BOLLETTINO N°11

DICEMBRE 1996


 

di Gabriele Baldan

editoriale

Senza la pretesa di aver avviato azioni di gran livello tecnico conforta però trovare conferma della validità della nostra iniziativa in un articolo di TERRA E VITA (N° 49/1996), Edagricole, a titolo "Il tesoro della diversità genetica" di Maria Cristina Minchilli. L’Autrice fa il punto di un progetto della FAO che ha preso avvio nel 1991 con sette specie di mammiferi domestici, "sono stati raccolti dati su 4000 razze di 28 specie. Ogni paese ha un referente - National Focal Point - responsabile per l’aggiornamento delle informazioni. Per l’Italia è il Consorzio per la sperimentazione, Applicazione di Biotecniche Innovative - ConSDABI- che sorge a Circello (BN) presso l’azienda Casaldianni". Mi hanno sorpreso ancora una volta i dati delle razze estinte in questo secolo, "metà delle razze esistenti" dice l’Autrice e si ipotizza la scomparsa del 40% delle 1500 razze ancora presenti. L’analisi sembra relativa solo ai mammiferi ma la FAO ha realizzato un analogo lavoro per tutte le razze domestiche comprese quelle di avicoli, in un fax che abbiamo ricevuto era citata anche la Polverara.

A mio parere una via per superare la fase critica di sopravvivenza di una razza e quella di valorizzare le sue qualità e quando conviene il suo ruolo culturale, affinché si possa ridifondere nei piccoli allevamenti familiari fornendo agli allevatori anche produzioni soddisfacenti che, nel caso degli avicoli, si possono riassumere nel numero e peso delle uova deposte, nella qualità e quantità di carne prodotta, nell’adattamento all’ambiente e all’alimentazione, nel marcato istinto alla cova e all’allevamento delle nidiate, a ciò si può aggiungere l’insieme delle caratteristiche estetiche, storiche e culturali.

Hans Wagner, veterinario responsabile del progetto della FAO sopra citato afferma che il consumatore chiede più varietà di carni e "si avvia a non gradire un prodotto di sapore uniforme ed omogeneo ed è disposto a pagare per prodotti regionali particolari; questo consente un maggior guadagno per l’agricoltore che mantenga razze particolari".


sgussete de ovo   - frammenti di avicoltura rurale -

Quando el galo jera on luso (dialetto di Vighizzolo d’Este - PD)

Na volta solo i siuri gaveva el galo, i poareti invese non i podea permetarse on cao de polame ch’el magnese par gnente.

In febraro quando e femane ghea da metare i ovi a coare soto e cioche, bisognava che le nese torsei dae fameje che ghea el galo. Alora le galine non e pesava mai de sora del kilo e mexo e le podea coare al masimo quindase, disisete ovi.

I ovi che servia par coare i vegnea scambià e qualche siora la volea in cambio on ovo in pi’ de quei boni (fecondi) che la ghe dasea.

Da San Giuseppe i primi polastrini i jera xa nati e par farghene nasare nantra coà (do al masimo) i vegnea slevà muli cioè sensa cioca.

Fabrizio De Guio

Quando il gallo era un lusso

Una volta solo i signori avevano il gallo, i poveri invece non potevano permettersi un capo di pollame che mangiasse per niente.

In febbraio quando le massaie dovevano mettere le uova a covare sotto le chiocce, bisognava che andassero a prenderli presso le famiglie che avevano il gallo. Allora le galline non pesavano mai oltre il chilogrammo e mezzo e potevano covare al massimo quindici, diciassette uova.

Le uova che servivano per covare venivano scambiate e qualche signora la voleva in cambio un uovo in più di quelli buoni (fecondi) che lei dava.

Da San Giuseppe i primi pollastrini erano già nati e per farne nascere un’altra covata (due al massimo) venivano allevati muli cioè senza chioccia.


Avvenimenti avicoli

d’autunno

le notizie del Progetto

di Baldan Gabriele

La donazione al Pontefice dei polli vivi e delle riproduzioni in bronzo

Il 20 di novembre del 1996 una delegazione ha consegnato al Pontefice una coppia di polli Padovani bianchi (la femmina dell’aviario dell’Istituto, il maschio dell’allevatore Giorgio Franceschetto), una pergamena del prof. Carlo Lodovico Fracanzani, due bronzetti - una gallo e una gallina - del maestro Stefano Baschierato, l’occasione è stata l’udienza del mercoledì in Aula Paolo VI° (Sala Nervi), attualmente i polli sono a Castel Gandolfo e le riproduzioni bronzee nei Musei Vaticani. Ci è giunta in Istituto il giorno 22 gennaio ’97 una lettera di ringraziamento per i doni offerti al Santo Padre. Nell’articolo ‘Miei ricordi della gallina Padovana a gran ciuffo, in tre quarti di secolo’ di C.L. Fracanzani qualche alto particolare.

