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Giuliana Parigi

 

Una particolare notte

cap.   1. la ragazza scalza
cap.   2. il tarassico
cap.   3. la "zingara"
cap.   4. storie intrecciate
cap.   5. il temporale
cap.   6. a casa di Deiva
cap.   7. Serena: appare e scompare
cap.   8. San Lorenzo
cap.   9. l'Apocalisse
cap. 10. Paolo
cap. 11. la nuova casa
cap. 12. la signora con il ventaglio
cap. 13. Irina
cap. 14. la fine di un incubo
cap. 15. matrimoni

" Buone notizie.
Punto primo hanno arrestato quelli che hanno fatto l'agguato. Di conseguenza tu non sei più in pericolo e la notizia scomparirà dai giornali per cui puoi ritornare a casa.
Punto due, forse questo lo sapevi già, l'affitto della casa era già stato pagato fino alla fine dell'anno con contratto regolare.
Punto tre ti ho riportato le tue cose e infine non hai più l'obbligo di fermarti in città. Già da stasera, se vuoi..."
Deiva lo interruppe con un gesto deciso della mano; Salvo rimase interdetto e le porse i fogli, con fare spiccio e mala grazia. Poi si mise a puntare un veliero sottovetro con un piccolo e buffo marinaio. Anacronistico in quel posto.
Lei non guardò i fogli si voltò, invece, verso Suor Teresa per chiedere quanto poteva rimanere lì. Non aspettò la risposta e cominciò a piangere in quella sua maniera sommessa.
Salvo, finita l'osservazione minuziosa del veliero, rimaneva impettito davanti a lei con gli occhi nocciola chiaro sgranati, le narici dilatate e la fronte percorsa da quattro piccole pieghe.
La consolò Suor Teresa mentre Deiva ripeteva che non era pronta...che quella casa ... e poi cominciò a singhiozzare e a parlare nella sua lingua.
La sorella di Salvo le teneva le mani e appena la vide più calma disse che la regola, uguale per tutte, era il soggiorno di una settimana. Poi subentravano altre strutture o altre soluzioni. C'erano delle eccezioni ma non riguardavano il suo caso.
Comunque aveva ancora quattro giorni per pensarci e quindi si asciugasse le lacrime!
Fra l'altro Nora quella sera stessa andava via: sarebbe rimasta giorno e notte dall'anziana signora: si erano piaciute. Che fortuna: aveva trovato lavoro ed alloggio! Avrebbero avuto più spazio in camera lei e Martina con il piccolo. E poi per un'emergenza c'era sempre il letto da tirar giù.
Su via le cose piano, piano si aggiustano, non è vero Salvo? Ma lui continuava ad essere corrucciato e non disse nulla.
Deiva mandò due o tre grossi sospiri poi si alzò lentamente e andò a chiedere scusa a Salvo che se ne stava a guardar fuori dalla finestra. Lo ringraziò anche e lui disse che si sentiva una bestia per non aver capito che quella casa le ricordava cose brutte successe appena tre giorni fa. Dentro di sé si giustificò: in fondo non conosceva niente di lei, a parte quel che c'era scritto sulle scartoffie burocratiche e la sua bellezza prorompente e discreta insieme.

Misero su una specie di merenda cena che doveva essere una festa per Nora. Salvo se ne era andato quasi subito.
Ballarono anche.
Si era a primavera inoltrata e da qualche giardino vicino veniva un intenso odore di tiglio; forse c'era anche l'odore del gelsomino. L'aria era tiepida; i rumori del traffico arrivavano ovattati.
[ F. Casorati - Figure femminili ]Nora raccontava com'era la casa dove si trasferiva. Elencava, stanza per stanza, minuziosamente gli oggetti che vi si trovavano. C'era un sottile tono di malinconia e di esaltazione insieme nella sua voce. Godeva di essere al centro dell'attenzione. E fece furore quando descrisse il figlio della signora anziana che una volta la settimana veniva a trovarla e si fermava a cena. Era un bell'uomo, a detto di Nora, sulla cinquantina con la testa tutta rapata, come usa ora, ci tenne a sottolineare, dal portamento elegante e dai modi affabili. E come parlava e come si vestiva e il colore degli occhi e...
Qualcuna domandò come mai non tenesse con sé la madre, se fosse sposato che lavoro facesse. Rispose solo che era la madre che non voleva muoversi dalla sua casa.

