chiusa
Anche se un cristiano non ortodosso interamente tagliato fuori dai ministri della propria Chiesa può, in casi particolari (persecuzioni, pericolo di morte, isolamento geografico...) essere ammesso con permesso speciale a ricevere la Santa Comunione nella Chiesa ortodossa, non si applica in alcun modo il contrario: agli ortodossi è proibito essere ammessi alla comunione eucaristica per mano di sacerdoti non ortodossi. Nella sua apparente durezza (per la quale gli ortodossi vengono facilmente criticati), questa norma è profondamente in linea con la fede della Chiesa. Comunicare al Corpo e al Sangue di Cristo significa anche confessare che nella Chiesa in cui ci si comunica esiste la pienezza della fede apostolica. Significa inoltre, di fatto, diventare membri di detta Chiesa a pieno titolo, abbracciandone l'etica, i regolamenti e la disciplina. Alla luce di queste considerazioni si può capire non solo l'assoluto divieto di comunicarsi presso ministri non ortodossi, ma anche la reticenza dei sacerdoti ortodossi a comunicare cristiani di altre comunioni (è un gesto di rispetto della loro libertà religiosa, un rifiuto di cooptarli in modo poco pulito nel numero dei propri fedeli).
L'atteggiamento della Chiesa cattolica romana, che permette con maggiore larghezza ai propri fedeli di ricevere certi sacramenti in altre Chiese, nelle quali essa non riconosce esplicitamente la pienezza della fede cristiana (canone 844 del Codice di Diritto Canonico del 1983), è visto dagli ortodossi come un cedimento a un relativismo ecclesiologico non diverso da quello della maggior parte delle Chiese protestanti.

Comunione sotto le due specie
Mentre la tradizione liturgica latina ha sottratto il calice ai laici dall'Alto Medioevo fino al periodo seguente al Vaticano II, la Chiesa ortodossa ha sempre mantenuto, in conformità alle istruzioni di Cristo (Mt 26,27: "Bevetene tutti"), la comunione sotto le due specie. Il Corpo e il Sangue di Cristo, mescolati nel calice, vengono solitamente amministrati ai fedeli mediante un cucchiaio. Anche le particole che sono conservate per la comunione dei malati vengono intinte nel vino consacrato prima di essere custodite nei tabernacoli.
Solo nella Liturgia di San Giacomo, il più antico rito eucaristico tuttora celebrato dagli ortodossi, gli elementi eucaristici vengono distribuiti separatamente, ma in ogni caso i fedeli partecipano sia dell'uno che dell'altro.
La quantità degli elementi non è importante (ai bambini non ancora svezzati può essere amministrato, in un cucchiaino, un frammento estremamente piccolo del pane eucaristico), ma rimane importante la partecipazione a entrambi.
Un paragone simbolico può servire a riportare l'attenzione all'importanza di questo dettame della Chiesa ortodossa: un corpo senza sangue è, per definizione, un corpo privo di vita.

Concili di riunione
Le aspirazioni ecumeniche cattolico-romane ripropongono regolarmente le soluzioni di unione con l'Oriente che furono tentate con i Concili di Lione (1274) e di Ferrara-Firenze (1438-39). Le formule di questi ultimi (ritenuti Concili Ecumenici dal Cattolicesimo romano) furono vigorosamente respinte dall'ecumene ortodosso, e la loro rivisitazione in chiave contemporanea sembra portare a scontati risultati negativi.
Il problema con le formule di unione di Lione e Firenze è che queste costituiscono una non-soluzione, dal punto di vista dell'unità di fede. Le loro conclusioni - che entrambe le parti possono mantenere le rispettive differenze dottrinali e rituali in una reciproca legittimazione - sono per l'Ortodossia una rinuncia alla professione di una fede unica.
Una proposta più interessante per gli ortodossi sembra quella di lavorare per un'unione sulla base del Concilio di Costantinopoli dell'879-880, tenuto sotto il Papa Giovanni VIII e il Patriarca Fozio. Questo concilio, che rovesciò le decisioni del concilio "ignaziano" o "anti-foziano" dell'869 (ritenuto oggi dai cattolici romani l'Ottavo Concilio Ecumenico), resta l'ultimo concilio in cui si testimoniò la comune fede ortodossa dell'Occidente e dell'Oriente. Esso riconobbe Roma e Costantinopoli come supreme nella propria sfera, senza alcuna "giurisdizione romana" su Costantinopoli. Ripudiò unanimemente il filioque (q.v.), e portò alla completa reintegrazione di San Fozio nel suo ruolo patriarcale.
Questo concilio presenta dei problemi agli occhi degli apologeti romani. L'Occidente considerò questo concilio, se non come ecumenico, per lo meno come un sinodo autorevole approvato da Roma. L'Oriente lo vide come ecumenico, poiché vi concorsero tutti i criteri presenti nei concili precedenti: convocazione imperiale e presenza di tutti e cinque i patriarcati maggiori. Gli atti di questo concilio seguono sempre gli atti degli altri Sette nelle collezioni ortodosse di diritto canonico. Per due secoli, il concilio dell'869-870 espresse la fede comune di Roma e dell'Oriente.
Non fu che con la Riforma gregoriana che le cose cambiarono di nuovo in Occidente. Il concilio "ignaziano" fu riconosciuto come il vero Ottavo Concilio Ecumenico. Nessuna giustificazione fu mai addotta da Roma per spiegare questa soluzione di continuità. Ovviamente, anche le tavole d'argento con il Credo comune (senza filioque), appese a Roma in San Pietro, caddero dalla loro sede, e con loro cadde simbolicamente la fede comune dell'Oriente e dell'Occidente cristiano.
Purtroppo, l'esito finale del concilio dell'869-870, con il mutamento di riconoscimento dopo due secoli di accettazione, non rassicura troppo l'Oriente sulle pretese romane di stabilità dottrinale.

