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   di Giuliana Parigi

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               A tutto c'è una fine

[ Tra Ingurtosu e Piscinas ]Una campagna così brulla e piatta non gli era mai capitato di vederla e, men che meno, gli era capitato di rimanere con la macchina in panne in un posto tanto desolato e deserto.
Si affidò al telefonino: ma non prendeva.
Si era di giugno, il mese delle giornate più lunghe. Erano appena le 11. Decise di aspettare. Possibile che nessuno passasse?
Possibile! Possibile!
Alle due si mise in cammino non senza prima aver preso dei punti di riferimento per ritrovare la macchina.
Fatti tre chilometri si sentiva spossato e accaldato e affannato e assetato e incavolato e drammaticamente impotente.
Gli ritornò alla mente suo zio Piero quando dopo tantissimi anni (lo avevano dato per disperso) riapparve dall'Africa. Faceva sempre lo stesso racconto: si era allontanato dal gruppo e si era perso nel deserto. Vagando, vagando. Una tribù lo aveva raccattato ecc. ecc. ecc.
Aveva capelli bianchissimi ritti sulla testa come se fossero una spazzola per pulire i vestiti. Due occhi ridotti a fessure per le innumerevoli rughe; le guance quasi una carta geografica: un reticolo che si intersecava e conduceva a delle straordinarie labbra rosee e carnose come quelle di una giovane donna. Non sorrideva mai, ma nemmeno si inquietava, incupiva, intristiva eppure non c'era fissità sul suo volto.
Passati i primi due mesi che tutti venivano a visitarlo, rimasero intere giornate loro due da soli con il sottofondo dell'eterno racconto.
La voce gli veniva fuori timida e gentile da un petto e spalle possenti.
Solo quando diceva il suo intercalare preferito "a tutto c'è una fine" usava un tono superiore, declamatorio e volgeva il suo sguardo intorno come se ci fosse un gran pubblico ad ascoltarlo.
Teneva le mani nascoste nelle tasche o dentro le maniche per via di alcune dita mancanti. Il perché di questa "disgrazia" non si riusciva a sbrogliarlo, ammesso che avesse voglia di parlarne, a volte era colpa di un ordigno, a volte di una punizione, a volte di un lavoro svolto male ...
Gli piaceva vestire elegante e molta della pensione se ne andava in abiti: per il resto era di una morigeratezza francescana. Al posto della cravatta portava però delle strane "sciarpine" di seta nera.