SARA' LA
CRISI DI ROTTURA O IL CAPITALISMO HA ANCORA MARGINI PER RIEQUILIBRARE LE
CONTRADDIZIONI?
IL CAPITALISMO HA ESAURITO IL SUO COMPITO STORICO?
di
Vito Feninno
Siamo
in crisi. Crisi finanziaria o economica? I soloni per non spaventare il
popolino ripetono con giaculatorie rassicuranti che la crisi è solo
finanziaria, cioè rimane perimetrata agli scandali della finanza
d’azzardo, dei prodotti finanziari "tossici" e dei titoli "spazzatura"; al
massimo ci sarà un riverbero controllabile sull’economia reale, legata
alla produzione. Non c’è da spaventare. In tema di politiche economiche
bisogna rassicurare e non far leva sulla paura come invece utilmente e
vergognosamente si fa in tema di politiche sociali e di sicurezza.
Quando si toccano i soldi (nostri, dei risparmiatori) e la stabilità del
sistema bancario, non bisogna creare panico
altrimenti il popolino corre a mettersi in fila agli sportelli bancari a
ritirare i risparmi. In questi casi si diffonde camomilla in attesa che lo tsunami
finanziario passi, senza lasciare troppe macerie. E sarà tutto meravigliosamente
meglio di prima. E allora perché i capi della terra si sono dati
appuntamento a Washington? Perché hanno mandato in soffitta il G8 e
inaugurato il G20?
La
verità è che ormai il capitalismo non sta solo
male ma
è in coma irreversibile; ma i “dottoroni” del G20 non vogliono
staccargli la spina e tentano un accanimento terapeutico: vogliono
tenere in stato vegetativo il più a lungo possibile un sistema economico
ormai esaurito e arrivato alla fine del suo compito storico. Lo sanno
anche i “dottoroni” corsi al capezzale del malato che “la produzione
capitalistica è limitata e relativa e che essa non costituisce un modo
di produzione assoluto ma semplicemente storico, corrispondente ad una
certa e limitata epoca di sviluppo delle condizioni materiali di
produzioni”(1894 capitale, terzo libro, Marx). Cioè il capitalismo è
quindi solo un mezzo storico per lo sviluppo della società e la
creazione di un corrispondente mercato mondiale. E noi con la
globalizzazione abbiamo inaugurato difatti il mercato mondiale: questo è
successo e non altro.
Il
tentativo di darsi un governo mondiale risponde quindi solo agli
interessi della borghesia industriale al fine di essere tutelata e
protetta fino a che può avere ancora margini di sopravvivenza. E per
fare questo occorre un governo mondiale e regole uguali per tutti gli
Stati, perché non è più possibile andare avanti in ordine sparso,
altrimenti le contraddizioni insanabili del capitalismo produrranno
drammatici squilibri interni ai vari singoli Stati.
Non a caso si tenta
di costruire l’Europa politica dopo quella monetaria. Il nostro ritardo
forse peserà sul nuovo equilibrio mondiale. Ma le condizioni economiche
e finanziarie devastanti americane costringeranno la nuova
amministrazione democratica di Obama a cercare nell’Europa un suo
alleato per fronteggiare l’avanzata delle nuove forze economiche
asiatiche. Due mezzi malati, due ex potenze politiche e militari che
tenteranno di negoziare un salvavita al tavolo della crisi dove non
saranno più loro a dettare le condizioni, ma chiederanno aiuto. E l’unico
aiuto per un mercato mondiale, come abbiamo visto, è costruire un
governo mondiale.
Difatti fra un po’ avremo per l'inevitabile processo di concentrazione in atto in
tutte le politiche economiche, dei servizi, commerciali, istituzionali
(fusioni bancarie, fusioni industriali, accorpamenti strutture
pubbliche, supermercati, unione dei Comuni) un unico governo mondiale (e
forse anche una unica religione, cioè una sola religione con un unico
dio…il processo di dialogo fra le religione avviato già dal polacco
Wojtyla…), perchè quando il saggio di profitto si riduce, non ci possono essere
più capitalismi di diversa sfumata natura, ma un unico capitalismo: oggi
è l'epoca del capitalismo di stato. Che non è niente altro che
una caricatura per continuare a fregare i lavoratori e le classi
oppresse: nascondere il fallimento strutturale dell’impianto economico
sociale del capitalismo ricorrendo a politiche protezionistiche per
difendere le imprese e usare la leva fiscale facendo l’elemosina al
popolo dandogli un obolo per comprarsi almeno il panettone a rate per natale.
