Raccolta Web
 

Lo scempio della ragione, ...
odi e regime a spasso nel web
 
 
A quando la giornata della memoria per le centinaia di migliaia di persone
deportate e sterminate dall'Italia fascista prima e durante la seconda guerra mondiale?
Centinaia di migliaia di uomini,donne e bambini sterminati e fatti morire di fame nei lagher ITALIANI!
250.000 MORTI solo nella ex Jugoslavia.700.000 morti in Nord Africa.
Informatevi,chiedete e studiate questa storia nascosta e cancellata !!!
Usate Google o altri.Inserite parole come "fascisti shorturl" o "criminidiguerra" o "supereva bravagente"
o "pulizia etnica all'italiana" .
L'Italia non ha MAI chiesto scusa per tutto questo!
Rimarrete inorriditi di che cosa erano capaci i "soldati" Italiani!
Buona giornata!
"Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà
lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le
Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani".
Benito Mussolini, 1920
 
 
La deriva delle Ragioni
Il lavoro di cura nel terzo millennio


Venerdì 28 giugno 2002
Ore 20 presso la sala Ex Cavallazzi
Via della Torretta 12/3



Programma:


Ore 20.00 Inizio lavori. Presentazione

Ore 20.15 “L’operaio di cura”, il chi è e il chi vive nelle trincee del disagio

Ore 20.40 Burnout, tra progetti idealizzati e cocenti delusioni: Una ricerca sul campo!

Ore 21.00 “Odio minore”, ovvero l’altro mobbing

Ore 21.20 “Fate pure le vostre leggi”, l’aspetto normativo e la coscienza del declino

Ore 21.40 Dibattito: il pieno e il vuoto: “la figura generalizzata” del lavoro nel “No profit”

Ore 22.30 Buffet per tutti e a seguire ….



“Grande festa Lia Anffas
 
Scienza assassina: un caso storico.
Di Paolo Cortesi

Nel maggio del 1985, tutti i grandi quotidiani italiani pubblicarono una notizia che, pur essendo sconvolgente, non ebbe il risalto che invece meritava.
Ecco di che si trattò.
Barton Bernstein, docente di storia della Stanford University, durante le ricerche sulla storia della bomba atomica condotte presso gli archivi della Library of Congress da poco resi pubblici, aveva scoperto una lettera di Oppenheimer a Fermi, datata 25 maggio 1943, nella quale si discuteva la possibilità di contaminare con radiazioni il cibo destinato ai nemici (a quel tempo erano tedeschi, italiani e giapponesi).
Dalla lettera si deduce che il piano venne ideato e proposto da Enrico Fermi, e Oppenheimer - dopo avere esaminato i problemi tecnici che ne ostacolavano la realizzazione - suggeriva di rinviare l'operazione e così concludeva:
"Raccomanderei di ritardare, se possibile. In questo contesto, penso che non dovremmo tentare l'attuazione del piano a meno che non siamo in grado di contaminare cibo sufficiente a uccidere mezzo milione di persone" (testuale: In this connection I think that we should not attempt a plan unless we can poison food sufficient to kill half a million men)
Lo stronzio 90 era l'elemento che avevano pensato di impiegare per lo sterminio, in quanto lo stronzio appears to offer the highest promises (: appare offrire le migliori promesse); ottenuto come sottoprodotto della fissione nucleare, lo stronzio 90 era economico e, somministrandolo alle popolazioni nemiche, si risolveva anche il problema di dove sistemare le scorie radioattive: era la classica situazione in cui si prendevano due piccioni con una fava.
La reazione più frequente che si ebbe in Italia a questa drammatica rivelazione storica fu emblematica: in prima battuta, si mise in dubbio la veridicità della lettera.
Quindi si trovò una giustificazione per Fermi adducendo le esigenze di guerra, il terrore causato dal nazismo, la voglia di porre fine ad un tremendo conflitto anche con mezzi a dir poco drastici.
Significativo il titolo, ad esempio, di un articolo di Salvo d'Agostino: "Quella lettera forse è scandalismo".
Ammettiamo pure che i quotidiani mercanteggino anche lo scandalismo (in fondo, è così che si vendono meglio….), ma perché la prima reazione è stata di copertura?
Enrico Fermi è da tempo entrato nell'Olimpo dei Grandi Italiani, e lo venerano anche coloro che non hanno letto una sillaba dei suoi lavori e non comprendono una sua mezza formula.
Fermi è ormai un santino: la sua fronte spaziosa, gli occhietti allegri e penetranti, il suo sorriso bonario sono ormai fissati nell'inconscio popolare come certe figurine stereotipe, Babbo Natale o Robin Hood.
Per questo, fa paura, anzi suscita vero raccapriccio scoprire che la mente di questo omino mite e simpatico ideò, elaborò, propose un piano per sterminare milioni di nemici: intere popolazioni, e non solo soldati in guerra, perché un sacco di farina contaminata con stronzio 90 non è destinato solo e sempre alla caserma, ma può esserlo anche ai mercati, agli ospedali, agli orfanotrofi, agli ospizi…
Fermi, i cui altissimi meriti scientifici sono fuori discussione, fu uno dei massimi artefici del Progetto Manhattan, che si concluse con la detonazione di due ordigni atomici che uccisero all'istante decine di migliaia di cittadini giapponesi.
La scoperta che Fermi avesse anche cercato di realizzare una sorta di "sterminio alimentare" fa accapponare la pelle, e sfregia l'iconografia ormai consolidata del geniale scienziato che festeggia parcamente, con un fiasco di Chianti, la scoperta della fissione dell'atomo.
Ma, a parte la mitologia da rotocalco, tutto questo non stupisce; può creare orrore, ma non sorpresa.
Perché Fermi è stato uno dei grandi padri della tecnocrazia del XX secolo, la quale ha scisso decisamente la pratica dalla morale: poter fare una cosa (mostruosa quanto una bomba H, la clonazione umana, le manipolazioni genetiche, le bombe batteriologiche ecc.ecc.) è già di per sé un risultato positivo, quindi accettabile.
Ogni moratoria, ogni sospensione del giudizio, ogni limitazione morale sono immediatamente rifiutate come oscurantismo; ma troppo spesso questa vantata libertà di ricerca non è che l'alibi per multinazionali voraci, per ricercatori mercenari e senza coscienza.
Ogni istanza morale, semmai, sarà lasciata (e forse con un pochino di sufficienza) ai professori di etica, agli scrittori, magari ad un attore, agli ospiti di qualche talk show. E, ovviamente, non avrà alcun effetto reale.
Troppo presto abbiamo dimenticato che la scienza della seconda metà del XX secolo - madre della nostra sedicente civiltà - è nata per opera di una levatrice chiamata Seconda Guerra Mondiale.
Non dobbiamo dimenticare mai che le vantate conquiste della tecnologia sono state, quasi tutte, prima segreti militari: dal radar al viaggio sulla luna, dalla penicillina alla energia atomica.
Convinto della sua onnipotenza sulla terra, il tecnocrate ritiene di poter intervenire su realtà infinitamente più grandi di lui; questo ha terribili conseguenze sul senso morale di queste persone, che non si ritengono più uomini come gli altri, ma uomini che valgono più di ogni altro.
La tracotanza era la più grave colpa nel mondo della Grecia classica; oggi è diventata l'atteggiamento usuale dei tecnocrati.
La follia arriva al punto di voler decidere come dare la morte a milioni di proprio simili con mezzi rapidi, efficaci, poco costosi.
In questo caso Fermi, dunque, è la metafora della tecnocrazia.
Fermi è il nome (ma potrebbe essere stato quello di cento altri…) di un uomo che in un tiepido e luminoso giorno di primavera del 1943, si mise alla scrivania e abbozzò su un foglio di carta alcune modalità per togliere la vita e centinaia di migliaia di esseri umani.
E quell'uomo, quella stessa notte, riuscì a dormire d'un sonno profondo.
Paolo Cortesi
 