 

"Pro avibus nostris - associazione per la salvaguardia delle razze locali"

E’ nata il 15 dicembre 1996 la Pro avibus nostris - Associazione per la salvaguardia delle razze avicole, con 18 soci fondatori, tra cui l’Istituto, il consiglio direttivo nominato in quella data è composto dall’avv. sig.ra Noemi Lion (presidente), dal sottoscritto Gabriele Baldan (vicepresidente), dal sig. Giorgio Franceschetto, dal prof. Carlo Lodovico Fracanzani, dal sig. Dino Lovato. Il Collegio sindacale è composto dal presidente prof. Adriano Panizzon, dal sig. Giuseppe Brunello e dal sig. Marco Fontana, i sindaci supplenti sono i sig.ri Antonio Bertin e Giuseppe Cantin. Completano l’elenco dei soci fondatori i signori: Carlo Pastorello, Margherita Rosa Marchese, Lorenza Michelazzo, Antonio Trivellato, Manlio Padovan, Livio Dal Corso, Flavio Soranzo e l’Associazione Linea Verde Rubano.

Gli scopi della associazione sono: a) di fornire assistenza ai soci allevatori al fine di favorire lo sviluppo dell’allevamento in selezione degli avicoli appartenenti a razze locali e nazionali; b) di fornire l’assistenza ai soci per il mantenimento e il miglioramento delle razze esistenti, il recupero di quelle rare o scomparse, in particolare le razze di polli Padovana dal gran ciuffo, Polverara, la varietà di tacchini dei Colli Euganei e la varietà Veneta di oca; la selezione di nuove razze e/o colorazioni; c) la promozione e la partecipazione , senza peraltro gestione diretta ,di mostre e manifestazioni regionali e nazionali; d) la promozione di iniziative avicole con fini culturali, scientifici; e) la distribuzione ai singoli soci di anelli di identificazione della produzione avicola ; f) la divulgazione dell’informazione ai singoli soci anche attraverso un proprio Bollettino; g) l’Associazione potrà inoltre, con le stesse modalità, promuovere la conservazione ,il miglioramento e la selezione di altre specie di animali domestici in pericolo di estinzione e di cui si convenga la salvaguardia del loro patrimonio genetico; h) l’Associazione intende operare prioritariamente con associati residenti nella provincia di Padova e nel Veneto, secondariamente con associati a livello nazionale , comunitario e internazionale; i) in sintesi l’Associazione si ispira alla valorizzazione del patrimonio zootecnico regionale e nazionale riferibile a una nuova generale maggiore sensibilità verso gli aspetti genetico-evolutivo, culturali e delle tradizioni locali ; si rivolge ad allevatori e studiosi; intende parimenti impegnarsi nello studio e nella divulgazione delle tecniche di allevamento degli animali domestici, della loro storia di domesticazione, degli impieghi dei loro prodotti; è indipendente , apartitica.

 

La degustazione di galline padovane presso il ristorante La Piroga

L’atto costitutivo della associazione ha avuto come appendice un pranzo a base di polli Padovani, forniti dall’Istituto e preparati dal ristorante La Piroga di Selvazzano, i piatti presentati sono stati un antipasto di insalata di pollo, un risotto con i fegatini (le cicche), un brodo con tortellini e per secondo pollo Padovano lesso, i commenti alla qualità delle carni sono stati più che positivi così come quelli alla cura e alla cortesia del gestore e del personale del ristorante, un ringraziamento particolare al giornalista dr. Antonio Trivellato che ha favorito questa occasione gastronomica.

 

Le due interviste alla televisione privata

Nel mese di dicembre sono stato invitato negli studi della emittente televisiva Rete Azzurra -Triveneto per illustrare la nostra attività per la conservazione della Gallina Padovana, dell’Oca veneta e del Tacchino dei Colli Euganei, le interviste sono andate in onda con il telegiornale della sera condotto in studio dal giornalista Tullio Trivellato.

 

Le notizie dal Brasile sui polli Padovani nati dalle uova portate da una delegazione in Luglio ’96

E’ di pochi giorni l’informazione, fornitami dal Sig. Franco Holzer (collaboratore del Gazzettino) che nella città di Serafina Corea, in Brasile, dove era stata consegnata a luglio una trentina di uova di gallina Padovana da una delegazione padovana in visita culturale e per la creazione di nuovi rapporti con i nostri emigranti, sono state pubblicate nel giornale cittadino le foto dei pollastrini nati, con un articolo che ne illustra la loro storia, attendiamo l’arrivo in Istituto di una copia del giornale.


le notizie del Progetto

di Baldan Gabriele*

La produzione in uova delle galline Padovane

di varietà dorata

(* con la collaborazione degli assistenti tecnici Bugli Orietta e Boggian Benedetto)

 

In febbraio del ’96 abbiamo avviato nell’aviario dell’Istituto un controllo su 12 galline Padovane dorate collocate in gabbie separate per ottenere dati precisi sul numero delle uova deposte e del relativo peso, Il controllo è iniziato con le prime uova deposte a febbraio ed è stato concluso con l’entrata nel periodo di muta dei soggetti, cioè a fine settembre. Per sopravvenuti fatti imprevisti durante questo periodo presentiamo qui i risultati di soli sette soggetti.

Le uova sono state registrate in schede su cui per ciascuna gallina veniva registrata la deposizione delle uova e il relativo peso, nella tabella successiva sono riportati i risultati del controllo, che è stato riavviato anche per l’anno in corso.

 

Cel. M. uova

mese

     

02

03

04

05

06

07

08

09

Tot.

