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Vernacolo ebraico-livornese

   

Il Bagitto (o Bagito?) è un idioma ebraico-livornese parlato comunemente nella città di Livorno fino alla seconda guerra mondiale.
Questo parlare era derivato dal giudeo-spagnolo e più precisamente dal castigliano, dopo la cacciata del XV secolo ad opera di Caterina d'Aragona. I Sefarditi che arrivarono a Livorno, in un primo tempo sembra siano stati portoghesi marrani, tornati all'ebraismo successivamente formarono una aristocrazia mercantile che aveva creato una trama di rapporti con molte città europee. Livorno fu una di queste e per la loro forza economica fino al 1715 furono la presenza predominante, anche se fu una aristocrazia chiusa.
La parola "Bagitto" si formalizza nel '700, in relazione alla distorsione linguistica creatasi a Livorno. Infatti, da una parte c'erano i marrani che parlavano una lingua alta, burocratica, dall'altra i profughi castigliani, ebrei di quarta generazione, con una "parlata bassa", che erano stati sudditi del Sultano di Costantinopoli, prima di trovare ospitalità nella città labronica dopo la cacciata.
Il "Bagitto" deriva quindi dal castigliano "Bagio" che vuol dire cosa di poca importanza, di poco conto, bassa, ed è questo un fossile linguistico propriamente livornese come la famosa parola roschetta.

 
Questo, come fatto popolaresco, gergale, del basso popolo giudeo-livornese sopravvisse fino alla seconda guerra mondiale, periodo questo che registrò la dispersione ebraica livornese.
Parlare Bagitto non era consentito né dai genitori, né dagli insegnanti e coloro che lo facevano costituivano un gruppo a sé stante. Era un modo di parlare furbesco, tipo il gergo della malavita, per non farsi capire, specie nei rapporti commerciali e sopravvisse in maniera rara e sintetica.
Le caratteristiche erano l'accento nasalizzato, tipico dell'ebraismo della diaspora, con ricchi scambi di consonanti e vocali, con gran quantità di italianizzazione di parole ebraiche come "aclare" per "mangiare"; "inzecchinare" per "invecchiare", "gannarione" per "ladro" e con l'adozione di termini spagnoli italianizzati come "tornare" e "roschetta".
Questo fenomeno rappresenta come fosse forte l'integrazione ebraico-spagnola.
La letteratura bagitta è piuttosto povera e annovera solo una decina di autori. Fra questi Giovanni Guarducci, risorgimentale e garibaldino che scrisse in versi di varia misura, Giulio Parlani e attualmente Gabriele Bedarida, al quale va il merito di aver preso il Bagitto delle frequentazioni dei primi anni del '900 e di aver composto sonetti pregevoli e simpatici.