Concilio ecumenico: quali requisiti?
Perché si possa parlare di Concilio ecumenico, la Chiesa ortodossa richiede la presenza di una minaccia attuale alla fede della Chiesa, che viene difesa attraverso una definizione conciliare. Numerosi concili che la Chiesa cattolica romana considera ecumenici (Costantinopoli IV, Laterano II, Lione I, Costanza, e lo stesso Vaticano II) presentano difficoltà in questo campo, per la loro enfasi politico-amministrativa o pastorale. La coscienza ortodossa tenderebbe piuttosto a iscrivere questi concili nella linea della tendenza latina allo sviluppo dogmatico (q.v.). Una chiara valutazione del valore dei concili ritenuti ecumenici da Roma (due terzi non sono condivisi dall'Ortodossia) è indispensabile sulla via della ricerca di un'unità di fede.

Confessione
Il sacramento della penitenza, le cui modalità non sono state codificate in modo immutabile (dalle forme antiche di confessione pubblica si è passati gradualmente alla confessione auricolare privata), ha seguito un percorso diverso nel mondo ortodosso e cattolico romano.
Nella prassi ortodossa, la presenza invisibile di Cristo (vero fulcro di un legame triangolare di cui il prete e il penitente non sono il vertice principale) è manifestata dalla presenza di un'icona di Cristo; ciò viene ulteriormente sottolineato dalla posizione del prete e del penitente, entrambi seduti (usanza greca) o entrambi in piedi (usanza russa) di fronte all'icona del Salvatore.
Il mondo cattolico romano ha sviluppato il confessionale a grata, nella ricerca di una via di discrezione e di raccoglimento nella confessione; pur riuscendo a raggiungere tali scopi, ha tuttavia reso difficile vedere la presenza simbolica di Cristo, e ha fatto uscire di proporzione il ruolo del prete rispetto a quello del penitente.
Parallelamente a queste innovazioni, principi di uno spiccato giuridismo (q.v.) hanno teso a trasformare il confessore in un "direttore delle coscienze", piuttosto che un testimone di fronte a Cristo della confessione di un altro peccatore.

