Subito
la prima mattina che ho preso il treno per Roma, mi è
dato di incontrarla.
Porta lunghi capelli castano chiari legati a coda di cavallo
come usava mia sorella Nena. Usa per legare dei piccoli foulard.
Noto che predilige il giallo. Ha una figura slanciata che la
fa apparire più alta di quello che è: ci se ne
accorge quando le passiamo accanto.
Non ho mai visto le sue gambe sempre imprigionate in pantaloni
o gonnellone stile folk.
È giovane! Questo si. È una studentessa; ha sempre
strane sacche piene di libri. Ma non ne prende mai uno. Sfoglia
riviste. Profuma di chewing-gum che mastica -per fortuna discretamente-
in continuazione. Li sostituisce spesso -per fortuna, ancora,
quelli consumati li mette in un fazzolettino di carta ... non
li lascia a disposizione di scarpe, o peggio, altrui-.
Ci incontriamo quando vado a Roma per il mio primo seminario
che terrò fino a giugno. Non so se lei prende il treno
anche in altri giorni.
Alla quarta settimana mi sorride. Ha delle deliziose fossette
e una sottile trama di pelle. Le sue labbra sono due fessure
taglienti. Mi fanno pensare che sia un tipo volitivo.
È il secondo mese di viaggi che succede la storia del
libro. Ancora non ci siamo scambiati una parola.
Quel
giorno, e poi per i seguenti, appena Elena (le ho appioppato
questo nome) si siede tira fuori un libro dalla sacca di turno:
il libro è sempre lo stesso. Copertina arancio scuro telata;
argomento ingegneria. È un libro monumentale. Non lo apre
mai, ma lo tiene bene in vista. Alla stazione di M. si alza va
ai finestrini, sbircia fuori con pignoleria e tiene alto il libro
come se fosse un ostensorio.
Un giovedì mattina Elena scende in fretta a Roma; il treno
è in ritardo da pazzi. Il libro rimane lì.
Me ne impossesso golosamente. Penso già che avrò
la possibilità di entrare in contatto con lei.
Alla sera mi trovo a telefonare ad un numero che c'è scritto
a matita sulla prima pagina bianca dopo la copertina. Evviva!
È un numero di Roma.
Vagheggio già dove incontrarla e portarla a spasso.
" Sia lodato Gesù Cristo. Istituto Suore dei Poverelli,
mi dica. "
rimango in silenzio.
" Pronto, pronto! "
Farfuglio, mi impappino.
" Sul treno ho trovato un libro di Ingegneria con questo
numero. Volevo restituirlo alla ragazza che lo ha dimenticato.
"
" Ancora con questo libro! Ma è un po' curioso come
scherzo, non trova?! Qui non ci sono signorine, ma suore ed anziani
poveri.
Sia lodato Gesù Cristo. "
Un po' rimbecillito mi consolo pensando che presto rivedrò
la ragazza e le ridarò il libro.
Ma, per due settimane non la incrocio e mi ritrovo a tenere io
in bella vista quel libro. Anzi alla stazione di M. mi sono alzato
a guardar fuori con il libro in mano, ma per cercare cosa?
Eccola!
" Oh! L'ha trovato lei? Meno male! Anche se a questo punto
sarebbe più logico portarlo agli oggetti smarriti. "
" Ma non è suo? "
" No! Un ragazzo che ha finito il corso a Roma l'aveva trovato
in treno. L'aveva lasciato una biondina allampanata con i capelli ritti in testa
a corona, color carota. L'apparecchio ai denti. Tatuaggi e piercing
dappertutto. Dice che saliva sempre a M. e che non potevo sbagliarmi!
Che non provassi a telefonare al numero che c'era scritto. L'aveva
già fatto lui e rispondeva una specie di Casa di Riposo
tenuta da Suore... e non gli pareva proprio che quella fosse
tipa per simile ambiente.
Comunque, siccome la storia mi sembrava poco credibile ho fatto
telefonare da un amico. Era tutto vero!!!
Ora che facciamo? A proposito, per caso ha telefonato anche lei
a quel numero? "
Non ho avuto il coraggio, chissà poi perché, di
dire la verità.
Comunque, il ghiaccio era rotto. |