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FONDATORE VITO FENINNO
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Il Destino e l’immanenza dell’esistere. di Luigi Ruberto
Il destino non è altro che il futuro che si fa presente nell’attesa che diventi passato, un passato che potrebbe essere colto, vissuto, raccontato. Un vissuto di cui poter andare fieri. Ma in alcuni casi potrebbe non essere così. A volte il destino ci riserva momenti non desiderati né auspicati, perché il destino che alcuni credono trascendentale, e non immanente e reale gestibile e naturale, potrebbe non esistere. Forse siamo noi stessi a crearne le condizioni oggettive per una piena e concreta attuabilità dello stesso. Il destino altro non è che l’attuazione e la naturale evoluzione del nostro inconscio e del nostro subconscio: perché in molti casi siamo noi stessi a creare le condizioni del nostro vissuto, una parte di esso destino, però, è sicuramente non gestibile né prevedibile. Si pensi a chi, concepito, viene alla luce in una famiglia ricca o in una famiglia povera. Da tale elemento iniziano ad evolversi le condizioni soggettive di elementi oggettivi e di meri elementi dati. Il destino che ci è stato dato prima della nostra nascita nell’imminenza del nostro concepimento, deve essere direttamente correlato e legato all’immanenza del nostro esistere. Senza questo dualismo, che deve essere sinergico e fluido, non potremmo mai avere, né vivere, un futuro che possa essere degno delle nostre aspettative. Potrebbe dunque, essere tutto qui il fulcro della nostra esistenza: tentare di creare un punto di incontro tra il destino preordinato alla nostra esistenza e l’immanenza dell’esistere. Ma per essere esaurienti dobbiamo analizzare il concetto di immanenza e di esistenza. L’immanenza è la capacità di dare corporeità filosofica all’esistenza; la realtà circostante è immanente ,cioè sostanza concreta strumentale alla nostra esistenza; l’immanenza dunque è la capacità che ogni singolo individuo ha nel relazionarsi a tutto quello che lo circonda, nell’immanenza risiede l’istinto primitivo ed oggettivo del nostro passato. L’esistenza invece è la manifestazione concreta dell’immanenza e del nostro destino sia di quello datoci dal nostro passato quale dato oggettivo: tipo le condizioni sociali di appartenenza, sia il destino che noi dovremmo vivere e determinare una volta raggiunta l’età della ragione. Nello scontro tra il nostro passato ed il nostro vissuto possiamo ritrovare le ragioni della nostra esistenza che i fatalisti tentano di chiamare destino; in realtà per tentare di mutare i canoni di un ragionamento banale, potremmo asserire che il destino non esiste; esso è una mera invenzione della nostra immaginazione: solo la ragione legata ad un connaturale evento fenomelogico è il vero motore del nostro agire. Il soggetto umano non può catalogare ogni azione o inazione e renderla perfettamente razionale: vale a dire dare una spiegazione razionale a tutto quello che egli compie, in quanto l’essere umano soggetto agente e raziocinante è sì un elaboratore di dati ma solo di quei dati la cui importanza lo portano direttamente a catalogarli come razionali. E tutte le altre nostre decisioni non sono forse anch’esse dettate dalla ragione? Apparentemente no, perché ad esse viene attribuita una sfera di importanza minore, ma in realtà così non è, perché ogni azione pensata ed elaborata è concepita da un soggetto raziocinante; per cui potremmo asserire che tutto ciò che accade al nostro esistere dal raggiungimento dell’età della ragione è strettamente legato ad oggettive elaborazioni razionali che nulla hanno a che vedere con il destino, inteso come preordinazione di un evento che ci sarebbe accaduto a prescindere. Potremmo asserire dunque che siamo noi gli autori del nostro vivere, delle nostre emozioni e delle nostre delusioni. Siamo noi che nell’immanenza dell’esistere tentiamo di scrivere una pagina lieta della nostra esistenza. La vera Vita dunque parte dall’atto del nostro concepimento, passando nelle pieghe del ceto sociale di appartenenza ed evolvendosi con i rapporti che ogni singolo individuo tenta di instaurare con la società organizzata,una società che nell’odierna crisi di identità culturale deve ritrovare se stessa, non più rifugiandosi nell’oblio del destino e del fatalismo, ma nell’immanenza dell’esistere legato ad una lucida quanto dura analisi razionale della realtà. Evidenziando però che la realtà sempre più spesso non è quella che appare ma quella che potrebbe apparire, se solo si avesse la forza di credere che è possibile costruire una forma di organizzazione sociale diversa più vicina alle istanze dei singoli individui e ben distante dagli interessi delle multinazionali che di certo non vivono il destino, né l’immanenza dell’esistere, come invece purtroppo fa da molti lustri l’uomo comune, o il singolo individuo. Nel ritrovare le ragioni, di una sana organizzazione sociale, tesa al progresso civile e morale della società organizzata, si potrà anche ridare luce a tutti quei cittadini che pur operando in silenzio, ognuno per il ruolo assegnatogli dalla società, vivono nell’attesa che il soffio della ragione guidi il destino verso il difficile compito del conoscere, capire ed interpretare l’immanenza dell’esistere.
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