"Turn
and face the strange"
di Timothy White
Crawdaddy, febbraio 1978
Che
scopo può avere un uomo come David Bowie se può vendere l'intero
mondo e perdere la propria mente?…Per sette giorni è piovuto costantemente
a New York. Un cattivo luccichio brillava su ogni assalibile superficie
e sottili, bagnati serpenti di freddo si infilavano in ogni fessura
tra il cemento e l'acciaio, i vestiti e la pelle, il midollo ed
i nervi…Era odioso guardare in su.
Il tempo pessimo non si sarebbe placato, e inevitabilmente nascoste
giunture cominciavano ad emergere e ad aprirsi, emettendo un pus
di frustrazione e violenza. Finalmente, in questa mattinata frizzante
il sole è tornato a splendere nelle fauci di New York. Prendendo
atto del risultato dalla sua elevata suite nell'elegante Mayfair
House a Manhattan, anche un uomo stanco come David Bowie, 31 anni,
deve ammettere che è un cambiamento sorprendente.
"Beh" espira forte, leggendo ad alta voce dalla prima pagina della
edizione pomeridiana del New York Post, "la prima cosa che posso
vedere qui è che 'Due uomini si sono sparati l'un l'altro ed una
donna ha assistito - tutto con lo stesso revolver' - giù nella
metropolitana. Questa è la prima assurda situazione di oggi".
Guarda in su. "Le persone hanno smesso di cercare di fronteggiare
la violenza anni fa, credo".
Raggomitolato su un divano di velluto rosso, Bowie scorre il resto
del giornale con disgustata impazienza, a volte fermandosi per
toccare la piccola croce d'oro che pende alla base del suo collo
sottile. Si alza, muovendosi con grazia spettrale verso una finestra
mezza aperta. Le ombre delle nuvole temporalesche scivolano sulle
fattezze del suo scheletro quando si affaccia nel giallo e nel
grigio. La vista apparentemente lo disturba e torna indietro con
cautela, camminando tra le pieghe dei drappeggi.
"E' sempre stato così semplice, specialmente in questa città,
starsene dietro una finestra, come questa, e guardare le cose
da qui", dice con scherno. "La città è stata costruita per questo.
Se non fossi a terra la tua prospettiva sarebbe sempre a questo
livello, sempre guardando quello che fanno gli altri, qualcosa
che non ha bisogno di essere parte della tua vita, ma che tu osservi.
Non è solo il tempo. Il modo stesso in cui la città è strutturata…
sembra che la violenza diventi il teatro delle strade. Doveva
accadere in America, e adesso è dilagante anche in Europa. Sono
totalmente confuso dalla vita di città e da New York". ….
Nonostante una abbronzatura che sta scomparendo Bowie appare tanto
fragile da infrangersi contro un cuscino. L'assenza della sua
familiare pelle bianca come il gesso, in passato così traslucida
da lasciar vedere il sangue che scorreva al di sotto, è un grande
sollievo. Ancora però il suo sobrio abbigliamento - un pullover
beige dal collo a V e jeans a tubo di stufa - accentua uno dei
fisici più magri del rock. I suoi capelli, tagliati in un pulito
taglio da scolaro, sono passati dalle varie tonalità di rame ad
un innocente biondo chiaro. Eppure, quando la sua stessa agitazione
lo imbarazza, rivelando il suo sorriso stalattitico, e la luce
nella stanza color cuoio e argento colpisce la immobilità da gioiello
della sua pupilla sinistra paralizzata (a causa di una rissa dell'infanzia)
potrebbe essere Tab Hunter [attore americano
degli anni cinquanta, il tipico ragazzo della porta accanto] che
impersona un vampiro.
Ma questi momenti alieni arrivano inaspettati e senza il suo aiuto,
perché non c'è nessuna evidenza di segni esteriori dei temuti
alter ego del passato. Avverto una certa elettricità attorno a
noi crepitare e morire. Solo, sfregando le caviglie nude nel poggiare
le gambe sul tavolino da caffè, il celebrato camaleonte si è trasformato
in una visione comune. Potrebbe essere ingoiato dalla folla. Un
frastagliato, largo sorriso, seguito da una strana, segreta risata.
