IL COMPUTER IN CLASSE
Progetto per un Istituto Comprensivo
Materna - Elementare - Media








LE NUOVE TENCOLOGIE NELLA DIDATTICA E LE AREE DI APPRENDIMENTO

L’uso delle nuove tecnologie non esclude ovviamente l’uso della didattica e degli strumenti tradizionali di produzione e diffusione del sapere (specie quando il loro impiego è più a portata di mano delle eventuali simulazioni al computer), e la circolazione delle esperienze attraverso la rete telematica, non solo con lo scopo di sprovincializzare, di evitare l'isolamento, di verificare i risultati conseguiti, ma anche, e specialmente, con il fine di costruire una comunità del sapere, che dia un senso collettivo agli sforzi volti all'acquisizione della conoscenza.Le nuove tecnologie sono quindi uno strumento per arrivare là dove i tradizionali mezzi didattici non consentivano di arrivare, se non in tempi lunghissimi, sfruttando nel contempo, il forte impatto motivazionale che il computer e la multimedialità hanno sui ragazzi. La multimedialità va utilizzata non solo per proporre realtà virtuali, ma come strumento utile ad indagare, organizzare e ordinare le esperienze concrete che gli alunni fanno quotidianamente.
Diventa allora essenziale che l'impiego delle Tecnologie Informatiche Multimediali si inserisca in un Progetto didattico definito in base alla concreta situazione in cui l'insegnante opera nella sua classe.



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L’approccio alla multimedialità

L'approccio "filosofico" alla multimedialità trae alimento dalla scelta di accettare la mobilità (dei modi e dei prodotti del conoscere, delle pratiche culturali nonché dei contesti istituzionali e delle risorse strumentali che qualificano tali pratiche) non come eccezione (e tanto meno come aberrazione) ma come condizione naturale della "vita del sapere", come sua forma costitutiva e perennemente costituentesi: ovviamente anche del sapere che funge da oggetto della formazione.
Il primo passo sarà allora la messa in discussione dell'abitudine a concepire l'insegnamento come zona franca, sottratta al rumore e ai movimenti della storia e del mondo. E, ovviamente, questo modo di pensare e di agire non riguarda solo i progetti formativi, ma si inscrive dentro un sistema di interrogazione-interpretazione aperta di quelli che ho chiamato i rumori e i movimenti del mondo.Se può sembrare che il digitale possa rompere l'architettura delle materie, e un bambino che videoscrive compia maggiore attività; in teoria, egli dovrebbe avere dietro di sé docenti di lingua, di tecnologia, di arte, perché esiste un'educazione alla grafica; e anche docenti di musica ,etc..Quindi, il bambino dovrebbe avere, come supporto, un'équipe. Questo è assolutamente impossibile e sarebbe anche sbagliato perché ogni docente, poi, punterebbe l'attenzione sul suo specifico. Il problema è che in questo caso si perdono gli specifici, e si crea una condizione nuova rispetto alla quale l'insegnante deve mettersi in gioco, deve essere insegnante di abilità, di competenze, di conoscenze, di esperienze e meno insegnante di disciplina. La multimedialità non dovrebbe essere confinata tra le attività tecniche o professionali, che si limitano ad insegnare l’utilizzo degli strumenti o dei programmi multimediali, ma dovrebbe diffondersi in tutte le discipline, per riempire di contenuti i materiali didattici realizzati.
Non avrebbe alcun senso attrezzare ogni istituto di "Laboratori" multimediali e magari collegati con Internet nei quali far ruotare gli studenti davanti ai personal computer a compiere lavori avulsi dal resto delle attività scolastiche. È molto più efficace fornire le classi di strumenti tecnologici con cui avviare attività di autentica comunicazione, in cui insegnanti e allievi facciano immediatamente e concretamente i conti con vantaggi, restrizioni e condizionamenti della nuova situazione di accesso e di elaborazione delle informazioni.