Il
sistema capitalista è fondato su una regola economica
assiomatica: il profitto. A tutto i costi! Per fare e ottenere questo,
il sistema utilizza due leve: una liberista e l'altra statalista; tutte
e due di concezione liberale in tema di politica economica. La politica in ogni parte
del mondo avanzato si divide, infatti, in liberal-democratica o
social-democratica
ma sempre di concezione liberale in tema economico, e cioè: quella liberal-conservatrice (di tipo
repubblicano-yankee-reaganiana-bushiana...) fonda le
sue convinzioni ideologiche che il capitalismo è un sistema equilibrato
e non bisogna interferire con le sue leggi di funzionamento; e quella
social-democratica (di tipo
democratica-yankee-obamiana-clintoniana-roosveltiana...) fonda il suo
convincimento ideologico che il capitalismo è sì SQUILIBRATO MA E'
EQUILIBRABILE attraverso l'intervento dello STATO nell’economia,
mettendo le mani
nell'industria e usando la leva della politica fiscale, al fine di
regolarne gli eccessi. Di fatti le infrastrutture si fanno sempre
quando l’economia non tira, le fabbriche licenziano i lavoratori, e lo
stato interviene per riequilibrare il calo dell’occupazione
diventando un vero ammortizzatore sociale.
Ma in
verità non esiste una politica socialdemocratica che possa regolare le
contraddizioni del capitalismo perché ambedue le leve sono usate dal
potere economico nelle diverse fasi o cicli economici, e cioè: si è
capitalisti liberisti nelle "giornate di sole", e si è
capitalisti
statalisti nei "giorni di pioggia".
Ma oggi
l'ombrello è rotto e anche se ti vuoi riparare ti bagni: i margini di
espansione del capitalismo si sono ridotti dopo l'entrata della Cina nel
WTO. Le merci e i beni non hanno più aree popolose in cui esportarle e
quindi restano invendute e stoccate. Il sistema è quasi bloccato: la
globalizzazione, cioè lo scambio mondiale delle merci, ha detto che il
RE E' NUDO, cioè che ogni Stato è saturo di beni e i cittadini con i
loro scarsi salari al massimo comprano il necessario.
Questa
crisi
economica non è finanziaria ma di produzione, cioè di SUPER-PRODUZIONE,
cioè per sovrabbondanza di merci e beni prodotti che non riescono ad
essere comprati e di conseguenza a dare margini di profitto ai
capitalisti.
Il Giappone, il paese con il più alto tasso tecnologico, di ricerca, di
occupazione e di senso patriottico (chi perde il lavoro in Giappone si
suicida, per la vergogna di non esserne degno...,questo è il capitalismo
efficiente) è in recessione..."altro che
ricerca...studio...innovazione". Il Giappone e gli yankee sono due
capitalismi dove ricerca e sviluppo sono pane quotidiano e non
fanfaluche come in Italia: eppure uno è in recessione e l'altro è
fallito letteralmente. Il debito americano ormai lo sorregge la Cina.
Il rapporto ufficiale del Tesoro americano (US Treasury International
Capital report) rivela che dalla fine di settembre la Cina ha superato
per la prima volta il Giappone come detentore del massimo volume di
titoli pubblici americani. La Repubblica Popolare ha raggiunto il
livello di 585 miliardi di Treasury Bonds degli Stati Uniti, sostituendo
anche in questo primato il Giappone. Il dato ufficiale di fonte Usa
conferma il nuovo ruolo di Pechino come principale creditore del Tesoro
di Washington. E' la prima volta nella storia contemporanea che un paese
"emergente" si trova in questa posizione.
Se la
Cina decidesse di allearsi con Russia, Iran, Iraq ritirando i titoli di
stato americani (i BOT) gli yankee, sono certo, diventerebbero subito
"comunisti" perché direbbero che questo sistema non è più riequilibrabile,
dato la loro impossibilità di riprendere la leadership sul piano
mondiale.