4

275

8

18

13

12

7

8

23

9

98

   

peso (gr)

medio cd

55,0

57,8

60,3

60,3

57,7

60,8

61,2

61,0

59,3

5

nn

8

18

12

10

4

9

12

/

73

   

peso (gr)

medio cd

52,1

56,3

56,5

53,6

51,6

51,6

50,5

/

53,1

8

148

10

16

12

12

13

5

7

1

76

   

peso (gr)

medio cd

54,7

54,0

52,8

51,7

49,7

53,6

52,6

51,0

52,5

9

nn

11

16

20

2

/

/

/

/

48

   

peso (gr)

medio cd

54,4

55,5

55,6

56,5

/

/

/

/

55,3

10

768

20

19

23

18

18

19

16

1

134

   

peso (gr)

medio cd

54,0

57,4

58,1

57,0

54,8

57,1

56,8

59,0

56,8

11

753

4

17

18

13

13

22

21

2

110

   

peso (gr)

medio cd

56,0

58,1

59,1

55,9

57,0

55,2

55,1

53.0

56,2

12

496

14

16

18

18

17

17

7

3

110

   

peso (gr)

medio cd

57,0

57,0

56,9

54,1

54,4

55,5

54,6

54,0

55,4

Nel calcolo del peso medio sono stati considerate le uova di cui è stato riportato il peso, è accaduto che per certe non è stato possibile valutarlo.

 

I dati raccolti mi hanno consentito di scegliere tra le galline e i galli di rimonta quelli delle discendenze più produttive, ho comparato come di seguito i risultati, secondo una graduatoria dal I° (migliore dato) al VII° posto (peggiore dato)

n° celle

4

5

8

9

10

11

12

peso medio dell’uovo deposto

VI°

VII°

IV°

II°

III°

numero totale delle uova deposte

IV°

VI°

VII°

II°

III°

Ho considerato che sarebbe stato opportuno individuare i pollastri figli delle femmine delle celle 4, 10, 11 ,12. Sfortunatamente alcuni soggetti hanno perso la marchetta alare durante l’accrescimento, ritengo per insufficiente inesperienza sulla loro applicazione di noi operatori (al solito occorre tempo per evitare brutte sorprese), ciò nonostante avremo la possibilità di impiegare maschi miglioratori figli delle femmine 10 e 11, mentre ho scartato quelli di entrambi i sessi delle femmine 5,8,9, soggetti maschi delle altre li trattengo come riserva in caso di imprevisti; per le galline ho selezionato le discendenti delle riproduttrici situate nelle celle 4,10,11,12 e 7 (di quest’ultima non ho riportato i dati perché troppo pochi ma significativi per il peso delle uova). Altro parametro da considerare sarà il peso corporeo dei soggetti selezionati, di modo che oltre alla produzione di uova si possa migliorare anche quella della carne, ovviamente senza stravolgere quella che è la natura di pollo leggero della razza Padovana. Occorrerà però selezionare anche sulla qualità morfologica: si osservano per esempio galline e galli con penne bianche nel ciuffo del capo.

Agli allevatori

Questo tipo di lavoro può essere compiuto anche dagli allevatori che aderiscono al Progetto di conservazione? Si è possibile.

Oltre al metodo dell’allevamento in gabbie separate c’è da sperimentare per le Padovane l’impiego del nido - trappola, un nido che, accogliendo la gallina che entra per deporre l’uovo, la trattiene al suo interno dopo la deposizione, lei stessa aziona un semplice meccanismo che ne impedisce l’uscita dopo la deposizione. E’ il metodo più collaudato per il controllo della deposizione della singola ovaiola, si tratta di verificare che funzioni anche per la Padovana, il cui ciuffo o altro carattere anche comportamentale potrebbe ostacolare la ricerca di un luogo appartato dove deporre il proprio uovo. L’operatore - allevatore passando a raccogliere le uova due o meglio tre volte al giorno può così registrare su una scheda che la gallina rimasta intrappolata e contraddistinta da un proprio numero o marchetta identificativa ha deposto il tal giorno un uovo, alla fine della stagione riproduttiva l’allevatore avrà a disposizione una serie di dati che gli consentiranno di individuare le galline più produttive e comparando eventualmente con altri dati (il peso delle uova, la taglia dei soggetti) potrà avviare un serio lavoro di miglioramento non solo morfologico ma anche produttivo.

Sono dell’idea che i nidi debbano essere introdotti nel pollaio molto per tempo, durante la età di pollastra, di modo che i soggetti prendano confidenza e trovino in essi una risposta adeguata al loro istinto riproduttivo, caratterizzato dal ricercare un luogo protetto per deporre.

Il numero di nidi trappola è di uno ogni 3 galline in deposizione.

 

Le illustrazioni sono tratte, da sinistra a destra: G. Valeriani, Il Pollaio, Ramo Editoriale degli Agricoltori, Roma; G.Cornoldi, Pollicoltura moderna, Edizioni Agricole , Bologna, 1948; A. Magliano, L’allevamento dei polli, G.B. Paravia, 1932, Torino.

 

Alla pagina seguente due schede utilizzate presso il "Centro avicolo di Bologna", da I. Giavarini. Trattato di Avicoltura, 1977, Edagricole -Bologna.


