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di Michela Serra
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LA QUESTIONE MORALE

La cosa strana , della "questione morale", è che esista.  E' come se ci fosse bisogno di spiegare, a uno che passa col rosso, che era il verde il colore giusto: e su questo ovvio errore, magari seguito da un botto, si imbastisce un forbito dibattito. Il punto (dolentissimo) è che le leggi, altrove, sono convenzioni digerite e accettate quasi di tutti, per esempio pagare le tasse, per esempio non maneggiare denaro del quale si ignora la provenienza, o peggio si sa che proviene da illeciti o frodi. E se qualcuno sgarra, non c'è nessun bisogno di rifarsi a Kant o a Loche, e nemmeno a Berlinguer: lui per primo sa di aver sgarrato, basta il senso comune. Qui, invece, pare ogni volta di dover risistemare daccapo le pendenze con Lari e Penati, rivalutare l'Edipo irrisolto con i padri costituenti o le madri preoccupate, riallineare i princìpi ai famosi tempi che cambiano e ricominciare daccapo a discutere se sono cambiati in peggio o in meglio, se la morale degli Antichi era per caso moralista, se chi disse "non rubare, per favore" era un rompiballe che non amava neanche mangiar bene e le donne allegre oppure era un Santo...Come se " non rubare", fosse, da leggere, una frase di così arduo e ostico significato che bisogna rifare daccapo tutti gli studi.

(06-01-2006 Repubblica.)