Modulo cinque

 

 

Cesare, DBG, I, 40

" Cesare, essendosi accorto di questi fatti, convocato il consiglio di guerra e fatti partecipare a tale riunione tutti i centurioni, li rimproverò con forza soprattutto poiché sembravano ritenere che spettasse a loro di chiedersi o di pensare dove o secondo quale piano venissero condotti. Aggiunse che Ariovisto, quando Cesare stesso era console, aveva chiesto con ardore di essere considerato amico del popolo romano; perché dunque tanto avventatamente qualcuno pensava che egli avrebbe mancato al suo dovere? Egli era persuaso che Ariovisto, conosciute le sue richieste e constatata l'equità delle condizioni, non avrebbe rifiutato la sua benevolenza, né quella del popolo romano ".

Ecco un esempio di narrazione. Il soggetto compie un'azione "base", quella di convocare una riunione e di esprimere alcune considerazioni. In questa struttura si inseriscono elementi accessori che completano il quadro: innanzitutto, l'accorgersi di alcune circostanze (nel capitolo precedente si era dato conto di un forte timore che serpeggiava nell'esercito romano), poi il fatto che la riunione è plenaria, quindi l'affermazione "forte" per cui si ribadisce che non spetta a dei sottoposti assumere atteggiamenti che sono invece del comandante. Subito dopo, un richiamo a circostanze precedenti, riguardanti Ariovisto, del quale apprendiamo che aveva richiesto l'amicizia del popolo romano. Cesare non ha intenzione di venir meno a quello che considera un suo dovere.

Vediamo ora come si articola in latino una narrazione di questo tipo:

"essendosi accorto di questi fatti" ... l'espressione va resa con la struttura del cum narrativo , che è la più usata per esprimere frasi circostanziali, in genere con valore temporale, causale o concessivo. In origine la forma della congiunzione era QUOM (con etimologia derivante dal pronome relativo, con il senso di "nel momento in cui..."), distinta quindi da quella della preposizione con ablativo. Nel tempo le due forme hanno finito per coincidere. Dunque,

cum haec animadvertisset ( animadverto = rendersi conto, accorgersi, notare...).

"convocato il consiglio di guerra e fatti partecipare tutti i centurioni..." (si noti nella traduzione la prevalenza di forme implicite, necessaria in periodi articolati, per motivi di fluidità di lettura): l'espressione ha valore temporale e va resa con un ablativo assoluto , proprio per motivi stilistici di maggiore fluidità rispetto alla struttura del CUM col congiuntivo. Non sempre è possibile l'uso dell'ablativo assoluto, ma quando si verificano le condizioni necessarie, gli autori latini vi fanno assai frequentemente ricorso. Allora,

convocato consilio omniumque ordinum ad id consilium adhibitis centurionibus

(rendendo esplicita l'espressione, avremo "dopo che ebbe convocato il consiglio di guerra e dopo che ebbe ordinato a tutti i centurioni di partecipare...": Il procedimento è semplice: si elimina ogni nesso con la reggente, quindi, in questo caso, la congiunzione temporale, poi si pone in ablativo il sostantivo e si accorda ad esso un participio, in questo caso un participio perfetto, ottenendo appunto " consilio convocato ". Procedura analoga si segue con la seconda espressione)

"... poiché sembravano ritenere ...". La proposizione causale ha in genere il modo indicativo, ma qui Cesare si riferisce all'opinione dei centurioni, deducibile dal loro precedente comportamento, quindi va usato un congiuntivo, detto obliquo, che ha appunto al funzione di esprimere un pensiero, un'opinione, di persona diversa da chi parla o scrive. Cesare usa " quod putarent ", ma in italiano è sembrato opportuno aggiungere il verbo "sembravano", che esprime appunto quella sfumatura presente nel congiuntivo latino.

"che dovessero chiedersi o occuparsi di ...". Qui siamo di fronte a una dipendente oggettiva, con l'aggiunta della presenza del verbo "dovere", che in latino tende a scomparire, in molti casi, come verbo autonomo, affidando il proprio senso a una costruzione detta perifrastica passiva , formata dall'insieme del gerundivo e delle voci del verbo esse . Querst'ultimo viene spesso sottinteso:

La proposizione oggettiva viene resa con la costruzione dell' accusativo e dell'infinito , con l'eliminazione della congiunzione secondaria:

... sibi quaerendum aut cogitandum ( esse ) ...