 Lavori stagionali in gennaio e febbraio

rubrica

di Carlo Lodovico Fracanzani

Polli

Si approfitta delle feste natalizie per destinare alla pentola le galline di oltre due anni di deposizione e quelle troppo grasse, entrambe producono uova in numero ridotto, ed offrono invece carni adatte per preparare saporiti bolliti con produzione di brodo eccezionale. Pensando alle nuove covate, non sarà male di pulire bene l’incubatrice elettrica, rimasta inoperosa per mesi, e di disinfettarla con vapori di formaldeide che si sprigionano facendo reagire cristalli di permanganato di potassio con una soluzione di formalina al 40%, del commercio. Le dosi da rispettare sono le seguenti: 15 grammi di permanganato potassico per metro cubo di incubatrice e centimetri cubici 30 di formalina. E’ ovvio che innanzitutto necessita determinare la cubatura interna della incubatrice. Il permanganato (in cristalli viola) si mette in un piatto metallico sul fondo della macchina da disinfettare e si versa con la massima rapidità la formalina sul permanganato, chiudendo subito la incubatrice messa precedentemente in funzione. Il trattamento deve durare tre ore. E’ necessario ricordare che i vapori di formaldeide che si svolgono sono pericolosi per l’uomo, sono irritanti delle mucose degli occhi e delle vie respiratorie, e di conseguenza l’operazione va eseguita con la massima prudenza.

Circa l’epoca del carico delle uova da incubare è da tenere presente che le pulcinelle nate in febbraio già in agosto deporranno le prime uova, proprio nel tempo in cui le loro madri cominceranno la muta e quindi a ridurre fino a sospendere la fetazione. Gli appassionati che frequentano le mostre in special modo traggono vantaggio dalle covate precoci dato che si mettono in grado di portare alle esposizioni soggetti di sette otto mesi con piumaggio prefetto.

E’ superfluo dire che in gennaio e febbraio e necessario propinare alle ovaiole il solito mangime composto integrato. Le ore di luce artificiale da aggiungere alla naturale saranno rispettivamente di sei e quattro nei due mesi ricordati.

Faraone e fagiani

Per entrambe le specie i primi due mesi dell’anno comprendono il periodo di pausa sessuale, per cui l’alimentazione deve risultare curata ma non forzata.

In particolare le faraone libere nei campi abbisognano solo di granella di mais la sera, mente quelle tenute chiuse traggono vantaggio da una buona miscela per ovaiole, altrettanto dicasi per i fagiano, la somministrazione a questi ultimi di verdure nelle voliere concorre a garantire piumaggi impeccabili.

Colombi e tortore

Il ritmo riproduttivo dei colombi e delle tortore si intensifica con l’aumentare delle ore di luce naturale. Date le basse temperature necessita fornire abbondante materiale per la costruzione dei nidi, dato che le uova e i piccioncini traggono vantaggio se affondati nella paglia o nel fieno. La colombaia dovrà essere ben riparata, le finestre saranno tenute aperte solamente nelle ore di luce. Gli abbeveratoi contenenti l’acqua saranno controllati per accertare che i colombi a disposizione la necessaria bevanda rompendo il ghiaccio se del caso e aggiungendo acqua calda dalle ore 11 alle ore 14. La miscela di granaglie (frumento, mais, pisello) sarà abbondante in considerazione che le basse temperature aumentano i consumi alimentari. Il pavimento della piccionaia sarà ricoperto da sabbia asciutta.

Anatre ed oche

Pur trattandosi di acquatici necessita impedire che siano costretti a rimanere su terreno fangoso. Il fenomeno si verifica per gli animali tenuti in piccoli spazi e arreca non poca sofferenza ai soggetti, mentre non interessa i palmipedi lasciati liberi e quindi in grado di fare le migliori scelte. La lettiera del ricovero notturno dovrà essere abbondante, la preferenza va data alla paglia di cereali che si mantiene abbastanza asciutta, mentre è da scartare il truciolo di legno che si imbeve facilmente di acqua.

Per quanto si riferisce alla alimentazione delle anatre necessita ricordare che i Germani reali a fine febbraio iniziano a nidificare, di conseguenza a questi anatidi necessita propinare già da gennaio un buon mangime del tipo galline ovaiole. Alle Anatre muschiate (Mute) sarà necessario propinare mangime bilanciato a fine febbraio per prepararle a nidificare a fine marzo.

Ai gruppi di oche riproduttrici che iniziano a deporre a metà febbraio è opportuno mettere a disposizione pure mangime per ovaiole in aggiunta alla granella di mais. Le oche depongono le uova al mattino molto presto, già alle ore 10 si possono lasciare libere, scongiurando il pericolo che vadano a fetare in luoghi nascosti. A differenza delle Anatre muschiate sempre ottime covatrici in nidi costruiti con la massima cura, foderati con abbondante piumino, le oche raramente covano per cui si è costretti a le uova da affidare alla incubatrice o alla tacchina chioccia.


