"Una
Stella Che Non Cadrà Mai Sulla Terra"
(A Star That Will Never Fall To Earth)
di David Sinclair
Time Online, 1 luglio 2002
Così,
alla fine, dopo due settimane di concerti al South Bank, durante
i quali il suo nome incombeva in una bianca luce spettrale accanto
al palco, David Bowie è arrivato in persona per chiudere
il sipario sul Meltdown Festival. Come curatore dell'evento di
quest'anno, quale coraggiosa affermazione artistica avrebbe potuto
fare? Se c'è un'area in cui Bowie eccelle è nel
creare un senso di avvenimento, e non ha deluso.
Lo show era diviso in tre sezioni. L'esecuzione del suo album
del 1977 Low, nella sua interezza è stata seguita dalla esecuzione
del nuovo album Heathen
, e poi una serie di bis, che ha incluso una manciata di selezionati
vecchi brani. In effetti, aveva fatto qualcosa del genere ad un
concerto a New York recentemente, e la sua band di sette musicisti,
che comprende fedelissimi come il pianista Mike Garson, il chitarrista
Earl Slick e la bassista e cantante Gail Ann Dorsey, era ben preparata
per la sfida di ricreare due lavori completamente indipendenti,
separati da 25 anni l'uno dall'altro.
Ma nessuno sul palco era più preparato dello stesso Bowie.
Con l'aspetto, a 55 anni, del fratello (poco) più vecchio
e meglio sposato di David Beckham, è salito sul palco in
panciotto nero e camicia bianca, una risplendente visione di snella
eccezionalità [cool] senza tempo. La sua voce era forte
come sempre, quando dopo una lunga introduzione di tastiera, alla
fine ha aperto la bocca per cantare Breaking Glass.
Low, prodotto da Brian Eno [in effetti fu prodotto da Tony
Visconti] fu inizialmente considerato un album deprimente e provocatoriamente
d'avanguardia, tanto che, secondo Bowie, la sua casa discografica
dell'epoca gli chiese di buttar via tutto e cominciare da capo.
Ma la sua influenza sul cammino del pop è stata tale che
l'esibizione di sabato sera suonava come un pezzo con molta della
musica elettronica contemporanea mainstream [mainstream?] ed altrettanto
fresca.
Sound And Vision, l'unico successo dell'album, è stata porta con eccezionale eleganza, ma è stato
anche più interessante ascoltare i vari pezzi strumentali
finalmente acquistare vita, con Bowie solista di volta in volta
alle tastiere, al sassofono e all'armonica.
Fatto questo, e con una enorme ovazione nelle orecchie, Bowie
si è impegnato con entusiasmo anche più grande al
nuovo materiale.
"Niente rimane...tutto è cambiato", ha cantato
in Sunday, la desolata canzone di apertura di Heathen.
Ma qualsiasi cambiamento Bowie abbia superato, rimane un interprete
innato ed un musicista supremamente dotato.
Se alcune delle nuove canzoni avevano una sensazione di Bowie-by-numbers,
le ha cantate con assoluta convinzione, e quando ha colpito nel
segno con una fragorosa versione di I've Been Waiting For You
ed una 5:15 The Angels Have Gone da brividi (che ha dedicato
a John Entwistle), la magia era ancora lì.
Raggiunto dalla band di supporto Dandy Warhols per un animato
piccolo galoppo in White Light/White Heat, ha poi dato
il tocco finale allo show con una funky Fame ed una sublime
Ziggy Stardust. Il testo, come molti di quelli che ha scritto,
può essere passato nel folklore del pop, ma lo canta così entusiasticamente come se lo avesse pensato il giorno prima.
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Bowie in concerto alla Royal Festival Hall,
Londra, Meltdown Festival, 29.06.2002 [vai alla sezione
Bowie & Co per altre foto]
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