 
PERCEZIONE DEL PRESENTE
di Paolo Cortesi
Domanda ai lettori: come percepite il presente?
Ora, infatti, pare che la percezione sia un fattore decisivo per gli studi sociali: quando vado a fare la spesa – mi dicono gli esperti – io vedo lucciole per lanterne, perché percepisco l’inflazione assai più consistente di quanto sia in realtà. Insomma, rispetto ad un paio d’anni fa, io mi sveno a fare la spesa e fatico ad arrivare al fatidico giorno di paga, ma tutto questo è una allucinazione, una mia bizzarra e falsa percezione: in verità – mi assicurano gli esperti – non si spende poi tanto più di una volta, anzi…
Misteri della statistica e dell’economia, che riescono a rendere discutibili e incerti perfino i numeri, i soldini, le cifre!
Applichiamo questo fantomatico parametro alla conoscenza del nostro presente, e vi ripeto la domanda: come percepite il nostro tempo?
Un periodo di pace e prosperità? Un’epoca travagliata ma vitale? Una stimolante avventura? Una impegnativa scommessa? Un desolante deserto di idee? L’atroce trionfo dell’ingiustizia e della prevaricazione elevate a ideologia? Una stagione di passaggio che, pur accidentata, è gravida di promesse e di sviluppi?
Ecco: queste, e decine di altre, possono essere le risposte alla cruciale domanda: come percepite il presente?…
E non è un interrogativo ozioso, nel tempo in cui l’apparenza conta più di ogni sostanza e la propaganda è diventata la sola anima della politica.
Forse, la risposta che può comprenderle tutte è: confusione. Forse, il comune denominatore di tutto il carosello (prima, avevo scritto caos) mondiale è il disorientamento, lo smarrimento, anzi la cancellazione di chiarezza, ove chiarezza è sinonimo di onestà, e la parola onestà richiama il concetto di morale, ovvero di pietas: riconoscere che ogni essere umano ha una dignità insopprimibile e che la sofferenza di ogni uomo è una macchia per l’intera umanità.
Questa confusione è voluta, allestita e mantenuta, anzi costantemente aumentata, dalle oligarchie capitalistiche che possiedono la terra, poiché questa confusione è funzionale alla conservazione della loro supremazia.
Parole grosse? Allora vediamo di uscire dai massimi sistemi per calarci in un esempio chiaro e attualissimo: la occupazione dell’Iraq da parte statunitense. È un grandioso, eccellente, recentissimo esempio di confusione globale.
Magari non era propriamente necessario il genio strategico di Napoleone per prevedere (o almeno temere) che la occupazione militare dell’Iraq non sarebbe stata la soluzione perfetta e definitiva ai problemi del Medio Oriente.
Magari si poteva immaginare che una dittatura che ha sempre coccolato l’esercito come suo baluardo e sostegno aveva creato una classe sociale di militari che a fatica si sarebbero rassegnati a non contare più nulla e a passare di mano, presto e volentieri, prerogative, potere e soldi.
Insomma, se Bush padre aveva accuratamente evitato di invadere l’Iraq in occasione della vittoriosa campagna condotta da una grande compatta coalizione, se il vecchio Bush si è fermato fuori di Baghdad qualche buon motivo l’avrà avuto, e sarebbe stato utile che di questo avesse parlato col suo scalpitante figliolo.
Senza contare, infine, che l’invasione anglo-americana dell’Iraq ha, ovviamente, scatenato la furia di quelli che chiamiamo fondamentalisti islamici.
Se cervelli plurilaureati, con vaste e prestigiose carriere alle spalle e più luminosi destini all’orizzonte, se il fior fiore dell’amministrazione Bush jr. ha deciso questo pandemonio, devo escludere che si sia trattato di un semplice tentativo, del tipo: “ora andiamo là, poi si vedrà…”
Da bravo cittadino, educato al religioso ascolto delle agenzie stampa “ufficiali”, devo confidare che i grandi capi delle potenti nazioni abbiano un chiaro disegno in mente, forse così raffinato che mi sfugge.
Eppure, io sento solo minacce strillate, digrignare di denti, giuramenti solenni di implacabile vendetta; tutto il repertorio della “filosofia” alla Rambo è stato dispiegato: dal “non ci faremo intimidire” a “non ce ne andremo finché non avremo finito il nostro lavoro”.
Qualche mese fa, la nobilissima missione che conduceva gli anglo-americani in Iraq era “Saddam è una minaccia per l’umanità con le sue armi di distruzione di massa”.
Che Saddam sia una figura ripugnante è certo, ma è ancora più certo che le armi apocalittiche non c’erano né c’erano mai state. Ed è ormai noto a tutti che i dossier che “provavano” l’armamento proibito dell’Iraq erano falsi.
Allora? Allora, ecco il gelido, lucido, agghiacciante disegno degli Usa: creare e diffondere confusione; gettare il mondo deliberatamente, tranquillamente nella confusione e nell’incertezza, scardinare gli equilibri, ballare il tip tap in un terreno minato, stuzzicare il cane che dormiva, anzi azzannarlo.
La scelta militare, infatti, è proprio questo: scegliere l’evitabile, percorrere la strada più accidentata, fare della morte un ideogramma che, alla fine, si spera venga letto “vittoria”.
Creare e diffondere confusione, affinché non vi sia più la certezza di chi è amico o nemico, e solo il leader indiscusso, il Capo dei Capi, possa additare alle folle il Grande Nemico: oggi è Osama Bin Laden; domani chi sarà?
Creare, diffondere e mantenere confusione: così che la gente creda alle verità “ufficiali” perché non saprebbe a cosa credere, anzi non potrebbe neppure comprendere cosa accade; così che si possano stilare elenchi di buoni e cattivi; così che la sola interpretazione vera e buona del marasma sia quello del Grande Capo.
Creare, diffondere, esasperare la confusione, così che le masse tremino e gioiscano a comando, odino ed esultino, pensino o non pensino.
Sgomenta assistere ad un ritorno, senza perplessità, al più bieco militarismo; fatte le necessarie differenze, sembra di rivivere l’epoca del colonialismo, in cui i bianchi affrontavano orde di selvaggi confidando nella superiorità tecnica dei loro fucili e cannoni.
Tuttavia, le teorie dei cervelloni plurilaureati possono essere sofisticatissime e affascinanti, possono essere veri capolavori di politica a tavolino e soddisfare mille parametri: troppo spesso il loro risultato è la morte.
E chi soffre e muore non è mai il genio che ha elaborato il piano d’azione.
Terrorismo svelato: Al-Qaeda: la più grande alleata del governo americano?
di Rizvan Anwar, UK
traduzione di www.comedonchisciotte.net
Da www.wwviews.com
Devo subito dire che io non sono un teorico della cospirazione. Non credo
che la Russia sia coinvolta nell'assassinio di JFK, o che nell'Area 51 vi
siano alieni. Sono una persona razionale che pensa logicamente. Così fatemi
pensare in modo logico ai recenti avvenimenti.
Il 20 novembre 2003 a Londra era prevista una grande manifestazione contro
la visita di Bush. Nei media si leggeva che si sarebbe trattato della più
imponente manifestazione mai vista contro un capo di stato. E invece Bush
era tranquillo. Sorrideva quando gli domandavano della manifestazione.
Rispondeva che non gliene importava proprio niente. E io non riuscivo a
capire perchè. A quest'uomo veniva detto che era l'essere più odiato al
mondo e lui non se ne preoccupava. Quasi che lui "sapesse" qualcosa che gli
altri non conoscevano.
Le notizie sullo scandalo sessuale di Michael Jacksons venivano sulla
copertina dei giornali dopo le previste proteste a Londra, che avrebbero
contemplato anche l'abbattimento di una statua di Bush, alla stregua di
quello che era accaduto a quella di Saddam a Baghdad.
E io pensavo che niente avrebbe potuto distogliere l'attenzione dei media
mondiali dalle proteste dei londinesi. La calma di Bush mi innervosiva. Essa
non era per niente logica.
Il 20 novembre mi svegliai aspettandomi di trovare le notizie delle
proteste. Ma non fu così. Qualcuno aveva colpito il consolato britannico e
la banca HSBC di Istanbul.
Alle 09:10 il primo attentato alla HSBC, e 2 minuti dopo il secondo. Alle
09:18, agenzie di news affermavano che 'Al-Qaeda ha colpito il consolato
britannico'.
Non riuscivo a capire. Guardavo la Tv per capire come era possibile che in
soli 6 minuti si sapesse già che era stata al Qaeda. Cercai e ricercai ma
tutto quello che venni a scoprire è che gli attentati portavano il "marchio
di al Qaeda". E mi dimando ancora cosa sia il "marchio" di al Qaeda.
Dissi per scherzo ad un amico che presto sarebbe arrivata una e-mail di
rivendicazione dell'attentato da parte di al Qaeda a qualche giornale arabo.
La sera, un giornale turco aveva ricevuto l'e-mail.
Fino a questo momento al Qaeda non si è assunta alcuna responsabilità per
l'11 settembre. La registrazione falsata dalla CIA di un falso Bin Laden,
borbottante qualcosa sull'11 settembre, non è più stata mostrata in TV,
perchè fu accolta con profondo scetticismo da tutti quelli che l'avevano
vista. L'attentato di Bali, il primo WTC, l'attentato all'hotel di Karachi,
quello di Kandahar, l'11 settembre...niente. AlQaeda non li ha rivendicati.
Non hanno mai ammesso di averli fatti. E non hanno mai rivendicato attentati
finchè...finchè gli Stati Unit hanno bombardato l'Afghanistan e "distrutto
le capacità di comunicazione di al Qaeda". Mai hanno rivendicato qualcosa,
fino ad ora e proprio ora che la sua rete è stata smantellata, le sue
cellule tenute sotto stretta sorveglianza e le comunicazioni tra Bin Laden e
i suoi seguaci avvengono tramite ragazzi in sella ad asini.
Quando Khalid Sheikh fu arrestato, egli disse che al Qaeda non usava e-mail
o telefoni per le loro comunicazioni, in quanto strettamente sorvegliati
dalla CIA.
E invece ora via libera alle e-mail.
Questo non è logico.
Mentre la folla si preparava alle proteste, Bush e Blair pronunciarono un
discorso al mondo, riaffermando che si stava combattendo una guerra al
terrorismo e citavano gli attentati di Istanbul come un esempio del genere
di terrore che combattevano.
Bush è sembrato recitare a memoria, dopo giorni di esercizio: condannava gli
attacchi e affermava che l'invasione dell'Iraq era una tappa della lotta al
terrorismo. Non ho mai saputo che Saddam facesse parte di al Qaeda, almeno
fino ad ora. E credo anche che nemmeno Saddam sapesse di farne parte.
Tutti i mass media non hanno fatto altro che mostrare facce insanguinate e
la carneficina a Istanbul. C'era solo qualche segnalazione dei 150.000 che
avevano protestato a Londra, abbattendo l'effige di Bush. Nient'altro.
Riguardai l'intervista a Bush. Sereno e sorridente, era perfetto.
Se c'è mai stato un momento nel quale Gran Bretagna e USA avevano bisogno di
un attentato contro interessi inglesi, quello era le 9,10 del 20 novembre.
E allora si prospettano due eventualità: o al Qaeda non sa quello che fa, o
non si tratta di al Qaeda.
Al Qaeda ha interesse che il mondo si renda conto del male che Bush e Blair
stanno facendo. E le proteste potevano servire a questo scopo. Che necessità
c'era di bombardare Istanbul? Le sole persone che potevano beneficiarne
erano proprio Bush e Blair. Avrebbero trasferito l'attenzione dalle proteste
ai "terroristi".
Ma insomma cosa c'è di meglio di avere dei "terroristi" che lavorano per me?
Quelli, per intendersi, che fanno saltare in aria la sede dell'ONU a
Baghdad, il giorno dopo che l'ONU chiede il ritiro delle forze americane.
Quelli che fanno saltare un nightclub a Bali, nella settimana che 250.000
australiani scendono nelle strade per protestare contro la guerra all'Iraq.
Quelli che hanno fatto l'attentato a Riyadh nel quartiere pieno di arabi,
mentre i cittadini dell'Arabia Saudita sempre in maggior numero condannano
l'invasione e l'occupazione dell'Iraq.
Dall'11 settembre, Al Qaeda ha fatto tutto quello che il governo americano
avrebbe chiesto alla sua CIA. Essi hanno ucciso musulmani. Hanno ucciso i
loro sostenitori europei. Hanno fatto attentati in tempi e modi tali da
massimizzare le critiche e ridurre al minimo la possibilità di ottenere un
qualche supporto alle loro azioni.
La logica mi dice che non può essere al Qaeda.
"REPLICATA LA FUSIONE FREDDA!" di Roy
Nota: abbiamo deciso di divulgare questa informazione, malgrado la cautela ci suggerisse di attendere l'esito di ulteriori controlli e misurazioni in merito a questo esperimento. Suggeriamo pertanto al lettore di attendere l'esito di questi ultimi prima di accettare incondizionatamente quanto viene qui riportato. Decliniamo ogni responsabilità relativa all'abuso delle nformazioni pubblicate.È con immenso piacere che vi annuncio che il primo novembre in una località vicino Napoli un gruppo di miei amici capeggiati da un professore di fisica-chimica sono riusciti a replicare con successo in un piccolo laboratorio, una cella elettrolitica a Fusione Fredda!
Ancora sono da fare tutti i controlli e misure del caso ma quello che è apparso ai loro occhi immettendo semplicemente qualche decina di watt.... ha del miracoloso!
Vi allego lo scritto del mio amico sperimentatore e tre immagini scattate con una telecamerina di cellulare (in quel momento non avevano altro perchè non si aspettavano uno spettacolo del genere!).
Vi lascio a questa splendida lettura ma presto ne vedremo delle belle!!!
"Ieri sera, alle 21:05, in una soluzione di 200 cc a 0,1 M di Carbonato di Potassio a 65 °C, utilizzando un elettrodo di tungsteno sul negativo e un fil di ferro sul positivo di un alimentatore variabile (DC da 0 a 300 V), facendo salire la tensione da zero, intorno ai 60 V abbiamo notato un aumento della corrente (circa 5 A che alla prima prova hanno bruciato i fusibili dell'alimentatore di 2 A, mentre alla seconda prova, con fusibili da 8 A ha retto) intorno ai 120 V sull'elettrodo di Tungsteno hanno cominciato ad accendersi dei bagliori puntiformi perfettamente distinguibili l'uno dall'altro e la corrente è scesa a 2 A circa, intorno ai 160 V la densità dei bagliori era tale da non essere più discernibile l'uno dall'altro e la corrente è scesa a 1,5 A, a 200 V e oltre l'elettrodo di tungsteno era avvolto da una sfera di luce abbagliante e il liquido ribolliva vigorosamente emettendo una enorme quantità di gas con la corrente che scendeva a 0,5 A, a questo punto abbiamo staccato la corrente e osservato l'elettrodo di tungsteno ancora immerso in soluzione: era di color rosso vivo, ciò indica che, tenendo presente che il tungsteno fonde a 3422 K, su quell'elettrodo si sono raggiunte almeno 2000 - 2500 °C, una temperatura ENORME che ha dissolto anche la guaina che reggeva l'elettrodo!

