enio,compleanno,mamma,gina,77
E n i o W e b P a g e

Home SAPORI TEROLDEGO ASPARAGO BRIGATA CINEPRESA FORMENTAS LORETO METEORA MICHELOTTI VIGO CADORE VACANZE2001 ASIAGO CALZOLAIO CANTINA MARKLHOF PARCHI RICORDI

 

 

 
Sulle vette con la cinepresa

   


 
Cento anni fa nasceva Severino Casara, alpinista e cineasta


«Vivere la morte ai piedi delle cime tanto amate»: questa fu l'estrema volontà che Severino Casara comunicò con una mano debole ed una grafia incerta, quando ormai la malattia aveva avuto il sopravvento sulla forte tempra ed anche la voce lo abbandonava ineluttabilmente nel luglio del 1978. E tale volontà fu rispettata: il suo corpo riposa nel piccolo camposanto di San Vito di Braies, quasi a rendere eterno il suo voto d'amore per la montagna. Accanto al piccolo campanile e alla chiesetta dai pochi banchi odorosi di pino, presso un semplice muretto che racchiude quel minuscolo cimitero, ancor più nitida si staglia oggi la sua memoria. Severino nacque a Vicenza il 26 aprile 1903 e crebbe in una famiglia serena e religiosa, improntata dalla grande carità cristiana della madre Cecilia, che faceva il possibile e talvolta anche l'impossibile per aiutare i poveri e gli emarginati. Di temperamento calmo, rivelò fin da piccolo una predisposizione sorprendente per le arrampicate, talché le sue marachelle erano specialmente indirizzate alle scalate sulle mura medievali della città. Le sue prime escursioni da ragazzo furono a Tonezza, sul monte Toraro, sul monte Cimone, sul Pasubio, talvolta in compagnia del Parroco di Posina. Divenuto socio del C.A.I., Severino temprò forze e carattere sulle Prealpi Vicentine e durante la Grande Guerra, ancora studente al Ginnasio, volle toccare con mano la realtà perigliosa dei fronte arrivando il 3 novembre 1918 a recarsi in bicicletta a Trento liberata, in tempo per onorare i resti di Fabio Filzi e Cesare Battisti appena riesumati. Nel 1919 pedalava invece alla volta di Pieve di Cadore, Auronzo, Cortina e Dobbiaco e restava affascinato dalla vista delle Dolomiti: cime e valli, genti e chiese lo colpirono così fortemente da indurlo a tornare per "vivere quella vita", come scrisse poi testualmente. Membro attivo del S.U.-C.A.I., girò in lungo e in largo per l'Europa e conobbe alfine Francesco Meneghello, volontario alpino, col quale diede vita ad un binomio attivo ed irruente. Nel 1922 i due salirono la parete est del Baffelan, furono presentati ad Antonio Berti e decisero in pratica il loro futuro. Le loro ascensioni erano sempre tutte in libera, tese ad esplorare sistematicamente crode e forcelle vergini e sconosciute, e ad offrire così materiale prezioso al Berti che stava allora compilando la Guida delle Dolomiti orientali. Nel 1923 Casara aprì una variante di 4º grado sul Campanile di Fontana d'Oro delle Piccole Dolomiti, nel 1924 salì la parete nord (4º grado) del Corno del Doge nelle Marmarole, nel 1925 vinse le pareti nord del Sassolungo di Cibiana (4º grado) e del Campanile di Val Montanaia (5º sup.)...

                   


Ma queste erano soltanto alcune tappe di un'incredibile sequela di successi, personali o in compagnia di Meneghello, dei fratelli Fanton, di Canal e dello stesso Berti, che dalla sua villa di Gogna sembrava davvero il regista e mentore di tanti giovanili energie. Compiuti gli studi di legge, trascurò sempre la professione dì"leguleio" e preferì la libertà della montagna al suo piccolo studio. Conosciuto Emilio Comici, organizzò col triestino un duo eccezionale, basato su una resistenza fisica stoica e su una destrezza acrobatica senza pari: insieme effettuarono alcune imprese in artificiale, tra cui quella memorabile del Sassolungo (gruppo Sella) nel 1939. Dopo la morte di Comici nel 1940, Casara continuò con G. Gerin e W. Cavallini soprattutto, col quale aprì decine di nuove vie sulle Marmarole, sui Cadini, sui Brentoni. Ricercato dai fascisti nel 1943-44, riuscì a sfuggire alla cattura trovando asilo dai fratelli Fanton che gestivano l'Hotel Marmarole a Calalzo, e che gli diedero la chiave del Rifugio Chiggiato, fuori mano e poco frequentato. Finito il calvario della guerra, continuava però, ed anzi s'inaspriva, l'odissea sportiva di Casara, legata alla polemica, nata già negli anni Trenta ma divampata ora con maggior energia, circa l'impossibilità che egli nel 1925 avesse potuto vincere la parete nord del Campanile di Val Montanaia. Furono fatti esperimenti con i più affermati sestogradisti per dimostrare che senza mezzi artificiali non si passava, e si arrivò fin troppo facilmente alla conclusione che quella "vittoria", e forse tante altre, non c'erano mai state. La paradossale "querelle" coinvolse accademici e scrittori, ed è stata dettagliatamente ricostruita da V. Dal Cengio nella sua biografia di Casara sulle "Dolomiti Bellunesi" nel 1984: pare che all'origine dell'equivoco vi sia stata un'erronea indicazione di Casara della sua traversata per lo strapiombo nord, avvenuto m realtà lungo una fessura diversa. Come scrisse Buzzati sul Corriere della Sera nel 1948, fu difficile per il nostro superare quel muro di incredulità, ma lo seppe fare a suo modo, con i fatti, con nuove scalate, fino in pratica al 1962, allorché chiuse in bellezza con la Torre Preuss sulle Tre Cime (5º grado). Già negli anni'40 Casara aveva dimostrato grandi capacità per i libri e la macchina da presa, attività questa che divenne dominante nei suoi ultimi 20 anni di vita. "Al sole delle Dolomiti", "Arrampicate libere sulle Dolomiti", "L'arte di arrampicare di Emilio Comici","Cantico delle Dolomiti", "Fole e folletti delle Dolomiti" sono soltanto alcuni titoli della sua variegata produzione, accusata talvolta di ingenua emozionabilità, ma comunque sempre spontanea ed entusiasta. E documentati e films non potevano che costituire il naturale sbocco di tale dilatata personalità: da "A gara con le aquile" a "Gente montanara", da "Palestra di campioni" a "Bellezze della natura dolomitica", da "I cavalieri della montagna" a "Europa dall'alto", è tutto un "continuum" di amore o poesia, o come disse il Dal Cengio, la montagna per il cinema e non il cinema per la montagna.