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Anffas Bologna: il futuro sarà sempre più Dolce?

Parte prima: la consapevolezza della negazione: quando non conviene affrontare la realtà.

In un paio di mesi ci saremmo giocati praticamente tutto: l’appalto di Via Longo, la credibilità, ipotesi serie di rilancio, iniziative sindacali, stabilità. L’appalto del centro Anna Chiodini era un test facile, un appuntamento di routine nel sentire comune, quasi un superfluo mezzo burocratico per legittimare una continuità che anche solo nel nome sembrava assegnata di diritto, una passeggiata, per come era impostato. Eppure, eppure …

A volte il potere autoreferenziale estingue se stesso.

A dato acquisito, cioè ad esclusione avvenuta per vizio di forma, cioè per aver segnalato l’offerta economica laddove non aveva motivo di sussistere, dove, esplicitamente, non andava assolutamente fatto, si è messo in moto un meccanismo di supporto, di autoregolazione che andrebbe analizzato e sfruttato per orientarsi nelle province di distacco delle consuetudini associative.

A volte il potere non può assolvere se stesso.

La necessità di rammentarsi la storia o se vogliamo, le tante storie che hanno accompagnato la trasformazione, per chi può averla avvertita, è un atto dovuto verso tutti quegli attori che consapevolmente o no ne hanno preso parte.

Cambiamento del cambiamento

La presa di distanza dalle regole, le convenienze, le beghe e quindi le cause a livello locale dell’impossibilità di gestire comincia con il famoso accordo dell’estate del 2001, dove, oltre al riassorbimento dell’ad personam (e ad una reintegrazione salariale dopo sei mesi con l’adeguamento contrattuale) si stabilisce una partecipazione attiva e di garanzia delle RSU che hanno accesso ai dati di bilancio, alla fase di riorganizzazione e diventano soggetto attivo nelle trattative con la dirigenza romana. Questo dato ha permesso di continuare dopo l’accordo, a valorizzare quell’interessamento che ha portato a coinvolgere il presidente nazionale Speziali a più riprese nella realtà Bolognese: le analisi Romane sui motivi della crisi, cioè l’iniziale convinzione che l’incidenza del costo del lavoro era insostenibile, sono state in seguito sostituite con la lettura reale della situazione: una incapacità gestionale, dovuta a scarsa consapevolezza manageriale, e, come saggiamente disse un revisore dei conti in trattativa, al fatto che i genitori dirigenti ragionavano “col cuore” e non con la testa. Comunque agli inizi del 2002 fu presentato a Roma, con una mossa non si sa quanto studiata, un bilancio in forte passivo, che è stata la molla che ha messo in moto quel meccanismo che portò prima alla gestione transitoria tramite fiduciario ( Dott. Andreoli) e poi, dall’otto marzo 2002, alla nomina della procuratrice attuale.

Apprendere dalle motivazioni

Nasce nel frattempo la nuova associazione Anffas bolognese, priva di un reale potere, ancora carica di connotazioni negative nei riguardi di qualsiasi gestione e che, sia per scelta propria, come deliberato in assemblea, sia per una reale mancanza di spazio, non è stata più chiamata a gestire. Pensiamo che comunque va riconosciuto ai soci bolognesi, al di là delle reali e incontestabili responsabilità collettive nella crisi prodotta, un impegno nelle singolarità che ha visto uno sforzo costante nella tutela di un’idea dei servizi che non ha paragoni con il resto dei soggetti sul mercato: l’assistenza ai disabili non è una merce, non una carità e in pieno delirio liberista non è stato solo il lavoro contro gli appalti al massimo ribasso ma la testimonianza che si può operare diversamente e che modi di agire e di intervento che mettono come bene supremo la centralità dei bisogni può essere un terreno comune per aprire quel confronto anche interno di cui, al momento, abbiamo assolutamente bisogno. E su questo Procura e soci sembrerebbero in sintonia.

Anffas, futuro in costruzione

La gestione delle conseguenze dell’esclusione dall’appalto in Via Longo è stato un esempio di come, da un lato, si è rimasti legati ad una visione monolitica e artistica della centralità Anffas, ma dall’altro, e questo grazie ad un lavoro che forse sarà apprezzato solo in un clima di serenità futura, si sono aperti scenari che, se opportunamente sfruttati, dovrebbero mettere in moto le risorse necessarie per arrivare alla formulazione della “Cosa” Anffas Bolognese. L’assunzione piena di responsabilità della dirigenza che ha portato ad esplorare scenari nuovi anche con quei soggetti della cooperazione fino ad ieri invisi, e a ragione, ha comunque aperto la strada a modalità potenzialmente non competitive, a tutto futuro vantaggio sia degli utenti, che, una volta tanto, anche per i lavoratori.
Queste considerazioni ci portano ad una amara conseguenza: le cose come le conosciamo noi non esisteranno più. Ma allora, cosa ci sarà?

Anffas, futuro cercasi

Interrogata indirettamente sulle cause del progressivo restringimento dell’influenza nei servizi dell’ Anffas,nonostante mesi e mesi di lavoro di pubbliche relazioni, la Procuratrice forniva una sua peculiare interpretazione delle cause, attribuendo la responsabilità della situazione ad una guerra di infrastrutture (soggetti di mercato) a danno di una sovrastruttura (Regione, Comune, servizi) che ha perso il controllo, e i mezzi usati, gli appalti, sono solo una “perdita di umanità in un mare di indifferenza”.
L’impoverimento e l’imbarbarimento commerciale che ha portato il soggetto concorrente meglio presente sul mercato, grazie ad una mirata campagna acquisti e ad una spregiudicata politica dei prezzi a diventare holding, ha visto nello specifico Anffas le mille ragioni di identità a sottomettersi alle avversità e a raggiungere comunque un accordo: cosa chiesta e ottenuta, con il corollario di beffa di un supporto confederale sostanzialmente non necessario e comunque non concordato coi lavoratori.

La Chiave

Si tratterà ora, in definitiva, di decidere, se riusciremo a farlo, e anche se non sarà facile, stabilire se tutto ciò è un bene o un male.
E’ meglio rimanere ancorati ad una tradizione consolidata ma ingestibile, con il rischio imminente di una progressiva sclerotizzazione e fallimento o tentare nuove strade, anche pena un eventuale impoverimento di identità, dove comunque trovare in nuove ipotesi gestionali lo sbocco per una rinnovata competenza aziendale nella gestione?



Giuseppe Ferricelli
 
 
 
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