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L'idea di progresso dell'occidente, strategicamente, mostra molti
elementi di incompiutezza. Quel progetto di modernità di cui da
molti decenni si vanta di voler profondere e imporre alla società
come modello inarrestabile di sviluppo
e di civiltà sta, nei fatti, producendo sempre più insicurezza
sociale, incapienza economica e disadattamento civile.
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Per garantire una impalpabile
e inafferrabile felicità, i governi occidentali ricorrono, sempre
più, a forme di repressione e inibizione del dissenso e della
protesta. In questa lunga stagione democratica i governanti
hanno, per un proprio tornaconto, distillato a livello educativo e
culturale il principio secondo cui chi dissente è un "estremista" o
comunque persona contraria alla modernità e agli interessi generali
del Paese.
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Alla base di questo principio
culturale delle classi dirigenti sta l'utopico tentativo di
“borghesizzazione del proletariato”, cioè: eliminare i motivi di
lamentazione. Difatti è la borghesia che, godendo di redditi e
rendite facoltose, non ha necessità di scendere in piazza e
manifestare i disagi che la civiltà può procurare, perché la
borghesia, in nome e per conto della sua posizione statuale, è
portata ad accettare qualsivoglia tipo di sviluppo.
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Accetta
l'inquinamento ambientale: tanto "loro" viaggiano in auto blu e non
sono soggetti alle targhe alterne; convive con la presenza della micro e grande criminalità: tanto "loro" sono super protette da
guardie private o scortati dalla polizia di stato; dichiara guerre:
tanto i loro figli non sono costretti a scegliere la leva per
garantirvisi un futuro meno precario, cosicché in guerra vanno
sempre i figli di classi subalterne; accoglie la competizione
industriale: tanto i loro redditi non vengono calmierati per
permettere ai prodotti fabbricati di competere sul mercato, ma sono
nuovamente i salari a venir defalcati.
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L'elite, quindi, è favorevole
alla modernità solo se non le viene maneggiato il portafoglio
e non le vengono compressi i suoi agi e privilegi, e non viene
minacciato il suo ruolo sociale di classe elitaria. Là dove,
come nei fatti, non si riesce, a "borghesizzare il proletariato", ci
si incarica, con le armi della retorica di elevare a disvalore le
manifestazioni di dissenso e di critica.
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Ma lo sviluppo caotico e
disarmonico della società, fondato e fortificato secondo le ragioni
delle restrizioni sociali necessarie per illudere il popolo di poter
ridistribuire qualcosa anche per chi ha meno, alla fin fine non può
che pregiudicare il valore etico e culturale della democrazia quale
baluardo a difesa e a garanzia per chiunque di poter esprimersi e
di poter anche dissentire, lamentare e dare, se ce ne fosse il
motivo, sfrenatezza alle proprie passioni civili non solo
partecipando in massa quando è la politica a richiederlo – come le
primarie o le consultazioni elettorali - ma soprattutto quando si
sente il bisogno di autoaffermarsi.
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Il moderno modello di
democrazia, pertanto, ha il volto ancipite di Giano, poggia la
sua ragione d'essere, su un sistema culturale bifronte: una faccia è
emancipatrice, mentre l’altra è coercitiva. Perché fa leva sul fatto
che una società per funzionare presuppone che le ragioni del
dissenso vengano tenute a freno e represse nell'istinto di
autoaffermarsi: altrimenti ne viene pregiudicato l’ordine
coabitativo.
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E così, per pochi che
veramente conquistano pienamente l’emancipazione in termiti di
libertà dai bisogni, autonomia e indipendenza, la quasi totalità del
popolo vive l’illusione del progresso non ravvisando di vivere,
altresì, in una condizione di limitate risorse economiche e di
compressi diritti naturali, come la compromessa, ormai, libertà di
difendere il diritto al dissenso e di manifestarlo qualora si
avvertisse che l’imposizione delle leggi o dei provvedimenti stanno
per strangolarci.