L'America che fino agli
anni 90 importava il 40% della produzione OCSE
permetteva agli Stati occidentali di avere un mercato per le loro
esportazioni, cosa che l'America faceva volentieri per avere alleati
contro il (falso) comunismo sovietico (che era, ricordo, capitalismo di
stato, e non comunismo come andava e va dicendo la propaganda).
La stessa cosa ha fatto anche con il Giappone dopo la seconda guerra
mondiale (Hiroshima,...!!) importando quasi tutta la produzione
del sollevante.
Caduto
il muro di Berlino, l'America che importava merci oltre le sue possibilità,
permettendo ai suoi abitanti di indebitarsi oltre modo,
cambiati gli equilibri geopolitici, si è trovata lei stessa a dover
cercare mercati per allocare la propria produzione (il pericolo
bolscevico era svanito!) e quindi di colpo gli yankee fregandosene della
dittatura comunista (capitalismo di stato cinese) scelgono
strategicamente la Cina come proprio mercato: perché dove trovi in un
solo colpo un miliardo e 300 milioni persone da sfruttare e poi da
venderci i propri prodotti? in Cina: è lapalissiana.
Così
l'America non potendo più sopportare l'enorme importazione di produzione mondiale
delle merci (dall'Europa e dal Giappone) mette in crisi economica
reale e non finanziaria l'Europa. La produzione di questi Stati rimane a
terra, i
lavoratori vanno a lavorare ma non possono produrre, perché le bisarche
e i container rimangono parcheggiati.
Che fare? Tutti
dicono… aumentare la produzione, la produttività. Ma questa non è una
crisi derivante da bassa produttività o di
prodotti a bassa qualità tecnologica, ma è totalmente il contrario. E’ il mercato
che si è ridotto: per conquistare nuovi mercati l'America ha fatto
3
guerre, Kuwait Afghanistan Iraq, e non è detto che se Obama riesca a
costruire il multilateralismo con l'Europa non sia esclusa la ineluttabile
possibilità di fare altre guerre di carattere imperialistiche
per impossessarsi mano militare di aree da colonizzare. Forse, non è del
tutto remoto il fatto che ci potranno essere
guerre imperialiste di natura economica ed energetica.
Al
momento, e il G20 lo dimostra, gli Obama, i Sarkosy, i
Berlusconi, i Veltroni, (tutti riformisti e velleitari
illusionisti, opportunisti, tronisti) al massimo interverranno con
politiche economiche di stampo keynesiane:
lavori pubblici e politiche fiscali o sussidi o carte del pane
(ci
sono ancora dei margini, ma questa formula è già abbastanza logora, lo
sanno anche i potenti della terra: occorrono bilanci statali virtuosi
per immettere liquidità nel sistema, altrimenti la carta moneta diventa
carta straccia perché il suo valore si deprezza).
Si
potrebbe domandare un aumento di salario, direbbe qualcuno! Ma dare soldi
improduttivi porterebbe ad un aumento della massa monetaria in circolazione con
la conseguenza di un inflazione galoppante e deprezzamento del suo
valore e quindi di una accelerazione stessa della fine del capitalismo.
I fondamentali di economia dicono che per non creare
inflazione la base monetaria dovrebbe variare nello stesso modo in cui
varia l’andamento economico, quindi se l'economia
non tira non è ci possono essere soldi per i lavoratori.
Tutti
dicono, allora ci vorrebbe più ricerca...più studio...più innovazione,...cazzate, tutte cazzate!!
l'unica cosa da fare,
in
questa fase di rottura economica,
per il capitalismo, è
DISTRUGGERE LE FORZE PRODUTTIVE e dare un bonus per gli acquisti di
Natale, nel tentativo ultimo di far ripartire almeno la domanda interna,
cioè i consumi. Licenziare gli interinali e i precari offrendo
loro una copertura con la cassa integrazione prolungata per non far
salire la febbre della rivoluzione.
Tutti piani abborracciati (piano Paulson liquidità alle banche,
piano Tremonti bonus natalizio, piano
Trichet
abbassamento tasso di sconto), al fine di mistificare, manipolare
"scientificamente" la coscienza dei lavoratori. Mai che i banchieri e i
politici, servi del potere economico, diano direttamente denaro ai
lavoratori veri ed infaticabili produttori della ricchezza (PIL) che i
capitalisti, sia liberali che democratici, continuano a dividersi
immoralmente.
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