Piove, governo ladro. E se piove molto a rimetterci è un intero
paese o, vista l'estensione dei danni, un intero territorio. A
memoria d'uomo non si è
mai visto ne sentito mai raccontare che a rimetterci sia stato chi
ci governa. Anzi, gli eletti con le emergenze e le catastrofi vanno
letteralmente "a nozze". E' divina manna piovuta dal cielo. E'
pioggia benedetta. Ai nostri politici non è mai fregato del problema
della TERRA CHE MUORE. Loro sono solo alacremente disponibili ad
intervenire a posteriori, a cose già avvenute, a situazioni già
compromesse, e a morte già avvenuta. Si parano davanti ai microfoni
e ci inondano di retorica: "bisognava fare questo, bisognava fare
quest'altro, sono calamità a cui l'uomo non può che inchinarsi". Si
preoccupano di apparire costernati, ma - come sempre - passata la
festa gabbato il santo. In attesa della prossima calamità,
"benedetta". Sembra quasi che invochino la fine dei tempi: così si
procacciano l'occasione di mostrarvisi solidali con le popolazioni.
Mentre tra una calamità e l'altra si distraggono in oleose pratiche
personali. Non mettono mai sotto accusa questo modello di società
che fondato sulla innaturale spropositata ricerca della produttività
pone come obiettivo la crescita della ricchezza a tutti i costi a
discapito della natura e dell'eco-sistema di cui la TERRA ne è
impastata.
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Lo sviluppo industriale e lo sviluppo agricolo legato a questo
innaturale e strumentale valore dell'arricchimento per
l'arricchimento, arricchisce sì l'uomo imbelletandosi di oggetti
voluttuosi e civettuoli, ma ne mina anche il suo futuro e ne muta
anche il suo habitat e ne sterilizza sempre più il suo humus. Solo
un cieco può vedere quello che vuole vedere. Ma chi ha occhi
per vedere non può continuare a nascondersi la realtà. Non può
rassegnarsi e accettare il destino della TERRA che MUORE. E' l'uomo
il responsabile e l'artefice del nostro destino, non il
mefistofelico fato. E gli uomini hanno nome e cognome. E se ci sta a
cuore il problema della Terra che Muore non possiamo farci ciechi.
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A Rocchetta S. Antonio la
campagna è brulla,
è sempre più solcata dalle rughe del
dissesto idrogeologico,
il paesaggio
ingiallito
spoglio di macchia mediterranea
e gli uccelli non possono nidificare per mancanza d’alberi.
Un quadro ambientale che denuda quello che resta del paesaggio: un
mutamento delle amene colline
che un tempo erano verdeggianti e le chiome degli alberi smorzavano
la furia dei venti e salvaguardavano la TERRA.
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A Rocchetta S. Antonio la corsa all'arricchimento costringe gli
agricoltori a sfruttare ogni metro di terra speculando sulla
ortodossia dei lavori arando contro natura compromettendo la
stabilità delle strade extraurbane. A Rocchetta S.Antonio sono anni
che si trivella, che si palifica, che si cementa.Questa è la cifra
tecnica e culturale dei nostri amministratori. Fermare le frane con
il cemento; fermare il dissesto idrogeologico tamponando con scoli
rappezzanti. Mai nessuna amministrazione, e menchemeno la decennale
giunta Magnotta ha mai prodotto un progetto organico per il problema
delle acque sotteranee e della gestione dell'ambiente. Acqua che,
come testimoniano illustri studiosi, ne fluisce abbondantemente
sotto la nostra terra. Studiosi illustri del calibro di Agatino
D'Arrigo che nella opera omnia del 1955 dal titolo "natura
e tecnica nel mezzogiorno" ci parlava già della millenaria degradazione
idrogeologica nel mezzogiorno d'Italia;
come la nostra paesana Noviello che
con i
suoi studi ci ha testimoniato, repertando il territorio rocchettano,
che "Quasi tutte le aree
archeologiche sono poste su alture e là dove la presenza dell’acqua
è costante e perenne. Nel
territorio facilmente rintracciabili sono i resti di boschi
medievali (a nord e a sud) e di antiche strutture abitative
sconvolte dai lavori agricoli. Ma cosa avvenne prima della
trasformazione ambientale, si può intravedere rileggendo un discreto
numero di documenti dell’Abbazia di Cava."....
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Questa gente che eleggiamo con tanta
facilità, ha mai letto niente di simile, si è mai davvero
doverosamente inchinata allo spirito del mandato elettorale che
obbliga gli eletti a servire la comunità e non a sfruttare la
ghiotta occasione per assecondare i propri appetiti? A Rocchetta se
fai un buco trovi l'acqua; sotto ogni casa c'è un fiume o un corso
d'acqua. Si sta tentando di incanalare le acque reflue con il
depuratore costruito in località "Pescaredda" ma il diavolo ci ha
messo lo zampino: alla "Pescaredda" (cioè: pietra affiorante) si è
aperto un fronte franoso di oltre 100 metri
che ha letteralmente portato via una parte della circonvallazione,
creando uno scalino di oltre un metro e mettendo i serio pericolo la
struttura del depuratore. Oltre alla frana che ormai ha reso
totalmente impraticabile la strada provinciale 99 bis che collega il
Piccolo Comune alla scalo ferroviario con un fronte franoso di oltre
due Chilometri per uno scalino di un metro. Ci
sono colpe da addebitare? E' tutto dovuto all'imprevedibilità del maleficio
a cui siamo stati condannati dal cattivo destino? o anche chi ci ha
amministrato finora ci ha messo del suo portandoci sull'orlo del
precipizio? Una domanda: era proprio irrinunciabile
ricorrere al cemento per arginare il dissesto anziché - come
regola vuole - ricorrere alla piantumazione di piante e alberi?
Sotto il costone del Castel D'Aquino non era meglio intervenire con
la messa a dimora di alberi dopo dovuti opportuni terrazzamenti,
anzichè appesantirlo con le tonnellate di cemento della nuova
Muraglia Cinese? Giacché come da ricerche della Noviello "Nel
nostro territorio sono facilmente rintracciabili i resti di
boschi medievali?
Non sono gli alberi, più che il cemento, deputati naturalmente a
svolgere il loro ruolo di salvatori della TERRA?
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Piove, e piove molto governo ladro. E
se l'industrializzazione ha svuotato le case portando i giovani
figli di Rocchetta a crearsi un futuro altrove, le piogge "benedette"
dai politici per caso stanno facendo precipitare il paese nel burrone.
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- VITO FENINNO E ANDREA GISOLDI
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del 24-marzo- 2006