Quando Nora se ne fu andata con una valigia azzurra con le ruote che le suore le avevano donato e con gli auguri di buona fortuna di tutte, si misero a riordinare la cucina.
Regnava il silenzio: ognuna era ritornata ai suoi pensieri: Nora, con il suo raccontare le aveva piacevolmente distratte. Aveva fatto per loro una piccola recita: raccontava ma anche faceva gesti, si muoveva sulla scena di quella stanza interpretando via via quello che andava descrivendo. Le aveva catturate e Suor Maria Ida aveva detto che doveva fare l'attrice altro che badante! Tutte avevano riso e battuto le mani. Indossava il suo abito migliore ed anche un filo di perle. Al braccio una borsa di stoffa che aveva confezionato da sé mentre stava lì dalla vecchia signora.

La donna incinta, seduta vicino al lavello, asciugava le stoviglie e le passava a una, che pareva una zingara e veniva tenuta un po' in disparte, che le appoggiava sul tavolo da dove Suor Lodovica le prendeva e metteva a posto.
La zingara, chiamiamola così, era l'unica che emetteva un suono: canticchiava una nenia facendo muovere il gonnellone fatto con due diversi tipi di cotone. Davanti tutto a fiori accesi, dietro colore del cielo nuvoloso. Aveva bei capelli neri raccolti con due fermagli. Tutto ad un tratto anche se di stoviglie ce ne erano ancora, se ne andò. Ballonzolando. Nessuna la richiamò indietro.
Fabio aveva dormito tutto il tempo così che anche Martina aveva partecipato alla festa. Le sue ferite, almeno quelle esterne, si rimarginavano a vista d'occhio: era giovane Martina! Lei spazzò e chiuse i sacchi dell'immondizia che Suor Marta portò fuori.

In camera, con i vetri spalancati per far entrare la brezza della sera, commentavano i racconti di Nora. Entrò Suor Marta, la più giovane e vedendole sedute sullo stesso lettino disse:
" Che bella coppia! Oltretutto una ha il lavoro e l'altra la casa!" e fece cenno di aiutarla a risistemare la camera
Suor Teresa che era apparsa senza far rumore, batté le mani richiamando al silenzio e alle regole la giovane sorella. In un baleno le quattro avevano riportato la camera a due letti e il lettino di Fabio troneggiava vicino al finestrone.
" Hai un lavoro?" chiese sorpresa Deiva
" E tu una casa?" rispose ridendo Martina facendo con le mani il segno di un tetto sulla testa.
Annuirono entrambe. Ma la conversazione morì subito. Forse al buio, sotto le coperte si sarebbero dette qualcosa di più... ora avevano il cuore gonfio.... proprio per quella casa e per quel lavoro.
Invece...... dormirono e sodo. E l'alba o forse l'aurora portò nuove cose.

Nessuno aprì la porta per vedere che succedeva: queste erano le regole. Certamente tutte erano sveglie! E quasi certamente origliavano dietro le porte. Gli urli erano altissimi. Venivano da una giovane voce che infilava una parolaccia dietro l'altra, che non voleva saperne di essere lì: sembrava fuori di testa. Non si sentiva che lei; tutta la casa ne era piena. Ma dal tramestio fra un urlo, un'imprecazione e un tonfo di qualcosa che veniva ripetutamente sbattuto per terra, si capiva che c'era qualcun altro che probabilmente tentava di calmarla.
Martina seduta sul letto tremava come una foglia e si copriva le orecchie con forza ripetendo oh! no oh! no..... poi è scappata in bagno a vomitare.
Il piccolo,beata innocenza, continuava a dormire sotto al finestrone. Sul tavolino accanto al letto della mamma era già pronto un bel biberon nel suo scalda-biberon. Deiva lo fissava. Metteva allegria tutto pieno di figurine, stelline, pupazzetti.
Lo aveva visto preparare la sera con una cura ed un attenzione incredibili e nello stesso tempo con la maestria e la leggerezza dei gesti quotidiani. Anche Fabio, che era in braccio alla donna incinta, guardava la scena e batteva le manine grassocce con evidente piacere.