"Puoi vedere perché sono così", offre, facendo un cenno col capo
verso le tende mosse dal vento, "è il risultato delle cose che
accadono lì fuori. Cosa sta accadendo nel mondo? Pontificazioni
che mi piacerebbe fare, ma hanno così poca validità. Piuttosto
le mescolo in un personaggio. Quando non ho un personaggio con
cui giocare, me ne sto nella totale ignoranza di quello che sta
accadendo intorno a me. Ma non molto tempo fa i miei personaggi
mi hanno assalito". I residui dell'abbronzatura scompaiono dalle
sue guance. "Non c'è da stupirsi che io pensassi di avere causato
irreparabili danni alla mia sanità mentale".
C'erano state per oltre due anni voci in proposito. Alcune scandalose
altre scioccanti, e la maggior parte provenienti dalle lussuose
prigioni di Los Angeles in cui i creativi ma volubili nativi si
nascondono quando le cose diventano…irritanti….omissis ….
David Bowie lasciò il suo appartamento newyorchese e volò a Los
Angeles nella primavera del 1975. Era turbato dalle accese battaglie
legali che accompagnavano la sua rottura con il precedente manager
Tony DeFries e la compagnia MainMan, con base a Manhattan, che
lo aveva originariamente lanciato verso la celebrità, e sentiva
di aver bisogno di un "cambiamento". Una volta a Los Angeles Bowie
si spostò di casa in casa attorno all'area di Hollywood, a volte
presso l'abitazione dell'ex bassista dei Deep Purple, Glenn Hughes,
e poi della sua nuova (sfortunata) scelta come "consulente finanziario",
Michael Lippman, prima di partire per un soggiorno di tre mesi
in Nuovo Messico per girare il discontinuo film di fantascienza
di Nick Roeg L'Uomo Che Cadde Sulla Terra
[The Man Who Fell To Earth, 1976].
Riapparendo poco dopo ai Cherokee Studios di Hollywood per registrare
Station To Station, Bowie era,
per citare Lippman, "in uno stato mentale molto fragile". "Fu
questo che causò la fine del nostro rapporto" Lippman ora lamenta,
sostenendo che Bowie era "facile da ingannare". Quando fu stanco
della sua erratica esistenza, David affittò una casa molto appartata
a Bel Air. Dopo aver conosciuto e rappresentato la star per quattro
anni, Lippman dice che lui e Bowie hanno terminato la loro associazione
appena prima del Natale 1975. "Da allora", ricorda l'avvocato,
"la sola volta che l'ho visto è stato a Parigi (nell'autunno 1976)
quando, secondo me, era indubitabilmente nel suo momento peggiore.
Stava registrando Low ed era emozionalmente
sconvolto".
Lippman rifiuta di discutere le circostanze che accelerarono la
separazione tra lui e Bowie, ma i suoi ricordi degli ultimi giorni
insieme sono al tempo stesso candidi e convincentemente compassionevoli.
"Passavo la maggior parte del mio tempo lavorando con lui nel
mezzo della notte", dice Lippman, "La maggior parte di questi
scambi andarono bene. Ma la settimana prima di Natale mi trovai
nella completa impossibilità di comunicare con lui. Non usciva
dalla casa che aveva affittato a Bel Air. Dalle mie osservazioni
personali lavorava troppo ed era sottoposto ad una fortissima
pressione…ed era incapace di accettare la realtà di certi fatti.
Tutto questo si manifestava nel suo rimanere incomunicabile."
"Viveva nella mia casa durante il periodo di The Man Who Fell
To Earth e di Station To Station e dipingeva molto.
I soggetti dei suoi quadri erano chiari per lui ma per nessun
altro. Lui e mia moglie erano buoni amici ed usavano parlare delle
sue manifestazioni e dei suoi sogni- o incubi- tutto il tempo.
Io mi tenni fuori da questo. Ad un certo punto gli regalammo un
crocifisso d'oro"…. "La nostra separazione giunse come una completa
sorpresa", dice, "(David) può essere molto affascinante ed amichevole
ed allo stesso tempo molto freddo ed egocentrico".
Poiché Lippman è stato coinvolto nel lavoro di Bowie durante la
formazione del personaggio del Thin White Duke come nucleo tematico
di Station To Station, gli riferisco la descrizione datane
dallo stesso Bowie: "un tipo molto ariano, fascista; un tipo 'vorrei
essere romantico' con assolutamente nessuna emozione ma che genera
molto neoromanticismo".
