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Il valvassore

 

 
EDITORIALE
di Vito Feninno
 

 

 
    L'EREDITA' DEL VALVASSORE

Ansia, inquietudine e preoccupazione. Sono questi i sentimenti che vivo in riferimento a questa fatale nuova compagine amministrativa. Dopo un anno dal voto amministrativo la maggioranza che regge il governo del nostro comune di Rocchetta S. Antonio oltre ad essere silente è anche accortamente assente. Rocchetta, un paese deluso e preoccupato per il suo avvenire, che ha perso il sorriso, rassegnato,  a secco di speranza,  si ritrova ancora sotto il tallone di chi comanda e non governa.

Ad un anno dal voto, del 3 e 4 aprile 2005, non si intravedono iniziative capaci di dare nuove prospettive economiche e sociali ma il nuovo inquilino, innalzato con investitura feudataria a valvassore del feudo, sta lavorando a consolidare il sistema politico amministrativo continuando ad alimentare la deriva autocratica della sovranità.

Venti anni di dominazione fregoliana di stampo baronale, il valvassore capeggiando una lista definitasi “democratica” non ha dato vita a nessun atto davvero democratico.  Niente consigli comunali aperti,  istituzioni di consulte o commissioni per favorire la partecipazione e accrescere la responsabilità e il senso civico dell’opinione pubblica. Nessuna procedura per istituire il “bilancio partecipato”, vero atto di discontinuità col passato, vera manifestazione di volontà democratica. Al contrario: in questo primo anno non c'è stata nessuna volontà di incontrare i cittadini. E non c'è, in calendario, nessun appuntamento pubblico per rendicontare il lavoro ad un anno dall’insediamento amministrativo! E’ questa  la lista che si definì “Rocchetta Democratica”?

Ad un anno di distanza, se questo è quello che registriamo,  possiamo dire che di democratica aveva solo il nome abbacinante. E non poteva essere diverso. Perché il peso di venti anni di politica baronale autarchica non potevano evaporare semplicemente perché qualificatesi con l’accecante “democratici”!

La presunta novità della lista “Rocchetta Democratica” ad un anno dal voto, dunque, è franata. E’ finita nel burrone. Ad un anno dal voto ha già dilapidato tutte le aspettative e la credibilità che in partenza voleva accreditarsi. Un anno di lavoro di routine in linea con la politica del giorno per giorno, del navigare a vista. Nessuna “IDEA FORZA” messa in campo. Tabula rasa. Né il Sovrano, né il Principe con dieci anni di comando hanno partorito una idea, una. Conquistati dall’affaire eolico, dall’affaire ricostruzione, neanche il Valvassore in questo anno di comando  ha messo sul tavolo un’idea forza; una idea capace di riaccendere le speranze, di far intravedere un possibile mutamento delle segnate condizioni di un paese che si avvia ad una morte fisica, ambientale e demografica.

Pertanto non possiamo non constatare che quella oscurante politica “monarchica” è passata integralmente in eredità anche al nuovo “signore”. Celebrando la stabilità dell’inquietante potere che da oltre un ventennio priva il futuro ai giovani di Rocchetta senza avvertirne  dolore e  pentimento.

Dopo il voto amministrativo del 3 e 4 Aprile 2005 le problematiche socio-economiche della comunità rocchettana in buona sostanza non sono state affatto principiate da politiche capaci di corroderne la gravità. E non ci pare di  impressionare se evidenziamo che la nuova classe politica e dirigente non ha mutato la sua struttura baronale nell'intendere l’esercizio di governo. I malanni del comune di Rocchetta Sant’Antonio che dovevano essere avviati a soluzione, nella pratica continuano a sopravvivere: la “sudditanza clientelare” eretta a sistema, impedisce, di fatto, sul nascere qualsiasi vera possibilità di imboccare strade culturali nuove capaci di correggerne la feudale sfera di influenza. Perché storicamente la  Sudditanza clientelare induce, il debole, chi ha bisogno, a vincolarsi al baronaggio politico, che da tale vincolo trae tutto il suo interesse,  producendo così, nei fatti, corruzione morale e corruzione civica. E siccome da un male figliano altri mali, peggiori del primo: vincolandosi, si condanna in questo modo la propria vita a rimanere in “libertà vigilata”.

La gerarchia feudale era così graduata: sovrano, duchi, marchesi, conti, visconti, baroni, valvassori, cavalieri, arimanni, cittadini, villani. Ognuno di questi doveva portare riconoscenza al suo superiore e prestare a lui servigi e  accettarne i comandi.

All’epoca del feudalesimo mancavano le relazioni sociali e la supremazia della legge. E vigeva la legge consuetudinaria emanata dal “signore”. Cioè, la legge veniva sostituita dalle consuetudini locali e legata al diritto di proprietà: e la proprietà era, manco  a dirlo, del sovrano. Il feudatario infeudava un suo sottoposto che aveva degli obblighi di vassallaggio:fare gli interesse del padrone e di sussidiarlo, nella bisogna, in danaro. Il vassallo giurava fedeltà al feudatario e per la sua genuflessione riceveva l’investitura.

E così la feudalità è arrivata fino a noi. Nel corso degli anni si è estesa dal feudo anche agli uffici e all’amministrazione; che in forza del principio della “sudditanza clientelare” fa si che questo medioevale mestiere sia un facile esercizio per chiunque gestisce la cosa pubblica perché ha sudditi ubbidienti e avvezzi alla soggezione. Se qualche suddito o “villano” si permette di alzare il capo, il sovrano feudatario o il principe vassallo, ordina subito la decapitazione di quella testa indisciplinata. E così, come allora,  scomparsa la libertà, per via della sudditanza clientelare, vigeva e vige il solo diritto della forza e la servitù è generale. Il solo feudatario godeva e gode di vita indipendente, è padrone di sé stesso, mentre, come allora, era ed è da tutti temuto ed ubbidito. E i poveri sudditi si ritrovano ancora oggi nella assai miseranda condizione che non possono disporre della propria indipendenza.

Così il valvassore, facente funzione, lottizza spazi di influenza e di privilegi; conducendo nell’interesse del feudatario, che vuole che il suo feudo sia difeso e conservato dagli “attacchi” della modernità e del progresso civile e culturale. Come è strana la vita, a Rocchetta S.Antonio!

 
del 8-Aprile- 2006

 
 

- la repubblica di tersite -