Decanonizzazioni
La Chiesa ortodossa, non avendo una procedura "centralizzata" e inappellabile per la canonizzazione dei santi, ammette in linea di principio che il giudizio di canonizzazione non sia infallibile. Può capitare pertanto che la Chiesa tolga dall'albo dei santi certi nomi, e che eventualmente ve li rimetta, senza che questo crei scandalo tra i fedeli. (È una prassi di fatto accaduta all'imperatore Costantino, sospettato di arianesimo, e alla principessa russa Anna di Kashin, sospettata di aver appartenuto allo scisma dei Vecchi Credenti, entrambi tolti dall'albo dei santi e in seguito ricanonizzati).
La Chiesa cattolica romana, al contrario, sostiene che la canonizzazione sia un atto irreformabile, in quanto giudizio solenne che impegna la Chiesa. Gli ortodossi non sanno se essere più sconcertati per questo rigorismo inappellabile, o per certe flagranti contraddizioni in cui lo stesso Cattolicesimo romano è caduto, ammettendo di fatto numerose decanonizzazioni.
Tra i santi decanonizzati dalla Chiesa romana per ragioni di ortodossia teologica, citiamo due casi: San Clemente Alessandrino, festeggiato il 4 Dicembre, fu radiato nel 1586 dal Martirologio Romano da Papa Sisto V, su istanza del Cardinale Baronio, per sospetti di origenismo; Papa Urbano V (1362-1370) fa ancora riferimento in una delle sue bolle a San Giovanni Cassiano, in seguito radiato dall'albo dei santi sotto accusa di semipelagianesimo.
Una decanonizzazione che è parsa particolarmente offensiva agli ortodossi (per i quali equivale a uno sfregio alla tradizione), è la recente esclusione dall'albo cattolico romano dei santi di figure sulla cui storicità sono stati espressi dubbi (a cominciare da San Giorgio e Santa Barbara, due delle figure più venerate del cristianesimo).

Devozione al Sacro Cuore
In profonda armonia con lo spirito del Concilio di Calcedonia (culto unico di Cristo nella sua divinità e umanità), l'Ortodossia ha sempre mantenuto un senso globale nell'adorazione di Cristo, e anche oggi gli ortodossi si sentono estranei alle forme di culto di qualche parte distinta del suo essere, o di una delle sue nature separata dall'altra.
L'esempio più clamoroso di tali forme di culto è la devozione cattolico-romana al Sacro Cuore di Gesù (una pratica sviluppatasi alla fine del XVII secolo dalle rivelazioni della mistica francese Margherita Maria Alacoque).
Anche se per "cuore" intendiamo l'ardente amore del Salvatore per gli uomini, pure non esiste, nell'Antico e nel Nuovo Testamento e nella tradizione dei Padri, l'usanza di adorare separatamente l'amore di Dio (o la sua sapienza, provvidenza, santità, o altri aspetti separati), tanto meno usandone come simbolo una parte del corpo.
L'Ortodossia vede qualcosa di innaturale nella separazione del cuore dalla natura corporea generale del Signore a scopo di preghiera e contrizione di fronte a Lui. Anche nell'amore più spontaneo e immediato, come quello materno, non ci si riferisce mai al cuore della persona amata, ma sempre alla persona stessa, in modo globale.
Gli stessi commenti possono valere riguardo a forme simili di devozione (per esempio, quella al Cuore Immacolato di Maria), profondamente sentite nel mondo cattolico romano.

Devozioni medioevali
Le usanze e le pratiche devozionali del mondo ortodosso attuale hanno mantenuto una notevole continuità con quelle del primo millennio. Non così si può dire del mondo della pietà cattolica romana, che subì una vera e propria rivoluzione intorno al dodicesimo secolo. Con lo spostamento dell'attenzione dalla nostra redenzione per mezzo della Risurrezione del Signore a un'enfasi sulla Passione del Signore, fu introdotto nel culto e nella devozione privata un elemento simbolico di amore carnale. Si giunse a considerare il Signore come compagno, amico o perfino marito/amante, come si vede nelle immagini matrimoniali introdotte nella professione monastica (q.v.) delle donne in Occidente. Tra le manifestazioni di questo nuovo approccio a Cristo vi sono la festa del Santo Nome, devozioni speciali alle Cinque Piaghe di Cristo, le stazioni della Via Crucis, le meditazioni assegnate alle decadi del rosario, il presepio di Natale e la devozione al "Bambino Gesù" in generale, nonché la devozione al Sacro Cuore di Gesù (q.v.). L'Ortodossia ha mantenuto un approccio devozionale al Signore molto più sobrio e obiettivo, cercando di evitare la sensualità, la sentimentalità e l'emotività.