"Questa potrebbe essere la descrizione che Bowie darebbe di se
stesso", Lippman asserisce. "Ci sono momenti in cui lui è quella
persona. Lascia se stesso fare questo - perde la sua personalità
nel personaggio che ha creato. C'è stato un momento in cui ha
sentito che Ziggy Stardust aveva preso il sopravvento su David
Bowie; ed aveva paura che accadesse la stessa cosa con il Thin
White Duke". "David ha parlato con me della follia molte volte",
dice Lippman, "credeva che ci fosse una vena di follia nella sua
famiglia e non voleva che prendesse il sopravvento nella sua vita.
Temeva che da qualche parte dentro di lui si nascondesse quella
follia ereditaria. E questo è assolutamente possibile".
"I miei parenti stretti erano mia madre, mio padre, un fratellastro,
ed una sorellastra che non conoscevo molto bene", Bowie comincia.
"Lei, la mia sorellastra, andò in Egitto e non ho più sentito
niente di lei, o da lei, fino a quando avevo 14 anni"… "So che
la pazzia si è verificata frequentemente nella mia famiglia, causata
probabilmente da brutte esperienze, dalla solitudine, da una congenita
chiusura verso le altre persone. Ogni tanto si presentava qualche
istituto e portava via un membro della famiglia. Tre o quattro
sono stati ospedalizzati. Alcuni sono morti; uno prima di morire
fu trovato che vagava per la strada dopo essere scomparso per
un po' di tempo. C'erano zie che erano così ed il mio fratellastro
Terry, che è ancora in ospedale; è lì da circa 14 anni…". "Io
ho cercato di chiarire le cose per me stesso, per evitarlo", insiste
cautamente. "Penso che se non fossi stato un pittore o un musicista
alcune delle avventure che ho intrapreso mi avrebbero portato
in una posizione simile. Penso che avrei dovuto reprimere molte
delle strane cose a cui penso o che vedo nella mia mente. Questo
è quello che è avvenuto alla mia famiglia, specialmente a mio
fratello. Non mi ha spaventato se non molto tempo dopo. Diventai
molto introverso durante gli ultimi anni di scuola - lasciai a
16 anni. Durante quel periodo occupavo tutto il mio tempo libero
concedendomi tutti i libri che potevo trovare, la maggior parte
raccomandati da mio fratello. Così cominciai a creare un mondo
nella mia mente che potevo popolare con i miei personaggi. Quello
è diventato la radice di ciò che è accaduto dopo".
"Presumo", gli dico, "che sia venuto il momento in cui ti sei
sentito a disagio con i tuoi stessi pensieri".
"La prima volta che mi sono sentito a disagio fu quando lessi La Metamorfosi di Kafka", ricorda con una lugubre risatina.
"Avevo vividi incubi, letterali traduzioni di quello che lui aveva
scritto: di enormi insetti volanti o sdraiati sulla schiena ed
altri sogni raccapriccianti. Vedevo me stesso diventare qualcosa
di irriconoscibile, un mostro. E se hai immaginazione ti colpisce
nel segno e lascia impressioni molto definite, immagini indelebili,
enigmatici piccoli angoli pieni di ombre che ti ossessioneranno
per una vita".
Quando si è accorto che il fratellastro Terry aveva qualcosa
che non andava?
"Quando piangeva molto ad una età in cui ero stato portato a credere
che non è una cosa molto adulta da fare. Quando tornò dal servizio
nella R.A.F. aveva già compiuto 20 anni ed io avevo circa 10 anni,
ed appariva miserevole. Ci era stato detto a scuola che era ultra-intelligente
ed arrivò al punto in cui praticamente vegetava, non parlava,
non leggeva, non faceva nulla. Cominciò a ricevere aiuto psichiatrico
e poi lo perdemmo per alcuni anni. Sparì, e quando lo ritrovammo
era già in un ospedale. Non sono mai stato in grado di arrivare
a lui ed a quello che prova. Suppongo che nessuno abbia…". "Avevo
una natura molto timida ed ero considerato un ragazzo silenzioso.