 avicoltura storica

di Carlo Lodovico Fracanzani

Miei ricordi della gallina Padovana a gran ciuffo in tre quarti di secolo

Nell’anno 1920, Gianantonio Fracanzani, laureando in Scienze Agrarie all’Università di Bologna, discusse la tesina: " La gallina Padovana", relatore il prof. Alessandro Ghigi. Per forza di cose il nominato studente onde mettersi nella possibilità di eseguire adeguate osservazioni "in vivo" relative all’argomento da trattare nel suo elaborato, acquistò dal pollicoltore Luciano Salmaso di Mira (VE) alcuni gruppi di polli della razza nominata e precisamente delle varietà argentata, dorata e nera, che furono sistemati in appositi pollaietti in legno fatti costruire ad hoc, nel giardino del palazzo, in via Garibaldi 1 ad Este (PD) dove pure io nacqui il 14.11.1921. I nominati ricoveri, con quattro pareti chiuse, che presentavano in facciata finestrella con rete metallica sottile e porticina per poter dare accesso agli animali ricoverati nell’attiguo parchetto esterno, erano sopraelevati sul terreno sottostante di circa settanta centimetri in maniera da permettere che nel vano sottostante al pavimento del pollaio i polli potessero trovare riparo di giorno dalla pioggia o dal sole, una scaletta a pioli appoggiata in corrispondenza della nominata porticina, facilitava l’uscita e l’entrata dei soggetti dal pollaio al parchetto esterno e viceversa. Tutte le mattine una donna che aveva l’incarico di accudire agli animali, apriva la porticina per dare la possibilità ai medesimi di uscire all’esterno del ricovero e di rientrarvi a piacimento degli stessi. La stessa persona doveva giornalmente riempire apposita mangiatoia metallica con pastone di farina di mais integrato da crisalidi di baco da seta e da cruschello di grano. D’inverno il pastone veniva preparato caldo, usando acqua bollente e le galline venivano aperte non prima delle ore dieci del mattino onde evitare il più possible che il ciuffo di penne del capo si bagnasse. Nel basso padovano la presenza di nebbia nel tardo autunno e nell’inverno era frequentissima. Prima delle ore quattordici la donna tornava per raccogliere le uova che venivano prodotte in numero rilevante anche nel periodo invernale, dato che la razza padovana ha fama di essere buona ovaiola e probabilmente perché l’assenza di cresta e di bargigli, che caratterizza la razza di gallina in causa, ed il vistoso ciuffo di penne, costituiscono fattori positivi nei riguardi della fetazione, in special modo nella stagione meno favorevole. Ovviamente la dieta di cui si è detto intenzionalmente, grazie all’ apporto proteico offerto dalle crisalidi propinate giornalmente, concorreva pure positivamente, a favorire la ovodeposizione. E fu negli anni della mia fanciullezza che avvennero i miei primi approcci con le galline Padovane a gran ciuffo dato che io ero solito lasciare i miei giochi, per seguire la donna che curava i polli di mio zio paterno già diventato agronomo, che aveva aperto uno studio professionale a Padova in via San Francesco n° 1, ed è ancora in me vivissimo il ricordo delle fotografie incorniciate con i pollaietti delle galline padovane, che facevano bella mostra appese alle pareti della stanza vicino ad un medagliere con i trofei assegnati ai migliori soggetti della razza, presentati alla Fiera Campionaria di Padova.

Era mia abitudine nell’età prescolare, di assistere alla operazione di preparazione del pastone eseguita dalla donna, che mescolava lo sfarinato alle puzzolenti crisalidi e scottava il tutto (broava) con acqua bollente in un recipiente di rame. Successivamente si andava assieme ai pollai per liberare le Padovane rinchiuse, mettere nella mangiatoia il pastone, ed acqua pulita negli abbeveratoi a sifone di zinco, che erano stati acquistati dalla ditta Fratelli Grilli di Firenze, antesignana all’ epoca in campo avicolo. Particolare interessante era che in quegli anni per tenere lontani insetti e acari nocivi dai polli si usava mettere nel nido delle ovaiole un uovo di naftalina, che sublimando compiva la sua funzione, con mio disgusto però per lo sgradito penetrante odore, vorrei dire indimenticabile.

I polli Padovani allevati nel giardino ad Este erano caratterizzati da grande ciuffo di penne, ognuna con la parte centrale di colore bianco argenteo, con bordo nero ben delineato nella varietà argentata, e pure da penne con la parte centrale di colore oro carico con bordo nero, pure nella varietà dorata, mentre il gruppo di padovane nere presentava soggetti con macchia bianca nella parte centrale del ciuffo, segno evidente di immissione di sangue della razza affine Olandese nera a ciuffo bianco, in purezza confermata anche dalla presenza nei maschi di qualche soggetto privo di barba e con bargigli sviluppati.

Negli anni che seguirono alla Fiera Campionaria di Padova, che si teneva per la ricorrenza della festa del Santo, vogliamo dire negli anni ’30 e ’40 i soggetti di razza Padovana non furono molti, grosso modo una ventina di capi, esposti dall’immancabile specialista della razza, Luciano Salmaso, dal dott. Gianantonio Fracanzani, dai fratelli Grilli. Negli anni ’50 e ’60 si aggiunsero quelli del Cav. Antonio Marazzini di Muggiò, Milano, che frequentava le mostre avicole in Germania, con conseguente possibilità di portare in patria nuove linee di sangue per irrobustimento della razza Padovana a gran ciuffo, selezionata con religiosa cura dal Salmaso, ma che dava qualche segno di stanchezza. E fu negli anni ’50 che potei avere dal Marazzini un gallo Padovano a piumaggio azzurro, presso l’Osservatorio Avicolo di Padova, dove prestavo la mia opera in qualità di tecnico specialista in campo avicolo, fu quel gallo che mi permise di conferire nuovo vigore ai ceppi in forza presso il nominato allevamento di stato.

