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 Il riconoscimento e la riconciliazione
Era ormai notte inoltrata, il tempo era volato come e più del lungo volo sullo spazio dei due, ma Annina non si sentiva stanca; una forza superiore l’avvinghiava da quando aveva parlato con la bella donna nella caverna, la rinnovata fiducia di ritrovare i fratelli la riscaldava dentro e non pensava ad altro né tanto meno sentiva la stanchezza.

Consigliata da Ravanell si nascose fra le frasche in un punto preciso e il folletto le creò intorno una corrente di aria calda, cosicché la notte non le dette nessun problema.

Non era sorto ancora il sole, quando all’improvviso da quel prato vicino al lago comparvero un gruppo di uomini baldanzosi che si avvicinavano di gran passo, tanto che in un batter d’occhio stavano già calpestando i primi cespugli del bosco.

Camminavano uno in fila dietro l’altro: chi con la pala in spalla, chi con la sega, chi il piccone, chi la vanga, chi i rastrelli, chi le zappe e chi la mazza.

Erano in sette, tutti allegri, tutti rubizzi, sicuri di sé e pieni di energie.

Chissà come, Annina comprese subito di avere a che fare con i suoi sette fratelli: il cuore le batteva forte forte ma accettò il consiglio del suo ormai inseparabile amico, Ravanell, che era stato quello di aspettare a farsi riconoscere.

I sette uomini scomparvero nel profondo del bosco.

Annina si fece accompagnare alla casa da dove provenivano quelli che ormai sapeva essere i suoi fratelli e l’impagabile folletto l’aiutò nell’impresa.

Trovò quella casa tutta lurida, disordinata e scompaginata, come se da mesi e mesi nessuno provasse nemmeno a pulirla.

Si mise subito al lavoro, non fu lungo né difficile visto che l’aiuto di Ravanell valeva quello di mille camerieri.

Tutto fu messo a posto: si preparò il cibo per la sera, si addobbò una tovaglia che per la prima volta si vedeva usata per quello che era stato un tempo lontanissimo il suo compito principale, al centro fu messo un mazzo di fiori secchi bellissimi, così come avrebbe fatto e voluto sua madre.

A sera ritornarono i sette fratelli, stanchissimi per il lavoro della giornata e trovarono tutto pronto come mai era successo nella loro recente vita.

Immagine di una tavola di casina lombarda imbandita a festa ("ricetta Ossobuco")

La sorpresa fu enorme.

La bambina si era nascosta dietro una madia di legno ma fu subito trovata: si era rincattucciata tutta stretta stretta e abbracciata al folletto che la sorreggeva e sosteneva.

Tutti i sette fratelli capirono all’istante chi fosse quella piccola e delicata bambina: il mazzo di fiori secchi al centro della tavola non poteva essere segnale più chiaro.

Quegli omoni grandi e grossi si sciolsero in lacrime, di fronte a quel frugolino, l’abbracciarono quasi fino a soffocarla: tutti la volevano baciare come se fosse la cosa più preziosa che avessero mai visto.

Ad un certo punto si preoccuparono persino per la sua incolumità, dal momento che l’avevano vista così delicata e magrolina,specialmente se messa in rapporto con la loro imponenza e robustezza.

Si piangeva e rideva allo stesso tempo, Annina passava di mano in mano come se fosse un giocattolo, Ravanell saltellava ultrafelice sulle sue gambette, tanto che non controllò bene le sue mosse e finì fuori della finestra.

Quasi per miracolo (e chi potrebbe dire che non ci fosse di mezzo la Signora luminosa della chiesa ipogea !!) entrò nella mente di tutti i sette fratelli la volontà di ritornare finalmente a casa, con la loro sorellina in spalla.

Fu un viaggio lunghissimo quello, non più in volo ma a piedi, non più a cavalcioni di Ravanell ma in braccio ai suoi fratelli; eppure quanto più felice e allegro!

Il tempo volò in un attimo e dentro il suo cuore esso fu di gran lunga più breve dell’altro.

Gli otto fratelli Dionigi ritornarono a casa, finalmente riuniti, cantando tutti in coro cantavano e tutti assieme:

" Nanna oh, … ninna oh
la bambina a chi la do ?
La darò all’uomo nero,
Che la tenga un anno intero?
La darò alla Befana,
che la tenga una settimana?
La darò, invece, alla sua mamma
Che la metta a far la nanna.
Ninna oh … nanna oh …"

Per boschi e foreste, per sentieri e villaggi, per strade e carrettiere questa canzoncina fu sentita e risentita da tutti gli abitanti della zona.

Mai si fermarono e mai smisero di cantare per tutto il tragitto e fino all’estenuazione.

Immaginate voi la gioia della madre Musazzi quando vide i suoi otto figli ritornare tutti insieme, ora che pensava di aver persa anche l’ultima fogliolina, scomparsa così all’improvviso da casa da farle quasi vacillare la fede in Dio.

Annina dormì sette giorni di fila, tanto era stanca, ma quando si svegliò si ritrovò la sua famiglia tutta unita, come sempre aveva sognato nella sua breve vita.

La notizia si sparse per tutti i paesi della zona e, da allora, molte madri per far addormentare i loro figli continuano a cantare quella ninna nanna, perché si dice che porti fortuna alle famiglie.

Ma che n’è fu del povero Ravanell?

Alcuni dicono che, cacciatosi fuori dalla finestra da solo e solamente per il troppo entusiasmo, pensò bene di non rientrare in casa e di lasciare la nuova famiglia finalmente ritrovatesi alla propria gioia, per cui si guardò bene dal riunirsi al gruppo nel ritorno.

Altri tramandano che alcuni bambini, passati di lì per caso e notato quella nuova specie di grandissimo ravanello, non sopportarono la sua stranezza e, soprattutto, quella di vederlo in piedi come se fosse un essere umano.

Presi da quella smania propria dei piccoli, che non è necessariamente cattiveria ma spesso è un fare tanto per fare, lo vollero ripiantare con le gambette verdi in profondità, condannandolo ad un’altra eternità di immobilità e solitudine, perché quella posizione era l’unico punto debole del potente folletto, come per Achille lo era stato a suo tempo il famoso tallone, né lui poté neanche immaginare per un attimo che dei bambini compissero quella che ai suoi occhi appariva come la più grande delle cattiverie.

Rimarrà là, piantato per sempre, a meno che qualcuno non passi nei paraggi per caso e lo riporti alla vita come aveva fatto la povera Annina, ora diventata felicissima grazie a lui.

Chiunque sia, pure costui ne avrà un gran bene, tanto grande da non poterlo misurare con nessun altro.

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