Diaconato permanente
Rimanendo fedele alla tripartizione del ministero sacerdotale (diaconi, presbiteri e vescovi), la Chiesa ortodossa ha sempre giudicato opportuno che i diaconi possano restare nel loro stato, se tale è il loro desiderio, anche per tutta la vita; ciò si giustifica con la ricchezza e la complessità del ruolo del diacono nelle funzioni sacre ortodosse (nella Divina Liturgia, per esempio, le parti riservate ai diaconi sono preponderanti, e costituiscono un legame ideale tra fedeli, coro e sacerdote).
Nel mondo cattolico romano, con l'assottigliarsi delle funzioni del diacono nei riti, il diaconato è gradualmente divenuto, fino ai tempi del Concilio Vaticano Secondo, un periodo di "apprendistato" al sacerdozio, solitamente della durata di un anno.
La recente riaffermazione di un diaconato permanente nella Chiesa cattolica romana manifesta un lodevole desiderio di ridare al diaconato un ruolo di dignità e di importanza nella Chiesa. Gli Ortodossi vedono anche con favore la reintroduzione, nel diaconato permanente romano, della prassi del clero sposato. Visto che tali regole permettono l'ordinazione di uomini sposati al diaconato, ma non al sacerdozio, resta tuttavia l'interrogativo su quanti degli attuali "diaconi permanenti" rimarrebbero tali se si aprissero loro le porte dell'ordinazione presbiterale.

Diaconesse
La diaconessa, figura presente nelle comunità cristiane del Nuovo Testamento, è un tipo di ministero femminile che ebbe una certa importanza nei primi secoli della cristianità, finché le sue funzioni (che non corrispondevano a quelle liturgiche e ministeriali del diacono) furono gradualmente assorbite dagli ordini monastici femminili. Per la verità, le tracce storiche di presenza di diaconesse sono enormemente più frequenti nelle chiese dell'Oriente cristiano che in quelle occidentali.
Nella Chiesa cattolica romana, a grandi linee, si può escludere la presenza di diaconesse per tutto il secondo millennio, e anche se si è parlato di una possibile rivalutazione di questo ministero, non si è ancora deciso nulla a proposito.
Nelle Chiese ortodosse, invece, si sono avuti ancora fino ai nostri giorni casi di ammissioni di diaconesse, benché troppo rari per poter parlare di un costume fisso. Ricordiamo i casi di Madre Maria Tuchkova in Russia nel diciannovesimo secolo, e le monache greche ordinate da San Nettario di Egina alcuni decenni dopo: tuttora si ha sentore di ordinazioni sporadiche di diaconesse, ma per lo più monache, e il loro ministero è confinato nei propri monasteri.
Una ulteriore rivalutazione ed estensione del ruolo della diaconessa, nell'Ortodossia, non avrebbe in linea di massima alcun ostacolo canonico, e sarebbe soggetta unicamente all'approvazione dei fedeli.

Digiuno e astinenza
Già nell'anno 867 San Fozio, patriarca di Costantinopoli, lamentava l'introduzione di deviazioni della prassi del digiuno operate dalla Chiesa romana, e imposte dai missionari latini: l'usanza di digiunare anche il sabato, e la concessione di cibarsi di latticini nella prima settimana di quaresima. (Provvedimenti, quindi, talvolta più rigorosi e talvolta più permissivi, ma in ogni caso deviazioni dalla prassi della Chiesa antica). Ma le deviazioni sarebbero aumentate ancora di più dopo lo scisma.
Gli odierni residui delle antiche astinenze alimentari tuttora rimasti nella chiesa cattolica romana si limitano al divieto della carne in alcuni giorni particolari della quaresima. Nei periodi di digiuno degli ortodossi (che corrispondono a più della metà dei giorni dell'anno), è rimasto invece l'antico divieto di cibarsi, oltre che della carne, anche di pesce, uova, latte e latticini, vino e olio.
Per gli ortodossi, a differenza dei cattolici romani, rimane in vigore il divieto di consumare sangue, in conformità con il dettame del Concilio apostolico di Gerusalemme, citato in At 15,20.
In alcuni casi (che variano a seconda di usi nazionali e locali) l'astinenza viene lievemente mitigata in ricorrenze speciali, ma si tratta comunque, anche da un punto di vista meramente quantitativo, di una attitudine verso il digiuno molto più rigorosa di quella cattolico-romana.
Inoltre, nell'Ortodossia digiunano tutti, non solo i monaci, con un fervore e una disciplina che provocano spesso stupore nei cattolici romani, abituati a vedere lo stesso rigore solo nei più severi ordini religiosi.
In generale, si può dire che questo enorme divario di prassi ascetica rifletta due tendenze del tutto differenti di considerare il mondo e il cammino di santificazione: il Cattolicesimo romano si è gradualmente diretto verso un progressivo adattamento a questo mondo e alla sua mentalità (ritenendolo, indubbiamente, una misura di generosità della Chiesa nei confronti dei propri figli); l'Ortodossia, invece, pur consapevole della difficoltà di mantenere severe prescrizioni ascetiche nel presente oceano di mondanità, non si sente autorizzata a sminuire i suoi modelli etici. Questi sono infatti modelli di santità, ai quali i fedeli ortodossi sanno di essere sempre e immancabilmente chiamati.

