E' morta Louise Brooks. Lulu mai dimenticata

di Gian Piero Brunetta ("La Repubblica", 10 Agosto 1985)

 

Nella prima edizione dello Schermo demoniaco, nel 1954, Lotte Eisner, parlando di Lulu e del Diario di una donna perduta di Pabst si poneva questo interrogativo:  "Louise Brooks è stata una grande attrice o soltanto una splendida creatura la cui bellezza spinge lo spettatore a collegarla con delle complessità e profondità di senso di cui lei stessa era inconsapevole?". Qualche anno dopo l'aveva incontrata a Parigi e l'impressione era stata così forte da spingerla a modificare in questo modo il testo originale nella seconda edizione: "Oggi noi sappiamo che Louise Brooks è un'attrice notevole, dotata di un'intelligenza fuori del comune, e non solo una splendida creatura". Non credo vi siano dubbi: anche senza essere mai entrata nel Gotha del divismo hollywoodiano tra le due guerre e con una fama raggiunta soprattutto grazie a tre film girati in Germania e Francia con un regista tedesco e uno italiano, Louise Brooks è stata una delle attrici più dotate di quell'energia magnetica (qualcosa di simile allla luccicanza o shining del film di Kubrick) capace di trasmettersi e durare nello spazio e nel tempo. Il suo ricordo ha continuato a vivere e il suo culto a diffondersi e a crescere ovunque nonostante sia praticamente uscita dal cinema da almeno una cinquantina d'anni. L'eccezionalità del fenomeno è data soprattutto dal fatto che il suo mito è nato fuori da Hollywood e si è sviluppato nonostante la produzione americana abbia fatto di tutto per cancellarlo al più presto.

C'era, nel comportamento della giovane attrice, giunta, come tante, a Hollywood dall'inesauribile vivaio delle girls del grande Ziegfeld, qualcosa di anomalo e diverso. Un'attenzione minima e una capacità nulla di amministrazione del proprio corpo, e un desiderio sfrontato e folle di sfidare, dallo schermo, i sacri mostri della scena teatrale, la Duse e Sarah Bernardt. Louise era convinta che la grandezza del film "non consista nei movimenti esterni della faccia e del corpo, ma nei movimenti interni dell'anima e del pensiero trasmessi in una sorta di intenso isolamento" e si comportava di conseguenza davanti alla macchina da presa.
          Dovendo purtroppo fare i conti con una realtà produttiva che misurava in centimetri e in libbre le doti e i movimenti più artistici di un'attrice, è naturale che incontrasse qualche difficoltà nel comunicare e far trionfare subito il suo credo sia tra i produttori che nei confronti del pubblico. Ques'ultimo, nella sua sordità e cecità, non veniva impressionato affatto dal suo carisma spirituale, tutt'al più vedeva in lei semplicemente una ragazzina bruna, dall'aspetto molto vivace, il cui principale
carattere distintivo era dato da una pettinatura a caschetto e da due grandi occhi dal colore scuro e cangiante.
          Era nata il 14 novembre 1906 a Cherryvale nel Kansas, in una famiglia benestante. Molte cose della sua vita le ha raccontate nello splendido
Lulu in Hollywood, variante moderna, dichiarata fin dal titolo, di Alice nel paese delle meraviglie, riscritta in forma aforistica sotto l'influsso di Karl Kraus. Aveva scritto anche un'autobiografia, qualche anno fa, ma ha preferito bruciare il manoscritto prima di consegnarlo all'editore.

Poi, attraverso una serie di articoli, dal titolo significativo (Perché non scriverò più le mie memorie) ha spiegato che, se non amava introdurre il lettore nei misteri della sua vita, lo faceva soltanto perché sapeva che qualsiasi storia avesse costruito, per quanto vera o verosimile, era già stata raccontata da altre attrici centinaia di volte.
          Meglio lasciare scorrere il flusso dei ricordi isolando qua e là dei momenti, delle figure, dei giudizi. Come arma prediletta Louise usa l'ironia, ma gli effetti di alcuni suoi colpi incidono a fondo come sciabolate, o sono devastanti come veri e propri ordigni esplosivi. "
Il suo vero successo - ha scritto a proposito di un'attrice di serie B - è stato la morte, nel 1958, dopo il quinto tentativo di suicidio".Non meno netto il giudizio sulla divina Garbo: "Proust ha fatto una brillante osservazione: -E' incredibile il livello a cui può giungere la mediocrità a contatto con il mistero. - Non è una frase bellissima per la Garbo?". Quanto a Hollywood il suo soggiorno è ricordato in questo modo: "Con poco denaro e pochissima fiducia in me, rimasi a Hollywood, in mancanza di meglio ... Hollywood, questo triste luogo ... questa inumana fabbrica di sogni ... dove io ero una straniera".
          Fin da giovanissima comincia a ballare ("
a dieci anni ero in pratica una ballerina professionista") e la sua storia è del tutto analoga a quella di decine di altre attrici dell'epoca, giunte a New York dalla provincia, assunte nella compagnia di Ziegfeld e poi partite alla ricerca dell'oro della California.