Di là, nel corridoio, le urla si andavano attenuando e Martina era tornata a sedersi sul letto guardando fissa il lettino del suo bambino.
La faccia di Martina era una faccia terrorizzata. Disse:
" Mi sento come una naufraga in mezzo al mare"
" Io lo sono stata davvero" piagnucolò Deiva e al ricordo le vennero i brividi.
Nemmeno allora scattò il momento magico delle confidenze. Si mossero come automi e fecero tutte le solite cose che si fanno al mattino quando ci si sveglia...in tempi normali.
Fabio si succhiò in un baleno tutto il suo biberon e ripulito e sazio, gratificò la madre di gridolini, tentativi di paroline a base di DA TA MA.
Era successo tutto come un temporale estivo. D'improvviso tuoni, fulmini e saette; scrosci violenti di acqua, poi un borbottio che si allontana e infine una grande pace, un grande silenzio e il profumo della terra ristorata.
A Deiva continuava a venire alla mente un pezzetto del canto che le suore avevano fatto la domenica in chiesa:

- Vagavano nel deserto, nella steppa,
non trovavano il cammino
per una città dove abitare -

E poi, più in là, cantavano:

- Ma poi cambiò il deserto in lago,
e la terra arida in sorgenti d'acqua.
là fece dimorare gli affamati
ed essi fondarono una città dove abitare -

Non sapeva che pensare. Speranza od illusione? Chi era costui che faceva tutte queste belle cose? Dove se ne stava? Bisognava chiedere o ci pensava lui? Era per tutti o......

Ad un certo punto, come per un tacito accordo, le porte si aprirono e uscirono a far capolino teste di donna.
La nuova era lì su una poltrona del corridoio ricoperta amorevolmente di un plaid. La testa, dipinta come l'arcobaleno, reclinata sul bracciolo. Un corpo minuto e giovane come afflosciato sulla poltrona color verde marcio. Un taglio di capelli spigoloso, ribelle, di lunghezze diverse che richiamava la voce urlante di poco prima. Dal plaid veniva fuori un braccio scarno con una fila di cuoricini con nomi di uomo che terminavano sulla scapola racchiusa da un tatuaggio che rappresentava una grande conchiglia. Alle narici e alle sopracciglia comparivano degli anelli minuscoli.

Quando si ritrovarono per la colazione non c'era nessuna faccia nuova. La ragazza arcobaleno dormiva ancora.
Tra le vecchie facce regnava come una cappa cupa che non poteva essere dissipata perché non si poteva chiedere niente. Si parlava, o meglio si smozzicavano parole, sottovoce, per tema di svegliare la nuova e di ritrovarsi sotto un altro temporale. Si parlava di tutto e di niente.
Sembrava fossero passati mesi dal clima che appena la sera avanti regnava in quella casa sotto l'influsso magico della recita di Nora e del fatto che una ce l'aveva fatta.
Tutte avevano ancora nelle orecchie le urla e le parole di rifiuto verso il mondo intero: pesavano...eccome se pesavano.
Le suore erano taciturne ma serene. A causa di quel canto? Per Deiva questo era irritante e da invidiare insieme.
Nella mente di tutte c'era l'interrogativo: cosa aveva reso la ragazza tanto disperata ed arrabbiata?
Non era dato saperlo a meno che .........