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I campi di esperienza

I campi nei quali condurre queste verifiche possono essere molti(videoscrittura nella didattica della scrittura; linguaggio Logo e geometria-topologia; rappresentazioni grafiche e matematizzazioni; strumenti grafici, elaborazione delle immagini digitali e attività tecnico-artistiche; strumenti ipertestuali, multimediali, telematici e abilità di studio etc)L'informatica non può essere considerata come una disciplina autonoma, anche se presuppone l'acquisizione di competenze e abilità specifiche indispensabili per l'utilizzo del computer e dei programmi. L'utilizzo delle tecnologie informatiche multimediali deve costituire un metodo di lavoro trasversale e interno a tutte le discipline del curricolo..
L'informatica e la multimedialità non sono considerate come nuovi oggetti di insegnamento, ma rappresentano un nuovo ambiente in cui ricollocare i percorsi di conoscenza delle varie discipline. In questo senso si tratta finalmente di introdurre e favorire nuove forme di approccio alla conoscenza che fino ad ora non erano possibili. Occorre considerare inoltre che i computer se sono nuove macchine dal punto di vista tecnologico, non rappresentano una novità dal punto di vista culturale: la capacità di collegare in forma reticolare semplici conoscenze, fino ad ottenere strutture complesse ed articolate è da sempre una risorsa naturale della mente umana. Da questo punto di vista le tecnologie informatiche, attraverso le forme ipertestuali tipiche di Internet, permettono operazioni che i testi scritti non erano in grado di svolgere così agevolmente. E' possibile infatti collegare tra loro un numero altissimo di informazioni, è possibile dare origine a strutture molto ampie ed articolate ed inoltre possono essere collegati tra loro tutti i media (immagini, suoni, filmati, testi). E' evidente quindi che vi è una corrispondenza tra le attuali tecnologie di comunicazione e la complessità tipica della "Conoscenza" umana.
Proprio per queste caratteristiche la multimedialità diviene uno strumento utile a realizzare una scuola che non insegni solo ad isolare e separare le varie discipline, ma soprattutto a collegarle ed integrarle fra loro. L'ambiente multimediale dovrebbe divenire gradualmente lo scenario attraverso il quale gli alunni possono riorganizzare le loro esperienze, progettare i loro percorsi di lavoro e di studio, comunicare le loro scoperte.