L'elettrodo, visto al microscopio mineralogico 7 X, presentava dei grossi fori sparpagliati un po' ovunque. Le misure energetiche, visto il ribollire allucinante, vista l'emissione di gas, vista la imprevedibile variabilità della corrente, ci hanno colti impreparati e abbiamo solo qualche dato che non posso prendere in considerazione perchè non accurato. In ogni caso questa prova (anzi, queste tre) è stata fatta senza conoscere ancora il calore specifico della soluzione (che non abbiamo ancora misurato) per capire grossomodo a che genere di fenomeno stiamo andando incontro e devo dire, dopo questa sera, si apre un campo sconfinato di ricerca e approfondimento...

Il prossimo passo sarà trovare questi benedetti calore specifico e calore latente di evaporazione, misurare accuratamente (e questo è molto difficile) le energie in ingresso e in uscita.
Verificare la purezza degli elettrodi di tungsteno (comprati in ferramenta a 1,5 euro cad.).
Far analizzare la soluzione prima e dopo la prova per vedere se la composizione finale si può ricondurre a fenomeni di tipo elettrochimico oppure in essa appaiono nuove specie chimiche la cui presenza non rientra nel paradigma elettrochimico e sfocia altrove.
Tuttavia, innanzitutto, dobbiamo rendere le misure il più accurate possibili in modo da capire esattamente cosa sta succedendo durante questo spettacolare esperimento.

Su tre prove fatte (anzi quattro, di cui una nulla visto che dopo poco si è bruciato il fusibile) non abbiamo avuto nessun problema di riproducibilità: il fenomeno si è sempre ripetuto, il tungsteno ha sempre raggiunto una temperatura di quasi fusione, il tutto ha sempre ribollito e la corrente è prima salita e poi scesa in tutte le prove. Quindi il fenomeno c'è.

Adesso comincia il bello.


FUOCHI D’ARTIFICIO
In un sondaggio dell’Unione Europea (una sorta di “eurobarometro” per tastare il polso dell’opinione pubblica negli stati membri), alla richiesta di indicare quale fosse il paese che costituiva la maggiore minaccia per la pace nel mondo, il 59% del campione ha risposto indicando Israele (mentre gli USA col 53% condividono il secondo posto, a pari merito con Corea del Nord e Iran...). Apriti cielo! Voci di indignazione si sono levate dai vari scranni delle nostre istituzioni politiche imperversando per un paio di giorni su quotidiani e telegiornali. Interessante: quando i sondaggi esprimono risultati che fanno comodo a qualcuno, vengono sventolati ad ogni piè sospinto per sostenere le proprie posizioni; ma quando, come in questo caso, riflettono un pensiero dell’opinione pubblica che ai “padroni del vapore” non sta bene, ecco reazioni isteriche assolutamente fuori luogo (un sondaggio, per definizione, non esprime l’opinione di chi lo ha condotto e, se formulato correttamente, offre una proiezione statistica senz’altro utile ma certo non esaustiva) e le solite, inopportune accuse di “antisemitismo”. A mio avviso poi, tutto questo clamore risulterà controproducente proprio per coloro che tanto si scandalizzano: la gente è meno stupida di quanto non pensino i suoi governanti, e davanti a una reazione del genere qualche domanda se la farà pure... Insomma, come si dice da queste parti, “l’é pezo el tacon del buso” (“è peggio la toppa del buco”).
D’altra parte, tutta questa frenesia forse riflette un po’ quanto sta accadendo sul nostro Sole: secondo gli scienziati, siamo di fronte a picchi di attività mai riscontrati in precedenza. Il dottor Paal Brekke, scienziato delegato al satellite dell’Osservatorio Eliosferico Solare (SOHO) ha dichiarato alla BBC News Online: “Il fatto davvero sbalorditivo è che le regioni delle vampe solari continuano a rilasciarne di estremamente potenti. Ritengo che l’ultima settimana verrà archiviata come uno dei periodi di attività solare più drammatici che si siano mai visti in epoca moderna. Per quanto ne so, non si è mai verificato nulla del genere.”


Questa attività potrebbe essere legata a quella che la dottoressa Giuliana Conforto definisce la Concordanza Armonica, prevista per l’8 novembre 2003 (per la precisione alle 20.13, ora locale di New York), momento in cui nel cielo comparirà una configurazione a sei lati geometricamente perfetta (Stella di Davide), la quale collegherà ed equilibrerà le energie di sei corpi astrologici: il Sole, Giove, Marte, Saturno, Chirone e la Luna. L’interazione di questo significativo allineamento planetario al momento della prevista eclissi lunare produrrebbe una potente trasformazione alchemica, offrendo l’opportunità di un innalzamento della consapevolezza, sia personale che planetaria. Questo allineamento si produrrà tra il 5 e l’11 novembre, col picco alle 20.13 del giorno 8.
Ma veniamo a una promessa da mantenere: vi avevo anticipato la diffusione di fotogrammi significativi tratti da una sequenza video che aveva catturato un aereo intento a diffondere una delle famigerate “scie chimiche” dalle parti di Torino. Eccoli.