Digiuno eucaristico
Come per i periodi di digiuno quaresimale, si è visto nella Chiesa cattolica romana un progressivo indebolimento del senso del digiuno prima di ricevere la santa Comunione. Con le recenti riforme il digiuno eucaristico si è ridotto a una singola ora di astinenza dai cibi e bevande, eccettuata l'acqua.
Nella Chiesa ortodossa, dove l'antica pratica è invece rimasta immutata, per chi desidera comunicarsi nulla può essere mangiato o bevuto dal momento del risveglio al mattino. Nel caso di Liturgie vespertine (permesse dalle rubriche ortodosse solo quando la Liturgia si fonde con il Vespro, in 4 occasioni di vigilie di grandi feste, e nelle Liturgie dei Presantificati in alcuni giorni della Grande Quaresima), il periodo di digiuno totale prima di comunicarsi è lo stesso, ma in certi casi viene tollerato un digiuno di sei ore.
Non sono infrequenti, nel mondo ortodosso, casi di fedeli particolarmente devoti, che prima di comunicarsi osservano anche uno o più giorni di digiuno totale.

Diritto canonico
Comprendendo nel suo seno popoli con tradizioni giuridiche molto diversificate, la Chiesa ortodossa non ha, a differenza di quella cattolica romana, un testo di diritto canonico unificato. Eppure, come per i libri liturgici (q.v.), esiste una ricca serie di collezioni di canoni, tra le quali emerge il Pedalion (timone) di San Nicodemo l'Agiorita, pubblicato nel 1800.
Si considerano normative per l'Ortodossia le collezioni canoniche dell'epoca dei sette Concili Ecumenici del primo millennio, nonché l'ampia raccolta del Concilio Quinisesto o Trullano, che è la più antica codificazione estesa del diritto canonico ortodosso.
L'ignoranza del diritto canonico ortodosso ha fatto spesso pensare, in Occidente, a un'Ortodossia "priva di regole". In realtà, le regole sono abbondanti e spesso di grande strettezza e rigore, anche se modellate su situazioni e necessità locali.
La recente promulgazione (1990) di un testo unico di diritto canonico per le chiese cattoliche di rito orientale è vista quanto meno con perplessità dagli ortodossi, che si chiedono come un'unica normativa uniforme possa adattarsi alle diverse usanze e situazioni storiche dei popoli cristiani dell'Oriente (una situazione aggravata dal fatto che il mondo cattolico orientale comprende Chiese di diversa origine, come quelle uscite dal mondo non calcedoniano).

Divorzio e secondo matrimonio
Si dice talvolta, in ambienti cattolici romani, che la Chiesa ortodossa tollera il divorzio: l'affermazione è alquanto gratuita, soprattutto in un'epoca in cui, parlando di divorzio, si pensa subito all'istituzione giuridica moderna. In realtà l'Ortodossia non è affatto "divorzista": essa fa proprie le parole di Gesù sul ripudio (in quanto atto unilaterale e umano di scioglimento di un legame divino). Tuttavia, come misura di economia (dispensazione) e filantropia (amorevolezza), basandosi sul fatto che Cristo stesso permise un'eccezione (Mt. 19,9) al suo rifiuto del ripudio, la Chiesa ortodossa è disposta a tollerare le seconde nozze di persone il cui vincolo matrimoniale sia stato sciolto dalla Chiesa (non dallo Stato!), in base al potere dato alla Chiesa di sciogliere e legare, e concedendo una seconda opportunità in alcuni casi particolari (tipicamente, i casi di adulterio continuato, ma per estensione anche certi casi nei quali il vincolo matrimoniale sia divenuto una finzione). È prevista (per quanto scoraggiata) anche la possibilità di un terzo matrimonio, mentre è in ogni caso proibito un quarto (gli antichi canoni che proibivano in ogni caso un quarto matrimonio non sono più rispettati nel cattolicesimo romano). Inoltre, la possibilità di accedere alle seconde nozze in casi di scioglimento del matrimonio viene concessa solo al coniuge innocente.
Le seconde (e terze) nozze, a differenza del primo matrimonio, sono celebrate con un rito speciale, di carattere penitenziale (il cui principio è il riconoscimento di una situazione di fallimento), che contiene una preghiera di assoluzione (la prassi cattolica romana non prevede una identificazione liturgica delle seconde nozze). Poiché nel rito delle seconde nozze mancava in antico il momento dell'incoronazione degli sposi (che la teologia ortodossa ritiene il momento essenziale del matrimonio), esiste una giustificazione teologica nel dire che le seconde nozze non sono un vero sacramento, ma tutt'al più, per usare la terminologia latina, un sacramentale, che consente ai nuovi sposi di considerare la propria unione come pienamente accettata dalla comunità ecclesiale. Il rito delle seconde nozze si applica anche nel caso di sposi rimasti vedovi, e questo consente di dire che l'Ortodossia, in linea di principio (e a differenza del Cattolicesimo romano) permette un solo vero matrimonio sacramentale in tutta la vita.

