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UN COMUNISTA ALLA CAMERA BERTINOTTI eletto presidente. Si è aperta la XV legislatura. E con 337 voti il segretario di Rifondazione Comunista è stato eletto Presidente della Camera dei Deputati. Le sue prime parole sono state rivolte in apprezzamento alla sua storia e alla storia del paese, fatta di lotte per la conquista di diritti civili e sociali da parte di milioni di lavoratori che nel corso di tutto il novecento sotto le insegne delle bandiere rosse hanno strappato spazi di libertà e di benessere alla classe dominante fondata sul capitale: "Dedico questa elezione alle operaie e agli operai", ha detto. Il suo discorso ha preso tono, specie nel passaggio “sono un uomo di parte” - non fosse altro perché io stesso, a questo imperativo solenne, mi ero richiamato presentandomi alle amministrative rocchettane del 3 aprile 2005, capeggiando una lista civica confluita mio malgrado e contro la mia volontà, ma per la "tirannia della realtà", intrinseca negli uomini timorati, in una alleanza guazzabuglio priva di tempra e di tenzone morale; aggiungendo che un "uomo di parte" sta sempre dalla parte di chi lotta per liberarsi dal bisogno. Il neo presidente della Camera ha aggiunto:"Io sono un uomo di parte e non temo il conflitto, la politica chiede scelte, opposizioni e contrapposizioni". Per il neopresidente della Camera, la strada da seguire è chiara: è il rispetto della Costituzione: "Vorrei che facessimo tutti, tutti insieme un pellegrinaggio, il pellegrinaggio che Calamandrei indicava ai giovani". E citando Calamandrei, ha detto: "Il pellegrinaggio va fatto dove è nata la Costituzione, dove caddero i partigiani, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà, lì è nata la nostra Costituzione, la nostra irriducibile scelta di pace, lì c'è l'origine delle nostre radici". E ha chiesto alle forze politiche "che fosse questo il viatico per i lavori di quest'assemblea in cui ognuno si riconosca". Poi, il neo presidente ha continuato richiamandosi alla "vera" pratica della dottrina sociale della chiesa, citando l'esempio "di una grande coscienza civile e riformatrice del paese" di don Lorenzo Milani e la sua scuola sulla quale "dobbiamo contare come parte fondamentale per la costruzione della convivenza", e ricordando "il lavoro prezioso degli insegnanti che sono un patrimonio per il paese". Un intervento di insediamento che, letto in assenza di supporto scritto ma su appunti, è sembrato tanto autentico quanto naturale, tale da imprimerne una coesiva forza emotiva. E' stato un intervento fuori da ogni ordinamento conformistico a cui eravamo stati abituati in questi lunghi anni di bieco doroteismo e di mistica esaltazione democristiana. Un intervento non velato da quella sussiegosa ipocrisia che vuole che gli uomini delle Istituzioni neghino la propria storia e diventano snaturati uomini super partes. Anche perché così non è stato né con la presidenza senatoriale di Marcello Pera e né con la presidenza di Montecitorio di Pierferdi Casini, che con il discorso di insediamento affidò il suo mandato alla Madonna di San Luca di Bologna; e che entrambi sono risultati legati a doppio filo alle dogmatiche posizioni politico-clericali del cardinal Ruini, come testimonia l'ultima vicenda referendaria sulla fecondazione medicalmente assistita e sulla nascita in Italia di posizioni politiche teo-con, cioè teologiche conservatrici. L'on. Bertinotti, quindi, ha fatto la scelta governativa anche se contestato dalla minoranza interna al suo partito, perché teme una "deriva governativa" a discapito della difesa della libertà, dei diritti, e dell'uguaglianza.
Ma proprio ora che
il neo presidente Bertinotti ha portato indispensabilmente il Prc
nell'Unione per sconfiggere il centrodestra, mi auguro che non laceri
i rapporti con l'anima movimentista, a cui ha legato la crescita del
suo partito, e che non rinunci a presentarsi come interlocutore delle
minoranze e dei deboli. Il discorso di insediamento, al momento,
lascia ben sperare. 29.04.2006 |
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