Come si può osservare, la quota è incompatibile con la formazione di una normale scia di condensazione, mentre si vede distintamente come le scie vengano prodotte lungo tutto il bordo di uscita delle due ali. Niente male, vero?
Ma per terminare con una nota di buonumore, vi propongo una storiella che avevo tradotto tempo fa dall’inglese ed era rimasta sepolta in una cartella. Buon divertimento!
“Quando la NASA si stava preparando al Progetto Apollo, portò gli astronauti in una riserva Navajo per addestrarli.
Un giorno, un anziano Navajo e suo figlio incontrarono l’equipaggio spaziale mentre camminava tra le rocce. L’anziano, che parlava solo la propria lingua, fece una domanda. Suo figlio la tradusse per quelli della NASA: “Cosa stanno facendo questi tizi con quelle grosse tute?”
Uno degli astronauti disse che si stavano addestrando per un viaggio sulla Luna. Quando suo figlio gli riferì questo commento, l’anziano Navajo tutto eccitato chiese se sarebbe stato possibile dare agli astronauti un messaggio da portare sulla Luna.
Un funzionario della NASA insieme agli astronauti, che sapeva riconoscere un’opportunità pubblicitaria quando se ne presentava una, disse, “Ma certamente!” e ordinò a un assistente di prendere un registratore. I commenti dell’anziano Navajo nel microfono furono brevi.
Il funzionario della NASA chiese al figlio se poteva tradurre quanto aveva detto suo padre. Il figlio ascoltò la registrazione e scoppiò a ridere. Però si rifiutò di tradurre. Allora quelli della NASA portarono il nastro in un villaggio Navajo nelle vicinanze e lo fecero ascoltare ad altri membri della tribù. Anche loro si misero a ridere fragorosamente, e anche loro si rifiutarono di tradurre il messaggio dell’anziano per la Luna.
Alla fine, fu incaricato un traduttore ufficiale del governo. Quando finalmente smise di ridere, il traduttore riportò il messaggio: “State attenti a questi fottuti bastardi — sono venuti per rubare la vostra terra.”















L'uso della musicoterapia con anziani e malati
d'Alzheimer come rapporto terapeutico
rassicura, rasserena, risveglia abitudini, attiva l'espressione di emozioni, facilita l'attenzione,
la coordinazione dei movimenti, l'uso della
parola.La musicoterapia amplifica potenzialità
che troviamo non solo conservate, ma
sviluppate in virtù di quella universale
"arte di vivere" che di affronta il cammino nonostante la perdita di riferimenti.




Musicoterapia e malattia di Alzheimer
di Roberto Bellavigna
La musicoterapia si propone di utilizzare la musica come mezzo non verbale di comunicazione ed espressione, in modo da permettere all'individuo di raggiungere il massimo di potenzialità in campi che possono essere intellettuali, emotivi e fisici. Tenuto conto delle differenti caratteristiche patologiche e psicologiche in cui si vengono a trovare i nostri anziani un piano di lavoro che intende utilizzare le potenzialità della musica per migliorare la qualità di vita dei malati di Alzheimer deve avere i seguenti obiettivi:
1. favorire la socializzazione;
2. sviluppare la sensibilità di gruppo: l'ospite prova soddisfazione e benessere dalla sensazione di appartenere ad un gruppo;
3. accrescere l'autostima e la considerazione di se stessi attraverso l'attività creativa;
4. recuperare il presente attraverso il recupero dei ricordi. (canzoni ed emozioni);
5. ristabilire contatto con la realtà. Tutto ciò è permesso dalla musica che aiuta gli ospiti a stabilire o a mantenere momenti di contatto con la realtà nel corso dell'attività;
6. portare sollievo alla propria ansia: durante l'attività l'ospite soffoca il proprio compatimento e l'attenzione sui disturbi somatici;
7. incoraggiare e guidare lo sfogo dell'ira e della frustrazione;
8. favorire l'esercizio fisico attraverso movimenti semplici del corpo danza e uso di strumenti musicali.
9. limitare lo stato di "wandering";
10. aiutare il raggiungimento della motivazione favorendo il rilassamento e, stimolando le libere associazioni, produrre la liberazione di emozioni e di attitudini inconsce;
11. sviluppare l'immaginario come luogo della mente che trova benessere nel fantasticare, nel creare immagini piacevoli di ricordo, di sogno o reali;
12. tessere il "filo sonoro" dall'ospite al conduttore e viceversa che, soprattutto là dove non c'è verbalizzazione, consente una comunicazione unica e speciale.
Un approccio terapeutico con la terza età deve comunque considerare prioritario il rispetto della persona. Sono da evitare atteggiamenti invasivi come l'alto volume Per concludere penso che un dato incoraggiante rimanga il fatto che l’attività di musicoterapia può essere svolta nel tempo, anche di fronte ad un inesorabile procedere della malattia. Sono dell’idea che permangano sempre piccoli segnali, capacità discriminatorie legate alla musica sulle quali poter lavorare. Anche quando l'abilità al dialogo verbale svanisce, anche nei malati di Alzheimer permangono capacità di riconoscere i parametri e le strutture del dialogo musicale. In alcuni casi ho persino riscontrato un miglioramento delle potenzialità musicali, che differiva dal peggioramento delle attività funzionali generiche.


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I "buchi neri" delle BR



Marzo 2002: le BR tornano a colpire.Torna la paura del terrorismo brigatista che ha accompagnato tristemente la storia italiana per quasi tre decenni. Sulle Brigate Rosse si e' detto e scritto molto in tutti questi anni e soprattutto si sono celebrati a loro carico diversi processi. E' proprio dagli atti di questi processi e dalle testimonianze dei pentiti che viene fuori il lato piu' oscuro della storia dell'organizzazione terroristica.L'articolo che segue, pubblicato tempo fa su www.misteriditalia.it , mette in luce misteri e sorprendenti ambiguita' che tutti oggi sembrano aver dimenticato.
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I "BUCHI NERI" ALLE ORIGINI DELLA STORIA DELLE BR
di Roberto Bartali