"Due polmoni"
Il paragone che vede nell'Occidente e nell'Oriente i due polmoni del mondo cristiano, che pur nella loro distinzione respirano la stessa aria dello Spirito, proviene dalla stessa Sede romana, ed è frequentemente usato come paradigma di apertura ecumenica.
Forse la scelta della metafora biologica sarebbe stata fatta in modo diverso, se si fosse avuto sott'occhio lo stesso paragone fatto nel contesto ortodosso da San Teofane il Recluso nella sua omelia di Pentecoste del 1860. Ne riproduciamo il passo in questione, lasciando ai lettori ogni eventuale commento.
"Ciò avviene perché in una parte dell'umanità gli organi della respirazione sono danneggiati, e un'altra pare, una parte ampia, non è neppure esposta all'influenza di questo soffio salutare. Perché la respirazione abbia il suo pieno effetto sul corpo, infatti, è necessario che tutti i condotti dei polmoni siano integri e privi di ostruzioni. Allo stesso modo, perché lo Spirito Divino manifesti il suo pieno effetto, è necessario che siano integri gli organi che Egli stesso ha stabilito per la propria acquisizione; vale a dire, i Divini Misteri e i riti religiosi dovrebbero essere preservati esattamente così come vennero stabiliti dai Santi Apostoli, guidati dallo Spirito di Dio. Laddove questi riti sono danneggiati, il soffio dello Spirito Divino non è pieno; di conseguenza, manca del pieno effetto. In questo modo tutti i misteri papisti [papistov nel testo originale] sono danneggiati, e molti riti religiosi salvifici sono pervertiti. Il Papato ha polmoni incrostati e infetti."

Durata della Liturgia
Una delle caratteristiche che qualificano la Liturgia bizantina (e, in generale, tutto l'insieme dei riti sacri ortodossi) rispetto alla Messa romana è la sua maggiore lunghezza. In particolare, coloro che non vi sono abituati restano colpiti dalla frequente reiterazione delle preghiere pubbliche in forma di litania.
Anche se la maggiore lunghezza non è esagerata (a livello parrocchiale, una Liturgia domenicale non dura di solito oltre un'ora e mezza), essa contribuisce a dare un carattere di "atemporalità" alle funzioni, più consona allo spirito della celebrazione festiva.

Epiclesi eucaristica
Nel rito eucaristico della Chiesa ortodossa, un momento fondamentale è costituito dall'epiclesi, ovvero dall'invocazione dello Spirito Santo sui Santi doni, perché li trasformi nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Questo momento dell'epiclesi è presente anche in molti altri momenti del culto ortodosso, tipicamente quando la Chiesa vuole sottolineare che certi effetti misteriosi non avvengono per volontà umana, ma per intervento di Dio.
Anche se la epiclesi non viene considerata l'unico fattore che determina la consacrazione eucaristica, nondimeno la teologia ortodossa riterrebbe priva di validità un'Eucaristia celebrata senza l'invocazione, almeno implicita, dello Spirito.
Inoltre, per la Chiesa ortodossa è la preghiera dell'epiclesi (recitata dopo le parole di istituzione) a perfezionare la trasformazione eucaristica: La Liturgia di San Giovanni Crisostomo, a questo proposito, è inequivocabile: "...e fa' di questo PANE il prezioso Corpo del tuo Cristo".
Per la teologia cattolico-romana, il momento della consacrazione è costituito dalle parole di istituzione ("questo è il mio corpo" e "questo è il mio sangue"), e la formula di epiclesi viene di solito considerata secondaria.
Prima del Concilio Vaticano II, il Canone eucaristico romano non conteneva una epiclesi esplicita; molti liturgisti ortodossi, tra cui il celebre Nicola Cabasilas, indicarono tuttavia nel paragrafo Supplices Te rogamus... una forma implicita di invocazione dello Spirito.
È significativo, inoltre, che negli antichi canoni eucaristici, l'epiclesi fosse sempre posta dopo le parole di istituzione, per indicare il culmine del processo di consacrazione. Così è tuttora nella liturgia bizantina, e così era nel rito latino per quanto riguarda il Supplices Te rogamus. Un fatto curioso del rito eucaristico romano post-conciliare è che l'antica Anafora di Ippolito (divenuta la Preghiera Eucaristica II) abbia subito una traslazione dell'epiclesi da dopo le parole di istituzione a prima, in una posizione più "neutrale".
L'insistenza cattolico-romana sulle parole di istituzione non sembra peraltro giustificata in tutto l'ecumene cristiano: una delle antiche liturgie siriache, l'Anafora di Addai e Mari (tuttora in uso presso le chiese sire), è addirittura priva delle parole di istituzione.