"Dove o secondo quale piano venissero condotti". È una proposizione interrogativa indiretta, che viene resa in latino con il congiuntivo, secondo le norme della cosiddetta consecutio temporum . La proposizione è introdotta da un pronome, una particella o comunque un'espressione interrogativa:

quam in partem aut quo consilio ducerentur.

"(Aggiunse che) Ariovisto, quando egli stesso era console, aveva chiesto con ardore di essere considerato amico del popolo romano...". Qui siamo di fronte a un'oggettiva (il verbo reggente non è espresso), all'interno della quale è presente una temporale che va resa con un ablativo assoluto:

Ariovistum, se consule , cupidissime populi Romani amicitiam adpetisse

Del tutto normale è la struttura della proposizione infinitiva. Riguardo all'ablativo assoluto, si noti l'uso del riflessivo "SE" , necessario in quanto è Cesare che parla ed è a se stesso che allude.

"...perché dunque tanto avventatamente qualcuno pensava che egli avrebbe mancato al suo dovere?... Si tratta di una proposizione interrogativa diretta. Tale proposizione è introdotta da pronomi, avverbi o aggettivi interrogativi, oppure, in assenza di essi, da particelle interrogative, più precisamente da num ? (“forse che...?”, nonne (“forse che non...?”), - ne (enclitico) :

Quid est ? = “Che cosa c'è?”
Veniesne ? = “Verrai?” (non si sa se la risposta sarà sì oppure no)
Nonne mortales sumus ? = “Forse che non siamo mortali?” (la risposta
è positiva)
Num falsum dico ? = “Forse che sto dicendo una bugia?” (la risposta
è negativa)

La risposta alla domanda avviene ripetendo, nella forma affermativa o negativa, il termine su cui la domanda stessa verte:

Veniesne ? Veniam.
Estisne vos Romani? Sumus.

Sono dette interrogative dirette doppie o disgiuntive quelle proposizioni interrogative poste in modo da proporre un'alternativa, nel senso che la risposta che si può dare a una di esse non può essere la stessa data all'altra:

“Sei buono o cattivo ?”
“Difendete la democrazia o la aggredite?”

Le interrogative doppie si presentano, nella forma più comune, con i funzionali Utrum (che non si traduce) e An (che corrisponde alla disgiuntiva “o”):

Utrum defenditis an impugnatis plebem ?

È frequente l'omissione di utrum ed è possibile che la prima interrogativa presenti il - ne enclitico:

Defenditis an impugnatis plebem? Est ne servus an liber? (“È uno schiavo oppure un uomo libero?”)

Dunque, nel caso della frase di Cesare, la traduzione sarà " cur quisquam tam temere (avverbio) iudicaret (il congiuntivo, anche qui, indica che si riferisce un pensiero altrui)... hunc discessurum (esse) ab officio ? (all'interrogativa segue una proposizione con l'accusativo e l'infinito).

Il periodo successivo presenta, nella resa in latino, caratteristiche simili alle frasi precedenti, con qualche differenza nei tempi. Avremo infatti proposizioni all'accusativo e infinito e ablativi assoluti. Leggiamo direttamente il latino: "... sibi quidem persuaderi, cognitis suis postulatis atque aequitate condicionum perspecta, eum neque suam neque populi Romani gratiam repudiaturum ."

Il " sibi " è richiesto dal verbo persuadeo, che si trova all'infinito in quanto dipendente da un verbo "di dire" non espresso. I due ablativi assoluti hanno il participio perfetto e l'infinito futuro della dipendente ha esse sottinteso.

Riportiamo ora di seguito il testo di Cesare:

Haec cum animadvertisset, convocato consilio omniumque ordinum ad id consilium adhibitis centurionibus, vehementer eos incusavit primum quod aut quam in partem aut quo consilio ducerentur sibi quaerendum aut cogitandum putarent. Ariovistum se consule cupidissime populi Romani amicitiam adpetisse; cur hunc tam temere quisquam ab officio discessurum iudicaret? Sibi quidem persuaderi, cognitis suis postulatis atque aequitate condicionum perspecta, eum neque suam neque populi Romani gratiam repudiaturum.