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il
presidente |
niki
vendola |
Al "Drive In", un
tormentone degli anni ottanta svelava: "l'acqua è poca e la papera
non galleggia". Ma cosa importava a noi: il craxismo finanziava
l'illusoria "modernizzazione" del paese col debito pubblico,
nascondendoci che, prima o dopo, le generazioni future avrebbero
pagato a caro prezzo lo sballo dei "nani e delle ballerine."
Inginocchiati e genuflessi alla logica del Salvatore Dio Capitale
avevamo affidato ad esso la nostra totale protezione. Per lungo
tempo siamo rimasti narcotizzati e allucinati dallo sballo per
accorgerci fino in fondo che oggi quell'effetto allucinogeno si è
esaurito. Perché ci stiamo immiserendo senza che questo modello di
sviluppo subisca la necessaria critica tale da ri-orientarlo verso
una correzione effettiva. Difatti....
Cosa importa se la società moderna è fondata su un'economia di
libero mercato: tanto noi con i nostri 740 euro mensili riusciamo
ancora a comprarci da vivere.
Cosa importa se dopo Auschwitz,
Hiroshima, i Lager, e, solo 10 anni fa, nel Rwanda venivano
sgozzati un milione di persone per genocidio e il mondo intero,
compreso l'esercito ONU presente sul luogo, non ha alzato un dito
per fermare quella immane tragedia; e cosa importa se solo pochi
mesi fa nel Darfur la roncola era di nuovo all'opera: tanto noi
occidentali per purificarci celebriamo le giornate della Memoria
per non dimenticare gli stermini. Cosa importa, a noi, se il
presidente brasiliano, Lula, assiste all'abbattimento della
foresta amazzonica, polmone verde dell'umanità, perché costretto a
rendere seminativa una area pari alla nostra Sicilia, al solo
scopo di pagare il debito estero alle nazioni industrializzate:
tanto noi società opulenta ricorriamo ai salvifici blocchi
automobilistici e alle targhe alterne.
Cosa importa se il
mezzogiorno d'Italia mantiene inalterata la sua depressione
economica, sociale e culturale, ed è abbandonato dalla classe
dirigente a serbatoio cui attingere mano d'opera a buon mercato:
tanto noi meridionali siamo figli "in" Cristo. E in Cristo ci
identifichiamo: ci facciamo olocausto della sofferenza nella
speranza di conquistarci, non in questo mondo, la redenzione. Cosa
importa di tutto questo a noi "piccoli borghesi" abbastanza
rubicondi e televisivamente acculturati: tanto i problemi
esistenziali li esorcizziamo in una sorta di catarsi mediatica
collettiva quando all'ora di pranzo il "Grande Fratello" ci passa
immagini, del terzo mondo, indigeste che impastiamo con i bocconi
ringraziando IDDIO della ciotola piena che a noi "fortunati" ha
concesso.
Perché come scrutava Aristotele: "Curiosamente anche le
scene più tragiche di sofferenza lasciano negli spettatori un
senso non di depressione ma di sollievo; perché le emozioni di
paura e di pietà vengono scaricate dallo spettatore attraverso la
tragedia rappresentata producendo l'effetto purificatore del
dramma". E così dopo aver "digerito" la rappresentazione del
dramma dell'umanità riprendiamo indifferentemente a vegliare sulle
nostre singole misere condizioni. Tanto, quando la ciotola sta per
svuotarsi, come le casse dei due Comuni dei Monti Dauni pugliesi,
l'homo civicus meridionale, che è ancora un querulo questuante,
corre precipitosamente a mettere il cappello per terra aspettando
che il passante istituzionale gli ricolmi la ciotola.
L'acqua è poca e la papera non galleggia: ma ancora non ci si
accorge che l'indolente sentimento cristiano del "volemose bene" è
una cosa astratta, e che in una società fondata sul libero mercato
non ha diritto di cittadinanza? E che la solidarietà non può
venire dalle istituzioni statali perché le èlites civili sono
vincolate a rispondere agli interessi della borghesia industriale,
alla borghesia fondiaria e delle rendite come le assicurazioni e
le banche, perché queste legano loro le mani?
Lungo il complesso processo democratico unitario la solidarietà è
stata elargita dallo Stato finanziandola col debito pubblico,
addebitandola quindi alle successive generazioni. Le istituzioni
civili dispensavano assistenza non perché erano timorose di Cristo
ma perché timorose del pericolo comunista. Per le classi
dirigenti, il cristianesimo è un concetto astratto perché la
produttività ha avuto sempre cura del fatto che la gran
maggioranza delle persone, uguali solo in diritto, riceva solo lo
stretto necessario per vivere o neppure quello. Così mentre le
èlites banchettano, le masse, non avendo coscienza politica, per
alleviare la morsa della fame, si rifugiavano nella preghiera e
nella intercessione dei santi.