Quando ero circondato da un certo numero di persone mi sentivo
completamente impedito. E questo mi faceva sentire terribilmente
a disagio, contrariato, frustato per il fatto che non riuscivo
ad essere più aperto. Feci un concreto sforzo andando sul palco
con un sassofono, ed utilizzai innumerevoli altri metodi, provai
di tutto…".
"Spesso ho pensato che cambiassi il tuo aspetto", gli dico,
"perché non ti piaceva il tuo vero aspetto, perché non ti piacevi".
"Oh, quella era una intrinseca parte di tutto questo, certo",
dichiara, "L'idea era, anche, che all'inizio non avevo veramente
il coraggio di cantare le mie canzoni sul palco, e nessun altro
le cantava. Decisi di farle in un'altra identità in modo da non
dovere realmente conoscere l'umiliazione di andare sul palco come
me stesso. E questo diventò ossessivo per me. Continuai ad ideare
personaggi con le loro proprie, complete, personalità ed ambienti.
Li portavo nelle interviste con me. Piuttosto che essere me -
che pensavo essere incredibilmente noioso per chiunque - portavo
con me Ziggy, o Aladdin Sane, o il Thin White Duke. Era una cosa
molto strana da fare".
"Se ti avessi intervistato all'epoca", gli dico, "sarei stato
molto intimorito".
"Io lo ero. Ero spaventato a morte da molti dei miei personaggi,
specialmente quando leggevo di loro. Ziggy ha fatto cose orribili.
Era una combinazione di un archetipo di Prima Donna e di una rock
star messianica. Questo era presente in molti dei miei personaggi
- l'arroganza e uno smisurato ego. Lo lasciavo a loro per assumere
le qualità represse dell'ego che avevo in me, che avrei voluto
produrre nella mia persona reale"…."Due anni fa vivevo a Los Angeles
in un ambiente molto chiuso. Ero totalmente irraggiungibile e
parlavo a getto continuo per ore a due persone che erano o atterrite
o annoiate da quello che dicevo. Non uscivo mai da quella grande
stanza e tutto arrivava a me dall'esterno: cibo, latte e le persone".
"Tu dicesti ad alcune di queste persone che volevi governare
il mondo", gli ricordo.
"Ero assolutamente sincero in quello che pensavo e dicevo all'epoca.
Guardando indietro, molte delle cose che dicevo erano folli borbottii
di una mentalità danneggiata, spezzata. Senza dubbio una persona
frantumata a causa delle esperienze di cui ho parlato, del fatto
che confondevo me stesso con immagini e personaggi che trovavo
a vivere con me - e realmente vedevo nel mio appartamento. Una
combinazione di questo e di un anno e mezzo di uso di droghe veramente
pesanti"… "Ero minacciato dai miei stessi personaggi, li sentivo
venire da me e sorridermi (il suo viso arrossisce in modo maniacale)
dicendo 'Prenderemo il completo controllo su di te'. Pensai, 'Ci
siamo Terry, sto venendo a raggiungerti"…
"Molte delle tue azioni sono paragonabili a quelle di Tommy,
il viaggiatore spaziale tormentato dalla solitudine che hai interpretato
ne L'uomo Che Cadde Sulla Terra".
"E' sorprendentemente simile a quel livello", Bowie concorda,
"l'ambiente era decisamente identico. Dicevo 'stanotte voglio
fare delle sculture'. Ordinavo ogni tipo di materiale, me li portavano
ed io costruivo grandi, incredibili cose nel soggiorno, vicino
al televisore. Questo accadeva a Bel Air, buona vecchia Bel Air….Fu
un amico/a - di cui non voglio fare il nome - a dirmi, alla fine,
che ero andato troppo in là. Non è stata una mia decisione. Ho
messo quella persona in un assoluto inferno per un buon anno e
mezzo; sono sorpreso che sia rimasta per così tanto tempo ed abbia
sopportato tutto lo schifo che davo a tutti. Un giorno d'inverno,
tre giorni prima del Natale 1975, questo amico/a mi mise davanti
ad uno specchio e mi disse 'Guardaci. Se tu continui ad essere
come sei adesso, non mi vedrai mai più. Non vali la pena'".
Scosso, Bowie dice che volò in Giamaica per recuperare, ma riemergendo
nello Station To Station Tour nei panni del Thin White Duke.