Nel rileggere 18 anni di lotta armata in Italia ci si accorge che ogni tanto, qua e là, rimangono dei buchi neri nel terrorismo rosso, buchi coperti anche di segreti, spesso inconfessabili, di chi contro quella stagione di utopie rivoluzionarie e sanguinarie ha esercitato l'arma della repressione in nome dello stato. In questa direzione vanno le parole di Patrizio Peci, primo "pentito" delle Brigate rosse: "Lo stato allora [agli inizi dell'attività brigatista. NDR], poi non più, ti lasciava gli spazi per poter sperare nella vittoria […] lo stato poteva avere interesse a lasciare spazio alla lotta armata. Interessi velati, e magari contrapposti, ma certamente tesi a creare confusione. Altrimenti la lotta al terrorismo sarebbe stata più immediata e aspra. Ci avrebbero stroncato subito, come hanno fatto quando gli è parso il momento".
Analizzando la storia della folle epopea brigatista, ci si accorge che sono presenti con una certa costanza degli accadimenti "particolari", delle coincidenze strane, così prodigiosamente tempestive, da far supporre - pur nella scarsità di prove certe - degli interventi esterni ben mirati in una determinata direzione. Tutto il percorso evolutivo delle Br - tanto per fare un esempio - è caratterizzato, a cominciare dai suoi albori, dalla presenza di infiltrati di varia natura; ciò, se non fosse abbondantemente provato da riscontri e testimonianze, risulterebbe inoltre perfino facile da ipotizzare alla luce del fatto che forze di varia natura erano riuscite ad insinuarsi con successo già negli ambienti più "caldi" del periodo storico che della lotta armata fu un po' la culla: il '68.
LA CHAOS OPERATION
E' da considerare che già nell'estate 1967 la CIA aveva promosso la "Chaos Operation" per contrastare il movimento non violento e pacifista americano che si batteva per i diritti civili e contro la guerra del Vietnam. Quindi aveva deciso di estenderla su scala internazionale, in particolare in Europa, per contrastare anche il movimento studentesco-giovanile del vecchio continente, inquinandone gli assunti anti-autoritari e non violenti. L'operazione consisteva anche nell'infiltrazione, a scopo di provocazione, nei gruppi di estrema sinistra extraparlamentare (anarchici, trotzkisti, marxisti-leninisti, operaisti, maoisti, castristi) in Italia, Francia, Germania Occidentale con l'obbiettivo di accrescerne la pericolosità inducendo ad esasperare le tensioni politico-sociali con azioni aggressive, così da determinare un rifiuto dell'ideologia comunista e favorire spostamenti "a destra" (secondo la logica di "destabilizzare per stabilizzare").
In tale direzione - dunque una conferma di quanto detto - va anche un rapporto dedicato alla contestazione studentesca datato Febbraio 1971 e redatto in forma riservata proprio nell'ambito della "Operazione Chaos" dall'Ufficio Affari riservati del Viminale: "almeno all'origine si deve rilevare la spinta di qualche servizio segreto americano [alludendo alla CIA] che ha finanziato elementi estremisti in campo studentesco".
Un ulteriore dato interessante lo ritroviamo nella lettura del resoconto sulla riunione del coordinamento delle forze di polizia che si tenne a Colonia il 19 Gennaio 1973 e dedicata al problema dell'infiltrazione nei gruppi terroristici Br e RAF e nei gruppi della sinistra extraparlamentare. Risulta infatti evidente che l'intendimento dei vari servizi segreti non era quello di predisporre semplici confidenti o informatori ma anche veri e propri terroristi, in grado di arrivare al vertice del gruppo da infiltrare.
GLI INFILTRATI
Che fine ha fatto Francesco Marra?E che dire delle strane "premonizioni" avute dall'allora capo del SID, Miceli, nel 1974? Egli, interrogato innanzi al giudice tamburino nel settembre di quell'anno dichiarò con una inquietante lungimiranza: "Ora non sentirete più parlare di terrorismo nero, ora sentirete parlare soltanto di quegli altri" . Alla luce di ciò, non appare sconvolgente scoprire che le infiltrazioni all'interno delle Br cominciarono piuttosto presto.
La prima talpa di cui si hanno notizie certe fu Marco Pisetta; già compagno di Renato Curcio e di Mara Cagol alla libera università di Trento, grazie alla sua testimonianza (il suo memoriale, che sosterrà essergli stato ispirato direttamente da uomini dei servizi segreti, fornirà una prima e importante fonte, anche cronologica, di dati sulla nascita della Br) il 2 Maggio 1972 venne individuata la principale base milanese delle Br, in Via Boiardo, ed arrestato un primissimo nucleo di brigatisti. Ma all'interno delle Br i Carabinieri erano riusciti ad infiltrare un altro agente, ed anzi era stato proprio questo - nome di battaglia "Rocco" - a prelevare materialmente il giudice Sossi insieme ad Alfredo Bonavita per portarlo alla così detta "Prigione del Popolo".
Francesco Marra, questo il nome di battesimo di "Rocco", era un paracadutista addestratosi in Toscana e in Sardegna all'uso delle armi e con una sorta di specializzazione nella pratica delle "gambizzazioni" (della quale faranno ampio ricorso le Br nel corso degli anni) prima di entrare nelle Brigate Rosse; in seguito, a differenza di Pisetta, la doppia identità di Marra non è venuta alla luce, ed il suo nome è rimasto fuori da tutti i processi, stranamente coperto anche dal brigatista Alfredo Bonavita dopo il suo pentimento. Per sua stessa ammissione, Marra si era infiltrato nelle Br per conto del brigadiere Atzori, braccio destro del Generale dei Carabinieri Francesco Delfino. La cosa tra l'altro venne fuori attraverso la testimonianza di Alberto Franceschini; immediatamente Marra smentì categoricamente, minacciando querele.
IL CASO GIROTTO
Tra gli avvenimenti "strani" della vita delle Br è impossibile non menzionare anche l'infiltrazione da parte dei Carabinieri di Silvano Girotto, la terza infiltrazione all'interno del gruppo nei suoi primi quattro anni di vita, un'ulteriore defaillance della banda di Curcio e compagni.
Reso noto dai rotocalchi come "Frate Mitra", Girotto era un ex francescano con dei trascorsi - a dire il vero poco chiari - di guerrigliero in Bolivia ma che tra le forze extraparlamentari (Lotta Continua in primis) godeva di una fama di tutto rispetto, e che riuscì a far catturare in un sol colpo due capi storici delle Brigate Rosse del calibro di Alberto Franceschini e Renato Curcio, l'8 Giugno 1974. Come racconta lo stesso Franceschini "Frate mitra appena rientrato in Italia cercò subito di entrare in contatto con le Br [...] si fece precedere da alcune lettere dei dirigenti del Partito Comunista di Cuba in cui si attestava di essere addestrato alla guerriglia e vantò rapporti anche con i Tupamaros. La cosa non poteva non interessarci". Dopo alcuni tentennamenti i brigatisti si fecero convincere ad incontrare Girotto, e durante il terzo incontro, a Pinerolo, la trappola dei Carabinieri scattò inesorabile.
I lati oscuri riscontrabili in merito a questo arresto sono diversi: anzi tutto bisogna fare riferimento ad una telefonata ricevuta dalla moglie dell'avvocato - con note simpatie brigatiste - Arrigo Levati che mise in preallarme l'organizzazione sui rischi di quell'ultimo appuntamento. Da più parti, ivi compresi i diretti interessati, si ipotizza che gli autori di quella telefonata furono gli agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano, da sempre interessato alle attività delle Br per via dell'instabilità che la loro azione terroristica avrebbe potuto portare ad un governo - quello italiano, appunto - che da tempo stava seguendo una linea in politica estera definibile come filo-araba. A confermare questa ipotesi ci sono i racconti degli stessi terroristi, (Moretti, Peci e Franceschini) i quali affermano che già nel 1974 il Mossad si era fatto vivo con l'organizzazione offrendo armi e denaro, in più, per rompere la loro iniziale diffidenza, gli posero - come si suole dire - su di un piatto d'argento l'indirizzo del nascondiglio del "traditore" Pisetta, che era stato portato dalla polizia italiana in Germania.
Alla luce di questi elementi non ritengo impossibile dare credito alla veridicità di questa ipotesi, una congettura che, tra le altre cose, è condivisa sia da Giorgio Bocca sia - però solo indirettamente - dal Generale Delfino, ma che non cambia l'interessante realtà delle cose: attorno alle Br ruotavano, fin dall'inizio, tutta una serie di interessi particolari, anche molto differenti tra loro. E' un fatto, comunque, che la telefonata di avvertimento ci fu veramente, e fu lo stesso Moretti ad essere incaricato di darsi da fare per cercare di rintracciare Curcio prima dell'appuntamento con Girotto; una ricerca che però si rivelò vana, come altrettanto vane e poco convincenti sono - a mio modesto parere - le spiegazioni fornite da Moretti per giustificare il suo fallimento in quella occasione. E poi, come ha scritto Franceschini, "Pur conoscendo ora e luogo dell'appuntamento arrivò con un'ora di ritardo, quando eravamo già stati arrestati". Come afferma sempre Franceschini: "Quella era la seconda volta che i servizi di sicurezza avrebbero potuto arrestare tutti i brigatisti e porre fine all'esperienza delle Br [...] noi avevamo concordato con Girotto di dare vita a una scuola di addestramento, da lui diretta, alla cascina Spiotta, dove nel giro di un mese tutti gli appartenenti all'organizzazione, un po' alla volta, avrebbero partecipato ad un breve corso di addestramento. Se chi lo aveva infiltrato avesse chiesto a Girotto di continuare a stare al gioco dopo un mese sarebbe stato in grado di far arrestare non solo me e Curcio, ma tutti i brigatisti. E il fatto che questo non sia avvenuto è la riprova che l'organizzazione delle Br poteva tornare comoda per qualcuno delle alte sfere dei servizi di sicurezza e del potere".
LA FIGURA DI MORETTI


Si deve fare menzione anche del vertice che i dirigenti delle Br avevano avuto giorni prima a Parma, una riunione durante la quale era stato deciso di estromettere Moretti dal "Comitato Esecutivo" per via dell'intransigenza dimostrata durante la trattativa per la liberazione di Sossi. Questa dato va tenuto presente allorché alcuni osservatori - e Sergio Flamigni tra tutti - ritengono che Mario Moretti non abbia volutamente rintracciato Curcio e Franceschini il giorno del loro arresto. L'ipotesi si accredita maggiormente se si considerano altre due "stranezze": prima di tutto il fatto che se i Carabinieri avessero aspettato solamente qualche ora in più sarebbero stati in grado di annientare tutta la dirigenza delle Brigate Rosse arrestando, appunto, anche Moretti. La seconda cosa bizzarra è che - nonostante durante le proprie esposizioni davanti alla "Commissione Moro" il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa abbia parlato chiaramente di foto scattate a tutti i brigatisti durante i primi incontri con Frate Mitra (e Moretti era presente al secondo di quegli incontri) - le foto segnaletiche su Moretti non comparvero mai al processo di Torino contro il "nucleo storico" delle Br, ed in più egli non sarà coinvolto in nessuna inchiesta giudiziaria prima del caso Moro.
Insomma, le sue foto segnaletiche erano note alle forze di polizia almeno quanto la sua identità, però - misteriosamente - non fecero la loro apparizione ufficiale se non molto più tardi. La conclusione cui si vuole arrivare è che per un motivo o per un altro le forze dell'ordine lasciarono volutamente in libertà Mario Moretti, in modo che egli potesse riorganizzare le Br a modo suo, seguendo cioè una logica di spietata "militarizzazione", base di partenza necessaria per una svolta sanguinaria del gruppo. Per correttezza vanno menzionate altre ipotesi plausibili circa il mancato avvertimento di Curcio da parte di Moretti: la prima va obbligatoriamente in contro a quanto raccontato dallo stesso Moretti, e secondo la quale lui avrebbe profuso il massimo impegno nella ricerca dei suoi compagni di avventura, ma solo il caso avrebbe influito negativamente sulla sua caccia. L'altra ipotesi possibile, in vero trascurata dagli altri osservatori, è che Moretti abbia di sua volontà evitato di avvertire della trappola il duo Franceschini-Curcio in virtù dell'estromissione dal Comitato Esecutivo impostagli nella riunione di Parma.
E' un'ipotesi che, volendo considerare anche l'aspetto umano della storia, collegando quindi il tutto al risentimento personale ed all'ambizione di Moretti, si pone a cavallo tra chi sostiene la completa mala fede del futuro leader del gruppo e chi invece si dice convinto delle sue buone intenzioni. In direzione opposta si va invece considerando un altro fatto. Nella riunione di Parma, infatti, erano state altre le cose interessanti al vaglio delle Br, e di ciò parla lo stesso Renato Curcio nel suo libro-intervista "A viso aperto". Raccontando la storia della sua prima cattura, Curcio dice che Mario Moretti, che doveva avvertirlo del pericolo che correva, "non ritiene necessario agire subito perché sa che io e Franceschini stiamo lavorando a un certo libricino in una casa di Parma e che da quel posto non mi sarei mosso fino a sabato notte o domenica mattina". Alla domanda di Scialoja "Di che libricino si trattava ?", Curcio risponde: "Avevamo compiuto un'incursione negli uffici milanesi di Edgardo Sogno impadronendoci di centinaia di lettere e elenchi di nomi di politici, diplomatici, militari, magistrati, ufficiali di polizia e dei carabinieri [insomma probabilmente tutta la rete delle adesioni al cosiddetto "Golpe bianco" preparato dall'ex partigiano liberale con l'appoggio degli americani. NDR]. Giudicavamo quel materiale esplosivo e lo volevamo raccogliere in un documento da rendere pubblico. Purtroppo avevamo tutto il malloppo con noi al momento dell'arresto e così anche quella documentazione preziosa finì in mano ai carabinieri. Qualche anno dopo, al processo di Torino, chiesi al presidente Barbaro di rendere noto il contenuto del fascicolo che si trovava nella mia macchina quando mi arrestarono e lui rispose imbarazzato: "Non si trova più" [...] Qualcuno deve averlo trafugato dagli archivi giudiziari".


