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Ripasso di Fisica per il Biennio delle Superiori
 
Unità 10.
Lavoro ed energia
 
DEFINIZIONI E TABELLE Esercizi svolti, esperienze e attività Questionario
 
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D1. In fisica il concetto di lavoro ha un significato molto più specializzato che nel linguaggio comune. Si dice che una forza compie lavoro quando sposta il punto di applicazione nella sua stessa direzione, e si definisce lavoro L della forza il prodotto della forza F per lo spostamento s:

L = F s

D2. Il lavoro risulta dal prodotto di due grandezze vettoriali, ma è una grandezza scalare. La sua unità di misura nel SI è il joule (simbolo J), che equivale a 1 newtonmetro. Per esempio, una forza di 6 N che sposta il corpo cui è applicata di 50 cm compie il lavoro di 3 J.

D3. Se lo spostamento non è parallelo alla direzione della forza, per il calcolo del lavoro bisogna considerare solo la componente della forza parallela allo spostamento, Fs (vedi Nota 2 dell’Unità 3):

L = Fs s

Lo spostamento nella direzione della componente perpendicolare Fp risulta nullo, perciò questa componente della forza non compie lavoro.

D4. Alternativamente, si può scomporre lo spostamento nella direzione parallela alla forza (sF) e nella direzione perpendicolare (sp) e calcolare:

L = F sF

ottenendo il medesimo risultato.

D5. Quando il verso della forza (o della sua componente Fp) è uguale a quello dello spostamento (come nel caso di un traino), la forza esegue un lavoro motore; se invece i versi sono opposti (come nei fenomeni di attrito), la forza esegue un lavoro resistente.

D6. Un esempio molto comune di lavoro è quello relativo al sollevamento di pesi. Si tratta di un lavoro contro la forza di gravità, la quale si può ritenere costante nei pressi della superficie terrestre (vedi l’Unità 11). Quindi, ricordando la definizione di peso, il lavoro per sollevare di una quantità h un peso p è:

L = p • h = m • g • h

D7. Se la forza applicata è variabile, cioè non si mantiene costante durante lo spostamento, per calcolare il lavoro bisogna considerare il valore medio Fm della forza:

L = Fm s

D8. Un semplice esempio di forze variabili è fornito da quelle necessarie per produrre un allungamento (o una compressione) di un corpo elastico (vedi la definizione D10 dell’Unità 3). L'intensità di queste forze varia uniformemente da 0 a k • Ds durante l'esecuzione del lavoro che produce lo spostamento di Ds con k = coefficiente di elasticità. Quindi, la forza media è:

Fm = ½ (0 + k • Ds) = ½ k • Ds

Applicando la formula data nella definizione D7, il lavoro delle forze elastiche risulta:

L = ½ k • D

D9. Quando la forza che agisce viene trattata in termini di pressione (come nello studio dei fluidi, vedi l’Unità 6), il lavoro della pressione risulta dal prodotto della pressione applicata per la variazione di volume che essa produce:

L = P • DV

Tramite la figura a fianco, si può comprendere la corrispondenza tra questa formula e la definizione di lavoro. Infatti, si ha:

P • DV = (F / S) S • h = F • h

D10. Se la pressione non si mantiene costante durante il lavoro, bisogna introdurre la pressione media Pm , e si ha:

L = PmDV

D11. In molte situazioni è importante misurare non solo la quantità di lavoro che viene svolto, ma anche la rapidità con cui viene svolto, per cui si introduce la potenza P, ovvero il rapporto tra il lavoro L e il tempo t impiegato a svolgerlo:

P = L / t

D12. Nel SI l'unità di misura della potenza è il watt (simbolo W), che corrisponde a 1 joule/secondo. Per esempio, se un lavoro di 4800 J viene compiuto in 1 minuto, la potenza corrispondente è di 4800 J / 60 s = 80 W.
Multipli del watt sono il kilowatt (1 kW = 103 W), il megawatt (1 MW = 106 W) e il gigawatt (1 GW = 109 W, vedi la
Tabella 3 nell’Unità 2).

