Il privilegio parlamentare non ha colore politico, tocca tutte le
sponde partitiche, senza riguardi per i limiti d'età. Premia per
cominciare il politico di professione, giovane leader di sinistra
dal robusto curriculum, come Walter Veltroni, ex vicepresidente
del Consiglio. Cinquantuno anni, consigliere comunale dal 1976,
deputato dall'87, sindaco di Roma dal 2001, precoce in tutto
l'attivissimo Walter è anche uno dei più giovani pensionati del
nostro Parlamento: con 23 anni di contributi versati, dal 2005
riscuote dalla Camera un vitalizio mensile di 9 mila euro lordi
(che si aggiunge allo stipendio del Campidoglio, di circa 5.500
euro netti). Non senza tormenti: consapevole del trattamento di
favore rispetto ai comuni mortali che a partire dal prossimo anno
potranno andare in pensione solo a 60 anni, Veltroni fa sapere di
avere provato a rifiutare il vitalizio cercando di farlo congelare
a Montecitorio; non essendoci riuscito (l'eventualità non è
prevista dai regolamenti) alla fine ha deciso di distribuirlo in
beneficenza alle popolazioni africane.
Il privilegio è cieco al merito e dispensa i suoi vantaggi a
prescindere dalle prestazioni lavorative fornite. Toni Negri,
leader di Potere operaio, nel 1983 era detenuto per associazione
sovversiva e insurrezione armata contro i poteri dello Stato. Per
restituirgli la libertà, Marco Pannella lo inserì nelle liste
radicali facendolo eleggere in Parlamento. Conquistato lo scranno,
Negri mise piede alla Camera solo per sbrigare le pratiche
connesse al suo insediamento. Dopo poche settimane, temendo di
finire di nuovo in gattabuia, si diede alla latitanza in Francia
senza mai più farsi vedere a Montecitorio. Ciononostante, oggi
riscuote 3 mila 108 euro di pensione parlamentare senza avere
prodotto nemmeno una legge: la sua personale vendetta contro lo
Stato borghese. Ecco due delle sorprese che spuntano dalla
lista delle pensioni elargite da Camera (in totale, 2.005 per una
spesa di 127 milioni di euro l'anno) e Senato (1.297 per 59
milioni 887 mila euro) a favore degli ex parlamentari (nelle cifre
sono comprese anche le 1.041 pensioni di reversibilità incassate
dagli eredi di eletti defunti) e che per la prima volta 'L'espresso'
pubblica in esclusiva.
Viva il cumulo
Veltroni e Negri non sono episodi isolati. Il privilegio
del vitalizio per deputati e senatori non conosce infatti ostacoli
e si cumula con tutti i redditi: si somma all'indennità (198 mila
euro l'anno) di chi si è dimesso da parlamentare per entrare nel
secondo governo Prodi (tra i tanti, il viceministro all'Economia
Roberto Pinza), allo stipendio da lavoro dipendente di chi è
tornato a insegnare (Marida Bolognesi, ulivista), alla
retribuzione di commissario Enac (Vito Riggio, ex Dc, 150 mila
euro lordi l'anno per questo incarico), alle nomine alle varie
Authority (Mauro Paissan, Privacy, 144 mila euro lordi). E,
soprattutto, si cumula con tutti i livelli di reddito, anche
quelli più ragguardevoli. Susanna Agnelli, dinastia Fiat, ha più
volte conquistato lo scranno con il partito repubblicano. È stata
anche ministro degli Esteri e oggi, non che ne abbia bisogno, con
20 anni di contribuzione riscuote un vitalizio di 8 mila 455 euro
al mese. Luciano Benetton, anche lui eletto al Senato nel 1992 per
i repubblicani, per 2 anni spesi a Palazzo Madama incassa una
pensione di 3 mila 108 euro lordi: briciole per un capitano
d'industria della sua levatura. O per altre due ex star di
Montecitorio, avvocati di professione, titolari di avviatissimi
studi professionali, nel 2006 secondo e terzo, dopo Silvio
Berlusconi, nella classifica parlamentare dei redditi dichiarati.
Si tratta di Publio Fiori e Lorenzo Acquarone. Il primo, ex An, a
fronte del milione e 400 mila euro di reddito annuo incassa quasi
10 mila euro al mese di vitalizio; mentre l'altro, Acquarone,
Udeur, al milione 300 mila euro di Irpef aggiunge anche 9 mila 400
euro mensili di vitalizio parlamentare.
