Melanoma nodulare

Cellule di melanoma infiltranti il derma

Melanoma a diffusione superficiale

( da C. Urso: Diagnosi istologica del melanoma cutaneo. In L. Borgognoni, L. Martini, V. Giannotti. Il melanoma cutaneo: attualità e prospettive. Firenze, Giorgi & Gambi ed., 1999: 11-14)


Diagnosi istologica del melanoma cutaneo

La diagnosi istologica del melanoma è una conquista recente, è infatti solo dalla seconda metà degli anni 60 che è cominciato faticosamente ad emergere il profilo patologico del tumore, ad opera sopratutto di alcuni colleghi oggi scomparsi. Sophie Spitz che, morta a soli 46 anni, ha insegnato che atipia citologica e disordine architetturale non equivalgono costantemente a malignità, separando il cosiddetto melanoma giovanile benigno, oggi nevo di Spitz, dal melanoma maligno; Vincent McGovern, scomparso in un incidente stradale nel 1983, che ha riconosciuto assieme a Clark, l’istotipo più frequente di melanoma, il melanoma a diffusione superficiale; Wallace Clark, scomparso nel 1997, verso cui il debito è enorme, dalla classificazione istologica del melanoma usata oggi in tutto il mondo al sistema di stadiazione in livelli che usiamo quotidianamente; Alexander Breslow, infine, che col semplice gesto di avvicinare un centimetro all’oculare del microscopio ha misurato lo spessore del melanoma, trovando il parametro prognostico più importante, che resiste ancor oggi tra tecniche sofisticate. Ma perché è difficile la diagnosi del melanoma? La diagnosi del melanoma è resa difficile, in tutto o in gran parte, dalla esistenza dei nevi. Queste entità, così comuni e tuttavia così enigmatiche, possono mostrare infatti caratteri citologici e architetturali molto variabili, talora allarmanti e straordinarie analogie col melanoma: le cellule neviche iniziano a proliferare alla giunzione dermoepidermica, come le cellule di melanoma, e, caso forse unico in patologia benigna, ad un certo momento attraversano la membrana basale epidermica, passando nel derma, come le cellule di melanoma, ma, a differenza di queste, senza malignità. Queste impressionanti somiglianze morfologiche associate a comportamenti biologici fortemente divergenti creano spesso grandi difficoltà nella diagnosi del melanoma. Nevi e melanomi hanno certamente caratteristiche proprie che ne permettono la distinzione, ma in entrambi gli schieramenti si annidano formidabili simulatori. Innanzitutto i nevi che simulano il melanoma: il nevo di Spitz che spesso mostra marcate anomalie citologiche e architetturali, ma che ha un comportamento benigno; il nevo di Reed, caratteristico di pazienti di sesso femminile e localizzato spesso agli arti inferiori, considerato una sorta di variante iperpigmentata del precedente; il nevo desmoplastico, speciale variante di nevo ove la desmoplasia e alcuni caratteri citologici possono creare quadri inquietanti; il cosidetto nevo profondo penetrante, lesione imparentata in qualche modo coi nevi blu e coi nevi combinati che può raggiungere anche l’ipoderma, proponendo preoccupanti interrogativi, il nevo ricorrente dopo parziale asportazione, ove la rigenerazione irregolare dei melanociti giunzionali crea quadri di difficile interpretazione, i nevi di determinate sedi come i nevi dei genitali, i nevi plantari e palmari, che possono mostrare irregolari architetture e fenomeni di pseudoinfiltrazione, e infine il nevo displastico, entità sulla quale non si è raggiunta una concordanza sui parametri diagnostici, ma che mostra proliferazione lentigginosa, proliferazione a nidi disordinati, discariosi, fibrosi e flogosi dermiche. Poi i melanomi che simulano i nevi: il melanoma nevoide che mostra architettura e citologia falsamente tranquillizzanti e blanda citologia e il melanoma a piccole cellule, con cellule piccole nevocitosimili, di difficile differenziazione rispetto alle vere cellule neviche. Ancora, lesioni che simulano i simulatori