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 Una coperta e la sua importanza
Chissà come gli ritornò in mente lo stornello che aveva sentito salire dal buco nero in cui era caduto e, come se fosse in trance, si mise ad annaspare fra i cassetti sotto il letto fino a quando non agguantò una coperta, pesante ma così pesante che a malapena riuscì a coricarsela addosso.
 

Si buttò sul letto, si coprì alla belle e meglio con quel macigno di coperta e si addormentò di colpo, come mai aveva fatto in tutta la sua breve vita.

Non si era accorto di quale tipo di coperta avesse preso e forse c’era, in tutto ciò, la mano del fato.

La coperta era così pesante, perché piena di gemme e pietre preziose, tutto il patrimonio di Membruto era praticamente dentro quella coperta: lui non si fidava delle banche e sapeva bene che mai nessuno avrebbe avuto il coraggio neanche di avvicinarsi a casa sua.

Erano gemme rarissime, immerse dentro tutti i rimasugli della lavorazione della seta, caratteristica di quei luoghi, e ricoperte da più strati di seta purissima i cui fili erano intrecciati con filati d’oro e d’argento: al mago piaceva dormire con tutto il suo tesoro addosso e nel pieno luccichio dei suoi beni!

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Allevamento baco da seta

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La lavorazione della seta,
immagini e processi

Il suo unico guardiano, durante i suoi sonni, era un pappagallo coloratissimo e molto più intelligente di tutti i suoi simili; si diceva nella zona che fosse riuscito a renderlo furbo e parlante quasi come un essere umano, con riti satanici che solo lui conosceva.

Canticchiava tutto contento il pappagallino:

" Eccolo lì, il buon Marculin,
che la polenta tutta si è mangiata,
or sotto la coperta ben caldo
se ne sta … beato beato or rista;
aspetta aspetta che ritorni il mago
e vedrai che bel regalo el ti farà"

E ripeteva e ripeteva, per mille e mille volte, la stessa frase.

Non sentiva niente il buon Marculin: dormiva e sorrideva beato tutt’immerso nel caldo della coperta e con la pancia ben piena.

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Immagini di una fabbrica di seta

Venne Membruto ed era ben brillo d’un vin della Valtellina che gli avevano fatto provare.

Glielo avevano offerto con malizia, perché si chiamava "Inferno" ed era sembrato a tutti che gli si adattasse perfettamente.

Lui non aveva capito il doppio senso e se lo avesse capito,forse,se ne sarebbe fatto un baffo egualmente.

C’è da dire che gli era piaciuto da matti e, bottiglia dopo bottiglia, se n’era scolato un bel po’.

Maria si vide ritornare il suo padrone ben brillo e ringraziò con tutto il cuore il Signore, perché non si sarebbe accorto così della "polenta pasticciata", con tutto quel buon formaggio, sparita ormai dentro la pancia del sazio Marculin.

Lesta lesta, prese Membruto per mano e non gli diede tempo di rendersi conto dove fosse e lo ficcò subito a letto.

Avrebbe poi avuto tempo per preparare un’altra ‘polenta pasticciata’, così come piaceva tanto al ‘parùn’, pensava fra sé e sé.

In tutto quel trambusto e con tutta quella fretta non si accorse che dentro quel letto c’era il piccolo Marculin: tanto piccolo da rimaner nascosto da tutto quel piumaggio di sete, cuscini e coperte.

Se ne ritornò in cucina a cercar gli ingredienti per preparare la nuova polenta e si accorse che ne mancava qualcuno, allora di corsa si precipitò in paese, mormorando fra sé: " Oh madunnina, oh madunnina che farò se si sveglia … presto, presto devo far presto … ci vuole più di un’ora e mezzo fra preparare e cucinare … oh, oh madunnina mia, aiutami tu!"

Chissà a quale madonna si rivolgeva, forse a quella del ‘Dòm de’ Milàn’, come fanno spesso gli abitanti della zona.