Riforma? Solo per gli altri
E sì che i richiami - opportuni - alla fine dello
sperpero previdenziale in Parlamento risuonano quotidianamente:
giù le mani dalle pensioni, la riforma Maroni e lo 'scalone' non
si toccano, tuona il centrodestra. In pensione a 60 anni se
davvero vogliamo risanare i conti pubblici, rincarano i
'riformisti' di centrosinistra. Tranne poche eccezioni, quelle di
rifondaroli, verdi e comunisti italiani, maggioranza e opposizione
non sembrano nutrire dubbi sull'inopportunità di riportare a 57
anni il limite per la pensione. "Se si vive sino a 87 anni, come
avviene oggi", sentenzia Francesco Rutelli, "nessuno può pensare
di avere una pensione da 57 a 87 anni". Giusto. E difatti
Confindustria aggiunge che con le nostre finanze disastrate non
possiamo permetterci tanta generosità. Mentre la Ue ci marca
stretto e invoca misure draconiane per stoppare le pensioni
d'anzianità facili e i trattamenti di favore.
Ma una cosa balza evidente sfogliando i riservatissimi regolamenti
pensionistici: i sacrifici previdenziali non sembrano riguardare i
parlamentari. Le regole che si sono date stanno lì a dimostrarlo.
Per i deputati è in vigore un regolamento approvato con una
riforma dall'Ufficio di presidenza nel luglio del 1997. Recita che
gli onorevoli il cui mandato parlamentare sia iniziato
successivamente alla XIII legislatura del 1996 conseguono il
diritto alla pensione al raggiungimento dei 65 anni. L'unico
vincolo è quello della contribuzione: devono essere stati fatti
versamenti per almeno cinque anni, quelli di una legislatura
piena. Così, almeno per l'età pensionabile, gli onorevoli sembrano
allineati al resto della cittadinanza. Ma si tratta di
un'illusione. Fissato il limite ecco gli sconti. Sì alla pensione
a 65 anni ma, attenzione, l'età minima per il vitalizio scende di
un anno per ogni ulteriore anno di mandato oltre i cinque. Sino a
raggiungere il traguardo dei 60 anni. Ma non è finita. Una gran
parte dei deputati risulta eletta prima del 1996. Per loro resta
valida la normativa in vigore prima della riforma. E cosa
stabilisce questa normativa? Che si ha diritto al vitalizio
all'età di 60 anni, riducibili a 50 utilizzando tutti gli anni di
mandato accumulati oltre i cinque minimi richiesti. Morale della
favola? Con oltre tre legislature, per esempio 20 anni di
contributi, si può andare in pensione addirittura sotto i 50 anni.
Ancora più generosi si rivelano i senatori: sotto la spinta delle
critiche degli anni Novanta, anche a Palazzo Madama hanno varato
una riforma previdenziale con la quale gli eletti a partire dalla
XIV legislatura del 2001 hanno diritto alla pensione solo a 65
anni e a condizione di aver svolto un mandato di cinque anni. Ma
si tratta di pura apparenza. Fatta la norma, cominciano le
deroghe. Anzitutto, per coloro che hanno conquistato lo scranno
prima del 2001, per i quali il privilegio antico di riscuotere il
vitalizio a 60 anni con una legislatura, a 55 con due e
addirittura a 50 anni dopo tre mandati resta immutato. Ma un
trucchetto c'è anche per gli eletti del 2001: quelli che avranno
collezionato un secondo mandato potranno anch'essi scendere a 60
anni. Insomma, chi la dura la vince.
Io la preferisco baby
Fine delle facilitazioni? Macché. Il comune cittadino può
andare attualmente in pensione con 35 anni di contributi e 57 anni
di età. Se lo scalone di Maroni non sarà toccato dal governo
Prodi, dal prossimo anno ci vorranno addirittura 60 anni. Deputati
e senatori potranno invece affrontare la vecchiaia con il conforto
di ricche pensioni-baby. Secondo i regolamenti di Montecitorio e
Palazzo Madama il diritto al vitalizio si acquisisce versando le
quote contributive (attualmente 1.006 euro mensili) per almeno
cinque anni di mandato. Davvero una bella differenza con i 20 anni
di contributi minimi richiesti ai cittadini per la pensione di
vecchiaia. E non basta. I parlamentari hanno voluto annullare
anche gli effetti dell'instabilità politica che in Italia, si sa,
porta sovente alla chiusura anticipata delle legislature. Come?
Decidendo all'unisono che in questi malaugurati casi 2 anni e sei
mesi di effettivo incarico sono sufficienti per il diritto alla
pensione. Basta pagare contributi volontari per i due anni e mezzo
mancanti. E senza nemmeno affannarsi con i versamenti: agli
onorevoli parlamentari è infatti permesso di saldare anche a 'fine
mandato e in 60 rate'. Più facile di così!
