BOLLETTINO N°13

MAGGIO 1997


 

Gentile Signora, gentile Signore

il Bollettino esce questo mese esce come lettera per mantenere la continuità bimestrale, un’occasione comunque per discutere sulla disponibilità di risorse genetiche nelle nostre campagne e per informare il lettore dell’iniziativa dell’Istituto "Porte aperte - Padova fuori le mura con la famiglia" .

C’è ancora disponibilità di soggetti autoctoni nelle nostre campagne?

E’ una domanda che spesso mi sono fatto, a cui rispondeva la speranza che effettivamente in qualche casa di campagna o azienda agricola il pollaio ospitasse ancora soggetti di pollo, di tacchino, di oca o di anatra la cui discendenza fosse stata orgogliosamente tenuta separata dall’incrocio con i ceppi industriali diffusisi recentemente, come dire l’orgoglio o la consapevolezza di conservare qualcosa di originale, di tipico.

Mi capita così che durante gli spostamenti in auto lungo le strade del Veneto e se capita in altre regioni, anche in bicicletta nei dintorni di casa, di gettare rapidamente lo sguardo per scovare l’angolo del pollaio e poi al di là delle sue reti per scovarvi gli ospiti pennuti, con la tacita personale attesa di provare il sottile piacere di vedere soggetti per qualche motivo diversi, perché selezionati in loco o di discendenza conservata da anni o magari da due o più generazioni.

E’ un piacere raro, e quando ne ho l’occasione affiora da una parte l’augurio che il proprietario perseveri in questa azione e dall’altra una certa amarezza per non avere il tempo di fermarmi per conoscerlo e scambiare due chiacchiere sulla storia dei suoi pennuti.

Parlando di questo con il Sig. De Marchi di Merlara avviene che un giorno mi informa di aver rintracciato, nei cortili di aziende agricole, soggetti di tacchino nostrani, perché leggeri, rustici, ben adattati alla vita rurale, allora ci si organizza per fare una escursione per vederli e parlare con i proprietari, che poi saranno prevalentemente donne.

Arrivo a Merlara in uno dei recenti caldi pomeriggi d’aprile con la gradevole sensazione di entrare in un ambiente dagli ampi orizzonti agricoli, segnato dalle bonifiche e dagli argini dei fiumi che emergono dalla superficie dei campi, ancora del colore della terra e striati dalle giovani file delle colture, o verdi di frumento.

In quasi tre ore chiediamo permesso a cinque porte e constatiamo in tutte la presenza di tacchine occupate nella cova, di giovani maschi nel cortile e del vecchio tacchino che governa l’ordine nel gruppo, piumaggi bronzati o simili, ardesia e addirittura un bianco di taglia leggera, anche l’ermellinato. Aziende a conduzione tradizionale, animali di bassa corte nell’aia, bovini nella stalla, confini liberi tra casa, campi e animali, aziende ordinate con sole colture erbacee, con lo stanzone del magazzino costruito per altri scopi ed ora adibito ad ampia pulcinaia. Signore oberate di lavoro, tutte appassionate di non perdere le covate e le nidiate, alcune giustamente gelose dei loro soggetti. Abbiamo loro proposto di cederci dei soggetti o delle uova, attendiamo con fiducia che la stagione della cova si completi e che tra i giovani tacchinotti qualcuno prenda la strada dell’aviario dell’Istituto.

Una risposta positiva c’è quindi alla domanda d’apertura, chissà cos’altro si può scoprire nelle nostre campagne, certo che con l’aiuto di altri simpatizzanti del nostro Progetto è possibile ampliare questa scoperte e avanzare nuove idee per non perdere la poca diversità avicola che ancora esiste e resiste nel nostro territorio.

 

Con i più cordiali saluti.

Gabriele Baldan


 


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