Espiazione vicaria
Dalla scuola di Anselmo di Aosta (e, in origine, dalla concezione agostiniana del peccato originale ereditario) è pervenuta al Cattolicesimo romano una comprensione della Crocifissione come pagamento di una punizione, un "riscatto" che Cristo soffrì al posto del genere umano, costretto alla schiavitù al male per virtù del peccato originale.
L'Ortodossia ha una visione assai differente della sofferenza di Cristo e della sua morte sulla Croce: queste ebbero come fine la sconfitta del diavolo e la distruzione del suo potere, la morte (in questo caso, l'unico "riscatto" è quello pagato alla tomba). L'umanità partecipa al riscatto dal diavolo e dalla morte attraverso la padronanza sulle passioni: le sofferenze salvatrici di Cristo vengono così inserite in una cornice di preghiera, pubblica e privata, digiuno (rinnegamento di sé) e obbedienza volontaria, di cui il monachesimo è l'espressione più evidente.
La visione occidentale dell'espiazione vicaria portò a notevoli mutamenti di percorso, con l'introduzione di elementi quali la punizione ecclesiastica dei peccati, le opere supererogatorie, e tutta la cornice giuridica del Purgatorio (q.v.).
Tutto l'edificio teologico del peccato originale e dell'espiazione vicaria (con la sua assoluta necessità di una soddisfazione infinita per un'offesa, e la sua concezione tutto sommato mondana e passionale di giustizia, quasi riconducibile alla vendetta) mette in serio dubbio la bontà di Dio. Può anche essere visto come un pericoloso sintomo di ritorno al paganesimo, con la necessità dell'Incarnazione pari alla Necessità che regolava gli atti degli dèi.

Essenza ed Energie
I Padri della Chiesa, di fronte al problema della conoscibilità di Dio, furono molto attenti a distinguere tra un'essenza inconoscibile di Dio (che salvaguarda la sua differenza ontologica con l'uomo e il resto del creato) e le sue energie divine (increate, e fonte della comunicazione di Dio all'uomo). La distinzione tra essenza ed energie è uno degli insegnamenti più profondi dei Santi Padri sulla deificazione dell'uomo, e offre una spiegazione sulla natura della visione di Dio e delle esperienze spirituali.
Tale insegnamento fu rigettato dalla scolastica occidentale, che fece propria una dottrina della "visione dell'essenza divina" che Padri del calibro di San Basilio e San Giovanni Crisostomo avrebbero definito una bestemmia.
Nonostante recenti rivalutazioni della teologia patristica in materia di essenza ed energie, ancora nel recente Catechismo della Chiesa Cattolica (§ 1023), lo stato di beatitudine è chiamato "visione dell'essenza divina".

