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LA STORIA E LA MEMORIA

 

 
 
EDITORIALE
di Vito Feninno

 

 L'INIZIO DELLA FINE

Attacco alla nostra memoria storica. Abbattuto un altro pezzo di storia: via Montefrumentario, un pezzo di storia socio-culturale.

Con Delibera di Giunta n.° 53 del 31/05/2006 LAVORI DI SOMMA URGENZA ORD.N.551/2005-DEMOLIZIONE DI FABBRICATI FATISCENTI E PERICOLOSI IN VIA MONTEFRUMENTARIO ZONA "A" DI P.R.G.-APPROVAZIONE PROGETTO”  continua, nel silenzio di tutti, l’opera di demolizione del nostro patrimonio storico, architettonico e culturale.

Se entrate a Rocchetta S. Antonio non pensiate di trovare giardini o verde terrazzato di buona fattura che impalmi il paese, che si accordi con l’omaggio dell’occasionale forestiero. No.  Si resterà delusi. Il paese, schiacciato sulla collina, non ha fierezza. Non ha carattere per stupire. E’ privo di ammiccamenti. E’ arido di seduzioni. Se ci si avventura a Rocchetta S. Antonio si resterà storditi, tramortiti dalla imperizia manutentoria dei suoi governanti.  Il volto, segno della memoria peculiare del paese, è stato negli anni sberciato, gli sono stati cambiati i connotati. E con essi si è persa per sempre la sua anima. Niente è più come prima. Prima che arrivassero i soldi della ricostruzione per un terremoto mai avvenuto, ma tanto “voluto”. Che ha fatto piovere una montagna di dorata cipria scintillante che ha falsificato il volto del paese e dorato, anche, alcune accorte tasche.

Se quel forestiero, per sua fortuna, entrasse provenendo da Lacedonia, potrebbe anche pensare, a prima vista, di trovarsi in un paese dignitoso: gli apparirebbe subito il “belvedere” e cento metri più giù scorgerebbe una casa assai bella, di appartenenza dell’ex sindaco.  Con aiuola incorporata. Sembra fatta apposta per la gioia del forestiero. Basta che si fermi e non prosegua, però. Basta che goda del panorama da quel punto e si limiti ad usare la fantasia: conserverà soddisfatto il ricordo della gita. Se cedesse, suo malgrado, alla tentazione di spingersi al di là dell’aiuola, la realtà delle cose travolgerebbe la sua immaginazione. Oltre la siepe ben curata avvertirà che il signor ex sindaco ha ridotto il suo ingegno: la parte pubblica mal si è sposata con l’impazienza, la fretta e gli interessi che hanno avuto il sopravvento.

Passeggiando per la piazza è il modo civettuolo con cui l’autorità fa potare e tondere gli alberi che viene subito da rimproverare. Invece di assomigliare con le loro nuove chiome tonde ed appiattite a degli ortaggi, quelle piante non domanderebbero di meglio di assomigliare a tanti altri alberi normali. Ma la volontà dell’ex sindaco è dispotica, e ogni anno per la gioia dei visitatori, gli alberi vengono spietatamente amputati. Ormai c’ha preso l’abitudine ed è divenuto un esperto architetto orticultore. Ogni estate in piazza: ortaggi per tutti. Non si concepisce che un albero sia fatto per fare l’albero. Penso che ciò venga fatto nella speranza consolatoria di offrire al forestiero un senso di bellezza. Quelle sfumature ad ortaggio, insomma,  sono pensate per sedurre. In mancanza d’altro, l’Architettura Ortofrutticola viene messa a servizio della seduzione, dell’ammiccamento. Così vanno le cose a Rocchetta S. Antonio.

Se prolunghiamo la passeggiata il senso di rovina ci assale. Con delibera n.° 53 del 31 maggio 2006 la giunta comunale ha deliberato l’ inumazione di un passato glorioso:  “LAVORI DI SOMMA URGENZA ORD.N.551/2005-DEMOLIZIONE DI FABBRICATI FATISCENTI E PERICOLOSI IN VIA MONTEFRUMENTARIO ZONA "A" DI P.R.G.-APPROVAZIONE PROGETTO”. Somma Urgenza! Quelle casette in pietra erano lì dal settecento; tirate su, pietra su pietra, per dare un tetto a migliaia di rocchettani che tempo fa popolavano la cittadella, il cuore stesso del paese. In trecento anni nessuno ha mai pensato di recuperarle conservandole, preservando intatta la memoria storica di ciò che eravamo? Somma Urgenza! A 26 anni dal terremoto? Ma che cosa avete fatto in 26 anni di governo? Cincischiare!? Pusillanimemente!? Somma Urgenza! Urgenza di abbattere un altro pezzo di storia di una comunità?  Cosa ce ne facciamo di un Castello isolato, tutto solo, in mezzo ad uno spiazzo asettico privo di segni di insediamento urbano? Si tratta a ben vedere di un progressivo e decisivo attacco al patrimonio storico ambientale e culturale assestato turpemente al  più intimo dei segni distintivi di una comunità millenaria, come la nostra.

La particolarità di questo piccolo borgo era che l’abitato originario e le strade principali, come in altre località d’altura, formano dei semicerchi concentrici il cui fuoco è proprio nel castello vecchio, cosiddetto Normanno. E questa peculiarità urbanistica è cinturata ad ovest da via Marcello, via Lotteria e via La Torre, a  nord ovest da via Ospizio e via dell’Abate, a nord est da via San Giovanni e via M. S. delle Grazie, e a sud da via Gela e via Gione. Via Montefrumentario era all’interno di questi semicerchi concentrici. Come appare evidente, questi toponomastici sono legati a persone o a cose pertinenti con il luogo. Ogni nome ha un preciso significato che racconta, per ogni singola strada, la sua storia sociale, culturale e spirituale.