La verità cristiana è uguale solo a parole: cosa ce ne facciamo
della rilevatrice verità cristiana se poi in fondo si condanna
solo a parole chi produce scientificamente miseria e umana
prostituzione? se poi continuiamo con querimonia ad elemosinare un
sacco di farina, giusto per lenire i crampi della fame; senza
mettere in discussione le contraddizioni che sono intrinsecamente
espressione di una società che ha in se il germe dell'edonismo
reazionario?
Si è riunita nel comune di Pietramontecorvino nei giorni scorsi la
giunta regionale presieduta dal comunista Nicki Vendola. Sarà
ancora un atto di mera solidarietà concesso da chi ne ha voglia a
chi ne ha bisogno!? Per dimostrare astrattamente che le
istituzioni civili sono vicine ai cittadini!? Le popolazioni del
subappennino dauno meridionale valgono più di un voto dei neri del
Rwanda e del Darfur lasciati soli davanti all'ignavia del
"cosiddetto" mondo civile occidentale mentre si massacravano a
colpi di machete?
Il neogovernatore comunista Vendola sarà tanto coraggioso da
allentare i cordoni della borsa e farsi guidare dal principio
cristiano non della carità ma della verità; mettendo al centro
della politica l'uomo e i suoi bisogni, svincolandosi
dall'ubbidire solo alla fredda logica del capitale?
Vendola è un poeta. Per la sua soggettività politica e culturale,
che faceva immaginare il sopraggiunto MOMENTO ETICO
rivoluzionario, è stato presentato dalla stampa come un corsaro.
Essendo lui uomo "radicale", quindi, mi auguro che oltre alle
parole ricordi che solo la PRAXIS e cioè l'ATTO UMANO può
eliminare le ingiustizie. Perché i problemi dell'uomo si risolvono
solo all'interno della PRAXIS. E non riducendo il cittadino ad un
querulo questuante.
Per noi abitanti della avanzata italica nazione, che si fregia di
essere la sesta potenza industriale, ma che tiene scientemente da
oltre 150 anni un terzo del territorio arretrato, è arrivato il
momento di prendere coscienza che l'odio di classe, delle èlites,
promuove la nostra integrazione di cittadini di serie B nella
società del benessere come i negri in America che lottano da
diversi decenni non per affrancarvisi dallo sfruttamento ma per
integrarvisi, appunto.
La solidarietà era figlia del muro di Berlino, e che caduto il
muro sono esplose le contraddizioni spingendoci verso l'era della
roncola, come tristemente testimoniano i lutti rwandesi e del
Darfur. E la funesta dichiarazione di dissesto finanziario dei due
comuni pugliesi Pietramontercorvino e Casalnuovo Monterotaro,
avvenuta per riduzione della solidarietà coincidente con i tagli
al trasferimento erariale.
Concludendo, mi pare abbastanza chiaro che il bisogno di vivere
che esprimono le popolazioni dell'entroterra dauno implica un
concetto etico che chi ha fame ritiene che sia giusto che egli
sopravviva e ingiusto che egli muoia di fame, perché come diceva Sartre: IL BISOGNO È ESSO STESSO RADICE DELLA MORALE. Ed ecco
perché, penso, che solo il comunista Vendola può veramente
accollarsi i veri problemi esistenziali delle genti pugliesi di
cui è oggi il loro più coraggioso presidente che per mezzo della
praxis può pervenire ad una società più umana. Perché il compagno
Vendola lo sa che non si tratta di avere fede per trasformare un
uomo in uomo umano, ma si tratta di esigerlo ribellandosi
all'alienazione di una società costruita su una falsa economia di
mercato che dovrebbe portare benessere in ogni angolo di terra,
mentre genera ingiustizie povertà sfruttamento e infine guerre.
A Vendola, domando: con quale coscienza universale vuole
affrontare i mali di una società complessa come la nostra? Il
dissesto finanziario dei due comuni del subappennino dauno è stata
forse una provocazione per ricordare ancora una volta a Roma e a
Bari che la ciotola è vuota e che quanto meno va ricolmata.
Pietramontecorvino e Casalnuovo Monterotaro non saranno purtroppo
l'epicentro della PRAXIS. A meno che il poeta corsaro con il suo
coraggio intellettuale non ponga su nuove basi il dibattito
politico brandendo il vessillo della VERITA' ammainando la
bandiera desueta della carità concessa da chi ne ha voglia a chi
ne ha bisogno.