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SESSUALITA' E PECCATO

di L. Ruberto

Il vero peccato è vivere una vita limitata, tra le nuove frontiere della socialità.

La sessualità intesa nella sua accezione più elevata ha sempre comportato problemi di natura morale, etica, interpersonale, familistica. E’ in altri termini il vero ombelico del mondo: un ombelico che se è foriero di piaceri  è, altresì in  maniera peculiare nella storia odierna, punto di snodo di mille problemi. Problemi che se non vissuti con oculatezza e studio approfondito possono trasformarsi, come spesso accade, in frustrazioni che ogni singolo individuo trasferisce in ogni azione del suo agire: dal lavoro, allo studio, alla vita sociale.

Continuare in pieno terzo millennio a limitare o a porre limiti e steccati o meglio a voler normativizzare – coartare attraverso una presunta verità trascendentale -  la vita e le pulsioni sessuali è una sana idiozia, se è vero come è vero che il mondo è fatto di verità che si sorreggono a vicenda , e se è vero, come è ad avviso di chi scrive, che la famiglia ha in sé il germe della sacralità, e del futuro dell’umanità, è altrettanto vero che l’essere umano ha una natura istintuale che lo porta ad essere attratto dai propri simili ed a vivere in sinergia con essi.

La crisi sociale dell’istituto giuridico del matrimonio dovrebbe portare i legislatori a meglio regolamentare un istituto che oramai mostra tutte le sue rughe, i nuovi poveri appartengono alle famiglie separate, i costi di una separazione comportano immani difficoltà economiche e morali , che vanno ad incidere sulla sfera affettiva di  ogni singolo soggetto agente e dunque anche sulla sua ridotta capacità produttiva viste le difficoltà relazionali che una scelta così drastica comporta; perché allora non rivedere tale istituto con l’introduzione di un matrimonio a termine in cui ogni 5 o 10 anni deve essere rinnovato, proprio come un contratto quale di fatti è? La mancata rinnovazione consensuale eliminerebbe il contenzioso nei tribunali italiani e ridarebbe lo status originario a tutti coloro i quali decidono di ritornare liberi. Tutto questo potrebbe sembrare parossistico ma in realtà non lo è, è parossistico la creazione di un vincolo coniugale che la naturale genuinità delle scienze umane rigetta, è parossistico la creazione di famiglie create sull’ipocrisia, è parossistico accettare che nella coppia vi sia una  palese forma di tradimento e non evidenziarla, è parossistico  inculcare la cultura del peccato come la Chiesa Cattolica ha fatto per anni ghettizzando la sessualità, è parossistico discutere di sessualità, perché la sessualità va vissuta e non va discussa, perché metterla in discussione vuol dire mettere in discussione il futuro dell’umanità.

Se è vero come è vero che ogni azione umana deve essere regolamentata e disciplinata per un corretto ordine sociale e successorio, è altrettanto vero che non possono positivizzarsi gli istinti sessuali. Pensare che l’ottusità dell’essere umano sia così elevata da non discutere di certe tematiche è del tutto errato; pensare che non vadano disciplinate le coppie di fatto è un’ulteriore errore, perché il legislatore è tenuto a regolamentare e disciplinare tutte le forme e tutti i fenomeni sociali innovativi che emergono in una società, seppur non condivisi: va da sé che disciplinarli non vuol dire agevolarli, ma semplicemente regolamentarli nel nostro Diritto Civile e successorio.

In conclusione da un punto di vista prettamente scientifico è intellettualmente corretto affermare che: se la famiglia patriarcale e tradizionale è in crisi non è colpa di  chi fa scelte diverse - dalla convivenza, al divorzio, ai single -, ma di chi ha costruito una società della produttività e del capitalismo  sfrenato slegata da una vera tutela economica per quelle coppie che decidono di vivere e costruire una famiglia come le tradizioni insegnano. Quando entrambi i coniugi rincorrono carriera e successo, danaro e potere è quanto mai naturale che una famiglia si sfaldi perché le priorità in quella specifica coppia sono divenute altre: priorità che nulla hanno a che vedere con la difficile opera della costruzione di una vera Famiglia. Da oltre tre lustri infatti le scienze sociali non fanno altro che occuparsi di innovazione sociale, di tendenze, del nuovo ruolo della donna, delle nuove frontiere della società; tutto questo continuo affannarsi dietro il vuoto degli anni moderni non  poteva che comportare una crisi profonda della famiglia, un termine che con il tempo credo vada rivisto perché fotografa una realtà in continuo mutamento - i figli nati fuori dal matrimonio negli ultimi anni sono passati di fatto dal 7.5 % al 15%, un dato palese delle nuove frontiere  della socialità che non vanno ghettizzate o contestate o peggio giudicate, ma regolamentate e nello stesso tempo sarebbe etico, degno di un vero stato moderno rivalutare il ruolo non della donna in carriera ma il ruolo di quelle donne che hanno scelto di costruire una famiglia tradizionale scevra dai condizionamenti di uno Stato sociale che non ha mai tutelato sino in fondo quella famiglia che ora si affanna disperatamente a difendere non accorgendosi che non è più presente nelle dinamiche dell’organizzazione sociale perché relegata in maniera sub-alterna alle istanze della economia di mercato, perché di fatti anche la famiglia ha nel mercato concorso alla propria destrutturazione inseguendo i falsi miti dei tempi moderni.

                                                                             di L. Ruberto
                                                                                                    (26-01-2006)