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Rocchetta nel burrone

 

 
EDITORIALE
di Vito Feninno e Andrea Gisoldi
 

 

 
    ROCCHETTA NEL BURRONE
Ieri 23 marzo 2006,
 Candela, Rocchetta Sant'Antonio e Sant'Agata (Fg)
 inghiottiti dalle frane e dal fiume Ofanto.
 

Piove, governo ladro. E se piove molto a rimetterci è un intero paese o, vista l'estensione dei danni, un intero territorio. A memoria d'uomo non si è mai visto ne sentito mai raccontare che a rimetterci sia stato chi ci governa. Anzi, gli eletti con le emergenze e le catastrofi vanno letteralmente "a nozze". E' divina manna piovuta dal cielo. E' pioggia benedetta. Ai nostri politici non è mai fregato del problema della TERRA CHE MUORE. Loro sono solo alacremente disponibili ad intervenire a posteriori, a cose già avvenute, a situazioni già compromesse, e a morte già avvenuta. Si parano davanti ai microfoni e ci inondano di retorica: "bisognava fare questo, bisognava fare quest'altro, sono calamità a cui l'uomo non può che inchinarsi". Si preoccupano di apparire costernati, ma - come sempre - passata la festa gabbato il santo. In attesa della prossima calamità, "benedetta". Sembra quasi che invochino la fine dei tempi: così si  procacciano l'occasione di mostrarvisi solidali con le popolazioni. Mentre tra una calamità e l'altra si distraggono in oleose pratiche personali. Non mettono mai sotto accusa questo modello di società  che fondato sulla innaturale spropositata ricerca della produttività pone come obiettivo la crescita della ricchezza a tutti i costi a discapito della natura e dell'eco-sistema di cui la TERRA ne è impastata.

Lo sviluppo industriale e lo sviluppo agricolo legato a questo innaturale e strumentale valore dell'arricchimento per l'arricchimento, arricchisce sì l'uomo imbelletandosi di oggetti voluttuosi e civettuoli, ma ne mina anche il suo futuro e ne muta anche il suo habitat e ne sterilizza sempre più il suo humus. Solo un cieco può vedere quello che vuole vedere. Ma chi ha occhi per vedere non può continuare a nascondersi la realtà. Non può rassegnarsi e accettare il destino della TERRA che MUORE. E' l'uomo il responsabile e l'artefice del nostro destino, non il mefistofelico fato. E gli uomini hanno nome e cognome. E se ci sta a cuore il problema della Terra che Muore non possiamo farci ciechi.
 
A Rocchetta S. Antonio la campagna è brulla, è sempre più solcata dalle rughe del dissesto idrogeologico, il paesaggio ingiallito spoglio di macchia mediterranea e  gli uccelli non possono nidificare per mancanza d’alberi. Un quadro ambientale che denuda quello che resta del paesaggio: un  mutamento delle amene colline che un tempo erano verdeggianti e le chiome degli alberi smorzavano la furia dei venti e salvaguardavano la TERRA.
 
A Rocchetta S. Antonio la corsa all'arricchimento costringe gli agricoltori a sfruttare ogni metro di terra speculando sulla ortodossia dei lavori arando contro natura compromettendo la stabilità delle strade extraurbane. A Rocchetta S.Antonio sono anni che si trivella, che si palifica, che si cementa.Questa è la cifra tecnica e culturale dei nostri amministratori. Fermare le frane con il cemento; fermare il dissesto idrogeologico tamponando con scoli rappezzanti. Mai nessuna amministrazione, e menchemeno la decennale giunta Magnotta ha mai prodotto un progetto organico per il problema delle acque sotteranee e della gestione dell'ambiente. Acqua che, come testimoniano illustri studiosi, ne fluisce abbondantemente sotto la nostra terra. Studiosi illustri del calibro di Agatino D'Arrigo che nella opera omnia del 1955  dal titolo "natura e tecnica nel mezzogiorno" ci parlava già della millenaria degradazione idrogeologica nel mezzogiorno d'Italia; come la nostra paesana Noviello che con i suoi studi ci ha testimoniato, repertando il territorio rocchettano, che "Quasi tutte le aree archeologiche sono poste su alture e là dove la presenza dell’acqua è costante e perenne.  Nel territorio facilmente rintracciabili sono i resti di boschi medievali (a nord e a sud) e di antiche strutture abitative sconvolte dai lavori agricoli. Ma cosa avvenne prima della trasformazione ambientale, si può intravedere rileggendo un discreto numero di documenti dell’Abbazia di Cava."....

 

Questa gente che eleggiamo con tanta facilità, ha mai letto niente di simile, si è mai davvero  doverosamente inchinata allo spirito del mandato elettorale che obbliga gli eletti a servire la comunità e non a sfruttare la ghiotta occasione per assecondare i propri appetiti? A Rocchetta se fai un buco trovi l'acqua; sotto ogni casa c'è un fiume o un corso d'acqua. Si sta tentando di incanalare le acque reflue con il depuratore costruito in località "Pescaredda" ma il diavolo ci ha messo lo zampino: alla "Pescaredda" (cioè: pietra affiorante) si è aperto un fronte franoso di oltre 100 metri che ha letteralmente portato via una parte della circonvallazione, creando uno scalino di oltre un metro e mettendo i serio pericolo la struttura del depuratore. Oltre alla frana che ormai ha reso totalmente impraticabile la strada provinciale 99 bis che collega il Piccolo Comune alla scalo ferroviario con un fronte franoso di oltre due Chilometri per uno scalino di un metro. Ci sono colpe da addebitare? E' tutto dovuto all'imprevedibilità del maleficio a cui siamo stati condannati dal cattivo destino? o anche chi ci ha amministrato finora ci ha messo del suo portandoci sull'orlo del precipizio? Una domanda: era proprio irrinunciabile ricorrere al cemento  per arginare il dissesto anziché - come regola vuole - ricorrere alla piantumazione di piante e alberi? Sotto il costone del Castel D'Aquino non era meglio intervenire con la messa a dimora di alberi dopo dovuti opportuni terrazzamenti, anzichè appesantirlo con le tonnellate di cemento della nuova Muraglia Cinese? Giacché come da ricerche della Noviello "Nel nostro territorio sono facilmente rintracciabili  i resti di boschi medievali? Non sono gli alberi, più che il cemento, deputati naturalmente a svolgere il loro ruolo di salvatori della TERRA?
 
Piove, e piove molto governo ladro. E se l'industrializzazione ha svuotato le case portando i giovani figli di Rocchetta a crearsi un futuro altrove, le piogge "benedette" dai politici per caso stanno facendo precipitare il paese nel burrone.
 
VITO FENINNO E ANDREA GISOLDI
  
del 24-marzo- 2006
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