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   di Giuliana Parigi

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               Cariatidi

[ M. Campigli - Cariatidi particolare ]
Mi parvero, in quel finire di luce, due figurine, due donne di Campigli. Due cariatidi. Anche se non reggevano niente, o forse sì, si sorreggevano l'una l'altra.

Che fosse stata una giornata di sole si capiva dal riflesso che ancora ne rimaneva su un'unica nuvoletta che faceva da cappello alle colline. Ero arrivata lassù per sconfiggere l'afa. Mi premiava una brezza leggera e una visibilità che non mi sarei aspettata. Tutto scintillava perfetto; ogni cosa appariva con il suo contorno esatto.

Erano lì sedute immobili, una a fianco all'altra, strette strette, in silenzio, quasi devoto, lo sguardo perso lontano, dritto davanti a loro. Sedevano su una panchina fatta di ciottoli di fiume; sagomata intorno ad un'aiuola lussureggiante di fiori. Stavano impettite, irrigidite: forse per questo ho pensato alle cariatidi. Una, la più giovane, aveva messo la borsa dietro la schiena per rendere più comoda la seduta.

Lì eravamo nel piazzale più famoso del mondo: da sinistra a destra si vedevano, nel fascino del tramonto, campanili, cupole, torri, loggiati, ponti……… Forte Belvedere, Santo Spirito, il Cestello, Palazzo Vecchio, Orsanmichele, Badia Fiorentina, il Bargello. Ed ecco la "triade" indimenticabile del Bel San Giovanni - Campanile di Giotto - Cupola del Brunelleschi; e ancora la Biblioteca Nazionale, e quasi che ti par di toccarla, Santa Croce. E poi palazzi, palazzi e il nastro dell'Arno con i suoi, celeberrimi, ponti fino alla torre San Niccolò.

Sicuramente si trattava di madre e figlia. Una somiglianza impressionante. Le divideva una ventina d'anni: 60 la più giovane, quasi 80 l'altra. Mi inquietavano; come due persone ostili fra di loro, ma costrette dalla vita a dividere spazi, tempi, perfino pensieri.
Il loro sguardo, ora, si era spostato; era stato attratto dall'andirivieni di turisti che tutto ad un tratto stavano invadendo i tavolini del bar fino allora deserti. Un allegro cicalare; una chiassosa comitiva che prendendo posto continuavano a indicare giù verso le meraviglie che andavano accendendosi di luci.
L'interessarsi dell'arrivo aveva reso le due donne meno rigide, più umane e mi decisi a sedermici accanto. Anche perché era il miglior posto di osservazione verso lo splendido panorama.

[ E. Chaplin - La Puerpera ]Istintivamente si ritirarono per farmi posto, stringendosi ancora di più.
Poi, quando il buio aveva già invaso tutto, iniziò fra di loro una quieta, confidenziale, pacificante conversazione. Frasi appena accennate con voce bassa e lenta, come fra coloro usi a spendere poche parole perché ci si capisce al volo, per una lunga frequentazione, ma soprattutto, per un'intesa perfetta che è stata amorevolmente coltivata.
Mi si ribaltò dentro l'impressione che ne avevo avuta e mi abbandonai a quell'aurea di pace che mi veniva da queste sconosciute. Cercavo nella mia memoria una nuova immagine per sostituirla a quella delle cariatidi. Mi vennero in mente i discorsi abbozzati, talvolta senza senso, cantilenanti, sussurrati, che le madri tengono ai figli, per introdurli dolcemente nel mondo, mentre li allattano… qui era la figlia che con tenera voce pareva spalancare alla madre le novità di un mondo in corsa frenetica.
Ma lei riportava sempre lo sguardo sulle "cose antiche" e sospirando le batteva leggera la mano sulla coscia.