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La dinamicità dei saperi

Stiamo passando da un regime all'interno del quale l'attività formativa (e più in generale la ricerca culturale a servizio dell'insegnamento) equivaleva alla configurazione e alla conseguente messa in azione di saperi stabili, destinati a costituire lo sfondo immobile per le future attività lavorative dell'individuo destinatario di tale azione, a un regime dentro il quale la conoscenza e le dinamiche che le sono proprie assumono un ruolo di primissimo piano in tutte le attività dell'individuo, presenti e future, produttive e no. E' anche per questa ragione che ci si trova a far riferimento a saperi mobili, in costante trasformazione, e si assiste al venir meno della possibilità di rappresentarseli come "configurazioni": la stessa metafora della "figura" risulta impraticabile, se si vuol dar conto di un sapere in movimento, e meglio sarebbe adottare quella del "campo di forze" o addirittura una che lo avvicini ai dispositivi di un "organismo vivente". C'è un prima e un dopo, riguardo questa tematica. Prima la funzione del sapere era quella di assicurare la stabilità dell'edificio culturale dell'individuo. Ora è di rendere l'individuo sensibile a ogni forma di trasformazione. Se prima, per impossessarsi delle conoscenze, egli doveva contemplarle e poi riprodurle nella sua tipografia mentale, oggi, per farle sue, deve imparare a intenderle e praticarle come operazioni, all'interno del suo computer mentale.Questo "dopo" è già in atto nei comportamenti culturali di molti, ma gli manca ancora una piena legittimazione epistemologica. Noi tutti agiamo in un modo, ma il più delle volte pensiamo in un altro. Ecco perché, improvvisamente, tante aree della nostra esperienza ci sono diventate opache: la politica, ovviamente, ma anche l'etica, per non dire di cose apparentemente più vicine, come le pratiche affettive o quelle relazionali, e anche le pratiche del consumo di merci. Occorre dunque un quadro di consapevolezza e di interpretazione che sia all'altezza di questi nuovi comportamenti. E la formazione può agire come terreno di frontiera, come avamposto epistemologico per un siffatto impegno teoretico, sempre che si sappia vedere nell'azione dei media e nelle tecnologie (che tanta parte hanno nell'affermarsi di tali pratiche) non già un'aberrazione - lo ripeto - bensì la costituzione di un intreccio di ambiti (o di oggetti) virtuali che già stiamo abitando, e la cui interpretazione postula quello sforzo di ulteriore attivazione e di serena discussione che soltanto la messa in campo degli strumenti di una nuova coscienza è in grado di garantire. Detto in modo più brutale: non possiamo dar conto del Novecento con l'epistemologia dell'Ottocento. E ancora: i media attivano e allo stesso tempo postulano epistemologie diverse da quelle ereditate dal secolo scorso (e che continuano a dare fondamento alle pratiche culturali della scuola).E' dunque necessario, a questo proposito, fare i conti con la tendenza a interpretare i prodotti del sapere come "cose" dotate di fisicità e pertanto analizzabili, scomponibili, riducibili e regole impersonali. Questa filosofia, che potremmo chiamare "classica", è coerente con l'equiparazione tra sapere e scrittura, tra cultura e libro. Niente di male, nel fatto che questa equiparazione ancora circoli. Il problema sta piuttosto nel fatto che le dinamiche del mondo, della conoscenza, dello scambio comunicativo tra gli esseri umani di questo secolo hanno mostrato i limiti di un tale assunto. Tanto sapere, tanta conoscenza, tanta esperienza passa oggi per vie diverse da quelle assicurate dalla circolazione della scrittura e si deposita dentro ciascuno di noi in base a meccanismi assai diversi da