Fede e Ragione
Seguendo i Santi Padri, l'Ortodossia si serve scienza e filosofia per difendere e spiegare la propria fede, ma senza cercare di riconciliare fede e ragione, o di provare la fede con la logica e la scienza: in questa attitudine, essa vedrebbe piuttosto un pericolo di cambiamenti di fede nel tentativo di adeguamento ai processi intellettuali del tempo. Dal periodo della scolastica (q.v.) in poi, il rispetto per la ragione umana ha portato i cattolicesimo romano a profondi ridimensionamenti in campo di teologia, sacramenti, e istituzioni ecclesiastiche.
Il Cattolicesimo romano insegna che la ragione può provare l'esistenza di Dio, e anche dedurne i suoi attributi (eternità, bontà, incorporeità, onnipotenza, onniscienza...); l'Ortodossia ritiene piuttosto che la conoscenza di Dio sia impiantata nella natura umana; salvo un intervento di Dio, la ragione umana non può scoprire altro.
Il classico detto della teologia romana "potuit, decuit, ergo fecit" (Dio ha il potere di fare qualcosa, Dio l'avrebbe voluta fare, e perciò Dio l'ha fatta), se viene preso come misura di come e quando Dio interviene nella storia, pone il teologo latino nella situazione impossibile di giudicare e dedurre quando Dio ha desiderato che una certa cosa accadesse. In questo caso l'infallibilità papale (q.v.) si rende necessaria per dirimere le controversie di ipotesi e spiegazioni contraddittorie.
L'importanza della ragione, che sta alla base del senso dello sviluppo dogmatico (q.v.), deriva (o piuttosto è sostenuta) dalla particolare antropologia del Cattolicesimo romano: questa asserisce che, di tutte le facoltà umane, la ragione sia la meno coinvolta nella caduta dell'uomo. L'Ortodossia ritiene invece che la ragione sia intaccata dalla caduta allo stesso modo di tutte le altre facoltà umane.

Festività alterate
La Chiesa cattolica romana ha spostato, o "sdoppiato", alcune delle grandi festività dell'anno liturgico. Per esempio, il Battesimo del Signore, anticamente celebrato il 6 Gennaio, festa della Teofania o Epifania (vale a dire, manifestazione divina) viene oggi celebrato la domenica successiva. La Domenica della Trinità, divenuta festa a parte, un tempo formava un'unica festività con la Domenica di Pentecoste, e così via.
Nel rimanere fedele alle antiche festività, l'Ortodossia vuole anche insistere sul loro significato teologico, e teme che il loro senso venga indebolito o perduto con ripetizioni e spostamenti. Offriamo qui di seguito alcuni esempi esplicativi:
- L'adorazione dei Magi è collegata alla Natività del Signore, sia nella narrazione evangelica che nella comprensione della Chiesa ortodossa (come si può notare nella celebrazione del Natale ortodosso). Lo spostamento di questo evento alla festa dell'Epifania non solo crea una separazione artificiosa nel contesto della Natività, ma indebolisce l'idea stessa della manifestazione divina, derubandola dell'immagine della manifestazione della Trinità al battesimo nel Giordano.
- L'adozione da parte di tutta la cristianità occidentale dei giorni 1 e 2 Novembre per celebrare tutti i Santi, e la memoria dei defunti, proviene dall'antica chiesa irlandese. Questa pratica era mirata a cristianizzare la festa druidica di Samhain, il giorno celebrato con sacrifici pagani, in cui si credeva che le anime dei defunti tornassero sulla terra. A parte ogni considerazione sulla riuscita di tale iniziativa (il successo contemporaneo di Halloween nei paesi di lingua inglese può far nascere qualche dubbio in proposito), l'adozione indifferenziata di questo costume veramente locale per tutti i paesi cattolici di tradizione non celtica sembra una vera forzatura. Per di più, veniva soppiantata la pratica antica (tuttora osservata dagli ortodossi) di festeggiare tutti i Santi la domenica successiva alla Pentecoste (cosa che rafforza il legame logico tra la comunione dei Santi e lo Spirito "fonte di ogni santità"), nonché l'antico costume di dedicare al ricordo dei defunti tutti i giorni di Sabato, con l'introduzione di una "stagione dei morti" un po' artificiosa.
- Gli eventi biblici che hanno sempre espresso la regalità di Cristo sono l'Ingresso a Gerusalemme, l'Ascensione e, in modo paradossale, l'iter della Passione. L'aggiunta di una nuova festa di Cristo Re, per quanto bene intenzionata, separa l'idea astratta della regalità di Cristo, quasi come una lode "politica" alla monarchia in sé, collocando la regalità in un contesto isolato dalla storia della salvezza.

   
Torna indietro  (indice)

Inizio pagina

 

Vai avanti

 

 

I SACRAMENTI   clicca qui

  La Chiesa Ortodossa e i Sacramenti (sintesi)

 

 

Per adottareNormativaAlbo EntiConvenzione AiaForum di AdottooAltri ForumLink UtiliNotizieNews da UcrainaDalla CAI