Sarebbe interessante invece sapere qualcosa di più su quella sparizione. Anche in questo caso, l'intervento provvidenziale dell'infiltrato Girotto, oltre ad arrestare Franceschini e Curcio, servì a recuperare delle carte "imbarazzanti", dello stesso tipo di quelli contenuti nelle famose borse di Moro...? A questo punto un'altra supposizione nasce spontanea: l'arresto di Pinerolo da parte dei Carabinieri scattò in quanto essi sapevano della enorme pericolosità delle carte cadute in mano delle Br e dunque dovevano recuperarle in ogni modo? In questa ipotesi altri due scenari si aprono: col primo si considera che fu dunque merito di quell'arresto "urgentemente anticipato" se Moretti ed il resto delle Br si salvarono dalla cattura. Il secondo considera poi la sicurezza con la quale i Carabinieri, arrestando Curcio e Franceschini, agirono al fine di trovare - assieme a loro - i fogli in questione. In questo caso chi altro della Direzione Strategica - se non Moretti - era a conoscenza del fatto che quelle carte erano proprio in viaggio per Pinerolo (e dunque può aver fatto una "soffiata")?
Quella di Moretti è dunque una figura centrale nell'analisi del fenomeno Br, in primis perché ha vissuto quasi l'intera avventura del gruppo [girando impunemente per lo stivale durante il rapimento Moro nonostante fosse il nemico pubblico n°1, com'ebbe a dire lo stesso Generale Dalla Chiesa], poi perché a lui è legata la gestione del rapimento di Aldo Moro, apoteosi di quelle "coincidenze" particolari di cui adesso parleremo. E' da sottolineare come nel 1970 un gruppo fuoriuscito dal CPM (Collettivo Politico Metropolitano) e composto, oltre che da Moretti, da Corrado Simioni, Prospero Gallinari, Duccio Berio e Vanni Mulinaris, andò a creare una struttura "chiusa e sicura", superclandestina che potesse entrare in azione, come racconta Curcio: "…quando noi, approssimativi e disorganizzati, secondo le loro previsioni saremmo stati tutti catturati". Dopo poco tempo il gruppo (fatti salvi Moretti e Gallinari) si trasferì a Parigi dove, sotto la copertura della scuola di lingue Hyperion, agiva - secondo alcuni - come una vera centrale internazionale del terrorismo di sinistra. I contatti tra Moretti e il Superclan continuarono nel corso degli anni , ed è singolare sia il fatto che a gestire il rapimento Moro fu proprio il duo Moretti-Gallinari - lo stesso che rappresentò nel corso degli anni l'ala più militarista e sanguinaria delle Br - sia che la stessa scuola aprì un ufficio di rappresentanza a Roma poco prima del rapimento del leader DC per poi chiuderla immediatamente dopo, nell'estate del '78.
Sulla "questione Moretti" Franceschini parla chiaro: "Non ho sempre pensato che Moretti fosse una spia"; "La prima persona che mi ha detto questo è stato Renato [Cucio, NDR]. Era nel 1976 alle Carceri Nuove di Torino e Curcio era stato da poco arrestato per la seconda volta: Il dubbio era nato proprio dalla dinamica del suo arresto. Dai sospetti di Curcio ebbe origine un'inchiesta interna fatta da Lauro Azzolini e Franco Bonisoli, i quali aprirono un'istruttoria che non portò ad alcun risultato", ma un'altra inchiesta era già stata aperta "da Giorgio Semeria", che già dall'esterno aveva avuto il sospetto "che Mario fosse una spia per una serie di cose avvenute a Milano".
Franceschini racconta anche, che dopo il suo arresto (nel 1974), fu interrogato dal giudice Giancarlo Caselli che gli mostrò le foto degli incontri con frate Mitra "Le foto in cui c'ero io - dice Franceschini - e una foto con Moretti indicato con un cerchietto. Mi chiese se lo conoscevo e risposi di no. Lui si mise a ridere e mi disse: "Se non lo conosce, almeno si ponga il problema del perché l'operazione è stata fatta quando c'era lei e non quando c'era quella persona".
Riporto questa testimonianza perché trovo doveroso completare il quadro, ad ogni modo non è difficile ipotizzare che usando quelle parole il giudice Caselli avesse avuto in mente, in qual momento, altre mire. Resta comunque il dato di fatto che le foto scattate in quegli incontri dai Carabinieri di Dalla Chiesa e riguardanti Moretti non si sono più trovate.
Da citare infine una frase pronunciata dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa di fronte alla Commissione stragi: "…le Brigate rosse sono una cosa, le Brigate rosse più Moretti un'altra". Prima di passare oltre mi è sembrato quantomeno doveroso citare l'ex capo dell'ufficio "D" del SID Generale Maletti, ed in particolare una sua intervista rilasciata al settimanale Tempo nel giugno 1976 in merito alle Br: "Nell'estate del 1975 […] avemmo sentore di un tentativo di riorganizzazione e di rilancio […] sotto forma di un gruppo ancora più segreto e clandestino, e costituito da persone insospettabili, anche per censo e cultura e con programmi più cruenti […] questa nuova organizzazione partiva col proposito esplicito di sparare, anche se non ancora di uccidere […] arruolavano terroristi da tutte le parti, e i mandanti restavano nell'ombra, ma non direi che si potessero definire "di sinistra".
Roberto Bartali
Roberto Bartali (Erice (TP), 1972) vive e lavora a Siena. Si è laureato con lode in Scienze Politiche presso l'Università di Siena con una tesi sulle "Brigate rosse: partito comunista combattente". Nell'Ottobre del 1999 ha presentato la tesi ad una conferenza sugli anni '70 in Italia, tenutasi presso l'University of Bath (GBR). Attualmente è assistente universitario del Prof. Corner (ordinario di Storia dell'Europa).
Fonte:
• www.misteriditalia.it
Approfondimenti:
• Cronologia delle BR "storiche"
• Le verità di Frate Mitra
• I terroristi
• La doppia vita di Roberto



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Drogheranno i nostri bambini?


"Signora, suo figlio è molto intelligente ma non si applica." La vecchia frase preferita dai diplomatici insegnanti italiani potrebbe ben presto trasformarsi in un inquietante "suo figlio soffre di ADHD , lo porti dallo psichiatra" , come avviene da tempo negli Stati Uniti.
Anche in Italia arriva il Ritalin e la "moda" dello psicofarmaco ai bambini.

Dal sito del Ministero della Sanità riportiamo questa breve nota a proposito del discusso farmaco commercializzato col nome Ritalin.
<Il metilfenidato (Ritalin) trova indicazione nei bambini con disturbi dell'attenzione con o senza iperattività (Attention Deficit Hyperactivity Disorder, ADHD). Anche se in merito esistono pareri non sempre concordanti, le prove cliniche di efficacia sono sufficienti a considerare il metilfenidato tra i farmaci di scelta nel trattamento dello ADHD. Il metilfenidato è uno stimolante centrale: come tale appartiene ai farmaci d'abuso ed è incluso nella Tabella I degli stupefacenti. La sua commercializzazione venne sospesa in Italia nel 1989, su iniziativa dell'azienda che allora lo produceva. Visto il ruolo del metilfenidato nel trattamento dello ADHD, l'elevata incidenza di questa manifestazione in età pre-adolescenziale e l'assenza dal mercato nazionale di farmaci alternativi, la Commissione Unica del Farmaco e il Dipartimento del Farmaco del Ministero della Sanità, in un incontro, hanno invitato NOVARTIS, attuale titolare del Ritalin, a presentare richiesta per la registrazione del farmaco e la sua commercializzazione in Italia. In data 18/10/2000 la Novartis ha comunicato al Dipartimento Valutazione Medicinali e Farmacovigilanza la disponibilità per una rapida registrazione e commercializzazione del farmaco. >

