Anno I (2000)-Vol. 1-Pag. 3

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Dr. C. Urso
IN QUESTA PAGINA

Eccrino o apocrino: utile distinzione o inutile dilemma;

Impermeabilità e nevo displastico: il dermatopatologo non è un'isola (corsivo) A. Grifone


ECCRINO O APOCRINO. UTILE DISTINZIONE O INUTILE DILEMMA?

Negli anni 90 si è fatta strada la tendenza a classificare i carcinomi sudoripari in eccrini e apocrini. Questo problema sottende da sempre ogni studio sulle lesioni delle ghiandole sudoripare perché ricalca la grande ripartizione anatomica di queste strutture. Nello studio di Cooper (1987), l'autore, a parte il riconoscimento del carcinoma apocrino, come istotipo specifico, però evita le designazioni eccrino e apocrino perché "la maggioranza dei tumori delle ghiandole sudoripare, benigni e maligni, sembra ricapitolare il segmento duttale dell'apparato sudorifero, piuttosto che la parte secretiva" e "poiché i dotti eccrini e apocrini sono istologicamente simili, sembra inutile insistere sulla categorizzazione delle lesioni in termini dello specifico tipo di ghiandola". Una via simile è seguita da Santa Cruz (1987), che pur usando l'aggettivo eccrino per il poroma maligno, non fonda la sua classificazione su tale elemento. Ma poi la tendenza si inverte. Nel 1990 Abenoza e Ackerman pubblicano una monografia sui tumori a differenziazione eccrina, l'anno dopo la classificazione adottata da Murphy e Elder per il fascicolo AFIP sui tumori non melanocitici cutanei distingue i tumori eccrini dagli apocrini. Nel 1998 Requena et al. pubblicano una voluminosa monografia sui tumori con differenziazione apocrina. Tutto ciò potrebbe sembrare un progresso, nel senso di una migliore caratterizzazione in senso istogenetico. Purtroppo invece il risultato è un aumento della confusione. Infatti carcinomi che per anni erano stati considerati eccrini, tanto da avere tale designazione inclusa anche nel nome (carcinoma mucinoso eccrino, poroma eccrino maligno etc), diventano ora apocrini. Requena, che considera eccrino il carcinoma microcistico annessiale nel 1990, mette questa entità tra i tumori apocrini poco dopo. Alla fine, tutti gli istotipi considerati da Abenoza e Ackerman come eccrini vengono considerati 8 anni dopo come apocrini. Per giustificare un tale cambiamento di fronte occorrerebbe che gli elementi a disposizione fossero chiari, precisi e inoppugnabili. Ma non pare così. Ackerman, artefice primo di questa sorta di rivoluzione istogenetica, nella monografia pubblicata con Abenoza scrive che esiste "una mancanza di accordo sui veri criteri di differenziazione" (eccrino-apocrina) (pag. 81), che "non c'è un minimo comun denominatore per i tumori con differenziazione eccrina", che "la differenziazione eccrina può essere sospettata" quando non si rilevino elementi riferibili ad altre differenziazioni, ma che "anche con un processo di esclusione, la differenziazione eccrina non può essere stabilita perché i dotti apocrini sono istologicamente indistinguibili dai dotti eccrini" (pag. 84). Questi concetti vengono ancora ribaditi 8 anni dopo nella monografia sui carcinomi a differenziazione apocrina (pag 29). Non esistono dunque caratteri istologici che possono essere utilizzati per la diagnosi di tumore eccrino. Ma non sembrano esistere nemmeno caratteri istologici assoluti per la diagnosi di tumore apocrino. La secrezione per decapitazione può essere considerata un elemento specifico, ma esistono simulatori di questo carattere in tumori a differenziazione eccrina che ne rendono difficile il riconoscimento, così che, secondo l'ammissione dello stesso Ackerman, "non è possibile essere sempre certi" (pag 81). Né l'immunoistochimica sembra possedere la chiave per una soluzione inequivoca del problema. Alcuni articoli hanno sottolineato la specificità di alcuni antigeni come markers apocrini (lisozima, GCDFP-15, CD15). Ma se il lisozima sembra mostrare una certa specificità, la GCDFP-15, che inizialmente sembrava essere altamente specifica per le ghiandole apocrine e per i tumori a differenziazione apocrina, è stata trovata in ghiandole eccrine e il CD15, proposto in un primo tempo come possibile marker di differenziazione apocrina, in realtà è ritrovato anche in adenocarcinomi e porocarcinomi eccrini. Le basi morfologiche e immunoistochimiche di questa differenziazione sono dunque incerte e appare incredibile come si possa costruire una impalcatura classificativa di base, fondamentale, su un criterio tanto malfermo. In aggiunta a ciò occorre considerare che sono state descritte alcune ghiandole chiamate apo-eccrine, che mostrano caratteri eccrini e caratteri apocrini associati; tali osservazioni pongono ulteriori interrogativi sulla opportunità di scegliere un tale elemento per la classificazione dei tumori sudoripari. Alcune osservazioni più recenti comunque gettano nuova luce sul problema. Di alcuni tumori si cominciano a descrivere varianti diverse, per es. accanto al classico poroma eccrino, si trova ora descritto il poroma apocrino; il carcinoma microcistico annessiale, ritenuto a lungo eccrino sembra avere una variante apocrina. Tutto questo sembrerebbe puntare ad una duplicazione delle categorie diagnostiche, nel senso che in ogni categoria si configura una variante eccrina e una apocrina. Se questa tendenza sarà confermata, tornerà ad aver ragione Cooper, quando scriveva dell'inutilità di insistere su questo aspetto.