quelli classici del "trasferimento di scrittura". Il che equivale a riconoscere che i media pensano comunque dentro di noi, e ci orientano ad agire in modi differenti da quelli previsti e grammaticalizzati dalla razionalità scritturale: sono i modi della reticolarità, del connessionismo, del costruzionismo, sono le forme proprie di una conoscenza intesa come immersione, condivisione, scambio, interazione. Non è più possibile configurare il sapere come un testo, o "cosa". Esso si presenta, fuori e dentro di noi, sempre meno come una struttura "data" di elementi fissi, e sempre più come uno spazio a enne dimensioni, un conglomerato fluido che opera come agente di intermediazione tra individui a un tempo eguali e diversi. La conoscenza, allo stato attuale, vive di questa diversità e nello stesso tempo di questa unitarietà, vive delle logiche del patto e della convenzione, si accresce per effetto delle dinamiche dello scambio. Più che come una cosa fisica agisce come un "ambiente simbolico", un intermediario di regole, concetti, pratiche, linguaggi che a sua volta genera regole, concetti, pratiche, linguaggi.L'esigenza di dar conto di conoscenze sempre più plurali, fluide, deterritorializzate rispetto alla tradizionale rappresentazione di ciascun sapere come area unitaria, fortemente strutturata e centralizzata (come un territorio fisico, appunto), trova un ulteriore elemento di giustificazione nella presa di coscienza di quanto le discipline direttamente coinvolte sui temi della coscienza (psicologia, psichiatria, psicoanalisi) siano andate, negli ultimi tempi, prendendo le distanze da un'idea del sé come struttura univoca e centralizzata; di come, insomma, si sia affermata, sulle ceneri di un concetto unidimensionale di identità, un'idea di "soggetto plurale", dentro al quale albergano personalità plurime.Sull'affermarsi di questo fenomeno (che non coinvolge soltanto la ricerca scientifica ma anche la sfera dei comportamenti e degli scambi quotidiani) i media svolgono un ruolo determinante, non come fattore causale ma come agente di condizionamento: sarebbe riduttivo, infatti, sostenere che la moltiplicazione degli spazi discorsivi (ma anche percettivi, descrittivi, argomentativi) attivata dalle tecnologie abbia prodotto la rottura di quello schema unitario che tradizionalmente assicurava la circolazione e l'uso dell'idea di personalità, mentre è più opportuno cogliere nell'azione delle macchine la costituzione di una serie di possibilità, all'interno delle quali diventa legittima una visione aperta dello spazio psichico individuale.
«In ordine all'organizzazione dei contenuti della formazione scolastica, si apre "una dialettica" tra un'impostazione curricolare, affidata alla solidità dei quadri disciplinari di base (gli elementi istituzionali delle materie d'insegnamento), e una visione di tipo "reticolare", orientata a individuare criteri più mobili di aggregazione delle future conoscenze e competenze dei giovani». «La scuola è l'unica sede in cui si presentano in forma ordinata e relativamente completa le "istituzioni" dei vari saperi, diversamente da quanto accade per le informazioni più o meno occasionali e scoordinate che vengono fornite da altre sedi. Ma questo stesso "disordine", che è proprio della società dell'informazione, agisce come specchio e generatore di una costante revisione dei quadri istituzionali delle conoscenze. La scuola non può assistere inerte a questo fenomeno. Le si potrà chiedere di darsi un assetto culturale all'interno del quale la dimensione disciplinare e quella reticolare (dei saperi trasversali e dei collegamenti fra le diverse aree) costituiscano i poli di un campo di tensioni costruttive, sostenute da un costante impegno di ricerca e di proposizione».



