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EDITORIALE
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di Vito Feninno
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LA LUNGA MARCIA
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La retorica della
democrazia diretta?
- dopo le primarie dell'Unione
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- "La democrazia è tale solo se
il "cane" da guardia delle istituzioni,
- non diventa un "cane" da
pagliaio".
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Un terremoto. Altro che Katerina. Il fiume di gente che ha "inondato" gli improvvisati seggi -
dislocati nei luoghi più disparati: parrucchiere, negozi per animali,
negozi alimentari, ecc..- ha fatto saltare qualsiasi ragionevole
previsione rispetto al numero dei votanti. I partiti - forse per
attutire un probabile flop - stavano sulla difensiva aspettandosi un
"significativo" 700-800 - massimo un milione - di partecipanti. Invece
appena si rimette lo "scettro" in mano al "popolo sovrano" la voglia
di riappropriarsi del proprio destino spiazza gli eletti i "delegati".
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E fa dire
all'"indicato" ex premier Prodi: "incredibile". La forza della
vera democrazia ammutolisce e tramortisce i nostri rappresentanti. Ma
basta riempire i seggi per identificare la democrazia come strumento
di libertà? Ricordo ancora un adagio dell'ex direttore -fondatore de
"La Repubblica" Eugenio Scalfari: "la democrazia è tale se il
"cane" da guardia delle istituzioni, non diventa un "cane" da
pagliaio". Cioè: la democrazia è sinonimo di cittadinanza
solo se il popolo vigila sulle istituzioni e non si riduce a semplice
"consultatore" elettorale.
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Nella giornata di ieri 16
ottobre 2005 il popolo
della sinistra si è messo in marcia.
Chiamato a dire la sua sulla scelta del candidato da contrapporre al
Cavaliere da Arcore ha scarpinato in lungo e in largo lo "stivale" e
ha consegnato speranzoso, ancora una volta, la sua richiesta di
restituzione di un futuro meno precario più prospero e più
presentabile: cancellando le "leggi vergogna" e sostituendo la "monarchia
parlamentare", e reintroducendo la "democrazia
parlamentare". Certamente Prodi non è Berlusconi: e
nell'immaginario collettivo gode di ben altro stile e carattere: non è
uomo del "ghe pensi mi" della Brianza o di Milano2 o di Arcore.
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E questo lascia ben sperare. Perché il popolo della
sinistra ha allergia degli "uomini della provvidenza", degli "unti del
signore". Ma tutto questo può bastare per associare le primarie ad una
Vero Cambiamento? Possiamo davvero aprire i cuori alla speranza o
sarà ancora una volta una prova strisciante di regolare i conti
interni alla coalizione e ai partiti per rinforzare le rispettive
posizioni di potere? Consegno questo domanda al professore di economia
Romano Prodi: i quattro milioni di cittadini- ripeto cittadini - e non
elettori: non "cani da pagliaio" - hanno chiesto un'altra
politica economica, hanno chiesto di privatizzare i servizi, hanno
chiesto di strangolare i lavoratori, hanno chiesto di lasciare in
povertà il 25 % della popolazione del mezzogiorno, hanno chiesto di
lasciare gli anziani nel loro limbo, hanno chiesto di mettere sul
lastrico gli enti locali? o hanno "vestito" un nuovo "principe"? con
un mandato in bianco su carta intestata dell'Unione"?
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Io penso che
questi quattro milioni di cittadini nella giornata di ieri hanno
esaltato la democrazia partecipativa, la democrazia diretta, e mi
auguro che l'"eletto" ne tenga eticamente conto. La democrazia diretta
significa abbandono della retorica della "delega in bianco" perché se
così non sarà, questa volta la democrazia si trasformerà
definitivamente da democrazia rappresentativa in pura democrazia
d’investitura.
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Questo dubbio è reale, perché voglio qui
ricordare la massima di Rousseau, che durante la rivoluzione francese,
parlando del sistema rappresentativo scriveva: “il cittadino crede
di essere libero, ma s’inganna; perché appena le elezioni sono finite
e i candidati eletti, esso diventa schiavo e non è più nulla”.
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Se
questa volta prendiamo a calci quattro milioni di cittadini, la
prossima volta non dovremmo proprio andarci al seggio: l’esperienza
giustificherebbe tanta disubbidienza. Questa distorsione delle regole
non deve apparire, come molti possono immaginare, una manifesta espressione
di ribellione o rassegnazione; ma, al contrario, una presa di
coscienza civile e culturale forte, tale da poter far impensierire le istituzioni.
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Con l'esperimento delle primarie il cittadino esce da un ruolo passivo
e si sceglie di scegliere. L'invito che consegniamo al "nostro" professore è di
ascoltarlo sempre, il "popolo sovrano", e non solo quando e come la politica lo vuole.
Comunque....eppur si muove, la lunga marcia verso la democrazia del
cittadino ha fatto il primo passo.
del 17 ottobre 2005 |
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