In quel nucleo urbanistico denomino “cittadella” arroccato su un piccolo pianoro si sviluppò fra il  XII e il XIV secolo la comunità rocchettana. Quelle case demolite ospitavano parte di quelle 442 persone che nell’anno 1761 costituivano il 13% della popolazione. Tutto questo sarà sostituito dall’artificioso aspetto che l’intervento scellerato imporrà come recupero.   

Nel silenzio generale, sotto il “trionfante” rumore delle ruspe si è avviata la nuova amputazione di un altro pezzo di "arto" del corpo del nostro piccolo centro, lasciato indolentemente incancrenire.

Mi pare che possiamo rilevare, al di là di ogni ragionevole dubbio, una sorta di prostituzione culturale di fronte alla vergognosa capitolazione delle mura abbattute,  in via San Giuseppe, in Largo Ladislao II D'Aquino e via Montefrumentario. Quest’ultima, via storica della civiltà contadina; sede della banca del grano cui ricorrevano i nullatenenti per il prestito delle sementi.

Che altro ci toccherà vedere prima che si alzi qualcuno in questo malandato paese, perché si censurino gli scandali e la corruzione culturale? Bisognerà essere un popolo molto immaturo e fortemente rassegnato per subire un così irrimediabile inquinamento ambientale e culturale!

Lo so, muovere critiche a chi governa c’è il rischio di rimanere isolati.  Ma personalmente mi ritengo una persona ricca  spiritualmente e lotto, nella speranza, di  infilarmi negli angusti interstizi neurotici di chi ha la mente abitata da vuoti etici, voragini morali e dominata dall'accomodante compromesso culturale e ambientale cui le tradizioni del posto impongono sia coscientemente: perché "tutti hanno famiglia", sia inconsciamente: perché l'educazione a "servire" o a temere il più forte, vince sul sano senso di ribellione.

 La domanda cui occorre rispondere è: A CHE COSA APPARTENIAMO? ogni individuo ha bisogno di certezze, di sicurezze. E la voglia di "identità" è iscritta proprio nel sentimento di appartenenza: fosse essa una famiglia, fosse esso un luogo. Non esiste urbanista che possa, ri-tracciando linee e nuovi assetti stradali, seppur compatibili, ridare vigore al legame sentimentale che sgorga così misteriosamente dai luoghi nativi: dove ogni pietra, ogni odore, ogni profumo, ogni pianta, ogni traccia seppur residuale del passato, diventa patrimonio cognitivo e sentimentale di ogni persona che quelle strade ha calpestato.

 Ecco perché ogni intervento che manomette il patrimonio cognitivo e sentimentale prende il nome di saccheggio. Si compie scientemente un vero "SACCO". Qui, sì, che possiamo avere l'ardire di pronunciare che si compie una vera e propria "EMPIETA'": che cosa conta governare se, poi, selettivamente, quello che abbiamo ereditato dalla storia, lo maneggiamo con fastidio  e patologica ansiogenità?

 Questi giovani “moderni” amministratori, sembrano sfacciatamente dipendere dal loro stato genetico improntato all’abrogazionismo storico. O più candidamente dipendere dalla “cultura dell’emergenza”. Non sembrano comprendere la gravità dei loro atti, perché, forse, non si sentono sul banco degli imputati in quanto sono al potere stabilmente, imponendo l’assolutismo culturale. Arrogandosi la pretesa di parlare a nome di tutti.

 In mancanza di un vago spirito etico si è istituzionalizzato l’analfabetismo storico-culturale al potere. E nessuno si sente di segnalare loro questa assenza di vergogna. Sì, mi è giunto all’orecchio che la demolizione ha avuto l’OK formale delle Belle Arti. Ma voglio qui ricordare che anche il sottoscritto due anni fa denunciò con un manifesto fotografico lo stato di abbandono del centro storico chiedendo un intervento di recupero. Ma, qui, si è passati dall’abbandono all’abbattimento. Facendo pulizia dei “ruderi”. Come se quei “ruderi” fossero immondizia e imbrattassero la regalità del castello. Mentre è risaputo che quando ci si accosta alla storia non si usano le ruspe ma i pennelli e le cazzuole. Ma così vanno le cose a Rocchetta S. Antonio.

Forse ha ragione Zygmunt Bauman, quanto gli tocca dolorosamente ammettere, che “in una società "liquida" essere "identificati" diventa sempre più impopolare”.

Sono dispiaciuto. Amareggiato. Deluso. Shockato. Se questi sono i giovani governanti, le identità, allora, possono pure perire. E ridurre la storia a sepolcro imbiancato. Incipriato. Falsificato. 

Mi auguro, per il bene del paese, che ben presto ci sia una nuova scossa di terremoto. Un terremoto delle coscienze. Un terremoto politico. Un terremoto che licenzi l’amministratore delegato del comune di Rocchetta S. Antonio, l’alchimista politico, il signor Fregoli Pietro, e il direttore tecnico,“il principe D’Aquignotta”. Rispettivamente: uno dirigente ombra, l’altro interprete e appaltante.

Se colpa ho, l’unica mia colpa, è di non assomigliare a quelle “trecoteuses” francesi che ai piedi della nuova cava tumulatrice di largo Ladislao D’Aquino distrattamente assiste al disfacimento e alla liquidazione della memoria storica del paese natio.

Proprio mentre attraversiamo la fase più “distruttiva” della nostra storia, mi auguro che si comprenda la necessità qui, sì, di somma urgenza, di inaugurare quanto prima una salvifica epifania. 

       Con amicizia, con rispetto di me e di tutti  

                  Vito Feninno

 Rocchetta S. Antonio, 14 luglio 2006

 
 

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