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   di Giuliana Parigi

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               Al di là del muro


Al di là del muro si stendevano chilometri di campi. Pura campagna. Rovente e piena del suono delle cicale, d'estate; brumosa, quando l'autunno volgeva al termine e lasciava il passo all'inverno che la rendeva silente e dura.
In primavera notavi il risveglio; il tenero verde e qualche vago fiore qua e là, la rendevano più morbida.
Ma in complesso ti faceva venire in mente Il Deserto Dei Tartari. Come diceva Cosimo con aria di sufficienza.

[ Renuccio Renucci - Paesaggio ]


Eppure è là che colloco i miei anni migliori, quando mi raggiungevano i miei cugini più piccoli. I cittadini. Al di là del muro ero il padrone assoluto; la mia conoscenza smisurata. Potevo guidarli, di zolla in zolla, fino alle "cascate", pescare con la forchetta un'anguilla, accendere un fuoco, costruire un riparo, cogliere frutti dagli alberi più alti, rotolarmi per il pendio senza graffiarmi, scovare nidi di uccelli e di serpi, riconoscere il verso degli animali... guardare il cielo e chiamare le stelle per nome.
Eppure Cosimo, appena sei mesi meno di me, mi pareva un gigante. Irraggiungibile.
Dormiva in camera con me. Bianco come il latte, un accenno di barba talmente nera che pareva una macchia. Si muoveva come se non si muovesse: cosciente del suo corpo, delle sue emozioni, di quanti lo contornavano.
Stravaccati in due vecchie poltrone, chissà come arrivate fin qui, lo ascoltavo per ore "raccontarmi" le sue tante letture. Diceva lui. Mondi lontani, civiltà scomparse, religioni misteriose, uomini dalle mille risorse e dalla vita vissuta pericolosamente sempre vincenti; nere foreste, deserti di fuoco, praterie sconfinate abitate da animali e piante a me sconosciuti.
Ero certo che si inventasse tutto per far colpo su di me.
Eppure non lo mollavo e quando se ne era andato insieme a Lilli e Pietro e a Moreno, provavo a disegnare le sue narrazioni fiume.

[ Ottone Rosai - Paesaggio ]
Al di qua del muro c'era una grande villa; villa di campagna ben squadrata, razionale. Comoda. Stanze ampie, ariose: cucina, salotti giù camere su.
Di fianco, staccate, costruzioni per gli attrezzi, per gli animali, per mangimi, per fare il pane, lavare e stendere.
Non un guizzo, un tocco estroso, originale; o forse si, uno strambo loggiato appoggiato al pozzo e il vecchio lavatoio riempito di rossi gerani.
Eppure Cosimo parlava di questa costruzione e degli annessi, come diceva la nonna, con un'enfasi che chi lo ascoltava a volte, poteva pensare si abitasse in una fortezza, o forse in un castello, una Villa Medicea; ovviamente, questi racconti li faceva agli amici di città.
Al di là del muro, c'era anche Marinella.
Cosimo ed io ci sfidammo a singolar tenzone -come diceva lui- per conquistarla.
E questo ci divise.
Al di qua del muro, Cosimo vincitore la portò ad abitare.
Fu allora che feci le valigie ed andai ad abitare in città. Una carriera strepitosa e fulminante, come diceva la mamma. Eppure il cuore, con le sue strane ragioni, mi rimase impigliato nel deserto dei tartari.


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