D13. Una unità di misura della potenza molto usata nella tecnica è il cavallo-vapore (simbolo CV), pari a 735,45 W, derivato dalle misure effettuate da J. Watt. Questa unità fu introdotta per confrontare la potenza delle prime macchine a vapore con quella dei cavalli, che costituivano una delle principali fonti di energia prima della rivoluzione industriale.

D14. L'esecuzione di un lavoro comporta sempre il consumo, o meglio la trasformazione di una corrispondente quantità di energia, una grandezza fisica che misura appunto la capacità di un sistema fisico di produrre lavoro. L'energia si presenta sotto forme diverse e si misura con le stesse unità di misura del lavoro.

D15. Si dice energia potenziale gravitazionale Ep l'energia posseduta da un corpo che si trova ad una determinata altezza, e che può trasformarsi in lavoro con la caduta del corpo. Questa energia è uguale al lavoro eseguito per sollevare il corpo, calcolato nella definizione D6.

D16. La scelta della quota di riferimento per la determinazione dell'altezza è arbitraria, in quanto per il calcolo del lavoro contano solo le variazioni di energia potenziale; infatti, si ha:

L = p • Dh = p • (h2 - h1) = p • h2 - p • h1 = Ep2 - Ep1

D17. L'energia potenziale elastica Ee è l'energia acquisita da un corpo elastico sul quale è stato eseguito il lavoro calcolato nella definizione D8. Anche questa energia accumulata può ritrasformarsi in lavoro: per esempio, una molla compressa compie lavoro quando viene sganciata.

D18. Un corpo non vincolato sul quale viene eseguito un lavoro si mette in movimento, acquistando una energia pari a questo lavoro che viene chiamata energia cinetica (cioè "energia di movimento"). Un corpo di massa m e velocità v ha una energia cinetica Ec data da:

Ec = ½ m • v²

Infatti, ricordando le definizioni di lavoro e di accelerazione, il secondo principio della dinamica e la legge oraria data nella definizione D24 dell’Unità 7 (evidenziati dalle parentesi), si ha:

L = F • s = (m • a) • s = m • (v / t) • (½ a • t²) = ½ m • v • (a • t) = ½ m • v • v

D19. L'energia cinetica di un corpo è anche il lavoro che questo corpo può eseguire fermandosi. Più in generale, si può affermare che la variazione di energia cinetica subita da un corpo non vincolato è uguale al lavoro compiuto dalla forza agente sul corpo (teorema dell'energia cinetica): DEc = L

D20. Altre forme di energia molto importanti sono l'energia elettrica (vedi l'Unità 12 e l'Unità 13), l'energia sonora (vedi la definizione D10 dell'Unità 14) e l'energia luminosa (vedi la definzione D22 dell’Unità 14) e l'energia nucleare (vedi l’Unità 15).

D20. In molti fenomeni fisici si ha il passaggio diretto da una forma di energia ad un'altra: per esempio, un corpo che cade trasforma la sua energia potenziale gravitazionale in energia cinetica. In generale, si può affermare che l'energia non si può creare né distruggere: in un sistema isolato la quantità totale di energia si mantiene costante. Questo è il principio di conservazione dell'energia.

D21. Si parla di moto perpetuo (di prima specie) a proposito della produzione di energia dal nulla, cioè senza l'esecuzione di un lavoro. Questo moto è impossibile, perché contraddice il principio di conservazione dell'energia.

D22. In tutte le trasformazioni di energia si ha una apparente perdita di una parte di energia. Questo è dovuto alla presenza delle forze di attrito: il lavoro prodotto da queste forze si trasforma in energia termica, ovvero in calore (vedi l’Unità 5), che viene disperso nei corpi e nell'ambiente. Se si tiene conto anche di questa energia nel bilancio energetico di un fenomeno fisico, il principio di conservazione è rispettato (vedi l’Unità 15).

D23. Quando viene fornita energia termica a un corpo, questa produce in parte un aumento dell'energia cinetica media molecolare, quindi un aumento della temperatura del corpo, e in parte un aumento di altre forme di energia interna delle molecole, tra cui l'energia potenziale molecolare (coesione). Il calore specifico (vedi la definizione D16 dell’Unità 5) è il coefficiente che regola questa partizione microscopica dell'energia.


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