Nel decennio 1955-65, L’Istituto Professionale per l’Agricoltura "San Benedetto da Norcia" organizzò la Scuola professionale integrale per "esperte avicole" presso la sede centrale di Padova, grazie alla presenza dell’Osservatorio Avicolo da poco eretto nell’ambito dell’azienda agraria dell’Istituto. L’Osservatorio era gestito dall’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Padova, all’epoca dipendente dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste, i fabbricati e le attrezzature occupavano circa un ettaro di terreno dell’azienda agraria dell’Istituto e fu costruito con finanziamenti erogati dal Ministero dell’Agricoltura. Per risolvere il problema delle allieve che dovevano frequentare la scuola per un intero anno scolastico, il Presidente del Consiglio di Amministrazione, On. Fernando de Marzi ed il preside Giovanni Cesca si rivolsero alla Confederazione dei Coltivatori diretti cui faceva capo una organizzazione di donne rurali, che svolgeva una intensa opera capillare in tutto il territorio nazionale di propaganda e di assistenza nei settori dell’avicoltura, dell’orticoltura e della economia domestica rurale. La Confederazione aveva la necessità di disporre in tutte le provincie di dirigenti, organizzatrici, insegnanti e propagandiste. L’Istituto offerse alla Confederazione la Scuola Avicola come la più idonea alla preparazione dei suoi quadri. Dalla collaborazione dei tre enti (Ispettorato Agrario, Confederazione dei Coltivatori diretti ed Istituto Professionale per l’Agricoltura) nacque la scuola per esperte avicole, che io diressi nel decennio con l’incarico dell’insegnamento dell’Avicoltura alle allieve, che provenivano da quasi tutte le regioni italiane, ospitate da un convitto femminile , che sorgeva a breve distanza dall’Osservatorio Avicolo, sempre nell’ambito dell’Azienda agraria dell’Istituto. Il convitto per tener viva la passione delle allieve in materia di avicoltura, venne dotato di pollaio gestito dalle ragazze che accudivano ai polli nel tempo libero, con singolare interesse. Ovviamente la seppure modesta attrezzatura, fu popolata con galline Padovane a gran ciuffo con la finalità di far conoscere , col contatto diretto giornaliero, la razza alle future esperte avicole, offrendo loro l’occasione di utilizzare le uova prodotte per la mensa in convitto.

Negli anni settanta ed ottanta i polli Padovani non mancarono alle mostre avicole di Padova e Verona pure in Germania, precisamente a Norimberga seppure in numero limitato, fu in occasione di quest’ultima esposizione che acquistai una coppia di Padovane dorate, le uniche messe in vendita, che però nonostante il prezzo elevato, furono una vera delusione. Il fatto dimostrava che anche gli appassionati tedeschi disponevano di materiale vivo ormai degenerato per eccessiva consanguineità dei ceppi, fenomeno non infrequente delle razzette.

Finalmente negli anni novanta, ancora presso l’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente "San Benedetto da Norcia" di Padova, partiva il Progetto per la conservazione della razza Padovana a gran ciuffo, che nel giro di qualche anno portò a lusinghieri risultati. Furono ottenuti soggetti tipici per il ciuffo folto di penne, in tutte le varietà di Padovana allevata e precisamente la bianca, la dorata, la camosciata, la nera, netta conferma di un lavoro selettivo ben indovinato e impostato. Inoltre i soggetti ottenuti sono risultati di taglia considerevole e di robusta costituzione fisica.

Una delegazione composta dal preside dell’Istituto "San Benedetto" prof. Adriano Panizzon, dal prof. Gabriele Baldan responsabile dell’aviario dell’Istituto, dal prof. Michelangelo Bocca teologo ed esponente di rilievo della divulgazione e dei moderni mezzi audiovisivi di comunicazione della catechesi, da Franco Holzer collaboratore del Gazzettino, dal ricostitutore della scomparsa razza "Polverara" Bruno Rossetto e dallo scultore Stefano Baschierato e pure dal sottoscritto, il 20 novembre 1996 è stata ricevuta durante l’udienza generale in Vaticano nella Sala Nervi, da sua Santità Giovanni Paolo II°, che ha accettato in dono una coppia (gallo e gallina) di polli Padovani a gran ciuffo ed una scultura bronzea pure raffigurante un gallo e una gallina Padovani, opera del citato scultore padovano. I due rari candidi volatili sono stati portati in Aula Paolo VI° entro una gabbia bianca e posti accanto al Pontefice durante tutta l’udienza e poi trasferiti negli aviari della villa pontificia di Castel Gandolfo. La scultura bronzea opera di Stefano Baschierato, dopo la cerimonia, è entrata a far parte delle opere d’arte dei Musei Vaticani. Il gruppo padovano ha voluto ricordare al Santo Padre che la razza Padovana è originaria della Polonia essendo stata importata nel XIV° secolo dal padovano Giovanni Dondi dell’Orologio. Con una pergamena miniata dalla pittrice Lucia Stevanin, che ebbi l’onore di consegnare al Pontefice per l’occasione, esposi le circostanze che resero possibile l’arrivo a Padova di alcuni soggetti di razza Padovana a gran ciuffo dalla lontana Polonia già da più di sei secoli.

Vie percorse dai polli nella loro diffusione (da I. Giavarini, Le razze dei polli, Edagricole, Bologna), la cartina fornisce qualche ausilio anche per l’articolo di C.L. Fracanzani sulla ‘Storia degli animali domestici e tipi di produzione’.