"Lui era il più spaventoso di tutti, perché era il risultato di
tutti quegli anni passati a mettere insieme personaggi. Era un
orco per me. Non avevo visto l'Inghilterra per un po' di anni
e quando ci tornai (in tour) trovai che avevo portato con me un
personaggio che era il compendio di ciò che sembrava avrebbe potuto
accadere all'Inghilterra. Vidi il Fronte Nazionale e per me fu
ovvio: c'era un partito nazista in Inghilterra. Se quello che
feci fu una buona cosa o no, non lo so…credo fosse buona . Il
miglior modo di combattere una forza malefica è caricaturarla".
Ma che cosa succede se la forza maligna è dentro se stessi? Importa?
David Bowie non ha una risposta.
"Il Duca è stato l'ultimo personaggio", sospira, "Ho deciso che
dovevo veramente occuparmi di quello che scrivevo. Se intendevo
continuare a scrivere ciò che pensavo stessi scrivendo - cioè
osservazioni descrittive di ogni ambiente in cui mi ero trovato
- avrei dovuto sviluppare un nuovo stile per chiudere fuori quei
personaggi…" "Questo quando decisi che avevo bisogno di aiuto
per farlo. Entrai in contatto con Eno".
Quello che ne risultò fu l'altamente impressionistico album Low,
pubblicato nel gennaio 1977, ed il nuovo album, "Heroes",
più orientato verso la forma-canzone, registrato a Berlino Ovest.
Una terza collaborazione è stata anticipata. Lasciando da parte
le loro altre caratteristiche, in tutte le incarnazioni di Bowie
c'era una modulata vena androgina. Quella dichiarazione pubblica
gli ha causato dolore, non per problemi con la sua auto-consapevolezza
sensuale, ma piuttosto si sentiva limitato da coloro che ancora
si chiedono: era realmente bisessuale?
"Oh si, lo ero", ammette inequivocabilmente, "non lo negherei
mai. Ma per principio non posso combattere per un qualsiasi gruppo
di persone. Non sono una persona da gruppo; non mi piacciono i
gruppi di gay o i gruppi di eterosessuali. Sono sempre stato a
mio agio con le relazioni sessuali, sono stato molto fortunato
in quel senso - non l'ho mai trovato fonte di confusione…" "C'è
una cosa interessante che è avvenuta in relazione alla situazione
bisessuale. Era qualcosa semplicemente parte della mia vita. Sono
lusingato che alcune persone credano che abbia avuto un impatto
salutare. Io, personalmente, l'ho trovato un impaccio perché mi
ci è voluto molto tempo per ottenere che la mia musica fosse ascoltata
nel modo che volevo; il che è spiacevole per un artista, a un
livello molto egoistico…" "La cosa da dire sulla musica che ho
fatto ed i personaggi che ho creato è che la persona con la minore
conoscenza di tutto ciò che ho fatto sono io. Non penso di avere
mai avuto una vera gestione su qualsiasi cosa abbia fatto."
Com'è curioso incontrare qualcuno che onestamente non può spiegare
chi sia. Sto pensando a quello che Bowie ha detto, "il miglior
modo di combattere una forza malvagia" è attraverso la caricatura,
quando noto che sta toccando di nuovo il suo crocifisso. Mi accorgo
che il pendente corrisponde precisamente alla descrizione che
Michael Lippman ha dato del suo regalo.
"Hai sempre indossato un crocifisso?", gli chiedo.
"No", Bowie mormora, "ho cominciato ad indossarlo un paio di anni
fa, più o meno nel periodo di Los Angeles. Mi sono sentito un
po' senza Dio per alcuni anni. Non è una gran cosa, giusto una
convinzione, o chiamiamola la 'forza consueta'. O Dio? Si, sicuro…
E' una relazione tiepida nel migliore dei casi, ma penso che sia
senza dubbio lì. E' diventata parte di un nuovo, positivo stato
mentale che ho nel cercare di ristabilire la mia identità, per
me stesso, per la mia sanità mentale. E per mio figlio…" "E' parte
del venire giù dall'alta montagna della falsificazione", continua,
con emozione. "Sulla via per scendere giù ho acquisito alcuni
attributi realisti per cercare e stabilizzare la mia personalità.
La mia vera personalità".
I suoi occhi si velano e scruta come un ragazzino sperduto.
"Dev'essere ancora da qualche parte dentro di me".