Rivalutazione automatica
Acquisito il diritto, si passa all'incasso. Naturalmente,
sfruttando un altro privilegio legato al metodo di calcolo del
vitalizio. A partire dal 1996, con la riforma Dini, i lavoratori
italiani hanno dovuto dire addio al vantaggioso metodo
retributivo, che ancorava la pensione ai livelli di stipendio
della parte finale della carriera, per soggiacere ai rigori del
contributivo, in base al quale l'ammontare della pensione è legato
al valore dei versamenti effettuati nell'arco dell'intera
carriera. Ancora una volta, deputati e senatori fanno eccezione.
Come viene calcolato il loro vitalizio? Sulla base dell'indennità
lorda (12 mila 434 euro) e degli anni di contribuzione. A ciascun
anno è legata una percentuale: per cinque anni di mandato si ha
diritto al 25 per cento dell'indennità (pari a 3 mila 109 euro
lordi di vitalizio); per 10 al 38 per cento (pari a 4 mila 725
euro); per 20 al 68 per cento (8 mila 455 euro); fino ad arrivare
all'80 per cento dell'indennità per i 30 anni e oltre (9 mila 947
euro). Con una ulteriore blindatura della base di calcolo: la
cosiddetta 'clausola d'oro' grazie alla quale il vitalizio si
rivaluta automaticamente essendo legato all'importo dell'indennità
del parlamentare ancora in servizio.
Niente male davvero, soprattutto se si vanno a
vedere le cifre versate dai parlamentari
per riscuotere la pensione. Prendiamo il caso di un
deputato cessato dal mandato nell'aprile 2006 ed eletto per la
prima volta nel '94. Il suo mandato effettivo è di 12 anni,
essendosi la XII legislatura ('94-'96) chiusasi anticipatamente
dopo appena due. Ma sommando i contributi versati per riscattare i
3 anni mancanti (36 mila euro) a quelli regolarmente pagati
durante il mandato (128 mila euro), l'onorevole neopensionato alla
fine avrà versato complessivamente circa 164 mila euro per 15 anni
di contribuzione. Un 'sacrificio' che gli consente di incassare
oggi un assegno mensile di 6 mila 590 euro lordi. Con quali altri
vantaggi? Nell'ipotesi che abbia oggi 57 anni e che viva fino a
87, come ipotizzato dall'onorevole Rutelli, questo deputato
incasserà alla fine 2 milioni 372 mila euro a fronte dei 164 mila
versati. Un giochino che farà rimettere alla Camera ben 2 milioni
200 mila euro. E per un solo deputato. Dove porterà l'andazzo?
Montecitorio (dati 2006) ha in carico 2005 pensionati
(reversibilità comprese): gli costano 127 milioni di euro a fronte
dei 9 milioni 400 mila di entrate relative ai contributi versati
dai deputati in carica. Altrettanto critica è la situazione al
Senato che con le sue 1.297 pensioni spende ogni anno quasi 60
milioni a fronte dei 4 milioni 800 mila di entrate ricavate dai
versamenti dei senatori in servizio. Un'autentica voragine con un
'buco' nel 2006 pari a 174 milioni di euro. Fino a quanto reggerà
il sistema? "Noi nemmeno ci poniamo il problema", spiega un
funzionario del Senato. Ci pensa lo Stato a ripianare ogni anno il
disavanzo.
Qualcuno che si scandalizza per queste storture c'è anche in
Parlamento. E magari, come il diessino Cesare Salvi, autore con
Massimo Villone del bestseller 'Il costo della democrazia', invoca
pure un intervento legislativo per allineare i parlamentari al
resto dei cittadini: "Basta con questi scandalosi trattamenti di
favore", dice, "ci vuole il contributivo per tutti".
Governo con vitalizio Anche il vicepresidente del
Senato Milziade Caprili, di Rifondazione, chiede una riforma:
"Sarebbe bello se con un atto unilaterale la politica scegliesse
la strada di un ridimensionamento dei propri privilegi". Che ci
pensi magari il governo, con la prossima 'lenzuolata'
riformatrice? C'è da sperarlo, anche se proprio nei ranghi
dell'esecutivo si annida un robusto, nuovo drappello di
privilegiati: quello dei parlamentari eletti nello scorso aprile,
come Roberto Pinza, imbarcati nel secondo governo Prodi e
costretti a dimettersi per gli accordi presi dai partiti della
maggioranza. Curioso e fortunato destino, il loro. Fossero restati
deputati o senatori non avrebbero potuto riscuotere il vitalizio;
come ex, invece, nonostante incassino anche indennità e stipendi
proprio in quanto viceministri e sottosegretari "non parlamentari"
(198 e 192 mila euro l'anno rispettivamente) possono
tranquillamente intascare anche la pensione. In tutto sono 2
viceministri e 18 sottosegretari. Altri tre casi tra i tanti: Ugo
Intini, vice di Massimo D'Alema agli Esteri, che oltre alla 'paga'
spettantegli come membro dell'esecutivo, prende un vitalizio di 8
mila 455 euro lordi; Luigi Manconi, sottosegretario alla Giustizia
che incassa 4.725 euro e Alfonso Gianni, sottosegretario allo
Sviluppo economico, Rifondazione comunista, che a 56 anni riscuote
anche una pensione di 6 mila 600 euro lordi al mese.