Cos'è l' ADHD?
La sigla significa "Attention Deficit & Hyperactivity Disorder", in italiano "disturbo dell'attenzione e iperattività". In pratica viene diagnosticata questa (presunta) sindrome ai bambini con problemi di rendimento scolastico dovuto alla loro vivacità, alla loro difficoltà nello stare buoni , attenti, ubbidienti ecc.
Negli Stati Uniti l'uso del Ritalin sui bambini è in voga da tempo con incrementi significativi ogni anno e , sebbene l'uso su soggetti di età inferiore ai 6 anni venga sconsigliato dalla stessa casa produttrice, ci sono stati incrementi fortissimi anche nelle prescrizioni a bambini in età prescolare.
Già in un articolo su Repubblica nel 1998 si leggeva:
[...]Negli Stati Uniti, l'ADD viene curato con un farmaco, il Ritalin, un leggero stimolante del sistema nervoso centrale non in commercio in Italia, che oggi rappresenta uno dei migliori affari di tutto il mercato farmaceutico. Secondo la Drug Enforcement Agency, dal 1990 al 1995 le ricette del Ritalin sono aumentate del 600 per cento, con un giro d'affari valutato sui due miliardi di dollari.
Troppi, dicono i critici, e testate autorevoli come il "New York Times" hanno affrontato più volte il tema dell'abuso del farmaco, usato, invece che per curare, per migliorare il rendimento scolastiche di bambini assolutamente sani ma afflitti da genitori con l'ansia della prestazione. In più, intorno al Ritalin fiorisce il mercato nero, che inserisce il farmaco tra le cosiddette "smart drugs", le sostanze usate per sovrastimolare il cervello durante gli esami o i periodi di superlavoro: "Jama", la rivista ufficiale dell'associazione medica americana, nel numero di aprile ha smentito che vi sia un eccesso di prescrizioni rispetto alle necessità, analizzando studi e casi dal 1975 al 1997. Dalle indagini epidemiologiche emergerebbe che l'aumento del consumo di Ritalin è la conseguenza del miglioramento delle diagnosi, così come è avvenuto per altri problemi mentali e cognitivi, ad esempio la dislessia.
Ma più in generale, il dibattito sull'ADD e le sue terapie sembra riflettere una questione più vasta e di implicazioni ancora più ampie, che coinvolge le cause, e quindi le cure, del disagio mentale. "La comunità psichiatrica americana", ha dichiarato uno psicoterapeuta al "New York Times" due anni fa, "è passata dal dare la colpa alla madre al dare la colpa al cervello". [...] .
Ad oggi le prescrizioni sono aumentate ancora vorticosamente e con esse le polemiche.
Ma è lo stesso concetto di classificare come malattia mentale, con conseguente terapia farmacologica, le inquietudini dei bambini a far discutere e preoccupare. E mentre negli Stati Uniti impazzano le polemiche la Novartis , in Italia, riesce addirittura a far si che siano gli stessi Commissione Unica del Farmaco e Dipartimento del Farmaco del Ministero della Sanità a richiederne espressamente l'importazione , sollevando così la multinazionale da qualsiasi accusa di pressione per l'allargamento di un businnes così cospicuo.

Il Ritalin , leggero stimolante o vera e propria droga?
Il dibattito in ambito medico sugli effetti a lungo termine di terapie col Ritalin e' tuttora in corso e lungi dal giungere a risultati chiari. Anche per quanto riguarda gli effetti collaterali in generale vengono minimizzati dai medici, ma sono ormai moltissimi i genitori americani che lamentano di aver osservato gravi effetti collaterali durante la terapia sui propri figli.
In ogni caso il fatto che il Ritalin venga spacciato al mercato nero dai tossicodipendenti dovrebbe per lo meno far riflettere...

Ma il Ritalin funziona davvero?
Contrariamente a quanto si potrebbe supporre il Ritalin non è un calmante. Il suo funzionamento è simile a quello delle anfetamine e quindi è classificato tra gli stimolanti del sistema nervoso. Come possa uno stimolante agire rendendo i bambini più docili e ubbidienti è poco chiaro anche ai medici e ai ricercatori. In pratica non sono ancora perfettamente noti i meccanismi che lo rendono efficace.
In definitiva il farmaco funziona ma non è chiaro come faccia.Un approccio così empirico in una materia tanto delicata come la psiche dei bambini non dovrebbe indurre maggiore cautela?
Al contrario , invece, il fatto che funzioni così bene ha spinto i ricercatori Statunitensi a dichiarare che il numero delle diagnosi non è affatto troppo elevato anzi, secondo molti ricercatori americani ,è il resto del mondo a ignorare e trascurare la malattia e la sua cura.
Negli Stati Uniti le diagnosi di ADHD hanno ormai raggiunto i quattro milioni di bambini: un numero straordinariamente elevato , in pratica circa due alunni per classe. Persino Hilary Clinton recentemente si è detta preoccupata per un aumento così vertiginoso delle prescrizioni di psicofarmaci ai bambini.
Secondo molti critici il fatto che il farmaco funzioni ne aumenta il pericolo: l'uso dei farmaci come forma di controllo sociale è da sempre prerogativa dei regimi fortemente dittatoriali come il Nazismo o lo Stalinismo. Una cultura in cui il diverso, l'eccentrico, chi non si uniforma ai comportamenti dettati dalla società è da considerarsi malato rischia di prendere sempre più campo. A partire dai primi anni di vita.

Qual'è l'opinione della comunità scientifica italiana?
I ricercatori italiani in questo delicato campo hanno sempre agito con molta diplomazia. E' ormai posizione comune alla maggior parte dei medici e dei ricercatori che le diagnosi di ADHD negli Stati Uniti siano in numero troppo elevato, ma allo stesso tempo sostengono che , al contrario, in Europa la malattia è sottostimata e sottocurata. In pratica un colpo al cerchio e uno alla botte, da buoni italiani.

Funzionale alla scuola-azienda
Attualmente in Italia impazza il dibattito sugli aiuti alla scuola privata e sui cosiddetti buoni-scuola. Negli Stati Uniti da sempre il sistema scolastico assomiglia molto a quello che , a opinione di molti, si vorrebbe attuare in Italia.
In pratica buona parte delle scuole sono private e quelle pubbliche funzionano con una gestione di tipo manageriale, con finanziamenti legati ai rendimenti degli alunni. Più la scuola è produttiva e più riceverà fondi dal governo.
E' opinione di molti che proprio questo tipo di competitività portata all'estremo abbia favorito la ricerca di metodi sbrigativi per conseguire i risultati. E il Ritalin è uno di questi.

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Paolo O. - 06-01-2001


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Copyright: un abuso?


La questione della proprietà intellettuale è di grande attualità: internet ha cambiato il modo di comunicare e di scambiare le informazioni, e circola sempre più l'idea che il sapere è proprietà di tutti e le informazioni devono essere libere. Il punto di vista di chi combatte per il "no copyright" in un articolo di Giovanni Spataro su www.galileo.net.
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Lasciate circolare il sapere
Un sistema che soffoca i pesci piccoli e permette ai grandi di vivere allegramente con le briciole. Una lobby anacronistica che impedisce la libera circolazione dei saperi. Un centro di interessi che rifiuta di mettersi al passo con il tempo, che ignora la piccola grande rivoluzione che Internet ha portato: la possibilità di far circolare liberamente le informazioni. Di ogni tipo. Che sia musica, libri, software, la differenza non esiste. Questa è la Siae, la Società italiana autori editori, secondo il movimento degli hacker italiani. Che hanno iniziato una campagna di sensibilizzazione sul tema, organizzando cortei virtuali, azioni dimostrative e incontri con i vari soggetti interessati al problema. L'offensiva è partita con una due giorni su "Gnueconomy ed Editoria", organizzata dal Loa, l'hacklab di Milano che ha sede nel Centro Sociale Bulk. Al grido di: "No copyright!".