A differenza di attrici come Paulette Goddard, per esempio, Louise Brooks non era una cacciatrice di dote e non intendeva fare alcun affidamento sulle proprie doti fisiche. Giunge a Hollywood nel 1925, e per qualche tempo lavora in piccole parti fino a che Howard Hawks, nel 1928, le propone di interpretare la parte di protagonista di A girl in every port. Il film racconta la storia di un'amicizia virile tra due marinai, ma questo dettaglio non impedisce a Louise di richiamare per la prima volta con forza l'attenzione del pubblico sul proprio corpo.
         Per la verità qualche esempio delle sue capacità di seduzione lo aveva già offerto un paio d'anni prima, pur interpretando un ruolo secondario in
Love 'em and leave 'em di Frank Tuttle. Nel 1928 aveva recitato con Wellman con un ruolo da protagonista in Beggars of life ("ero affascinata dal tranquillo sadismo di William esercitato stando dietro alla macchina da presa soprattutto nei confronti delle donne").
         Poi Pabst le chiede di andare in Germania a recitare in
Die Büchse der Pandora, Lulu, tratto dal dramma di Wedekind preferendola, all'ultimo momento, a Marlene Dietrich. Sotto lo sguardo implacabile della macchina da presa di Pabst, Louise subisce una metamorfosi straordinaria e dà finalmente la misura esatta della sua forza e dei suoi poteri di fascinazione. Lasciamo la parola a Lotte Eisner, che ci ha lasciato una pagina bellissima sulla sua interpretazione: "Ella sprofonda nei cuscini, si muove, si carica sul ventre, a metà eretta in una posizione di sfinge ... La macchina da presa si tuffa in avanti, e scruta il viso impassibile di Lulu, l'obiettivo indugia, segue la linea perfetta del volto, la madreperla luminosa della pelle, la frangia di capelli laccati, l'arco nitido delle sopracciglia, l'ombra palpitante delle ciglia ... Pabst fissa a più riprese la fisionomia di Lulu, il suo viso visto di sbieco: l'espressione è così voluttuosa, di una voluttà così animale, da sembrare quasi priva di individualità".
         Nel successivo Diario di una donna perduta
, diretto ancora da Pabst, il viso di Louise "è simile a un petalo in fiore" e la sua bellezza sfolgora, pur seguendo la vicenda tutte le tappe di un prevedibile melodramma.
         Dopo l'esperienza tedesca, Louise recita anche in Francia con un regista italiano, Augusto Genina, in
Prix de beauté, film che avrebbe dovuto essere diretto da René Clair. "La vostra vita è esattamente quella di Lulu e voi finirete nello stesso modo" le profetizza Pabst prima che abbandoni la Germania, dove avrebbe voluto che Louise rimanesse, forse non solo per ragioni professionali.
         Ci vuole un po' di tempo prima che l'attrice si ricordi di queste parole, e sono necessari soprattutto alcuni anni a Hollywood di mediocri occasioni, di routine umiliante, e soprattutto di lavori come ballerina nei night per poter sopravvivere in mancanza di offerte di lavoro soddisfacenti. Negli anni Quaranta, decide di rompere definitivamente i ponti col cinema, fa le sue valigie e torna a casa. Il suo isolamento, la sua solitudine non accrescono il suo odio, ma neppure il suo senso di nostalgia per il paradiso perduto.
         Trasferitasi a Rochester, si mantiene attiva scrivendo articoli, leggendo, facendo ancora qualche fuggevole apparizione pubblica. Ma in fondo, come nel
Ritratto di Dorian Gray, chi conserva intatta tutta la sua bellezza, sfidando il trascorrere del tempo, è Lulu, la cui immagine continuerà a lungo a turbare i sonni di molti adoratori sparsi ancora ovunque per il mondo. Louise era troppo intelligente per essere gelosa e ridursi a vivere il resto dei suoi anni all'ombra del suo personaggio: per tutto questo tempo ha vissuto la propria vita senza dipendere o sfruttare parassitariamente il proprio mito, ma anche senza recidere del tutto il legame con il suo personaggio. Ora che questo deve necesariamente avvenire le salutiamo e ricordiamo entrambe, Louise con commozione e Lulu con intatta ammirazione. Lulu che, in questo momento, ci sembra più bella e seducente che mai.

 

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