 Storia degli animali domestici e tipi di produzione

avicoltura e dintorni

(prima parte)

di Carlo Lodovico Fracanzani

L’animale domestico che fa parte della casa (domus) si è sottomesso più o meno spontaneamente al volere dell’uomo che ne disciplina l’esistenza divenendo un vero compagno, infatti riproduce sotto il suo controllo generando figli che ereditano l’istinto della soggezione. Altra condizione dell’animale domestico è rappresentata dall’attitudine a vivere in società o branco che può essere omogeneo od eterogeneo, polli, anatre, tacchini vivono in comune accordo sull’aia colonica. Gli animali domestici posseggono altresì un senso di orientamento che permette loro quotidianamente di ricercare per la notte il proprio domicilio, il Codice Civile considera infatti animale domestico quello che ha la capacità di ritrovare la propria casa e che ha l’istinto di ritornarvi ogni sera. Infine l’animale domestico fornisce all’uomo i suoi servigi e i suoi prodotti fornendogli un utile economico, se la fecondità è notevole, come nei polli, nelle anatre e nei colombi l’allevatore sfrutta la nominata caratteristica per ottenere produzioni animali complessivamente superiori a quelle offerte normalmente dalla stessa specie in stato selvatico.

Le specie di uccelli che riuniscono i caratteri ricordati, hanno dato vita con la domesticazione alla avicoltura tradizionale, da cui è derivata l’avicoltura intensiva, capace di altissimo rendimento economico.

Addomesticazione del colombo

Il primo uccello ad essere addomesticato pare sia il colombo, allevato abbondantemente nella Mesopotamia in special modo in Babilonia, estendendosi gradualmente verso occidente e oriente in tutta l’area occupata oggi dal colombo torrraiolo, fino alla Britannia e rispettivamente fino all’India e al Nepal. In seguito i persiani portarono razze specializzate in Asia Minore e più tardi in Grecia. Sarebbero stati i mercanti fenici a portare i colombi in Sicilia considerati uccelli sacri sul Monte Erice. Maometto riservò ai colombi grande rispetto, numerosissimi nelle moschee della Mecca. I persiani furono famosi per le loro colombaie costruite con la finalità di ottenere grandi quantitativi di colombina, da impiegare nella coltivazione degli ortaggi.

Addomesticamento dei palmipedi

Pure le oche furono allevate in domesticità in Mesopotamia oltre ai colombi come si disse, ed in Egitto l’oca è domestica da remota antichità.

Quattro specie di oche furono rinvenute nella tomba di Tè, Va dinastia, 4000 anni a.C.. Nella metropoli di Menfi è rappresentato un cortile dove si vedono delle grù e delle oche e dei colombi mentre vengono ingozzati dall’allevatore dei palmipedi. In geroglifici si legge questa iscrizione:" La riunione delle oche e dei colombi dopo che hanno mangiato".

In Grecia l’addomesticamento dell’oca risale all’assedio di Troia, circa un millennio prima dell’era cristiana. Omero parla solamente di due uccelli domestici, l’oca e il colombo. Nell’Odissea al xv° canto è citata Elena che allevò delle oche alla corte del palazzo di Menelao e nel XIX° canto Penelope racconta un sogno in cui ricorda un suo allevamento di oche.

Le oche sacre a Giunone erano domestiche da secoli presso i romani, se è vero che salvarono Roma nel ‘300 a.C., quando i Galli stavano per entrare al Campidoglio.

L’oca Cignoide (Cygnopsis cygnoides) che emigra dalla Siberia al Siam, fu addomesticata nell’Asia orientale pure in epoca remotissima.

L’allevamento in domesticità dell’anatra fu praticato da tempo immemorabile in Cina forse qualche millenio avanti Cristo. In occidente invece le anatre furono allevate in epoca molto più tarda, e se ne parlò nell’Europa al principio dell’era volgare.

Domesticazione dei gallinacei

I polli furono addomesticati pare per la prima volta in Birmania o nell’isola di Giava, in India già 300 anni prima di Cristo, sarebbero stati dei pulcini appena schiusi catturati dall’uomo nella foresta ed allevati poi in casa, sfruttando il fatto che date le elevate temperature che caratterizzano alcuni paesi si possono allevare pulcini senza l’ausilio della chioccia, da noi necessaria per il riscaldamento dei nati, nel primo mese di vita. Conseguentemente i polli domestici vennero allevati nella parte meridionale dell’Asia in special modo in Cina (circa 1400 a.C.) e Giappone, con penetrazione graduale in

Mesopotamia ed Asia Minore. Secondo Hehn i polli giunsero in Grecia nel sesto secolo a.C.; il pollo detto uccello persiano più tardi seguì la sua migrazione verso occidente. In Italia era conosciuto dagli Etruschi, ed ebbe impiego nelle manifestazioni di cultura in Grecia e più ancora a Roma.

Pure il pavone risulta nelle raffigurazioni greco-romane; nell’isola di Samo furono allevati i primi pavoni e già nel V° secolo a.C. gli ateniesi allevarono gli eleganti uccelli che più tardi furono consacrati dai Romani a Giunone.

Il pavone è nativo dell’India, Burma, Giava, Ceylon, Malaya e Congo. Visse nella sua terra natia per migliaia di anni, ma i riferimenti biblici nel capitolo 10, versetto 22, del volume I° dei Re e nel capitolo 9, versetto 21 del volume II° delle Cronache, sono la prima menzione del pavone al di fuori del suo habitat.

Sarebbero stati i Fenici i primi ad importare i preziosi uccelli per conto dei faraoni egiziani. Si dice che il re Salomone abbia stimato i pavoni tanto quanto il suo oro e argento. Alessandro il Grande circa 300 anni a.C. introdusse gli uccelli in causa in Grecia. I Romani portarono i pavoni in tutte le terre che occuparono, verso il quattordicesimo secolo in Francia, Germania ed Inghilterra, si allevavano i pavoni.