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La didattica con il computer

L’introduzione delle nuove tecnologie all’interno delle classi scolastiche è dovuta in gran parte al riconoscimento del valore formativo di quelle funzioni che consentono di sviluppare, esercitare, potenziare molteplici capacità degli allievi. Troppo spesso,però, il bambino e il ragazzo, "individui intrinsecamente multimediali", vivono la loro simbiosi con le nuove macchine e i nuovi linguaggi al di fuori dalla scuola, in alcuni casi contro di essa. Quella che sta crescendo è una generazione nata tra i media digitali e i collegamenti in rete. La Net Generation tra non molto imporrà la sua cultura al resto della società, ma né i genitori né gli insegnanti capiscono cosa fanno i loro figli nel cyberspazio. L’uso di strumenti concepiti per sostenere il bisogno comunicativo della comunità scientifica (E-mail, Mailing-List, Web, Chat, Newsgroup) determina un forte aumento delle collaborazioni a distanza e riduce gli ostacoli geografici e le diversità culturali consentendo a studenti e insegnanti di entrare in contatto con esperti, docenti universitari, tecnici specializzati, ma anche con altri studenti e insegnanti con i quali nella maggior parte dei casi non sarebbero mai entrati in contatto. In questo modo scuola e mondo del lavoro possono attuare un proficuo interscambio prendendo nel contempo coscienza dello scarso aggiornamento della programmazione didattica. Questo da un lato spinge gli insegnanti a integrare le lezioni con riferimenti concreti estranei alla tradizionale sfera d’interesse della scuola e d’altro canto offre agli studenti l’opportunità di imparare a cercare informazioni e la soddisfazione di vedere i propri lavori diffusi in un circuito mondiale.Il docente conserva il compito insostituibile di adattare i programmi didattici alle necessità del singolo, di motivare gli studenti, di rispondere alle domande individuali, di fornire le conclusioni più aggiornate o alternative, di correggere le interpretazioni scorrette, di suggerire le tecniche di identificazione e trattamento dell’informazione pertinente, in una disponibilità sempre crescente di informazioni multimediali. Il docente, in un sistema di apprendimento basato sui media, deve inoltre puntare a far nascere e rafforzare negli allievi comportamenti maturi e adeguati alla scelta dei materiali, maggiori competenze nell’autodefinizione dei bisogni, nella selezione delle alternative offerte, nella ricerca della qualità nell’apprendimento.Si tratta di un passaggio delicato, perché molte delle innovazioni apportate dall’introduzione delle nuove tecnologie in classe, in particolare quelle che tentano di ricreare elettronicamente ambienti e universi percettivo-motori, contrastano, per la loro stessa costituzione, contro l’essenza dell’organizzazione scolastica tradizionale.
A scuola la multimedialità e le nuove tecnologie didattiche in genere possono essere sfruttate in due direzioni: per la fruizione di materiali preconfezionati oppure con il coinvolgimento diretto di insegnanti e allievi nella preparazione di percorsi di ricerca e moduli didattici. Nel primo caso la risorsa assume le vesti di "libro attivo". Nel secondo l'allievo diviene autentico protagonista dell'apprendere, alla presenza del docente nel ruolo di facilitatore.Qui sta del resto il senso profondo della relazione allievo-insegnante: il sapere non deriva tanto dalla manipolazione formale delle rappresentazioni mentali di un mondo oggettivo, quanto piuttosto dalla partecipazione attiva all’interno di interazioni comunicative. L’apprendimento non è un processo individuale: le tecnologie che portano a lavorare in gruppo, a costruire insieme, sono le più vicine all’attitudine naturale all’apprendere. L’attività didattica mediata da tecnologie e volta alla realizzazione di un prodotto costituisce un grosso stimolo all’apprendimento: l’allievo ha di fronte a sé un compito impegnativo che lo coinvolge assieme a coetanei e adulti. Dover costruire un ipertesto, ad esempio, implica innanzitutto una riflessione sulle relazioni esistenti tra i concetti prima della effettiva ricerca e sistemazione dei contenuti.
L’importanza delle forme di interazione tra studenti, e fra studenti e docenti, ai fini del raggiungimento di specifiche finalità didattiche, è stata evidenziata dal costruttivismo: molte ricerche hanno dimostrato che l’apprendimento mostra un netto miglioramento in situazioni di lavoro cooperativo rispetto a quello competitivo o individuale. Le interazioni di tipo cooperativo non solo determinano e rafforzano lo sviluppo del senso sociale, ma hanno anche un forte impatto sui processi cognitivi e metacognitivi, sulla motivazione all’apprendimento e sulla stessa autostima. In sostanza lo sforzo cooperativo si traduce in un massiccio impiego di strategie di ragionamento di alto livello.«Alla valorizzazione della componente operativa può fornire un contributo essenziale il ripensamento critico della tecnica e delle sue dimensioni culturali, che sarà da porre anche in rapporto allo sviluppo delle capacità di progettazione autonoma e di autoregolazione dell'azione. Le nuove tecnologie dell'informazione hanno in questo senso un valore paradigmatico, dal momento che coniugano in modo visibile la componente materiale costituita dall'hardware, fondamentale per svolgere le funzioni che loro competono, con la componente simbolica del software, che determina le operazioni che vengono effettuate e dà loro senso. Oggi le tecnologie della comunicazione e dell'informazione sono sempre più frequentemente usate per operazioni e processi (gestione degli imprevisti, valutazione dei malfunzionamenti delle procedure e ridisegno delle stesse, supporto reciproco tra gli esecutori per risolvere conflitti, equivoci, incomprensioni) che trascendono l'esecuzione di una sequenza di operazioni fissata. Ne emerge così la componente creativa e la possibilità che esse forniscono di potenziare le capacità umane, sia sul piano delle nuove azioni sia sul piano dell'arricchimento degli spazi di vita».

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