Dunque barra a dritta contro la società che dovrebbe garantire il giusto compenso a chi produce opere di ingegno. Soldi che dovrebbero garantire a chi sforna canzoni, libri, software, tutto ciò che è coperto dal copyright la possibilità di vivere del proprio lavoro. Ma è proprio così? Secondo Blicero, uno dei membri del Loa e tra gli organizzatori della due giorni di Milano, assolutamente no. "La Siae non garantisce i grandi introiti che permettono di vivere a un artista, protegge solo i pesci grossi, i soci di maggioranza. E' vero che monitora lo sfruttamento delle opere ma il grosso degli introiti serve per tenere in piedi la Siae stessa. Quello che va agli autori è una percentuale irrisoria". E il simbolo della battaglia diventa il bollino che troviamo stampato, appiccicato su ogni prodotto coperto da copyright. "Il bollino che deve essere applicato su ogni opera di ingegno, ritarda la fuoriuscita del prodotto e fa aumentare i costi", denuncia Blicero, "una tassa ingiusta, un vero e proprio boomerang, un freno fortissimo alla circolazione degli stessi saperi che la Siae vorrebbe proteggere. Così si uccidono i piccoli produttori indipendenti".
Ma insomma questa Siae cosa rappresenta per coloro che la vorrebbero vedere scomparire? "Di fatto rappresenta il vecchio mondo e quell'universo di persone e interessi che non vuole misurarsi con le trasformazioni in atto, burocrazia e lobby", accusa Blicero, "e invece di cercare di comprendere le trasformazioni sociali e culturali in atto, tentano di osteggiarle con la speranza di garantirsi quella piccola nicchia di privilegio che si sono accaparrati fino a oggi. Sul loro sul loro sito puoi leggere che difendono gli autori dalla libera circolazione dei saperi". Nell'era di Internet, è un'idea quantomeno anacronistica. Significa non voler vedere quello che sta accadendo. E nell'era di Internet, con degli hacker di mezzo, la protesta non può che passare per la Rete. Sfruttando una trovata tutta italiana, concepita dai membri di Stranonetwork di Firenze: il netstrike. "E' il corrispettivo telematico di un corteo. Come nella realtà le persone scendono in strada e la occupano, i partecipanti al netstrike occupano la piazza virtuale", spiega Blicero, "occupano la banda, la capacità della rete di trasmettere le informazioni, per diminuire il flusso, e oscurare la visibiltà del sito. Per attirare l'attenzione su un problema e dargli visibilità". E così lunedì 15 gennaio 2001 l'amministratore del server Siae si è visto raggiungere da una valanga di connessioni. Un numero troppo alto da gestire. Risultato: il sito è rimasto inaccessibile per tutta la durata della protesta virtuale, tre ore.
La questione è importante per gli smanettoni nostrani che cercano non solo di abbattere, ma anche di costruire valide alternative al monopolio Siae. Alternative che permettano agli autori di tutelare e vivere delle proprie opere. Un mondo basato sulla Gnu Economy, nome che sbeffeggia gli adepti della New Economy. La Gnu Economy è basata sul pensiero di Richard Stallmann, un ex studente del Mit, figura storica del mondo hacker a stelle e strisce. Un'economia basata sulla cooperazione e libera circolazione dei saperi, anziché sulla chiusura e sulla competizione e via dicendo. Un mondo dove vige il principio del copyleft, antitetico al copyright. "Noi abbiamo esperienza diretta attraverso il nostro agire di quella che si potrebbe chiamare la Gnu economy. Il mondo del freesoftware", racconta Blicero, "un chiaro esempio come questo non sia in contrapposizione con i meccanismi del mercato attualmente vigenti. Anzi che riesce a stare all'interno di tali meccanismi e dall'interno riesce a scardinarli. Il freesoftware, di fatto, sta scardinando il meccanismo della new economy pur restandoci dentro". Chi produce freesoftware, programmi liberi di essere distribuiti, modificati e copiati, riesce a vivere del proprio lavoro. Spesso fornendo servizi, per i quali si fa pagare, legati direttamente al prodotto. Il freesoftware ha raggiunto una quota di mercato pari al 12 per cento. Di fatto, la Gnu Economy è una realtà.
E gli hacker non sembrano spaventati dalle capacità finanziarie delle grandi lobby del copyright. Quello che è successo con Napster non li fa indietreggiare. "Quando diventerà a pagamento verranno usati altri server che continueranno a permettere di condividere l'informazione gratis, come gnutella, freenet, opennap", prevede Blicero. "L'introduzione dell'abbonamento a Napster è un tentativo del mercato di far rientrare sotto la sua ala protettrice qualcosa che ne era uscito", continua Blicero, "se vogliamo essere pragmatici la gente preferisce usufruire di cose che non paga. Ma questo non è in antitesi con la realtà. E' dimostrato che i più grandi consumatori di cd regolarmente acquistati sono quelli che utilizzano Napster".
La circolazione del sapere, questa lo sfondo su cui si muovono le iniziative degli hacklab italiani. L'intangibilità delle idee e dei prodotti della mente umana, per i quali è difficile immaginare barriere e dogane. Quello che succederà in futuro è difficile prevederlo, ma Blicero è sicuro: "Il sapere sarà sempre più difficile da controllare. A meno che non si voglia chiudere la Rete. Messa in termini romantici, i saperi con uno strumento di comunicazione così potente a disposizione tendono a voler essere liberi., ma è la realtà che dimostra che è cosi". E il copyright in un mondo come questo che ruolo ha? "Il copyright in termini schiettamente ideologici è un furto. Chi scrive un libro utilizza idee che fanno parte di un patrimonio di sapere non solo suo", argomenta Blicero, "e per quanto mi riguarda, nessuno può accampare il diritto di esserne proprietario. E' chiaro che dobbiamo venire a piatti con la realtà, vedo la tutela della proprietà intellettuale come un fine funzionale a quello più alto: quello della libertà dei saperi".



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Scienza e frodi


Un'interssante intervista tratta da www.galileonet.it che può sollevare un dibattito sui finanziamenti agli scienziati. F.Di Trocchio sostiene che i soldi a disposizione degli scienziati sono addirittura troppi e favoriscono frodi e approssimazione per conseguire in fretta i risultati. Tu che ne pensi?
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"Ma chi controlla gli scienziati?"
di Letizia Gabaglio

Gli episodi di frode mettono in crisi la credibilità della scienza e pongono alle comunità di scienziati problemi etici, giuridici e filosofici. I rimedi proposti sono diversi: dall'istituzione di corsi di etica della ricerca alla creazione di comitati nazionali per il controllo sulla corretta pratica scientifica. Galileo ha chiesto un parere a Federico Di Trocchio, docente di Storia della scienza all'Università di Lecce e autore de "Le bugie della scienza" (Mondadori), che da anni studia il fenomeno delle frodi scientifiche.
Negli ultimi anni sono venuti alla luce numerosi casi di frodi scientifiche. E' perché c'è più corruzione nel mondo della ricerca o perché l'opinione pubblica è più attenta a questo argomento?
"Il fenomeno delle frodi scientifiche è strettamente legato ai finanziamenti. Il caso è scoppiato in America dove la ricerca è estremamente competitiva: i progetti da finanziare sono scelti rigorosamente in base alle credenziali di chi li presenta e ai risultati ottenuti. Questo sistema però negli ultimi anni è entrato in crisi perché i soldi destinati alla ricerca sono, al netto dell'inflazione, sempre gli stessi, mentre il numero di progetti presentati è cresciuto vertiginosamente. E' ovvio quindi che i ricercatori siano sempre più in competizione fra loro e che per ottenere i finanziamenti siano disposti a falsificare dei dati per renderli più sensazionali. In poche parole non si compete più per la gloria ma per i soldi. In Europa invece il problema comincia a porsi solo ora. La tendenza è quella di adottare il sistema americano, proprio adesso che sta fallendo. Anche in Italia, dove finora i finanziamenti sono stati elargiti a pioggia, cioè pochi soldi ma a tutti, il Cnr ha ora stabilito dei criteri più selettivi in modo da garantire più soldi a un gruppo ristretto di progetti".
Negli Stati Uniti prima e in alcuni paesi europei poi si sono costituiti dei comitati di controllo sulla pratica scientifica. Secondo lei si tratta di uno strumento efficiente?
"Gli organi di supervisione sono sicuramente importanti. Il problema però non è di ordine etico ma economico. Oggi la scienza è diventata una professione appetibile, e dove circolano i soldi si genera anche la corruzione. Ma i comitati di controllo sollevano anche un altro problema: chi deve controllare gli scienziati? Sia che si tratti di altri colleghi, sia che lo facciano dei politici corriamo il rischio di limitare l'autonomia della ricerca".
Qual è la situazione in Italia?
"Nel nostro paese la ricerca scientifica non ha mai goduto di forti stanziamenti da parte dello Stato e quindi i casi di frode sono stati assai pochi. Di conseguenza non esiste un organo di controllo. Ultimamente la Deutsche Forschungsgemeinschaft, l'agenzia tedesca che eroga i fondi per la ricerca, ha inviato al Cnr il suo regolamento in materia chiedendo ai ricercatori italiani di esprimere un parere. Il progetto dei tedeschi sarebbe quello di scrivere delle regole comuni per tutta l'Europa. E' un'idea buona ma riguarda un'altra volta l'etica, mentre è tutto il sistema che va cambiato".
Allora che soluzione propone?
"Più creatività e meno soldi. La storia della scienza ci insegna che la ricerca ha prodotto di più quando gli scienziati erano di meno e conducevano una vita umile. Di quanti scienziati ha bisogno una società? Secondo me ne bastano pochi. Fermi e i suoi colleghi pagavano le apparecchiature di tasca propria, e in tempi più recenti Rubbia ha battuto sul tempo gli americani mettendo in pratica una semplice idea sperimentale".
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Berluscò,t’hanna magnà vivo ‘e zoccole …
e o primmo muzzeco te l’adda chiavà mammeta!!!

Letta su un muro, ...
 
A proposito della lega e del fanatismo religioso, … e dell’interesse dell’occidente, della salvaguardia della nostra cultura, della nostra identita e bla bla bla, …

Gli unici veri interessi che ci sono dietro sono quelli economici o di paranoie religiose. Oltre a quelli di campanilismo sifilidico di quattro caproni del Nordest che imbeccati da mafie oscure lottano per il riconoscimento a sindaco di Venezia di Marco Polo. Tant’è!
Chissà se nelle menti di questi stupratori della ragione abbia mai vagato il dubbio che la vita è qualcosa di più di una evasione fiscale per andare a comprasi degli innocenti minorenni nei paesi dell’Est! O se alla loro imbecillità di facciata faccia contro altare la miseria che li maledirà in eterno di chi non ha voce o è stato stroncato dalle loro bombe anti uomo.
 
Perchè a fronte di un delirio costante, di mancanza di motivazioni, di sempre meno voglia di fare e di pensare il proprio lavoro, a fronte di finti sindacalisti che stanno a casa anni e poi vengno a pontificare su chi cosa come e sul fallimento delle proprie vite, a fronte di mallanni di vita dovuti a ...
datevela voi unarisposta sul perchè li ho mandati a cagare, ...