A Roma erano comparsi verso la fine della repubblica, sarebbe stato Ortenno contemporaneo di Cicerone a fare servire il pavone nei convitti. I primi cristiani adottarono il pavone come simbolo di immortalità. Durante il Medio Evo il pavone era piatto d’obbligo in tutti i grandi banchetti, ed il privilegio di portare sulla tavola il pavone, apparteneva alla nobildonna di lignaggio maggiore. Prima di scendere in battaglia i cavalieri pronunciavano il voto del pavone, che veniva pronunciato tenendo la mano stesa su un pavone arrostito cui erano state aggiunte a bella vista, le penne della coda, prima di portarlo in tavola. Il cavaliere portava poi una penna sul suo elmo, affinché ricordasse la promessa. Nei paesi in cui non si considerava sacro il pavone veniva servito agli ospiti come manicaretto dietetico . Alcuni baronetti inglesi per ostentare la loro ricchezza non mancavano mai di fare portare sulla tavola un bel pavone.

(continua nel prossimo numero)

La domatrice di animali selvatici, identificata con Artemide.

(Peter Levi, Atlante del Mondo Greco, Ist. Geog. De Agostini, Novara, 1988)


 Il gatto domestico insuperabile derattizzatore biologico

avicoltura e dintorni

di Carlo Lodovico Fracanzani

Le tecnologia avanzate del mondo agricolo ed il migliorato tenore di vita delle popolazioni rurali hanno fatto dimenticare il gatto, consumatore secondario (carnivoro) della catena alimentare, ritenuto a torto inutile ingombro delle abitazioni, in cui negli ultimi anni, l’annidamento dei topi e dei ratti risulta minimo. Può dirsi un ricordo del passato la obbligatoria presenza del gatto in ogni casa di campagna, con la precisa intenzione di ostacolare il dilatarsi delle popolazioni murine (dal latino murinum ‘di topo’) , impareggiabile cacciatore e divoratore di topi, consumatori primari (erbivori e/o granivori) della piramide alimentare. Non a caso le porte dei granai presentavano nella parte bassa un foro circolare, per dare la possibilità comunque al gatto, di entrare soprattutto di notte anche a porte chiuse nei magazzini dei cereali. Troppe persone pensano che i gatti dei nostri giorni alimentati con carne in scatola e mangimi secchi prodotti dall’industria risultino meno attivi di quelli di un tempo nella caccia al topo di notevole taglia quali il ratto nero dei granai, ed il ratto delle fogne o di Norvegia, le cosiddette pantegane.

Interessanti esperimenti recenti di impiego del gatto per derattizzare granai, depositi di derrate alimentari, ricoveri di animali domestici quali stalle, porcilaie, pollai, conigliere, colombaie, hanno dato risultati sorprendenti. Il metodo anche da noi sperimentato è semplicissimo e consiste nel rinchiudere il gatto nel locale infestato per almeno cinque giorni, quando si trovano ratti uccisi divorati a cominciare dalla testa per arrivare alla coda, vuol dire che il sistema funziona. Ovviamente è bene nel giro di una diecina di giorni di ripetere l’operazione, rimettendo il gatto nella stessa stanza disinfestata per un paio di giorni, onde recuperare qualche topo che fosse riuscito a salvarsi o che si sia introdotto successivamente nel locale. E’ anche vero che non tutti i soggetti risultano parimenti attivi nella caccia al topo, anche fra i gatti c’è chi lavoro molto e chi poco, ma tutti in genere, fatta qualche rara eccezione, risultano soddisfacenti per le loro prestazioni.

E’ noto che il ratto delle chiaviche svolge un ruolo molto importante nella propagazione di malattie infettive mediante gli escrementi liquidi e solidi evacuasti. E’ stato calcolato che un ratto dissemina in una anno circa 25000 sibale fecali ed oltre 21000 gocce di urina, che lascia cadere da fermo o in movimento ed addirittura mentre mangia o si disseta. Inoltre rilevanti sono i danni economici arrecati dai ratti considerando che ogni soggetto adulto consuma da 12 a 18 chilogrammi di derrate alimentari e ne altera altri 150 chilogrammi inquinandoli con le sue deiezioni.

Non dimenticando che la vita dei murini è compresa fra i 2 e i 4 anni e che le femmine del topo delle topo delle chiaviche, sono puberi al terzo mese di vita, che la gravidanza ha la durata di 24 giorni, e che ogni femmina porta a termine in media tre parti l’anno di nove piccoli ciascuno non c’è chi non veda la necessità di ricorrere al gatto per una derattizzazione continuata nel tempo. Gli avicoltori ben sanno quanti guai arrechino i topi agli allevamenti ma non solo quelli grossi di cui abbiano parlato, ma pure i topolini (Mus musculus) che date le dimensioni corporee ridotte riescono ad entrare dappertutto, anche dentro le gabbie degli uccelli a sbarrette metalliche molto ravvicinate come sono quelle che si trovano in commercio normalmente.

E’ incredibile il numero di topi che può catturare un gatto, il Brehm dopo minuziosi esperimenti, nel lontano 1857 appurò che i suoi gatti, erano riusciti a catturare in media 20 topi al giorno.


 


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