Intorno al vecchio mulino
dei Nebuloni avevano finito per stabilirsi molte
famiglie contadine impegnatesi nella coltivazione dei
bachi da seta e, quindi, dei gelsi le cui foglie davano
il nutrimento a quegli animaletti così brutti eppure
così preziosi.
Ovunque erano spuntati lunghi filari di "mouroùn"
(i gelsi, in dialetto) che ricamavano la piatta pianura
lombarda a perdita d’occhio.
Quei
contadini usavano delle risorse date dal bosco che
allora sorgeva rigoglioso sui territori bagnati dal
fiume ancora limpidissimo: i pesci dal fiume; i frutti e
gli animali selvaggi dal bosco, per mangiare; lo
scorrere impetuoso dell’acqua per l’energia idrica
dei mulini e il legname dal bosco per riscaldarsi con il
suo calore.
Non era
il Paradiso in terra, come qualcuno sostiene oggi, la
vita era anche allora durissima ma non si moriva di
fame, soprattutto in quelle famiglie dove esistevano
tante braccia per lavorare e tanta voglia di darsi da
fare.
Una di
queste famiglie era quella dei Musazzi, molto prolifica
e tanto religiosa: i due genitori Musazzi avevano ben
sette figlie, tutte femmine, e non lo consideravano una
disgrazia come spesso allora accadeva, perché erano
benestanti e tutte le sette sorelle erano molto
impegnate nelle attività religiose della parrocchia,
amate da tutti e stimate dal prevosto e dai suoi vice:
tutti sacerdoti molto rispettati nel circondario.
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