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EDITORIALE
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di Vito Feninno
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IL PRINCIPE DI ROCCETTE SANT'ANTONII
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“Tagliategli la testa!”
tuonò il principe. E lo scriba, boia di corte, si apprestò ad intingere
la penna nel curaro, mentre il malcapitato si avviava a poggiare il
capo sul freddo ceppo. Il potente nuovo principe Amedeo
Ladislao D’Aquignotta I , giovane e
ambizioso, mette
a
profitto la sua nuova “investitura” per dare forza al suo nuovo
mandato e fondare la sua Signoria sul rispetto regale. Il principe
infatti per esprimere questo nuovo Stato Padronale non si fa imbarazzo
di ricorrere alla massima “il fine giustifica i mezzi”. Il
“mezzo” è la “testa tagliata”; il “fine” è fondare uno Stato sul
Principato, in modo tale che la legge venga subordinata al Principe,
in modo che tutte le persone che desiderano avere protezione devono
rivolgersi a lui offrendo ciò che hanno di più caro: la dignità.
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Rispetto a questo
nuovo scenario Amedeo I si propone, intrepidamente, quindi, di
innovare la politica dandole nuova virtù e nuovo significato: di
assecondare i tempi, cioè di recitare. Recitare due parti in commedia;
una: pietosa, religiosa, untuosa verso quelli vicino a lui più
potenti; l’altra: tirannica, violenta , furiosa, crudele verso
quelli lontani a lui più deboli. In sostanza un “virtuoso” capace di
ingannare e illudere gli abitanti ricorrendo a qualsiasi strumento
per garantire la sopravvivenza del suo feudo
e far sentire ai sudditi il suo potere. Tratteggiando in continuità
col suo predecessore Ladislao II una realtà geopolitica poggiata sul
consenso repressivo dei sudditi dandole stabilità solidità e durata.
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“Signor principe, non voglio che sia considerata una presunzione o
mancanza di rispetto il fatto che un uomo qualunque quale io sono,
pretenda di esaminare il Vostro comportamento regale, ma come coloro i
quali osservano il mondo dall’alto – come Vostra Magnificenza - e
vedono tutti piccoli, così io Vi dico che per conoscere la vera natura
del principe bisogna appartenere al popolo e guardare dal basso”. E
dal basso, mentre Vostra Magnificenza è favorito dalla fortuna, noi
senza meritarcelo dobbiamo sopportare la malignità della sorte e ogni
nefandezza perpetrata dalla politica ai danni della morale pubblica e
della dignità di ogni singolo cittadino di Roccette Sant’Antonii.
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Nella Vostra signoria, ove il popolo ha antiche abitudini e costumanze
di riverenza verso i “Signori”, Voi signor Principe avete buoni motivi
per stare tranquillo e continuare a usare la mano ferma nei confronti
dei deboli, perché comunque avrete sempre l’appoggio di gran parte dei
sudditi e dei potenti a voi vicino. Infatti Voi sapete bene di tenere
la signoria in pugno e di poter permettervi di punire severamente i
vostri dipendenti: tanto dai vicoli, dal Palazzo e dal Sacro
Pulpito non si alzerà, non dico una ribellione, ma neanche
nessuna critica. Difatti la Signoria sorta nel 1300 accentrava il
governo nelle mani di un uomo solo, e i signori -
ovvero, il
padrone, proprietario, capo, dominatore, principe
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ricevevano dal papa il riconoscimento del loro potere, diventando così
vicari apostolici.
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E’ bastato che un Vostro dipendente abbia alzato per un attimo la
testa che, per insegnare a tutti i subalterni il rispetto alla Vostra
Magnificenza, avete subito ordinato di mozzarla quella testa! Proprio
come terribilmente facevano i sabaudi del Regno con i “briganti”del Vulture:
teste mozzate, in piazza, a guisa d’esempio per tutti gli altri per
ristabilire il controllo. Nessuna voce, nessun pianto ha suscitato
questa energica disposizione mutilatrice, a prova di esempio che il
Principe è benvoluto da tutti. Difatti i sudditi e i dipendenti
non devono chiedere assolvimento dei torti subiti direttamente dal
principe ma devono avere un motivo in più per amarlo o per temerlo:
poiché, frenati dalla paura di dover subire gli stessi torti, i
dipendenti o il cittadino, essendo divisi disgregati e poveri, non
possono così nuocere al mantenimento del potere. Non siamo nell’anno di grazia 1560 – anno della morte
di Ladislao II - ma nell’anno del Signore 2005: e non dovremmo più
essere in presenza di principati; ma, mentre tutto scorre, a Roccette
Sant’Antonii il tempo è fermo e le superstizioni stabili,
nell’impassibilità dell’esigua borghesia legata alla rendita avvolta
nel suo grigiore esistenziale.
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A distanza
di cinque secoli, ci siamo dati una Costituzione repubblicana fondata
sulla democrazia rappresentativa che prescrive che i nostri
rappresentanti vengono eletti per “servire” il cittadino, ma tutto
questo non è bastato se nel feudo di Roccette Sant’Antonii non si sono
ancora abbandonate le modalità di governo in vigore nell’epoca dei
principati. Avete ragione, signor Principe, perché il mondo appartiene
ai forti e ai furbi: perciò potete continuare ad approfittare dei
secoli di ignoranza, di superstizioni, per spogliarci delle nostre
dignità, metterci sotto i piedi e ingrassarvi con i beni tolti a noi
disgraziati; badate però, signor principe, che non venga il giorno del
trionfo della ragione.
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Non voglio mancarvi di rispetto – anche perché a
me non è concesso, uomo qualunque, uno del popolo che guarda dal basso
- ma accettate questa piccola “gratificazione”: a me pare che Vostra
Magnificenza più che un principe
longobardo di Capua discendente di Ladislao II D'Aquino, sembrate più un
autocratico levantino di Corso Dauno Irpino imparentato con il collettino
tondo continuatore degli Orsini-Boboni e proclamato tale dal zimarrato
banditore del feudo.
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-del 06 novembre 2005
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