" E' venuto il medico. Chiede se vuoi un nuovo certificato per una settimana o se ti senti di riprendere il lavoro."
Era la voce di Suor Teresa e Deiva si fermò, furtivamente per ascoltare. Pensava riguardasse Martina e non si sbagliava. La voce di lei arrivò come da sotto un macigno che le chiudesse i polmoni.
" Vorrei tornare. Ma ho due problemi. Uno che lì tornerà a cercarmi e a minacciarmi l'uomo con il quale convivevo e che mi ha ridotta così. Può essere pericoloso anche per il mio bambino.... non è figlio di lui.
Secondo se torno a lavoro non so dove lasciare Fabio; dimenticavo che non so dove andare a stare"
" Dunque fino all'anno del bambino puoi stare qui e quindi è risolto anche chi lo guarda e poi troveremo la soluzione alloggio e asilo nido per Fabio.
E' vero quello che dicevi che potresti essere rintracciata sul luogo di lavoro; ci avevamo pensato: sai è il nostro lavoro! Abbiamo una certa esperienza, purtroppo. Penso che tu possa ottenere, per motivi di salute o altro che studieremo, di essere trasferita di sede. Per fortuna tua ... altri casi dobbiamo trovare un nuovo lavoro addirittura. Che ne dici?"
" Non ci avevo pensato! Telefonerò subito alla responsabile; credo sia facile. C'è una sede che a tutti resta scomoda. Viene considerato una specie di punizione andarci! Potrei chiedere di far cambio. Non ci avevo pensato! Che bello!"
Deiva si allontanò furtivamente come una ladra, ma un'idea le era balenata in testa. Ci si cullò per qualche minuto, poi la scacciò... era un'idea folle.

Vicino alla porta d'ingresso stavano Suor Teresa e Martina con Fabio dentro un carrettino a quadretti azzurri e rossi che era saltato fuori dal famoso stanzone nel sottoscala da dove venivano anche i loro vestiti e tante altre cose. Erano pronti per uscire. Fabio aveva una bella tutina con una maglina sbracciata bianca e la sua mamma una gonna di lino beige e sopra una camicia azzurra, con le maniche arrotolate oltre il gomito. Appariva raggiante.
Suor Teresa incrociò lo sguardo di Deiva e le lesse nel pensiero, come succedeva spesso.
" Vuoi uscire con noi?"
" Sì." Disse velocemente Deiva e accennò al suo vestito come per chiedere se andava bene.
" Benissimo" disse ridendo Suor Teresa
" Addosso a te anche uno straccio fa figura" aggiunse Martina
Non uscirono però dal portone ma da un ingresso secondario sul retro del giardino che Deiva non aveva mai notato. Dava su una specie di cortile con tante serrande abbassate che Deiva immaginò fossero dei garage.
Poi svoltarono in un viale alberato: ecco da dove venivano i profumi!
" Tigli" disse sempre più raggiante Martina.
Poi indicò del gelsomino, dei cespugli che spuntavano da un terrazzo di spigo, del rosmarino e perfino un ciuffo di ginestre dal solare colore.
" Sei un'amante dei fiori e una intenditrice" disse Suor Teresa
" Non saprei. Ma la natura mi piace. Più quella spontanea che.."
Non finì il discorso erano svoltate di nuovo; ora si trovavano in una piccola piazza e Martina correva verso una cabina telefonica.
" Ecco fatto! Non ci crederete ma ho ottenuto con una semplice telefonata il cambio del posto di lavoro. Naturalmente devo aspettare la delibera ma dalla prossima settimana posso cominciare. Evviva, si cambia!" E coprì di baci le manine cicciotelle del bambino.
" Deve essere un brutto posto se hai trovato il cambio così facilmente; sei sicura di volerci andare?"
" E' scomodo. E' previsto poco personale e invece c'è molto lavoro. A dire il vero è anche brutta la sede: non è mai stata ristrutturata o migliorata. Ne ho passate di peggio...non trova?" disse scura in volto e girò bruscamente il carrettino verso casa.
Suor Teresa non mollò.
" Dove si trova esattamente?"
" Nei pressi di Piazza Risorgimento"
" Decisamente dall'altra parte della città! Ti ci vorranno due mezzi."
" E che sarà mai! Per andare a scuola facevo un tratto in bicicletta; poi il treno, poi l'autobus...se avevo soldi, se no, a piedi! Non sono nata nella bambagia e dopo..." le si smorzò la voce.
" Sai usare il motorino?"
" Mai avuto uno. Ma s'impara. Il problema è che il motorino .."
Suor Teresa non la lasciò finire.
" C'è! C'è! Sei piena di risorse ma anche astiosa. Lascia la rabbia..."
Questa volta fu Martina a tagliare
" Lascia le prediche! Per te è tutto più facile; che ne sai?"
" Se era più facile potevi scegliere la mia strada e in quanto a sapere...eccome se so"
Deiva aveva seguito poco questa conversazione. Quando si zittirono e Martina aveva chiesto scusa di aver dato del tu a Suor Teresa, lei se ne uscì con questa domanda:
" Viale Mazzini è lontano dalla sede del tuo lavoro?"
" No a due passi ma che c'entra?"
Deiva non rispose; Martina non ci badò e rivolta a Suor Teresa chiese se c'era un supermercato vicino: doveva comprare pannolini e omogeneizzati per il bambino e qualcosa per sé.
Lasciarono il bambino a Deiva sulle panchine di un giardinetto. Questa soluzione non piaceva molto alla mamma. Era diffidente. Ma si lasciò convincere dalla suora. Deiva era rimasta molto male e pensò che l'idea che le frullava in testa era proprio poco realizzabile. Ma poi perché voleva far questa cosa?
Fabio si era addormentato. La signora sulla panchina vedendola in difficoltà per abbassare il carrettino le dette una mano, le sorrise e poi riprese il discorso interrotto con l'amica. Parlavano di finestre che non chiudevano bene; lasciavano filtrare la luce di un lampione di strada che si trovava proprio di fronte e così non potevano dormire.
Deiva volò molto indietro con i ricordi. Suo padre aveva fatto il diavolo a quattro quando nel paese era arrivata la luce elettrica per le strade perché il lampione venisse messo sul muro di casa sua. E tenevano aperti i portelloni per usufruire di quella luce! Quanti libri aveva letto ........ Quanto aveva fantasticato e quanto lontano se ne era venuta da quella luce.....

