DelegatoSociale
 

Delegato Sociale
 
 
Alcune considerazioni di base sulla figura del delegato sociale


Il "delegato sociale" non uno specialista incaricato di risolvere problemi legati a situazioni di disagio. Il delegato sociale non deve accollarsi i problemi come una missione personale, non deve sostituirsi alla volontà del soggetto interessato né ai servizi esistenti sul territorio.

Il suo ruolo consiste nell'applicare metodologie utili a fare emergere il disagio, a stabilire un rapporto positivo con il contesto sociale del luogo di lavoro, e nell' essere di stimolo alla RSU affinché vengano attivate tutte le risorse disponibili: quelle ancora presenti nel soggetto interessato, quelle del contesto sociale del luogo di lavoro (i delegati di reparto, il reparto, la Direzione e le strutture aziendali, ecc.) , infine, quelle proprie dei servizi, pubblici e del terzo settore (volontariato) che operano nel territorio.

Il ruolo del "delegato sociale" non è quindi di sostituzione o copertura di carenze dello Stato sociale,ma di stimolo e di indirizzo alla RSU e all’azienda per ripristinare, con pratiche di solidarietà e con iniziative rivendicative e contrattuali, l'integrità della persona nei luoghi di lavoro, dove i problemi personali vengono "lasciati fuori" e dove la dimensione individuale non ha dignità né ascolto.

Premessa e breve storia

Il Progetto di formazione del delegato sociale ha lo scopo di far crescere, all'interno delle Rappresentanze sindacali unitarie e nel sindacato, una sempre maggiore attenzione ai cambiamenti che nella società "dell'insicurezza e del rischio", intervengono sulle condizioni di vita concreta delle persone che lavorano. In particolare sul disagio l'obiettivo è quello di dotare i delegati di competenze che siano in grado di tenere assieme una maggiore capacità di agire sui casi, attraverso la contrattazione e l'azione solidale, con una rinnovata critica alle cause che contribuiscono a produrre condizioni di "vulnerabilità" ed esclusione fra le persone che lavorano.
Sull'agio l'obiettivo è di far emergere e sostenere tutte quelle attività culturali, ricreative, di reciprocità e solidali che possono rendere più positive e "ricche" le relazioni sociali nei luoghi di lavoro, a partire da una maggior coinvolgimento della rete dei Circoli aziendali. La prima proposta di creare nei luoghi di lavoro la figura del delegato sociale viene formulata, nel novembre 97, all'interno della Piattaforma Programmatica "Tossicodipendenze" di Cgil-Cisl-Uil Emilia Romagna. Successivamente Fim-Fiom-Uilm Bologna, Ageform, Assessorato regionale ai Servizi Sociali decidono di progettare e sperimentare un primo corso per dodici delegati delle aziende metalmeccaniche che si conclude nel novembre 1999.
Contemporaneamente il Progetto "Delegato sociale" si allarga a tutte le categorie e al territorio regionale; Ageform, in collaborazione con Ecap-Enfap-Ial regionali richiede un finanziamento alla Regione Emilia Romagna che, utilizzando le risorse del Fondo sociale europeo, prevede la realizzazione di 4 corsi nel 2000 a Bologna, Modena, Forlì e Piacenza e 5 nel 2001 nelle altre province della Regione. Oltre alla formazione il Progetto contiene anche la proposta di favorire la nascita di una rete di coordinamento dei delegati e un percorso di aggiornamento dei docenti e dei coordinatori dei corsi. Dopo la conclusione dei primi due corsi di formazione di Bologna e Modena, che hanno coinvolto complessivamente più di 40 delegati, è già possibile fare alcune positive considerazioni:
- i corsi hanno incontrato una domanda reale e concreta di informazione sul disagio e sull'agio e consegnano ai delegati maggiori conoscenze e opportunità di intervento
- usare il termine "persone che lavorano" ha reso più chiaro che la sola condizione lavorativa non è sufficiente a definire e comprendere la complessità dei bisogni e l'articolazione delle possibili risposte
- è sempre più difficile essere persone "in relazione" e non individui "in competizione" nei luoghi di lavoro
- di fianco ad un rinnovo dei contenuti della contrattazione articolata bisogna anche inventarsi esperienze dirette di cooperazione e solidarietà
- è importante conoscere la rete dei servizi, poterla visitare, sapere le modalità di accesso e misurane concretamente potenzialità e limiti
- bisogna conoscere e valorizzare le competenze e le disponibilità dei compagni di lavoro che già operano nel mondo del volontariato e del terzo settore.
- le informazioni acquisite dai delegati sono utili anche per se stessi, per le loro famiglie e per le proprie reti sociali di riferimento con il risultato di trasferire competenze non solo nel luogo di lavoro ma anche nel territorio dove vivono.

Ci sono ovviamente anche dei problemi , quello che viene maggiormente segnalato dai delegati è riferito alla difficoltà delle organizzazioni sindacali, a partire dalle Rsu, nel comprendere il significato politico di questo progetto; c'è chi pensa ancora che si tratti dell'assistente sociale del sindacato a cui scaricare tutte "le sfighe"; c'è chi è preoccupato del rischio di ulteriore frammentazione nell'attività delle Rsu e di sostanziale delega, c'è infine chi pensa al fatto che questi argomenti non siano prioritari per l'attività sindacale e che pertanto occuparsene sia o un fatto di sensibilità individuale o addirittura un lusso. Noi pensiamo che non sia così, ma siamo altrettanto consapevoli che solo la continuità e l'allargamento del progetto, le esperienze concrete nei luoghi di lavoro, la discussione e il confronto nelle strutture sindacali, assieme al tempo, scioglieranno questi nodi.
 
 
Mansionario del delegato sociale

"Il Mansionario del delegato sociale" è un modello di riferimento
(relativo e flessibile) per svolgere le proprie mansioni. E' una mappa concettuale per confrontarsi e
per entrare in contatto con il tema.

1) il Delegato Sociale deve saper leggere come si connotano le questioni legate al disagio in
azienda (interpretare conversazioni e atteggiamenti relativi al disagio), deve saper gestire in
modo appropriato le relazioni interpersonali, in particolare saper ascoltare e saper
intervenire;
2) il DS non deve fare da solo, ma deve far fare;

3) il DS interviene su due livelli di disagio: le problematiche personali e le patologie;

4) non è compito del DS guarire, ma è suo compito costruire le condizioni che favoriscono la
guarigione;

5) il DS deve avere motivazioni e competenze per dare anche quando non ci sono le
condizioni per dare;

6) il momento più delicato per il DS è durante e dopo l'intervento, obiettivo del DS è creare le
condizioni affinché l'ambiente non sia in contrasto con l'intervento;

7) il DS è figura di mediazione sociale, la regola d'oro della mediazione non è il giudicare,
ma il mantenere la comunicazione tra i soggetti in conflitto;

8) vale più l'iniziativa che distoglie dal problema che l'affondare nel problema: compito del
DS è anche lavorare per e sull'agio/benessere;

9) mantenere aperto il confronto con gli altri Delegati Sociali e formalizzarlo, il DS lavora in
gruppo, non da solo.