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UNA SVOLTA PER IL SUD
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PUNTA
PERROTTI è collassata in bello stile, sparendo dentro
una grande nuvola di polvere bianca. La breve sequenza
dell'implosione (cinque secondi) era visibile in diretta
sul web e su alcuni canali satellitari. La potenza
simbolica dell'evento avrebbe meritato una copertura più
attenta ed estesa, che probabilmente la RAI non ha
voluto e/o potuto offrire in periodo elettorale: perché,
in questo strano paese, la lotta all'abusivismo è
considerata "di sinistra", e assurdamente non c'è pari
condizione né pari soddisfazione nel rivendicare il
primato della legge, e degli interessi collettivi. E
mostrare agli italiani le immagini, tra l'altro
spettacolari, del grande abbattimento, equivaleva a
trasmettere in diretta una manifestazione politica.
Peccato. Perché, al di là degli interessi privati messi
per una volta in scacco da una sacrosanta insorgenza
dello spirito pubblico, la sparizione del cosiddetto
ecomostro barese (brutta ma meritata qualifica) dovrebbe
piacere a tutti. Soprattutto a chi tiene le parti dello
"sviluppo", e dovrebbe dunque sapere che in altri paesi
la distruzione del brutto e dell'illecito, o del
vecchio e del dannoso, non è considerata una censura, ma
una possibilità, un'apertura di prospettive. E'
considerata un fatto di modernità, se il moderno
significa dinamismo e possibilità di scegliere. Si
demolisce per riprogettare, si abbatte per cambiare. Lo
sviluppo dev'essere una scelta, non un colpo di mano
affidato alla destrezza dei più lesti o dei meglio
introdotti. L'orizzonte di mare che il Palazzone dei
fratelli Matarrese occludevano in violazione delle leggi
italiane, come una enorme poltrona di prima fila che
impediva al resto del pubblico di godersi lo spettacolo,
adesso è libero, e lo sarà ancora di più il 23 e il 24
aprile quando sarà completata la demolizione dell'intero
complesso. E più libera (di costruire meglio, e di
immaginarsi diversa) è la città di Bari. Che il lungo
braccio di ferro legale e politico che ha portato
all'abbattimento della muraglia di appartamenti abbia
avuto luogo nel MERIDIONE, è ovviamente ancora più
significativo. In quella parte d'Italia, più che
altrove, lo sviluppo edilizio si è sostanziato
soprattutto in una infinita serie di fatti compiuti, dal
macro al micro. Dalle famose cattedrali nel deserto,
ambiziosi complessi privi di infrastrutture e di un
nesso logico con il territorio, ai litorali e alle
Statali disseminati di case abusive, molte delle quali
interminate e rese celebri dai monconi di calcestruzzo
che annunciano l'intenzione di un sopralzo. Abusi di
ricchi e abusi d ipoveri, diseguali per la spinta che li
anima, ma ugualmente penosi nell'indicare il deficit
dello spirito pubblico, e l'arrangiarsi ciascuno per sé,
ciascuno nel suo, in assenza della forza necessaria per
immaginare un destino condiviso. Qualche posto di lavoro
in più, un pò di denaro che circola, ma nessun calcolo
di medio o lungo periodo, nessuna idea di un futuro
comune e meditato, e un territorio meraviglioso
assoggettato a un utilizzo cieco e sterile. Pura
improvvisazione, andrenalina economica a fondo perduto.
E il paesaggio, che per definizione è di tutti,
privatizzato brutalmente dalla legge del più forte, che
fin qui è stata quasi sempre più forte della legge
stessa. Proprio per questo vedere collassare quel
palazzone, dopo dieci anni di battaglia legale, non
faceva pensare alla ristretta logica di una "vittoria
degli ambientalisti". Faceva pensare, piuttosto, oltre
(che è di tutti!) a una riapertura prospettica, allo
sforzo di ritrovare un bandolo che non sfugga di mano di
fronte al primo scossone casuale. Sullo schermo del
computer, e nelle poche immagini dei canali satellitari,
non si riuscivano a intendere le reazioni dei baresi
attorno alle transenne, né lo stato del dibattito, che è
stato molto acceso ed è riuscito addirittura a
coinvolgere, a tratti, i distratti media nazionali, poco
inclini a considerare il SUD una terra di novità, un
possibile laboratorio. Eppure, è un dibattito
nevralgico: se sia possibile oppure no progettare un
futuro compatibile, a partire da quel punto dolente
che è lo sviluppo edilizio. Forse se ne potrà parlare
decentemente quando sarà finita la campagna
elettorale. Cioè quando si potrà ricominciare a parlare
davvero di politica....
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(03 -04- 2006 Repubblica).
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