Suor Teresa disse che era meglio si dividessero: Deiva sarebbe rientrata dal portone secondario; Martina dall'altro e lei con il carrettino le avrebbe seguite più tardi: doveva passare dalla farmacia.
Di nuovo Martina fece capire la sua disapprovazione ed ansia, ma cedette. Mise nel cestino del carrettino gli acquisti e si avviò a testa bassa. Si girò più volte poi il piccolo e la suora scomparvero alla sua vista. Emise un gran sospiro che strinse il cuore anche a Deiva.
Deiva fece un po' di fatica a ritrovare la strada e le venne addosso una certa inquietudine forse fu per questo che quei quattro ragazzotti che davanti ai garage, con bottiglie di birra in mano e due grossi cani a guinzaglio, erano intenti a prendere misure, le misero paura. Nemmeno la guardarono però. Sgattaiolò dentro il cancelletto usando la chiave che le aveva dato la suora.
Appena in casa fu letteralmente prelevata dalla giovane Suor Marta per aiutarla a riporre della biancheria.
Entrò così nella camera delle suore.
C'erano sei lettini tutti uguali: tre da una parte tre dall'altra. Intorno ad ognuno, in alto, un ferro infisso nel muro per due lati con dei lenzuoli bianchi che cadevano giù. Nel corridoio che rimaneva al centro e andava dalla porta alla finestra, molto grande, tre curiosi tavolini con rialzo e rispettive sedie. A fianco di ogni letto uno stretto e alto armadietto con la parte centrale a giorno e due scaffali.
La giovane suora aprì un armadio a fianco della finestra. E si fece passare la biancheria da metter via.
Tirò giù, poi, tutti quei lenzuoli appesi sopra i letti e scomparvero.
" Sono letti a baldacchino, non ne avevi mai visti? Servono per un po' di intimità"
Rise battendosi sonoramente la fronte con la mano aperta.
" Ho usato un'espressione non proprio adeguata"
Rise ancora mentre apriva un altro armadio accanto alla porta vi prendeva una tovaglia e dei tovaglioli e li porgeva a Deiva.
Entrò con irruenza la zingara.
" Si bussa!" disse severa Suor Marta. Poi addolcendo il tono chiese cosa volesse.

   


 

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