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E così mentre a Roma, le
150.000 tute blu dei metalmeccanici, manifestano perché
“ridotti
all’osso” e i
ragazzi della Locride gridano
"Lavoro-democrazia-legalità... sono un sogno",
e
i lavoratori calabresi si immolano "E adesso ammazzateci tutti":
chiedendo il rispetto del contratto sottoscritto con la classe
imprenditoriale che autoritariamente può decidere di non stare ai
patti e di non rinnovare un contratto scaduto; e così mentre
in Val di Susa 60.000 cittadini dicono no alla TAV, cioè no a questo
modello di modernità – perché questa modernità fa strame della
spiritualità dei luoghi in cui si nasce e si vive – la classe
politica tutta, dal capo dello stato all’ultimo parlamentare tuona e
respinge le ragioni della vera convivenza e della coabitazione
tanto - fintamente - declamati.
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- E così, appena il popolo
riprende in mano lo scettro della sovranità, la politica si
arrocca e ricorre al "bastone". Il presidente Ciampi, s’appella alle
ragioni del progresso: “Non isoliamoci dal resto d’Europa”,
"Salvaguardare le montagne non significa tagliarsi fuori dalle
grandi reti". Il ministro degli interni, il sardo, Pisanu,
riferendosi alle proteste anti TAV ci allarma e ci terrorizza:
"Nella protesta ci sono
intrusioni eversive",
"In Val di Susa c'è oggi una miscela
preoccupante di legittima protesta popolare, speculazione politica e
intrusioni eversive che rischia di esplodere da un giorno
all'altro". E invia la polizia antisommossa, per
permettere la trivellazione di 60 Km di montagna, come risposta alla
richiesta di dialogo dei cittadini della valle.
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- In linea con le sue
connaturali caratteristiche, mentre usa
il bastone con i manifestanti, la politica elitaria licenza per se
stessa elargizioni: difatti, contestualmente alla presa di forza con
i fatti di piazza, al Parlamento della Repubblica la destra di
Fiuggi per trovare la copertura finanziaria alle mance dei
parlamentari - 222 MILIONI DI EURO PER LE ESIGENZE DI COLLEGIO - e
all’esenzione ICI sul patrimonio edilizio della Chiesa cattolica ed
apostolica romana - PER ESIGENZE ELETTORALI - propone un emendamento
alla finanziaria sulla PORNO TAX.
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- Intanto l’ecumenico professor
Prodi, giacché silente, chiamato a dire la sua sulla protesta anti
tav, fa ricorso al cerchiobottismo, e blatera: E' necessaria,
ma bisogna ascoltare le ragioni della protesta". Il popolo sembra
non trovare consenso, sembra prigioniero dello squalificato diritto
di dissentire, non trova sponde amiche per far valere le sue
rivendicazioni.
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- Solo una voce si è alzata a difesa del malcontento:
è la voce isolata dell'on. Bertinotti che ha avuto l'audacia di
richiamare il
capo dello stato a non
fare pressioni sui manifestanti e di dare ascolto alle voci del
dissenso, ricordandogli che Egli è il custode della democrazia, e
che in quella veste deve garantire tutte le forme di partecipazione
del cittadino. Introducendo, altresì, nel dibattito politico il
principio della “validazione consensuale”. Cioè salvaguardare le
ragioni del soggetto.
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- Certo: è un pensiero isolato, come isolati
sono gli abitanti della Val di Susa e isolati sono i metalmeccanici
e la gente povera del mezzogiorno d'Italia e i lavoratori calabresi;
ma quando le condizioni oggettive ci costringono a guardare in
faccia la realtà fredda dei numeri dove il rapporto DEFICIT/PIL
corre a verso il 4,5 %, il rapporto tra DEBITO PUBBLICO/ PIL corre
verso quota 110%, il PIL su base annua, da tre anni, è stabile sullo
0,1%, i prezzi delle case, negli ultimi tre anni, sono saliti del
40%, lo stipendio di un lavoratore si aggira tra 750-900 euro, mi
chiedo: a chi porta vantaggi tutto questo? La risposta è nota: ai
soliti rappresentanti del popolo, ai falsi avvocati del popolo.
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- E allora: non sarà perché questo modello di società s’avvia
gradualmente ma incessantemente verso un processo di proletarizzazione della borghesia, più che verso quel velleitario
processo di "borghesizzazione del proletariato" che il cittadino
trova sempre più fastidioso e insopportabile gli attacchi alla sua
libertà e alla sicurezza sociale sempre meno garantiti?
cercando, come può, di sottrarsi dall'avvenire di una illusione.
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del 04-dicembre 2005