(da C. Urso et al. Pathologica 92: 225-235, 2000)


( corsivo )
IMPERMEABILITA’ E NEVO DISPLASTICO: IL DERMATOPATOLOGO NON E’ UN’ISOLA
di A. Grifone

L’uomo non è un’isola, ma nemmeno il dermatopatologo. Tuttavia siamo ogni giorno testimoni di atteggiamenti unilaterali, come dire “io voglio pensare così e non mi importa di quello che pensano gli altri, e non mi importa dei fatti oggettivi, e non mi importa delle nuove acquisizioni”. Qualcuno dice: “io valuto, ma solo delle cose che mi conviene valutare”. Impermeabilità. Impermeabilità intellettuale. Una mole notevole di studi ha dimostrato che esistono nevi che sono intermedi per caratteristiche morfologiche, ultrastrutturali, citofluorimetriche, immunoistochimiche, etc tra i restanti nevi e il melanoma, ma il dermatopatologo impermeabile non se ne accorge, e se se ne accorge fa finta di non accorgersene. Si continua tutto come prima. “Ho sciupato una vita a negare e vuoi che ora mi penta?” Scriveva uno scrittore che uno non può dire io ho la mia realtà e mi basta, ma a quanto pare c’è chi lo dice. Altra impermeabilità? I fatti dimostrano che il nevo displastico non è una entità clinicopatologica, perché il fenotipo clinico non corrisponde all’aspetto istologico. I fatti dimostrano che il nevo displastico non è una entità istologica, perché il suo confine col nevo comune non è netto e il suo confine non è netto perché i nevi non si dividono in due classi distinte, ma formano uno spettro. Questo è emerso da 6-7 anni, ma il patologo o dermatopatologo impermeabile non lo vuol sapere, legge (perché legge) ma non lo vuol sapere. Come è tranquillizzante l’idea che le cose stiano come vogliamo noi! All’asciutto, sotto questa impermeabilità alle nuove conoscenze. Gutta cavat lapidem, ma non occorre forare le pietre, basterà un forellino o una crepa, e, se l’acqua filtra (come sta filtrando), anche il dermatopatologo impermeabile infine si bagnerà. (30.11.2000)