Scandalo pensioni: gli illustri onorevoli
Giornalisti
|
Reduci di tangentopoli
|
Ex ministri
|
In prima linea
|
Sindacalisti
Cognome |
Nome |
Anni contributi |
Importo |
Marianetti |
Agostino |
15 |
6590 |
Carniti |
Pietro Secondo |
5 |
3108 |
Foa |
Vittorio |
22 |
8828 |
Pizzinato |
Antonio |
15 |
6590 |
Scalia |
Vito |
26 |
9512 |
Professori
Cognome |
Nome |
Anni contributi |
Importo |
Arbasino |
Nino Alberto |
5 |
3108 |
Arfe' |
Gaetano |
15 |
6590 |
Asor Rosa |
Alberto |
5 |
3108 |
Barbera |
Augusto Antonio |
25 |
9387 |
Cavazzuti |
Filippo |
20 |
8455 |
De Rosa |
Gabriele |
15 |
6590 |
Galasso |
Giuseppe |
15 |
6590 |
Giugni |
Luigi |
20 |
8455 |
Magris |
Claudio |
5 |
3108 |
Mancina |
Claudia |
10 |
4725 |
Negri |
Antonio |
5 |
3108 |
Ossicini |
Adriano |
35 |
9947 |
Plebe |
Armando |
10 |
4725 |
Prodi |
Paolo |
5 |
3108 |
Rodotà |
Stefano |
20 |
8455 |
Ruffolo |
Giorgio |
15 |
6590 |
Sanguineti |
Edoardo |
5 |
3108 |
Scoppola |
Pietro |
5 |
3108 |
Sgarbi |
Vittorio |
20 |
8455 |
Spaventa |
Luigi |
10 |
4725 |
Teodori |
Massimo |
15 |
6590 |
Tronti |
Mario |
5 |
3108 |
Vacca |
Giuseppe |
10 |
4725 |
Villari |
Rosario |
10 |
4725 |
Imprenditori
Cognome |
Nome |
Anni contributi |
Importo |
Agnelli |
Susanna |
20 |
8455 |
Benetton |
Luciano |
5 |
3108 |
Cecchi Gori |
Vittorio |
10 |
4725 |
Lombardi |
Giancarlo |
5 |
3108 |
Matarrese |
Antonio |
18 |
7709 |
Savelli |
Giulio |
5 |
3108 |
Magistrati
Cognome |
Nome |
Anni contributi |
Importo |
Bertoni |
Raffaele |
10 |
4725 |
Imposimato |
Ferdinando |
15 |
6590 |
Mancuso |
Filippo |
10 |
4725 |
Maritati |
Alberto |
15 |
6590 |
Parenti |
Tiziana |
10 |
4725 |
Riccardelli |
Libero |
5 |
3108 |
Vitalone |
Claudio |
20 |
8455 |
Avvocati
Cognome |
Nome |
Anni contributi |
Importo |
Acquarone |
Lorenzo |
25 |
9387 |
Della Valle |
Raffaele |
5 |
3108 |
Galasso |
Alfredo |
5 |
3108 |
Guarino |
Giuseppe |
5 |
3108 |
Bassi Lagostena |
Augusta |
5 |
3108 |
Pellegrino |
Giovanni |
20 |
8455 |
Pisapia |
Giuliano |
10 |
4725 |
Saponara |
Michele |
10 |
4725 |
Siniscalchi |
Vincenzo |
15 |
6590 |
Taormina |
Carlo |
5 |
3108 |
Vassalli |
Giuliano |
10 |
4725 |
Spettacolo
Cognome |
Nome |
Anni contributi |
Importo |
Gravina |
Carla |
5 |
3108 |
Falqui |
Enrico |
5 |
3108 |
Paoli |
Gino |
5 |
3108 |
Squitieri |
Pasquale |
5 |
3108 |
Corsi Zeffirelli |
Gian Franco |
10 |
4725 |