streghe

Era una sirena bellissima, cantava in maniera irresistibile, aveva lunghi capelli ed aveva in mano uno specchio in cui si rimirava compiaciuta. Il suo mito nasce come simbolo dell’impossibilità, e delle pericolosità, di giungere ad una conoscenza totale, cioè ad una pienezza di vita, se non si è ad essa preparati.

I Napoletani accolsero dai greci il culto delle Sirene, trasformando gli aspetti negativi in positivi, da esseri malefici divennero divinità da adorare nei templi. La città di Partenope fu fondata sull'isola dove la leggenda voleva fosse sepolta la omonima Sirena. Da secoli continua ad alimentare la fantasia di marinai e poeti, filosofi e pescatori. Il culto per questa Sirena (la dolce vergine) fu assai diffuso nel Golfo di Napoli e varie leggende si sono susseguite nel corso degli anni. Oggi, la sua statua, formata da un volto femminile di grandi dimensioni , dai capelli alzati e fermati attorno alla fronte in modo da gonfiarsi attorno al viso, è conservata nell'interno di Palazzo San Giacomo. Prima la statua, conosciuta come "Donna Marianna 'a capa'e Napule", era disposta a pochi metri dalla Chiesa di San Giovanni a Mare.

LEGGENDA

Antichissimi testi narrano che Partenope incantata dalla bellezza del golfo, distesa tra Posillipo ed il Vesuvio, avesse fissato lì la sua dimora. Ogni primavera la bella sirena emergeva dalle acque per salutare i Napoletani felici che popolavano il golfo, allietandoli con canti d'amore e di gioia. Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti: accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d'amore che la sirena aveva loro dedicato. Per ringraziarla di un così grande diletto, decisero di offrirle quanto di più prezioso avessero. Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnare i doni alla bella Partenope: la farina, forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle; le uova, simbolo della vita che sempre si rinnova; il grano tenero, bollito nel latte, a prova dei due regni della natura; l'acqua di fiori d'arancio, perché anche i profumi della terra solevano rendere omaggio; le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo; infine lo zucchero, per esprimere l'ineffabile dolcezza profusa dal canto di Partenope in cielo, in terra, ed in tutto l'universo. La Sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno alla sua dimora cristallina e depose le offerte preziose ai piedi degli Dei. Questi mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera, che superava in dolcezza . . . il canto della stessa Sirena.

Si racconta che Mariateresa D'Austria, consorte del re Ferdinando II di Borbone, soprannominata dai soldati "la Regina che non sorride mai", cedendo alle insistenze del marito buontempone, famoso per la sua ghiottoneria, accondiscese ad assaggiare una fetta di Pastiera e non poté far a meno di sorridere, compiaciuta alla bonaria canzonatura del Re che sottolineava la sua evidente soddisfazione, nel gustare la specialità napoletana. Pare che a questo punto il Re esclamasse: "Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo".

IL MITO

PARTENOPE INNAMORATASI PERDUTAMENTE DI ULISSE, CERCO' DI AMMALIARLO COL SUO CANTO E DI ATTRARLO A SE' NEL MARE PROFONDO. MA L'EROE LE RESISTETTE FACENDOSI LEGARE ALL'ALBERO DELLA NAVE. DISPERATA, LA BELLISSIMA SIRENA SI UCCISE, ED IL SUO CORPO FU SOSPINTO DALLE CORRENTI SULLO SCOGLIO DI SAN LEONARDO. SUL SUO SEPOLCRO I NAPOLETANI, CHE VIDERO NELLA BELLISSIMA SIRENA UNA INNAMORATA NON CORRISPOSTA, EDIFICARONO LA CITTA' DI PARTENOPE. LA MEMORIA DELLA BELLISSIMA SIRENA SOPRAVVIVE NEI SECOLI A DISPETTO DI TUTTE LE CALAMITA' DELLA NATURA E DI TUTTI I RIVOLGIMENTI DELLA STORIA, ED ANCORA OGGI NELLE SERE DI LUNA PIENA , LE FIDANZATINE, VANNO SULL'ISOLOTTO DI MEGARIDE E, TRA LE BRACCIA DELL'INNAMMORATO, ASCOLTANO . . . L'AMMALIANTE CANTO D'AMORE DI PARTENOPE.