È morta Louise Brooks
l'anticonformista Lulù che detestava Hollywood
 
di Giuseppe Piacentino ("Il Giornale", 10 Agosto 1985)
 

Di Louise Brooks va detto, anzitutto, che è stata e sarà per sempre un caso irripetibile nella storia del cinema. Il caso si può sintetizzare così: una carriera brevissima, un personaggio - quello della Lulu di Wedekind - che la rese memorabile, una storia personale poco conosciuta a causa dell'omertà con la quale Hollyood castigò le intemperanze dell'attrice.
          Come Lautreamont scomparve dietro la propria opera letteraria, così la Brooks ci appare oggi come un enigma nascosta dietro alla propria immagine. I film da lei interpretati sono pressoché sconosciuti, in qualche caso irriperibili; e tuttavia il suo volto, come ce lo tramandò appunto il film Lulu di Pabst, resiste a mo' di inquietante immaginetta del cinema muto.
          Il volto - anzi il look, come si dice oggi - fu la forza trascinante di Louise Brooks e ne determinò il passaggio memorabile del cinema. Era un ovale perfetto e luminoso. Il chiaro delle pelle era contrappuntato da due incandescenti occhi corvini: Ma l'elemento più significativo consisteva nella pettinatura, 'a caschetto', con una virgola di capelli scolpita fin sulla guancia. Questo aspetto incendiario come la capocchia di un fiammifero nacque, su suggerimento della madre, quando la quindicenne Louise abbandonò la famiglia per tentar fortuna (e tuttora non è un caso ritrovarlo su poster o su disegni: la Valentina di Crepax è nata su questo modello).

           Non ebbe torto Lotte Eisner quando, a proposito di Lulu, affermò che Louise Brooks, "seppe stimolare al massimo un regista piuttosto disuguale. L'evoluzione di Pabst si ridurrà al suo incontro con un'attrice che bastava lasciar muovere sullo schermo anche senza dirigerla, perché la sua presenza riuscisse a dar l'essenza dell'opera d'arte. Enigmaticamente impassibile, è una grande artista o semplicemente una creatura stupenda. Con un'affascinante presenza femminile ella incarnava, comunque, ciò che aveva cercato Wedekind: la forza erotica d'una singolare creatura terrestre, dotata di bellezza animale, ma priva di qualsiasi senso morale, e incosciente nel compiere il male".
          La sua ascesa fu breve, quanto la sua uscita di scena. Nata nel 1906 a Cherryvale, nel Texas, da una famiglia che ne stimolò gli interessi culturali e ne promosse il bisogno d'indipendenza, Louise Brooks cominciò come ballerina delle Ziegfeld Follies, e nel 1925 venne già notata dalla Paramount. Il suo primo successo arrivò tre anni dopo, alla Fox, con Capitan Barbablù di Howard Hawks, ma il suo apporto alla storia del cinema resterà legato a tre film europei: Lulu e Il diario di una donna perduta di Pabst, e Miss Europa di Genina.
          Pabst le predisse: "La tua vita è esattamente come quella di Lulu: finirai nello stesso modo". Louise non venne accoltellata da Jack lo Sventratore bensì da Hollywood. La Mecca del cinema non le perdonò le levate di capo: a letto Louise preferiva un cascatore ad un produttore, la sua cultura e la sua passione per i libri erano un'eresia nell'ambiente fatuo dove lavorava, rifiutò di doppiarsi in un film perché in quel momento aveva altri divertimenti per le mani, e addirittura commise l'imprudenza di lavorare per gli europei. Una volta disse della sua esperienza a Hollywood: "Nessuna carriera al mondo somigliava maggiormente alla schiavitù".
          A 24 anni la carriera di Louise Brooks era praticamente finita. Il suo ultimo film fu Cavalca e spara con John Wayne, nel 1938. La ragazza che aveva messo a rumore l'elegantissima Park Avenue di New York, col suo comportamento anticonformista, si ridusse in miseria. Pensò di far la modella, la puttana di lusso, continuò col gin, s'impiegò come commessa ai grandi magazzini Saks. Poi si rifugiò a Rochester, da dove affrontò Hollywood a modo suo: scrivendo un'acuta serie di ritratti, pubblicati due anni fa in volume (Lulu a Hollywood).
          Le più recenti immagini dall'esilio sono impietose: l'ovale s'era asciugato su una maschera spigolosa, la bocca s'era piegata all'ingiù, come per disgusto, e una fronte alta e convessa era apparsa laddove una volta era scesa l'indimenticabile frangetta.

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