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 Il 20 Marzo 1602 i rappresentanti delle Province della Repubblica d’Olanda assegnarono alla Compagnia Olandese delle Indie Orientali il monopolio dei traffici marittimi tra l’Europa e l’Estremo oriente. Nel 1692 il dottor Kaempfer, un medico e botanico tedesco inviato dalla Compagnia in Giappone, ritornò in patria portando assieme alle spezie, alla seta e alle porcellane, anche qualche seme di un albero chiamato in cinese yin-kuo e da lui trascritto ginkgo. Quei semi vennero piantati nell’Orto botanico di Utrecht, dove ancora adesso un albero vive, e così i botanici europei conobbero il  Ginkgo, la cui descrizione fu pubblicata la prima volta nel 1712 e che fu catalogato da Linneo nel 1771. Nel frattempo molti altri esemplari di questo albero imponente e rigoglioso vennero piantati in Europa e per un paio di secoli il Ginkgo ripopolò il mondo come pianta ornamentale, che ben si adattava anche alle condizioni più difficili e in ambienti particolarmente inquinati (sembra che la pianta sia sopravvissuta alle radiazioni della bomba di Hiroshima) essendo inoltre spontaneamente resistente ai funghi e ai parassiti.

 

Successive ricerche individuano in quest’albero, definito da Darwin un “fossile vivente”, l’unico superstite di un genere (ginkgoacee) molto diffuso 200 milioni di anni fa, nel Giurassico inferiore, quasi sterminato da una glaciazione nel Pliocene e sopravvissuto soltanto in alcuni boschi in Cina e poi coltivato come pianta sacra nei monasteri dove esistono ancora esemplari millenari. Sì, perché questa è la caratteristica più evidente del Ginkgo: impiega più di 30 anni per maturare e dare frutti e mille anni per morire. E nel frattempo acquista maestosità e imponenza. Ha una crescita lenta, circa 30 cm. all’anno per i primi 30 anni, però nei secoli può raggiungere 40 metri di altezza e 1,5 metri di diametro.

 

L’interesse alle virtù medicinali della pianta e all’uso dei suoi semi e frutti è annotato nella “Materia Medica Cinese” del 2800 A.C. La nostra fantasia popolare e la curiosità medica è stata però solleticata molto modestamente perché mentre in Cina l’uso delle foglie a scopi terapeutici risale al 1500, nel mondo occidentale dobbiamo aspettare il 1960 perché l’estratto delle foglie di Ginkgo, finalmente utilizzato per ricerche e studi clinici di rilievo, venga posto in commercio. E’ solo negli anni ’80 e ’90 che questi studi vengono condotti approfonditamente, facendo della pianta più antica il rimedio più moderno.
La definizione “biloba” è riferita alla foglia, per l’appunto bilobata. Dopo essiccazione e macinazione, dalle foglie si ricava un estratto che viene standardizzato ad un titolo di 24% di flavonoidi e 6% di terpeni. Questo preparato viene chiamato “EGb 761” e tutte le prescrizioni e le ricerche sono riferite a questa particolare preparazione.

 

Il rimedio diviene immediatamente popolare per combattere i sintomi dell’invecchiamento e della degenerazione neurologica della fase iniziale del morbo di Alzheimer. Quindi come coadiuvante in caso di lieve depressione, impotenza, mal di testa e tinnito. Studi ancor più recenti attribuiscono al Ginkgo un ottimo potere di contrastare i radicali liberi  e di combattere lo stress ossidativo delle cellule nonché una capacità di inibire il fattore di attivazione piastrinica (antiaggregante). In generale, sembra confermata l’importanza di questo rimedio nell’attenuare i disturbi generalmente collegati all’età avanzata.
Anche nei confronti del Ginkgo Biloba esistono gli scettici che affermano che l’informazione a proposito di questi “integratori alimentari” attinge più dal folklore che da risultati sperimentali (Scientific American – marzo 2003), attribuendo al rimedio “innocuo” la responsabilità di allontanare il malato da trattamenti più pragmatici.
Di fatto, il Ginkgo è il fitoterapico più venduto e quindi più usato in Europa.  E’ considerato sicuro e generalmente privo di effetti collaterali, ma data la sua notevole azione di antiaggregante piastrinico se ne sconsiglia l’uso a persone sottoposte a trattamenti anticoagulanti.
Il Ginkgo Biloba è stato suggerito come cura di molte affezioni, dall’insonnia al glaucoma, dalla sclerosi multipla alla sindrome premestruale e probabilmente occorrerà molto tempo per esaminare a fondo tutte le virtù di questa pianta che merita un riconoscimento per aver atteso così a lungo un momento di gloria.

 

 

 

 

 

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