come il melanoma spitzoide, melanoma a cellule fusate che simula il più classico dei simulatori, il nevo di Spitz. Ma non è tutto, nevi e melanoma non si escludono a vicenda, ma esiste la possibilità che un melanoma insorga su un preesistente nevo: il melanoma su nevo. Per orientarsi in questo intricato labirinto di lesioni che qualche volta dicono la verità, ma che troppo spesso mentono, accanto alla istologia tradizionale (ematossilina-eosina e istochimica) sono state messe in campo numerose nuove tecniche: immunoistochimica (proteina S 100, HMB45, NK1/C3, Ki 67 [MiB1], PCNA, NSE, PALM 1, PALM2, etc.), cinetica cellulare (label index con timidina triziata), citofluorimetria e biologia molecolare (PCR), ma a tutt’oggi non esiste la molecola magica che rivela la malignità, che distingue il melanoma dal nevo. Di queste tecniche speciali, solo alcune sono utilizzate nella diagnostica. La proteina S100, positiva nelle cellule neviche e nelle cellule di melanoma, può essere utilizzata per una valutazione di alcuni parametri prognostici (livello e spessore), per riconoscere cellule di melanoma in lesione in pressoché totale regressione, o per differenziare metastasi di melanoma da metastasi di altri tumori indifferenziati,ma non può distinguere tra nevi e melanomi. L’HMB45 è espressa, sebbene incostantemente, dalle cellule di melanoma, ma anche dalle cellule neviche giunzionali e dermiche superficiali, non dalle profonde, ma esistono delle eccezioni. Il Ki 67 che è un marcatore di proliferatività ha dato elementi promettenti per un uso diagnostico, probabilmente potrà trovare impiego nella diagnosi, specie di lesioni composite (melanoma su nevo). Tuttavia la diagnosi di nevi e melanomi è ancora largamente basata sulla morfologia e le nuove tecniche hanno tutte un ruolo al momento subordinato. Nella diagnosi del melanoma occorre tener conto di numerosi elementi e il processo diagnostico è l’esito di una lunga disamina di diversi caratteri. Tra questi sono importanti e depongono per il melanoma: le dimensioni della lesione, superiori a 6 mm, l’asimmetria, la scarsa delimitazione periferica, prevalenza di melanociti singoli in alcune aree, specie nelle zone periferiche, presenza di nidi melanociti pleomorfi, irregolari e confluenti, l’atipia melanocitica severa, un quadro pagetoide con melanociti soprabasali a tutti i livelli dell’epidermide, la presenza di cellule pagetoidi (melanociti atipici con ampio citoplasma chiaro), l’assenza di maturazione melanocitica (mancata riduzione dimensionale dei melanociti andando dall’alto verso il basso), presenza di pigmento melanico nelle cellule profonde, presenza di mitosi nelle cellule profonde, presenza di necrosi cellulare. Ma due ulteriori aspetti appaiono rivestire importanza. Il primo è il ruolo della citologia nella diagnosi del melanoma. E’ infatti inadeguato considerare l’atipia citologica un elemento comune a nevi e melanomi. Esistono differenze tra la vera atipia del melanoma e la pseudoatipia del nevo di Spitz, che simula l’atipia vera imitandola con forme caricaturali e bizzarre. Esiste differenza tra l’atipia vera del melanoma e la discariosi dei nevi e segnatamente dei cosiddetti nevi displastici, differenze che sono di natura, piuttosto che di grado. Il secondo è il riconoscimento della pseudoinfiltrazione e la sua differenziazione dalla infiltrazione. Questi due quadri, che si escludono a vicenda, sono dovuti alla diversa natura della proliferazione melanocitica che investe l’epidermide e sono distinguibili in base alle loro caratteristiche istologiche. Il rilievo di questi elementi, associato a un lucido esame di tutti i caratteri della lesione, è la via che seguiamo per la corretta diagnosi istologica, per capire cioè che cosa stava accadendo in una determinata lesione, quando l’escissione chirurgica ne ha interrotto la vita.

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