Fig.2


Fig.3

Bibliografia

1. Lever WF. Histopathology of the skin. Philadelphia. JB Lippincott, 1949: p. 400.
2. Allen AC, Spitz S. Malignant melanoma: a clinicopathological analysis of the criteria for diagnosis and prognosis. Cancer 1953; 6: 1-45.
3. Clark WH Jr, From L, Bernardino EA, et al. The histogenesis and biologic behavior of primary human malignant melanomas of the skin. Cancer Res 1969; 29: 705-726.
4. Ackerman AB, Su WPD. The histology of cutaneous malignant melanoma. In : Kopf A, Bart R, Rodriguez-Sains R, Ackerman AB eds. Malignant Melanoma. New York: Masson, 1979: 25-147.


Fig.1

IL MELANOMA IN SITU

Il concetto di melanoma in situ è formulato per la prima volta nella prima edizione del trattato di istopatologia cutanea di W. F. Lever nel 1949. Ma tale concetto fa molta fatica a farsi strada perché in quegli anni, e ancora nei decenni successivi, per melanoma si intende un tumore pigmentato, di grandi dimensioni, nodulare, ulcerato, generalmente in fase avanzata, spesso già con noduli satelliti e metastasi al momento dell'osservazione. Le lesioni iniziali, piatte o modicamente rilevate, sono etichettate sotto altra terminologia (nevi, lentigo, melanosi) e considerate diverse dal melanoma. Lever applica il termine melanoma in situ alle espressioni del melanoma in cui le cellule maligne appaiono confinate prevalentemente entro l'epidermide, senza però arrivare a prefigurare una specifica lesione autonoma. L'autonomia della lesione comincia a prendere forma solo dopo, con il contributo di A. C. Allen, che studia le lesioni pigmentate pressoché negli stessi anni. Allen richiama in primo luogo l'attenzione sull'analogia tra lesioni epiteliali squamose e lesioni melanocitiche (che egli considera del pari epiteliali), paragonando il melanoma in fase iniziale al carcinoma squamoso e rilevando in parallelo una corrispondente analogia tra cheratosi attinica, lesione precorritrice del carcinoma squamoso, e il nevo giunzionale, come lesione precursore del melanoma . Egli distingue infatti il "nevo quiescente", senza rapporto con lo sviluppo di malignità, dal "nevo attivo", indicato invece come precursore del melanoma. Il melanoma in situ, comunque, riceve un esatto inquadramento nell'ambito di una più ampia ricostruzione della storia naturale del melanoma solo alla fine degli anni 60 con gli studi di Clark. Clark riconosce nel melanoma una distinta fase di sviluppo, un momento in cui tutte le cellule maligne appaiono confinate al di sopra della membrana basale epidermica, che chiama melanoma livello I. Clark è consapevole che il melanoma livello I e melanoma in situ sono sinonimi, ma non considera la lesione una entità clinicopatologica distinta, vedendola come un concetto di ricerca, importante sul piano teorico, perché rappresenta la prima fase di crescita del tumore, ma non utilizzabile sul piano pratico, come diagnosi da includere nei referti istologici. Il melanoma in situ diverrà una lesione autonoma riconoscibile e diagnosticabile clinicamente e istologicamente solo alla fine degli anni 70 con gli studi di Ackerman. Ackerman riprende l'analogia tra lesioni epiteliali e lesioni melanocitiche, già rilevata da Allen, e formula con chiarezza il concetto di melanoma in situ, come lesione autonoma al pari del carcinoma in situ, e propone come criteri per la diagnosi istologica gli stessi usati per la diagnosi di melanoma in generale. Il melanoma in situ dunque è la prima fase di crescita del melanoma, quando esso è ancora confinato al compartimento epiteliale (epidermide ed epiteli annessiali) e non ha oltrepassato la membrana basale (Figg. 1-3). Poiché negli epiteli non sono presenti strutture vascolari linfatiche o ematiche, in questa fase il melanoma non ha la possibilità di diffusione a distanza e rimane quindi una lesione che, sebbene maligna in potenza, non ha malignità in atto (cioè non infiltra i tessuti adiacenti e non si diffonde a distanza). Si capisce quindi come la completa escissione della lesione in questa fase possa portare alla completa guarigione dei pazienti. Leggermente diverso è il caso di melanomi in situ che mostrano segni di regressione (flogosi, fibrosi, melanofagi) nel derma sottostante. La regressione infatti indica che in un tempo precedente alla escissione della lesione, cellule maligne hanno infiltrato il derma, anche se poi sono state distrutte dalla reazione tessutale. In questo contesto non si può escludere del tutto che qualche cellula non sia sfuggita alla distruzione e sia riuscita ad imboccare qualche vaso linfatico. Il rischio che ciò possa essere avvenuto è molto basso, ma reale e questo spiega una parte degli sporadici casi di pazienti con melanoma in situ e metastasi. I pazienti con melanoma in situ mostranti fenomeni di regressione devono perciò essere seguiti con maggiore attenzione rispetto agli altri pazienti con la stessa lesione, ma senza regressione.

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