Non fu quella Madonna che rispose, … fu, invece, la signora della chiesa ipogea nascosta e dimenticata sottoterra.

Quella canzoncina che era entrata in testa al piccolo Marculin era stata lei a ficcargliela nel cervello più nascosto, tanto che non smetteva mai di ronzargli dentro.

Così finì per svegliarlo dal suo sonno molto prima che il mago si riprendesse dalla sua sbornia.

Improvvisamente cosciente e come folgorato, Marculin capì il senso vero di quello che gli era stato annunciato dal buio di quella pozza scura.

Incantato dal luccichio della coperta se la prese, se la caricò sulle spalle, capì di non potersela trascinare dietro e agguantò un piccolo carrello a mano, sul quale il mago trascinava i vasi pesanti e trascinava i suoi forzieri, vi caricò la coperta e ve la legò con le corde che pendevano dal carrello, messe apposta per fissare i pesi.

Fatto tutto questo cominciò a scappare, spingendo quel coso, correva come poteva per sentieri e campi, verso il paese e sperava che il sindaco lo capisse !

Vero è che Membruto era ben ubriaco … ma con tutta quella confusione, la coperta che gli veniva tolta da sopra le chiappe, il trambusto del carrello e, per di più, il pappagallo che sbraitava:

" Fugge, fugge scappa e rifugge.
Tutto l’oro del gran cattivon
Marculin di prender non ha magon.
Addio, addio dà al tuo gran tesor
andrà in man per ver con più amor".

E continuava, continuava a ripetere e ripetere come un disco rotto fino a far diventar scemo, tanto che Membruto si svegliò di soprassalto.

Non capì subito bene cosa stesse accadendo; ci volle un buon quarto d’ora prima che realizzasse di essere stato derubato della sua preziosissima coperta di seta; ci volle un altro quarto d’ora per rendersi conto che Maria era andata via e che il ladro non poteva essere lei, perché sapeva bene di averla resa impotente a fare qualsiasi danno ai suoi beni e alla sua persona con le sue arti magiche.

Si rese conto che il ladro doveva essere qualcuno di tanto innocente da non poter far niente contro, anche perché doveva essere aiutato da una magia molto superiore alla sua.

Vide con un certo ritardo la porta del retro spalancata (non dimentichiamo che usciva da una sbornia eccezionale), notò i solchi lasciati dalle ruote del carrello a mano con cui trasportava i pesi in casa, guardò e non lo trovò al suo posto, capì al volo che il ladro era scappato per di là e si lanciò al suo inseguimento.

Volò per i campi come mai era corso prima in vita sua … tutto il suo destino era legato a quella coperta!

Dopo un altro quarto d’ora di corsa frenetica vide in lontananza una piccola figurina che arrancava dietro un carrettino: corse ancora più in fretta, con tutta l’enorme rabbia che aveva in corpo si avventò su quel povero esserino, sicurissimo di sbranarlo dalla rabbia. Marculin era letteralmente terrorizzato, ormai rassegnato a morire di morte spaventosa, quando il terreno sotto i piedi del cattivo mago si spalancò, una cripta sotterranea era all’improvviso apparsa, il mago Membruto cadde e fu inghiottito da quella buca, la terra poi si ricompose sopra di lui e nessuno vide mai più il mago Membruto per quelle zone.

Nella sua corsa frenetica il mago aveva posto i suoi piedi proprio sopra il luogo dove un tempo era stata costruita la chiesetta ipogea, secoli prima, da uomini buoni in onore di una vittima della violenza.

Ora quella chiesetta salvava per l’ultima volta un innocente e ristabiliva un equilibrio turbato dalla malvagità di uno.

Marculin non poteva sapere tutto questo, l’unica cosa di cui si rese conto era che il pericolo s’era d’improvviso volatilizzato come per miracolo, seppellito sotto un terreno che non lasciava addirittura alcuna traccia di smosso.

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